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Autore: fantaysytrash    01/03/2020    2 recensioni
[Steve/Bucky | Multigenre | Song-fic | Raccolta | Missing Moments | What If…? | Multisetting]
Una raccolta di song-fic riguardanti i momenti più importanti della vita di Steve e Bucky, tutti ispirati a diverse canzoni di Taylor Swift.
#1 – Light Pink Sky: “Il cielo rosa pallido del tramonto sancì quell’affermazione che suonava pericolosamente come una promessa.”
#2 – Rosy Cheeks: “Le guance rosee di Bucky si mossero per accomodare un sorriso radiante.”
#3 – Green Light: “Nemmeno il verde acceso dei suoi dipinti donava abbastanza luce a una vita senza Bucky.”
#4 – Ocean Blue Eyes: “Potevano anche aver potenziato i suoi muscoli e le sue prestazioni, ma aveva gli stessi occhi azzurri di sempre.”
#5 – Crimson Red Pain(t): “Il dolore era ancora presente, pulsante e infuocato, che gli bruciava nel petto con un’intensità che non aveva mai provato prima.”
Genere: Fluff, Introspettivo, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James ’Bucky’ Barnes, Steve Rogers
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Rating: Arancione

Genere: Introspettivo/Fluff/Romantico

Contesto: Pre-Captain America: The First Avenger

Canzoni: I Think He Knows / Sparks Fly / Delicate

 

 

Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia non appartengono a me, bensì a Stan Lee e alla Marvel. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, ma solo per puro divertimento.

 

 

 

 

TAKE ME HOME

#2 – ROSY CHEEKS

 

Lyrical smile, indigo eyes, hand on my thigh /

We can follow the sparks, I’ll drive

 

Steve si domandava spesso quanto ovvio risultasse a un occhio esterno. Faceva il possibile per nascondere al meglio i suoi sentimenti, ma c’erano occasioni – forse un po’ troppo frequenti – in cui si incantava davanti alla bellezza disarmante di Bucky.

Era una cosa involontaria, lo sguardo sognante che dipingeva il suo volto e di cui si rendeva conto solo quand’era troppo tardi per fingere che stesse facendo qualsiasi altra cosa.

A volte sospettava addirittura che Bucky sapesse la realtà dei fatti; il modo in cui i suoi occhi gli lanciavano una scintilla quasi di sfida lo lasciava boccheggiante e insicuro. Stava forse vedendo quello che voleva vedere? O c’era della verità nei suoi sospetti?

Anche ora, mentre sedevano l’uno di fronte all’altro dopo una lunga giornata al lavoro, Steve coglieva un’aria di guai nell’espressione maliziosa dell’amico.

“Sai, oggi Robbie ha preso una macchina,” esordì Bucky quando ebbero finito di mangiare. Steve non conosceva bene gli altri ragazzi che lavoravano al porto con lui, quindi annuì distrattamente mentre sparecchiava.

“Ha portato Lizzie in giro per la città tutto il giorno, quello scansafatiche. Tu che faresti se ne avessi una?”

“Probabilmente non arriverei neanche ai pedali,” rispose Steve senza entusiasmo. Né avrei mai una ragazza, pensò tra sé e sé.

“Okay, allora guiderei io.”

“Siamo troppo poveri, Buck, non potremmo permetterci nemmeno l’auto più sgangherata.”

“Non sei per niente divertente, sai?” replicò l’altro, fintamente stizzito. “Andiamo, immagina.”

Steve sospirò sonoramente. “E va bene.”

All’improvvisamente sentì Bucky avvicinarsi; tentò di ignorarlo, ma il maggiore premette il suo intero corpo contro quello più minuto di Steve, imprigionandolo tra le sue braccia.

“Io ci immagino mentre voliamo per le strade di New York, incuranti di tutto se non della strada davanti a noi e il vento tra i capelli. Ti porterei ovunque vorresti, lo sai?”

Poi abbassò la voce, e solo la loro distanza ravvicinata permise a Steve di cogliere le sue parole. “Farei di tutto per te, Stevie.”

Il biondo si irrigidì; sicuramente Bucky non intendeva…

Quando si girò verso di lui, dando le spalle ai piatti sporchi ormai abbandonati, l’altro lo stava già fissando, uno sguardo intenso e indecifrabile che gli oscurava i lineamenti.

“Bucky…” mormorò Steve, gli occhi che scesero involontariamente verso le sue labbra carnose.

Lo so.”

E un cenno del capo fu tutto il preavviso che diede, prima che la sua bocca fece per discendere su quella del minore.

Non c’era cosa che Steve avrebbe voluto più al mondo, ma non sarebbe successo così. Con il cuore martellante nel petto, si ritrasse alla presa di Bucky e scappò in camera prima che l’altro riuscisse a sfiorarlo.

 

You stood there in front of me /

Just close enough to touch /

Close enough to hope you couldn’t see /

What I was thinking of


“Stai bene? Ultimamente ti vedo agitato, non è che ti sei beccato un’altra volta la febbre?”

Steve fermò i suoi movimenti, un pastello stretto forte nella mano destra per evitare che stremasse, gli occhi fissi sul foglio da disegno appoggiato sulle gambe.

“Io… sì, tutto okay,” rispose, fingendo un sorriso.

“Mi stai nascondendo qualcosa,” affermò l’altro avvicinandosi e sedendosi di fianco a lui sul piccolo divano.

Steve sperò con tutto se stesso che Bucky non capisse quello che veramente gli stesse passando per la testa. Erano passati due giorni dal loro quasi-bacio mancato ed entrambi avevano fatto del loro meglio per non parlarne; l’aria tra loro non era esattamente tesa, ma non era nemmeno delle più pacifiche.

Steve non sapeva con esattezza cos’era realmente successo quella sera, se si fosse trattato di una scommessa, semplice curiosità o se l’amico fosse stato semplicemente un po’ più brillo di quanto avesse originariamente pensato.

Si domandava cos’avrebbe fatto, se avesse saputo che per lui sarebbe potuta essere l’esperienza più assurda e magica della sua intera esistenza. Avrebbe riso? Si sarebbe arrabbiato sul serio? Lo avrebbe cacciato da quella che, a rigor di legge, era casa sua?

“È per quello che è successo l’altra sera?” riprese il moro più cautamente. “Mi dispiace, non volevo metterti a disagio.”

Steve non rispose; si limitò a chiudere gli occhi, preparandosi alle parole che sarebbero senza dubbio seguite.

“Pensavo… pensavo di aver capito bene, ma forse non è così…”

“Cosa?”

Bucky si passò una mano tra i capelli, imbarazzato. “Sì, insomma… pensavo di piacerti, ecco.”

Steve abbandonò ogni tentativo di essere sottile, e lo squadrò con un’occhiata scettica. “Questo è fuori discussione. La vera domanda è come faccia io a piacere a te.”

Bucky non rispose, confuso e un po’ frastornato dal cambio di tono dell’altro.

“Pensi che ti abbia fermato perché non ti volessi?”

“Be’, sì, solitamente è quello il motivo per cui si respinge qualcuno,” affermò con ovvietà Bucky.

“Buck, io ti ho fermato per te! Stavi per commettere un errore e l’ho evitato, così non dovrai farmi il discorso di come ti fossi sbagliato e…”

Bucky gli fu addosso in un attimo, spostando di lato la sua attrezzatura artistica e facendo indietreggiare il minore contro i cuscini.

“Non ti permettere,” ringhiò quasi. “Non osare dirmi quali sono i miei sentimenti. Non osare tenerti alla larga da me per motivi immaginari che hai fabbricato di notte.”

“Oh, andiamo, guardami!” sbottò infine Steve, indicando vagamente il suo corpo esile, l’assenza di muscoli e la carnagione così pallida da sembrare malata.

Io ti vedo perfettamente, sei tu che hai una visione distorta di quello che vali!” ribatté Bucky con la stessa intensità.

Steve sospirò. La conversazione non stava procedendo secondo le sue aspettative.

Bucky si avvicinò ulteriormente, riducendo drasticamente la distanza tra loro. Il respiro di Steve si fece improvvisamente affannoso, e aveva la sensazione che non fosse dovuto all’asma.

“Bucky…”

“Steve,” ribatté sicuro l’altro.

Questi abbassò lo sguardo, per essere prontamente afferrato dal maggiore, che ristabilì presto il contatto visivo.

Avrebbe dovuto allontanarsi, ma Bucky era così vicino che poteva sentire il suo profumo, vedere ogni piccola imperfezione della sua pelle. Era troppo inebriante, troppo scombussolante, non sarebbe mai riuscito a svignarsela una seconda volta.

“Potresti avere chiunque,” mormorò.

“Io voglio solo te.”

Spingendosi in avanti, Steve colmò lo spazio tra i loro corpi, catturando le labbra dell’altro in quello che era sicuro fosse un tentativo piuttosto debole di un primo bacio soddisfacente.

Quando si staccarono, le guance rosee di Bucky si mossero per accomodare un sorriso radiante. “Non è stato poi così difficile, no?”

Forse Steve era stato un idiota a giungere a conclusioni affrettate.

 

Long nights with your hands up in my hair /

Echoes of your footsteps on the stairs /

Stay here, honey, I don’t wanna share


I giorni che ne seguirono furono i migliori di tutta la vita di Steve.

Da quando Bucky aveva ricambiato il suo bacio invece che respingerlo gli pareva di vivere in un sogno. Le notti trascorse nello stesso letto non avevano più nulla di imbarazzante o teso, ma venivano passate accoccolati l’uno stretto all’altro.

Quella sera stessa Bucky non perse tempo prima di fare un’ulteriore mossa; fece passare le dita tra le ciocche bionde di Steve, tirandole leggermente in un movimento che gli fece ciondolare la testa all’indietro. Un gemito traditore si fece largo dalle parti più recondite della sua gola, e gli fu inevitabile socchiudere gli occhi e lasciarsi andare contro il corpo caldo del più grande.

Bucky lo fissò per un istante, prima di assaltare le sue labbra con fervore, circondandogli l’intero corpo con le sue braccia possenti e facendo indietreggiare entrambi finché le spalle di Steve non sbatterono contro il muro della loro camera da letto.

Le mani del maggiore si infilarono presto sotto la maglia leggera, scivolando verso il basso e tracciando il profilo di tutta la colonna vertebrale dell’altro prima di fermarsi sopra ai glutei.

“Va bene?” chiese piano. L’ultima cosa che voleva era andare troppo oltre o troppo in fretta; Steve non era un appuntamento occasionale, aveva tutte le intenzioni di tenerlo con sé per molto tempo.

Ma il biondo non gli diede nemmeno la possibilità di allontanarsi, avvinghiandosi intorno al suo corpo, e ansimando un sommesso “Sì, Bucky, .”

Questi non poté evitare il sorriso malizioso che si fece largo sul suo viso; sapeva di avere successo – almeno con le ragazze – ma vedere Steve così sciolto e quasi intossicato solo per lui era un vero colpo per il suo ego.

“Sicuro che resisterai?” chiese quindi con un tono insolente, spingendosi dentro di lui con quanta più delicatezza riuscì a padroneggiare. Non era semplice restare calmo e concentrato quando Steve emetteva dei suoni così dolci e inebrianti.

Il biondo imprecò a voce strozzata, aggrappandosi con più vigore alle sue spalle, attirandolo a sé con tutta la forza rimasta e agganciando le gambe attorno al suo bacino.

“Sì, Bucky. Non fermarti, ti prego…” ansimò.

Bucky sorrise e aumentò il ritmo. E se, quando finalmente un dolce rilascio si liberò dai loro corpi, Steve mormorò distrattamente un “Ti amo” a mezza voce, Bucky fu abbastanza delicato da non farglielo notare.

   
 
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