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Autore: A_Typing_Heart    01/03/2020    2 recensioni
Ichigo Kurosaki è uno studente di una prestigiosa scuola maschile, ma nutre dei dubbi sulla strada che ha sempre considerato essere quella adatta a lui: diventare medico come il padre. Allontanandosi dalla scuola per riflettere si ritrova in uno squallido locale mandato avanti da un barista dai modi bruschi e dall'aspetto bizzarro; ma più frequenta quel posto e quell'uomo più Ichigo scopre una nuova prospettiva sulla sua vita e sulle sue scelte.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jaggerjack Grimmjow, Kurosaki Ichigo, Sosuke Aizen
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Forse era perché per la prima volta da anni si era riposato, forse perché aveva avuto una lunga nottata per dormire, forse perché aveva mangiato bene o solo perché il bar poteva essere riaperto, il giorno seguente Grimmjow mantenne un ottimo umore tutta la mattina. Era talmente allegro che pulì il biliardo fischiettando quello che a Ichigo pareva il motivetto di una pubblicità e addirittura si mise a canticchiare mentre riempiva il frigorifero.
«Non ti pare una meraviglia?»
Ichigo, che era impegnato a lavare il pavimento, si voltò incuriosito, ma quello che il barista stava guardando non era altro che la sua minuscola macchina del ghiaccio piena di cubetti. Gli brillavano tanto gli occhi che pensò che nemmeno vedere la sua Honda riverniciata, splendente e con gli interni nuovi l'avrebbe messo altrettanto di buon umore.
«Grimmjow, sei davvero malato, sai?»
«È una bella malattia, non voglio guarire.»
Ichigo scosse la testa e riprese a lavare il pavimento consunto senza riuscire a non sorridere. Lavorava in un bar incredibilmente vecchio e malconcio eppure ne andava così fiero; come si sarebbe sentito se avesse potuto avere un locale nuovo con una macchina per il ghiaccio seria e magari addirittura due interi servizi di bicchieri? Pensò che probabilmente si sarebbe commosso, anche se Ichigo faticò a immaginarselo.
Mentre era lì, appoggiato al manico dello spazzolone a cercare di immaginare come Grimmjow avrebbe potuto manifestare commozione, Ichigo notò un movimento nel retro. Aizen era arrivato presto, forse a controllare che tutto fosse in ordine dopo i lavori, ma si era fermato nel magazzino notando dalla porta socchiusa che il pavimento era bagnato. Subodorando opportunità che neanche lui riuscì a mettere a fuoco chiaramente, fece finta di non aver notato il capo e si voltò verso il bancone.
«Grimmjow?»
«Che vuoi?»
«Hai mai pensato di comprare tu il bar da Aizen?»
Seguì un silenzio sospetto, dato che fino a un attimo prima Grimmjow produceva un sonoro acciottolio facendo tintinnare le bottiglie di birra e bibite. Ichigo si spostò un po' e si piazzò strategicamente nel punto in cui uno specchio con una stampa decorativa di un alcolico gli permise di sbirciare la porta del magazzino. Finse di sistemarsi i capelli e vide Aizen, con il cellulare in mano, che sembrava in ascolto.
«L'ho pensato tante volte.» rispose Grimmjow.
«Non gliene hai mai parlato?»
«Deve avere un sacco di soldi da Barragan... anche mettendo da parte tutto il possibile, in questi anni non ho abbastanza neanche per comprare tutti i tavoli, figurarsi il bar intero.»
«Ma... è per questo che vivi in un garage e non fai mai la spesa? Per risparmiare?»
«Già.»
Ichigo si voltò, smettendo la farsa di sistemarsi i capelli, e lo guardò. Si era fatto molto serio.
«Non hai mai provato a chiedergli se... beh, se potete arrivare a un accordo?»
«Forse non l'hai notato, Kurosaki, ma Aizen mi odia.» commentò Grimmjow. «Mi tiene qui finché gli mando avanti la baracca a basso costo...»
«Non avevamo già parlato di questo?» fece Ichigo, seccato. «Aizen non ti odia, pensa che sei bravo e per questo ti tiene qui... avanti, chi altri verrebbe a lavorare il giorno dopo un pestaggio? Chi altri farebbe questo orario per sei anni? Se gli dai fiducia forse lui la darà a te.»
Il modo in cui Grimmjow lo guardò fece capire a Ichigo che non nutriva nemmeno la più vaga speranza, anzi, lo guardò quasi con compassione.
«Questo può valere per te, non per la gente con me.»
«Quanto sei testardo!» sbottò Ichigo irritato. «Per quanto ancora tirerai avanti questa storia del galeotto che non merita niente? Ti sei spaccato la schiena più di chiunque io abbia mai conosciuto, a qualcosa dev'essere servito!»
Grimmjow chiuse il frigorifero e si rialzò molto lentamente. Per un momento, anche se era arrabbiato per il suo atteggiamento disfattista, si preoccupò che gli facesse di nuovo male il fianco.
«Se tutti la pensassero come te il mondo sarebbe davvero un bel posto.»
Non tanto quello che disse, ma il tono rassegnato e dolorante in cui lo disse fece desistere Ichigo dal rispondere. Avrebbe voluto insistere per cercare di innescare una reazione di orgoglio, ma quella voce... non gliel'aveva mai sentita ed era così intrisa di sconforto che non ebbe la forza di ribattere. Lo guardò sparire dentro il locale di servizio dello spillatore, poi si voltò verso il magazzino. Non vedeva più Aizen dietro la porta, e si sentì di nuovo come la volta in cui aveva trovato il libro con la dedica in una credenza nel garage di Grimmjow. Ancora una volta si immischiava di cose che non lo riguardavano, cercando di fare qualcosa di utile, senza riuscirci. L'unica cosa che era riuscito a fare era rovinare l'umore di Grimmjow, per una volta che era felice. Sentendosi in colpa cercò disperatamente qualche altro lavoro da fare e optò per prendere tutte le bottiglie di superalcolici, inutilizzate da parecchio, per spolverarle e pulire gli scaffali. Salì sullo sgabello per pulire quello più alto e l'aggredì come se ogni granello di polvere gli avesse detto un'oscena parolaccia.
«Kurosaki?»
Ichigo si fermò e guardò giù, dove Grimmjow era in piedi a guardarlo.
«Perché ti sei incupito?» gli domandò. «Non mi sono arrabbiato.»
«Il mio umore non dipende direttamente dal tuo, Jaeger.»
Grimmjow lo guardò con una faccia che tradiva molto più di un lieve stupore. Lo vide sbattere più volte gli occhi azzurri, dopodiché si accigliò un po' di più.
«E questo da dove ti esce? Non mi hai mai chiamato Jaeger.»
«Tanto hai un nome con mille declinazioni, no? Uno vale l'altro, rispondi a tutto.»
Ichigo distolse lo sguardo e riprese le pulizie dello scaffale, sentendosi lui stesso confuso. Perché ora sentiva tutta questa irritazione? Perché, visto che era stato proprio lui a essere inopportuno, ora se la prendeva con Grimmjow? Nemmeno lui riusciva a capirsi, in quel momento.
«Ehi, Kurosaki... non sto più dietro ai tuoi sbalzi ormonali, che c'è stavolta?»
Dato che nemmeno lui stava dietro ai propri ormoni, se quelli erano a destabilizzarlo, decise di fingere di non sentire.
«Kurosaki. Guardami.»
Gli bastò un secondo per decidere di ignorarlo di nuovo, sperando che se ne andasse borbottando e che l'intera surreale situazione sbollisse così. Quando lo sentì sbuffare pensò di averla spuntata, ma poi sentì un braccio afferrargli le gambe e trascinarlo giù dallo sgabello. Mulinò le braccia stupidamente alla ricerca di un appiglio, pensando di cadere, ma la sua caduta si arrestò bruscamente lasciandolo a testa in giù col campo visivo occupato solo dalla trama della t-shirt di Grimmjow. Fece appena in tempo a capire che se l'era caricato sulla spalla che venne scaricato con malgrazia seduto sul bancone, accanto al lavello d'acciaio. Grimmjow lo fissò con ferocia.
«Ho detto: guardami
Ichigo non aveva mai percepito un'aggressività in Grimmjow se non nei pochi istanti in cui lo aveva afferrato per la gola, ma fu in questa occasione che ne ebbe davvero paura perché era una rabbia lucida, e fissò gli occhi azzurri senza osare sbattere le palpebre. L'espressione del barista non si ammorbidì che di una piccola tacca.
«S-sei... sei forte.» commentò con un filo di voce, perché era davvero quello che stava pensando.
«Certo che sono forte, cazzo.» sbottò Grimmjow, e si sollevò la maglietta mostrando gli addominali nitidamente scolpiti. «Questi non sono gonfiati ad aria, e neanche i bicipiti!»
Lasciò la maglietta e con disappunto di Ichigo non gli tolse gli occhi di dosso, né accennò ad allontanarsi.
«Sembrava tutto a posto ieri sera.» disse, solo di poco più calmo. «Sembrava tutto a posto anche stamattina. Cosa ho fatto stavolta?»
Purtroppo non era una domanda di cui sorprendersi. Ultimamente Ichigo, soprattutto la sera prima, gli aveva criticato molti atteggiamenti che gli avevano dato fastidio, che lo confondevano, che lo innervosivano... dal suo punto di vista era lecito pensare che avesse fatto di nuovo qualcosa per irritarlo, ma in realtà aveva fatto tutto lui da sé, stavolta.
«Non... non sei tu.» rispose allora, fissando lo sguardo su un portatovaglioli.
«Guardami!»
Ichigo girò di scatto la testa, ma stavolta lo guardò sentendo una rabbia crescente.
«Anzi, sai cosa? Sei tu!» sbottò. «Sei tu che sei una testa di cazzo!»
Dato che si aspettava una reazione altrettanto rabbiosa, la pacatezza di Grimmjow lo stupì.
«Sì, ma per che cosa?»
«Per... che... perché fai schifo! A che cazzo serve farti quei capelli come se fossi uno sicuro di sé e poi docciarti di merda da solo?! Mi fai incazzare, sul serio!»
Grimmjow non ebbe proprio la reazione di orgoglio che credeva: sembrò capire solo la prima cosa, e si toccò i capelli accuratamente pettinati all'insù in ciuffetti.
«Che hanno che non va i miei capelli?»
«I tuoi capelli non hanno niente che non va.»
Ichigo sospirò, davanti a tanta ottusità non riusciva neanche ad arrabbiarsi decentemente.
«I tuoi capelli sono perfetti, come sempre. Sono bellissimi, attirano l'attenzione.» gli disse, e lo guardò. «Perché non riesci a capire che anche tu sei così, e non solo i tuoi capelli? Sono strani, sono da pazzi, ma sono fantastici. Anche tu sei strano e sei un pazzo, ma sei fantastico.»
Grimmjow non rispose, e la faccia che aveva suggerì a Ichigo che non sarebbe riuscito a elaborare quello che aveva sentito e a rispondere per almeno qualche ora. Non ebbe alcuna reazione nemmeno quando Ichigo gli staccò una mano dal bancone e ci scivolò sotto per liberarsi da quel pericoloso angolo. Fu una fortuna che il suo cervello si fosse inceppato, perché anche lui iniziava a rendersi conto della grossa cosa che aveva detto a un uomo che gli si era già dichiarato; davvero una grossa cosa.
«Hai... hai detto...?»
«Negherò spudoratamente di aver detto quello che ho appena detto, quindi non chiedermelo mai!»
Ichigo afferrò la cassetta di plastica vuota delle bibite e si affrettò a sparire nel retro, ma quando fu al sicuro nella penombra del locale dalle piccole finestrelle gettò un'occhiata nel bar. 
Vide Grimmjow passarsi le mani fra i capelli per un momento, poi si raddrizzò e andò alla porta a voltare il cartello "chiuso".


Dopo l'inaspettata chiusura del bar del giorno precedente, la clientela abituale lo prese d'assalto molto prima del solito. Ichigo non aveva fatto in tempo a finire di pranzare con la sua metà di pizza che già una dozzina di clienti si erano accalcati intorno al bancone. Incapace di mangiare in pace con quella calca in attesa aveva abbandonato lo spicchio dopo avergli dato un morso che aveva la stessa disperazione di un bacio d'addio, buttandosi nel lavoro. Grimmjow non avrebbe avuto problemi a gestire gli ordini, se non fosse che tutti sembravano essere lì per chiedergli che cosa fosse successo, se fosse stato male o per quale motivo il bar era rimasto chiuso un giorno intero. Non faceva in tempo a raccontare della tubazione a qualcuno che arrivava qualcun altro a fargli ancora la stessa domanda. Ichigo a un certo punto si ritrovò spaesato: sembrava ci fossero troppe persone rispetto alle sedie e agli sgabelli, e qualche commento di Grimmjow con gli avventori gli fece capire che, alla notizia destabilizzante della chiusura del locale, tutti i clienti si erano presentati anche in giorni e orari insoliti per loro solo per verificare le condizioni del loro ritrovo fidato e del relativo amato custode.
Non esagerò a pensare che fosse davvero un "amato custode", perché in molti, pur avendo ignorato le tracce del precedente pestaggio, confidarono a Grimmjow di essersi preoccupati per la sua salute. Dal canto suo il barista, che sembrava non avere idea di come reagire a tanta premura nei suoi confronti, ne mandò amichevolmente al diavolo la maggior parte vantandosi di essere indistruttibile.
«Cosa credi, che posso farmi male a cadere dalle scale o stronzate del genere?»
Ichigo faceva del suo meglio per non sogghignare mentre lo ascoltava, riempiendo di ghiaccio alcuni bicchieri, quando vide qualcosa che lo turbò. Non riuscì a comprendere lucidamente il perché, ma la vista di un poliziotto in uniforme che entrava dalla porta gli mise paura e si affrettò a tirare un colpo di gomito contro il braccio di Grimmjow.
«C'è un poliziotto.» gli soffiò cercando di muovere la bocca il meno possibile.
«Ahia... che vuoi?»
«Un poliziotto!» sibilò Ichigo, appena più forte di prima.
Grimmjow guardò tutt'intorno nel bar, spaesato, come se non riuscisse a vedere altro che nebbia. Ichigo gli tirò un altro colpo di gomito. 
Com'è possibile che non lo veda? 
Era appena entrato dalla porta e veniva verso di lui, poi quello si sfilò gli occhiali da sole e tutti e due lo riconobbero.
«Ohi, Ben.» lo salutò Grimmjow.
«Ehi, Jaeger...»
«In visita ufficiale?»
«Beh, dovevo, ma soltanto per via del bar... insomma, visto che non eri mai mancato volevo verificare... sono passato a casa tua verso le undici, ma non ho trovato nessuno...» disse Ben, appoggiando il gomito al bancone. «Dov'eri finito?»
«È scoppiato il sifone del lavandino.» ripeté Grimmjow per l'ennesima volta. «C'era l'idraulico e abbiamo dovuto tenere chiuso... sono andato a fare la spesa, visto che avevo tempo.»
Ichigo si accorse che stava fissando Ben come fosse un marziano solo quando anche lui lo guardò.
«Ehi Ichigo, tutto bene?»
«Mi sa che non sapeva che sei un poliziotto, Ben.» commentò Grimmjow, che sembrava divertito. «Ti sei spaventato perché credevi che mi cercasse per qualche casino?»
«Ah... io... sì, più o meno...»
«Ben è il mio agente di custodia, controlla che io lavori e rispetti i termini della libertà vigilata.» disse lui, chinandosi a prendere una bottiglia. «Niente alcol, niente droga, niente roba illecita...»
«In pratica nulla a parte mangiare, lavorare e dormire, no?» fece Ben, prima di scoppiare a ridere.
«E lui sapendo bene questo non mi ha mai sganciato i soldi per tutte le partite di biliardo in cui l'ho stracciato... in pratica, tutte quante...»
«Una volta ho vinto!»
«Hai barato, Kurosaki me l'ha detto che hai spostato il boccino.»
Ichigo si affrettò a riprendere a muovere le mani e lavorare pur tendendo ancora le orecchie al loro dialogo, anche se al momento riguardava soltanto il gioco al tavolo verde. E così, quell'assiduo cliente in realtà era un poliziotto che controllava Grimmjow... non riusciva a capire se fidarsi, avrebbe anche potuto essere insospettito dagli evidenti segni di pestaggio su Grimmjow. Improvvisamente a Ichigo tornarono in mente i segni che aveva sulla gola e si chiese ansioso se li avesse notati o se avesse dei sospetti su chi glieli aveva fatti. Si sforzò di fare un profondo sospiro e rilassarsi: stava diventando paranoico.
«Signor Aizen, sono Yamada... Benjiro Yamada, l'agente di custodia di... mi sente?»
Ichigo lo guardò e si accorse che stava telefonando da un cellulare. 
Cosa vuole da Aizen?
«Jaeger, non c'è campo qui... usciamo un secondo?»
«Sì... Kurosaki, tieni il bancone un momento, dobbiamo chiamare Aizen.»
«Sì... ma... perché?»
Grimmjow si bloccò mentre aggirava il bancone e lo guardò. Sebbene fosse ben lontano dal sorridere gli sembrò non avergli mai lanciato uno sguardo più dolce di quello, prima. O forse la sua fantasia correva troppo?
«Sei preoccupato?»
Ichigo per un attimo ponderò di non rispondere, o di negare e fingere che nulla stesse accadendo, ma poi si ritrovò ad annuire. Questa volta Grimmjow gli accennò davvero un sorriso.
«Non c'è niente che non va... visto che il bar è stato chiuso e non mi ha trovato è obbligato a verificare che la mia storia sia vera, chiederà ad Aizen se il locale è stato chiuso per lavori e tutto sarà a posto.»
Ichigo fu solo in parte sollevato e annuì di nuovo senza sapere esattamente cosa dire.
«Torno subito.»
Grimmjow uscì da dietro il bar e raggiunse Ben, in piedi fuori dalla porta a vetro. Non aveva idea che la libertà vigilata fosse una cosa tanto complicata, un lungo periodo in cui bisognava lavorare e sottostare a tante regole, con un agente sempre presente per controllare. Si chiese per quanto ancora Ben sarebbe stato l'ombra di Grimmjow, mentre serviva tre bibite alla ciliegia quasi soprapensiero. Così assorto non si accorse subito di riconoscere il cliente che gli si parava davanti, finché non lo sentì ordinare.
«Io prendo il Gin Lemonade.»
Era lo stesso uomo che lo aveva chiesto la prima volta e a giudicare dal suo sorrisetto beffardo si ricordava bene che non era capace di prepararlo. Ichigo lo guardò per un momento, poi gli rispose con un sorriso di sfida.
«Certo.»
Prese lo shaker ammaccato e il ghigno dell'uomo si incrinò leggermente. Per qualche motivo sembrava averci preso gusto nel fargli fare una figuraccia, nonostante lo stesso Grimmjow l'avesse per questo trattato molto male. Ma non aveva bisogno di aiuto, stavolta, aveva osservato Grimmjow molto bene e si era accorto che nel versare il liquore contava muovendo solo le labbra. Cercò di replicare il suo ritmo e di ripetere i suoi stessi movimenti, e quando versò il cocktail nel bicchiere il colore sembrava uguale al suo. Infilò la cannuccia e posò il bicchiere sul tovagliolo.
«Ecco.»
L'uomo guardò il bicchiere, sospettoso, ma quando ne prese un sorso piegò gli angoli della bocca come se non lo trovasse affatto male. Grimmjow rientrò a passo svelto dietro il bar.
«Eccomi, Sendo, ti preparo subito Gin...»
Si bloccò del tutto vedendo che l'uomo di nome Sendo aveva già il bicchiere in mano. Aggrottò le sopracciglia con aria confusa e ispezionò il bancone, osservando i limoni e lo shaker aperto come se si stesse chiedendo quando lo aveva usato.
«Ma che... chi...?»
Grimmjow guardò Ichigo come se fosse stato un completo estraneo a trovarsi dietro il suo bancone e lo fissò in quel modo per alcuni secondi di incredulità.
«Tu...?»
Ichigo annuì e sorrise, sbarazzandosi delle bucce di limone e prendendo lo shaker per ripulirlo. Grimmjow guardò verso Sendo, che stava bevendo il suo Gin Lemonade.
«È... com'è?»
«Come il tuo.» rispose, quasi non credesse neanche lui di dover dire una cosa simile.
«Ma...» balbettò Grimmjow, prima di deglutire e guardare Ichigo. «Dove... chi te l'ha insegnato?»
«Tu, ovviamente.»
Non riuscì a non ridere guardando l'incredulità sul suo viso, ma non aggiunse nulla e si mise a versare un aperitivo analcolico rosso o arancione nei bicchieri che aveva riempito di ghiaccio. Fu in quel momento, spostandoli sul vassoio e alzando gli occhi su una sala piena di clienti allegri, che pensò che il lavoro che si era trovato a fare per una serie di casualità improbabili fosse davvero bello. Era faticoso, era caotico, ma era soddisfacente, era divertente. Portando al tavolo più numeroso l'ordinazione Ichigo si chiese per la prima volta se non gli sarebbe piaciuto svolgerlo per una vita, o quasi. Non se la sentiva di dare una risposta, neanche tenendola al sicuro dentro la propria testa, ma non potè fare a meno di pensare che forse avrebbe potuto restare fino alla fine della scuola. Si decise a parlarne con Aizen la prossima volta in cui fosse passato al bar.
«Kurosaki, Sendo ti ha lasciato una mancia.»
Ichigo alzò gli occhi dal vassoio e guardò Grimmjow, che teneva una banconota in mano, senza capire.
«Una... cosa?»
«Una mancia, Kurosaki...»
Dato che il silenzio perplesso persisteva, Grimmjow sbuffò.
«So che si sta diffondendo solo adesso in questo paese, ma addirittura non sapere che diavolo sia... in occidente si usa così quasi dappertutto, quando vai in un albergo, un ristorante o un posto del genere lasci dei soldi in più per la persona che ti ha servito. Per dirgli che hai apprezzato, no?»
Grimmjow lo tirò per il grembiule per avvicinarselo e gli ficcò i soldi nella piccola tasca dello stesso, dove Ichigo teneva anche una penna che finora non gli era mai tornata utile.
«Sono soldi tuoi.» ribadì il barista. «Sei stato bravo. La prossima volta ti insegnerò un altro cocktail... lo faccio sempre quando arriva l'estate. Si fa con l'ananas.»
Ichigo avrebbe voluto chiedergli come mai gli volesse insegnare una preparazione estiva, se pensava che avrebbe continuato a lavorare con lui ancora per un po', ma in quel momento fu distratto dall'arrivo dei clienti più insoliti di sempre: un gruppetto di ragazzi con l'uniforme della sua scuola. Sorpreso li guardò e riconobbe tutti i membri della squadra di calcio della sua sezione, quelli che aveva dovuto mollare con la scusa non tanto campata per aria di dover studiare di più in vista degli esami. Con loro c'erano anche due ragazze con l'uniforme blu di un altro istituto. Grimmjow li stava guardando a sua volta, ma per qualche motivo sembrava preoccupato. Spostò il braccio per impedire a Ichigo di uscire da dietro il bancone.
«Mi occupo io di quelli, stai nel retro.»
Lo studente sbatté più volte gli occhi, incredulo, guardando l'aria seria che Grimmjow aveva. Perché diavolo un barista in libertà vigilata si preoccupava che lui non venisse notato, quasi fosse lui quello che stava infrangendo la legge? Quello che stava facendo era solo lavorare, era una banalissima regola scolastica a vietarlo, e quelli erano tutti suoi amici.
«Che dici... sono miei amici, vado io da loro...»
«Kurosaki, tu non dovresti essere qui.»
«Ma che vuoi che sia? Ishida e Chado mi hanno già visto e non è successo niente... che vuoi che succeda? Sono i miei amici del calcio, non ti preoccupare...»
Gli spostò il braccio e andò dai suoi amici. Gli chiesero, come fecero a loro volta Ishida e Chado, cosa facesse lì e come mai ci lavorava, poi gli presentarono le due ragazze e si fecero scortare all'unico tavolo libero, l'unico lasciato deserto poiché ci batteva un caldo sole. Prese le loro ordinazioni, tutte cola e aranciata, e il lavoro proseguì esattamente come sempre, non fosse per il fatto che Grimmjow non fece altro che fissare il gruppo in cagnesco ogniqualvolta il lavoro gli permetteva di girare lo sguardo.
   
 
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