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Autore: DarkWinter    01/03/2020    8 recensioni
In un ospedale vicino a Central City, i gemelli Lapis e Lazuli nascono da una madre amorevole e devota.
Fratello e sorella vivono un'adolescenza turbolenta e scoprono il crimine e l'amore, prima di essere rapiti dal malvagio dr. Gero e ristrutturati in macchine mangiatrici di uomini.
Ma cosa accadrebbe se C17 e C18 non dimenticassero totalmente la loro vita da umani e coloro che avevano conosciuto?
Fra genitori e amici, lotte quotidiane e rimpianti, amori vecchi e nuovi e piccoli passi per reinserirsi nel mondo.
Un'avventura con un tocco di romanticismo, speranza e amore sopra ogni cosa.
PROTAGONISTI: 17 e 18
PERSONAGGI SECONDARI: Crilin, Bulma, vari OC, 16, Z Warriors, Shenron, Marron, Ottone
ANTAGONISTI: dr. Gero, Cell, androidi del Red Ribbon, Babidi
{IN HIATUS}
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 17, 18, Crilin, Nuovo personaggio | Coppie: 18/Crilin
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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“Cosa c’è?”
“...niente.”
Lazuli rivolse gli occhi al fratello, che a sua volta la guardava come per dire che non era affatto convinto. Era seduta alla scrivania e contava un mazzetto di banconote, con soddisfazione.
Lo sguardo di lui per un attimo si indurì:
“Mi stai mentendo: c’è qualcosa che non va e lo si capisce ad un chilometro di distanza. Almeno, io lo capisco anche a dieci”.
Lei scosse la testa e sospirò, i capelli liscissimi che seguivano con grazia i movimenti del capo:
“Non lo so; sono preoccupata”.
Lapis spalancò gli occhi dallo stupore: era la prima volta in sedici anni che la sua gemella gli diceva qualcosa di simile. Nemmeno ultimamente, quando la vita con la gang era dura, Lazuli aveva mai esibito il minimo timore.
“Sono molto preoccupata: non l’ho detto a nessuno”.
“Brava! Non l’avrai detto a nostra mamma, ma ricordati che puoi imbrogliare tutti ma non me”.
Lei si scocciò:
“E ci arrivo! Ti ho tenuto tutto nascosto perché all’inizio mi pareva una cosa da niente e non volevo che ti preoccupassi.”
Lapis sospirò, alla fine l’amore fraterno vinceva sempre.
“Ho paura che mi facciano dello stalking. Mi spiego: da circa un mese, tutte le volte che torno a casa da sola c’è sempre un vecchietto che mi chiede di aiutarlo ad attraversare la strada. All’inizio non c’era nulla di strano, ma poi ho notato che era sempre lì, sempre fermo ad aspettare che io arrivassi. Lo vedevo da lontano man mano che mi avvicinavo all’incrocio”.
“Un vecchietto?” chiese il ragazzo aggrottando le sopracciglia “che ti aspetta tutti i giorni per attraversare la strada con te?”
Lazuli annuì: “Ma solo quando sono sola. Se ci sei tu o qualcun altro no. Credi che abbia a che fare con altre gang?"
Lapis non disse niente; si limitava a camminare avanti e indietro con lo sguardo basso e le braccia incrociate sul petto. Pensando a un vecchio che pedinava sua sorella, si senti’ disgustato.
“Sai cosa mi sta chiedendo ultimamente?” proruppe Lazuli “mi chiede di farmi dei giretti con lui, di accompagnarlo a casa!”
Lapis alzò la testa di scatto e i capelli scuri incorniciarono gli occhi dallo sguardo ardente:
“Chi è? Dimmelo! Dimmelo che lo prendo e lo massacro.”
“Ma ti pare!” protestò Lazuli “non abbiamo mai ucciso nessuno, non dobbiamo cominciare ora."
Erano cauti; loro due erano riusciti a restare a galla e a fare soldi senza farsi sbattere in istituto grazie alla discrezione che si prendevano cura di usare.
Facevano molta attenzione a dove andavano, cosa facevano, come si muovevano e nessuno nel giro delle gang conosceva i loro volti, loro due erano molto gelosi della loro identita’; sapevano che il loro aspetto sarebbe stato facile da ricordare e quindi sbrigavano i loro affari loschi completamente vestiti di nero, con un passamontagna nero e lenti a contatto per mascherare il colore degli occhi.
Il resto della gang faceva lo stesso.
"Poi non so nemmeno come si chiama. So solo che o sto diventando pazza, o lo vedo dappertutto,
compreso il pezzo di strada sotto casa nostra!”Lapis deglutì e sospirò. Poi si avvicinò alla gemella e le batté la mano sulla spalla:
“Non avere paura, conta su di me, chiaro? E poi un consiglio, non andare mai in giro indifesa. Peccato che non hai una di queste”.
Le fece un sorriso da mascalzone e la lascio’ rimirare la Colt M1911 che teneva posata sui palmi delle mani, come per non appannare il metallo lucente.
“Ma allora e’ la tua? Dove l’hai presa?” chiese Lazuli a fior di labbra.
“Era nella cassaforte” ultimamente Lapis si divertiva a decodificare le combinazioni, quella del box all’hotel delle cose dove Kate aveva riposto le cianfrusaglie che si erano accumulate in casa con gli anni era stata facilissima “penso che fosse della mamma. Figo.”
Loro mamma? Una pistola?
Lazuli abbassò gli occhi: “Forse sarebbe meglio dirlo alla mamma. Del vecchio. Anche se non me la sento”.
Lui fece spallucce: “Fa’ come vuoi, io non ti tradirò”.

  Da quella volta Lazuli seguì il consiglio di suo fratello e si comprò un coltello a serramanico da cui
non si separava mai.
Cercava sempre di andare in giro accompagnata e di mantenere un atteggiamento distaccato, anche se dentro di lei l’inquietudine si faceva strada.
Lapis sapeva già guidare ma stava ancora prendendo la patente; aspettando, si erano comprati una moto.
“Appena faccio diciotto anni mi iscrivo alle corse di rally. Non vedo l’ora!” diceva lui tutto sorridente.
“Ma se sai appena guidare la macchina della mamma, in città oltretutto.”
“Parli a vanvera: ho tempo per imparare”.
Lei sbuffava scocciata: buttare via i soldi e rischiare di farsi male solo per correre con delle stupidissime macchine, era qualcosa che non riusciva a capire.
 
  Kate non sapeva della moto.
E quando li aveva sorpresi a tornare a casa con quella, loro non l'avevano mai vista così arrabbiata: l'azzurro dei suoi occhi sembrava fosforescente.
Era lì ad aspettarli a braccia incrociate e con uno sguardo torvo, quando erano entrati in casa.
"È inutile che ti arrabbi, mamma. L'abbiamo comprata coi nostri soldi."
"Quali soldi? Quelli che guadagni mentre sei a scuola, Lazuli?"
Kate conosceva i suoi polli.
I gemelli tacquero.
La moto era molto utile per fuggire in fretta; Lapis aveva anche l’abitudine di usarla per andare a prendere Carly, sotto lo sguardo ferreo del padre di quest’ultima e anche per andarsene fuori citta’ per conto suo, per allenarsi a girarsi indietro e sparare mentre guidava.
Era caduto piu’ di una volta, ma grazie alla sua costanza ora riusciva a colpire meglio i fari e gli specchietti delle volanti che a volte li braccavano.
"Tu. Fila immediatamente su, in camera tua" Kate spinse Lapis su per le scale, parlando piano.
Una volta che fu sola con Lazuli,la mamma la guardò con occhi così duri e freddi che la ragazza non seppe mantenere il silenzio:
"Non lo vuoi sapere, mamma, e non te lo dirò mai. E guai se dai fastidio a mio fratello."

  C’erano tuttavia delle volte in cui Lazuli non poteva fare a meno di tornare a casa da sola.
Una volta entrò in casa con gli occhi lucidi e gonfi di lacrime; appena la vide Kate si alzò e corse ad abbracciarla.
Stretta alla mamma Lazuli proruppe in un triste pianto: “Non ce la faccio più...”
Kate le accarezzò i capelli e la lasciò sfogare: “Quando hai voglia ne parliamo, va bene?”
Lei assentì e si asciugò le ultime tracce del pianto. Se Lapis l’avesse vista si sarebbe preoccupato.
“Grazie...sei tanto cara.”
Abbraccio’ forte Kate, mentre la voce le si rompeva di nuovo. Si sentiva cattiva: la mamma, la sua mamma, si volevano così bene. Allora perché si ostinava a tenerla all’oscuro di tutto? Le stava spezzando il cuore.
Non poteva anche parlarle del vecchio, ora.
Come al solito nulla sfuggiva a Lapis:
“Insomma, dimmi almeno com’è? È alto, è basso? È tanto vecchio?”
Lazuli descrisse un uomo piuttosto piccolo e un po’ curvo, pelato e con la barba bianca.
“E poi? Come si veste?”
Lazuli si batté i pugni sulle cosce: “Questo è troppo!”
Lapis sorrise furbescamente: “No, sei tu che sei approssimativa: devi ricordarti il maggior numero di dettagli possibili” poi i suoi occhi si oscurarono “non posso mica ammazzare la persona sbagliata.”
“Ammazzare? Comunque ha barba e baffi molto bianchi, naso storto. Penso che superi abbondantemente i sessanta.”
Lapis stette zitto. Rimase incantato, mordendosi nervosamente il labbro, finchè si alzò di scatto e schioccò le dita:
“Ho capito! Adesso sì, ho capito chi è!”
Lei lo guardò incuriosita.
“Sì!” proseguì lui “ce l’ho presente: la prima volta che l’ho visto ero a lavare la macchina con Carly. Lei mi aveva detto che quello lì aveva lo sguardo da pazzo e che aveva paura che ci desse fastidio...ha lo sguardo da pazzo?”
Lazuli arricciò il naso e spalancò gli occhi mentre annuiva.
“Allora è lui! Vecchio schifoso, io lo ammazzo” ridacchiò il ragazzo “era vicino agli idranti; io ero andato lì a prenderne uno per sciacquare la macchina e questo continuava a dirmi vuoi che ti aiuti? Sembra pesante”.
“Fammi capire, prima mi supplica di aiutarlo all’incrocio perché poverino non ce la fa, poi va da te che sei sano e giovane e ti chiede se può aiutarti a portare l’idrante?”
Lapis sospirò con le mani sui fianchi: “Eh sì, a quanto pare. Io pensavo che fosse interessato a Carly."
Appena aveva visto, Lapis aveva lasciato l'idrante per terra e si era precipitato verso la macchina.
Aveva violentemente afferrato il vecchio e l'aveva scaraventato a terra, poi gli aveva assestato un pugno in pieno viso.
"Ma sei impazzito? Basta!” Carly si era lanciata giù dalla macchina l'aveva stretto, tremando "ti prego!"
Ma Lapis avrebbe continuato a colpire se due tizi lì all'autolavaggio non l'avessero bloccato, impedendogli di continuare e lasciando il vecchio libero di andarsene.
Ora che ci ripensava si era reso conto che aveva fatto piangere la sua Carly.
Il pensiero lo rattristò e lo scacciò: "...ma ora che ci penso c’era anche altre volte, anche la settimana scorsa! E all’autolavaggio ci sono andato da solo.”
La faccenda si stava facendo preoccupante; la cosa ridicola era che la gente normalmente si rivolgeva agli sbirri per queste cose.
Loro erano i primi ad avere guai con la polizia; poco tempo prima era stato Lapis a ferire un agente con un colpo di pistola.
Il ragazzo si chiedeva se avere sempre qualcuno alle costole fosse il prezzo da pagare per essere due teppisti. Se fossero stati responsabili, invece? Come tutte le persone sane di mente nel loro entourage si aspettavano da loro?
 
"Cosa farai dopo la scuola? Carly si iscrivera’ alla facolta’ di medicina, forse a West City."
Il signor Der Veer lo fissava mentre erano tutti e tre seduti a tavola, a casa di lei.
Lapis non lo sapeva.
Più tardi mentre l’uomo era fuori in giardino, i ragazzi erano ritornati sull'argomento.
“Medicina, allora?”
“In realtà quello che voglio e’ pediatria, ma devo iniziare con la materia comune, medicina."
“Pero’, West City; io rimarro’ bloccato qui, invece.”
"Ma no, Lapis. Finirai la scuola solo un anno dopo di me e West City non e’ cosi’ lontana.”
Carly gli aveva sorriso, stringendogli la mano e appoggiando la testa sulla sua spalla. Lapis si era sorpreso nel rendersi conto ancora una volta quanto fosse fortunato ad avere al suo fianco una ragazza così graziosa, tenera e affettuosa.
Bella, Carly? Non quanto lui, si rispondeva da solo; ma gli piaceva molto con quella chioma rossa, quelle lentiggini sbarazzine sul nasino a patata, sulle guance tonde e rosee, persino sulle palpebre.
Stavano così bene con i suoi occhi verdi.
"In ogni caso sono felice della tua scelta, devi proprio farlo. Così curerai bene i nostri bambini."
Carly era arrossita al pensiero. Lapis l'aveva guardata, divertito e innocente:
"Che c'è? Cosa ho detto?"
"I bambini..."
"Mi piacciono. Perché è così difficile da credere? Un giorno sarò un adulto responsabile" diceva con aria tronfia, indicandosi "e allora avremo i bambini. Ma non ora. Quando siamo vecchi, tipo venticinque anni."
Era una cosa seria per lui e ovviamente l’aveva gia’ detto anche a Lazuli, che pensava fosse insolito che suo fratello gemello potesse pensare a qualcosa di cosi’ lontano dallo stadio corrente della loro vita; tuttavia era certa che un giorno lui sarebbe stato un buon padre.
"Mi piacerebbe tanto."
"Sul serio?"
 Lapis le aveva riservato uno dei suoi rari sorrisi smaglianti e Carly era avvampata ancora nell’immaginarsi perfettamente, nel tempo di una decina d’anni, a portare in giro con orgoglio e bellezza una grande pancia rotonda, con dentro il loro bambino:
"Sì, amore. Ma quindi, nel tuo percorso verso l'essere un adulto responsabile cos'hai in mente di fare dopo la scuola? Quello che fai ora?"
Carly si chiedeva se ci sarebbero voluti davvero tutti quegli anni perché Lapis smettesse di essere un gangster. Lui non gliene aveva mai parlato, ma Carly lo sapeva lo stesso e aveva molta paura che il suo stile di vita l'avrebbe messo in pericolo.
Ci aveva pensato e ripensato e non aveva potuto fare a meno di piangere.
"Dai, Carly? No, su, non di nuovo. Vieni qui."
Lapis l'aveva abbracciata con un sospiro; l'aveva fatta piangere ancora.

Si riteneva una persona egoista, perché voleva solo divertirsi e provocare e finora si era altamente fregato di quello che pensavano gli altri. Ma si rendeva sempre più conto che fra gli altri c'erano tre persone di cui gli importava più di quanto gli importasse di se stesso: sua madre, sua sorella, e Carly.
Due su tre piangevano regolarmente per colpa delle sue malefatte.
Lapis amava Carly e si sentiva in pace insieme a lei, era felice di sperimentare sentimenti diversi da quello che provava per la sorella e per la madre. E poi lei gli dava quella stabilità che derivava dal non essere in un rapporto inspiegabilmente empatico come con Lazuli, in cui ogni gioia, ogni paura, ogni delusione, ogni inquietudine di uno diventavano anche dell’altro.
Se pero’ voleva davvero stare con lei, presto o tardi avrebbe dovuto smetterla. Si chiedeva come Carly avesse potuto sopportare questo di lui già per un anno e si imponeva di prenderla come una motivazione.
Perché faceva cosi’? Lui e Lazuli erano due ragazzi "dei quartieri per bene”, non era certo una questione di sopravvivenza.
Per Lazuli era semplice: soldi, soldi, soldi.
Lei voleva i soldi, amava i soldi, anche se alla mamma non erano mai mancati non le bastavano mai.
E lui? Voleva dimstrare qualcosa a qualcuno? Si annoiava?
Ci sarebbero state così tante cose che avrebbe potuto fare, ma era divertente accoltellare gente delle altre gang che gli dava fastidio, sparare, dimostrare dominanza.
Lui poteva benissimo passare la mattina in classe, il pomeriggio con la sua dolce Carly e la sera a comandare la gang.
Cos'avrebbe fatto dopo la scuola, allora?
 
Nella sfera familiare i fratelli insabbiavano tutto, anche se si rendevano benissimo conto che non potevano prendere in giro la loro madre.
Povera Kate!
I gemelli l’amavano con tutto il cuore, ma proprio non riuscivano a stare quieti e tranquilli.
“Comunque io lo ammazzo. Appena si azzarda a toccarti è morto” disse Lapis con tranquillità.
“No! Non voglio che ti mettano in prigione" disse lei, togliendo una ciocca di capelli dai suoi occhi.
Lui la rimise dov’era e prese le mani della gemella fra le sue:
“Laz, noi siamo delinquenti: prima o poi in prigione ci andremo lo stesso, quindi tanto vale”.
"Sei disposto ad andare in istituo per me?" ridacchiò "cos'è, finalmente ti sei stufato di scoparti Miss Perfezione?"
Lapis restò a bocca aperta, poi diede uno spintone a sua sorella e la fece cadere.
"Non osare. La prossima volta che parli di me e Carly in questo modo, ti tratterò come meriti. Non ti conviene."
Lei emise un gridolino, si rialzò e restituì lo spintone, volle essere arrabbiata ma non ci riuscì:
“Se dobbiamo perdere tutto, non voglio che paghi solo tu. Lo ammazzeremo insieme e ci metteranno dentro tutti e due. Non sopporto l’idea che ci separino”.
Lazuli pronuncio’ quelle parole ignorando il fatto che nei riformatori maschi e femmine venivano separati.
Lapis era ancora un bambino immaturo, ma Lazuli si rendeva benissimo conto di quanto le avrebbe fatto male la lontananza dal fratello.
Lei si vedeva come un sole e lui era la sua luna: tanti ragazzi erano stati gelosi delle attenzioni che dava a lui, togliendole a loro.
Ma a lei non importava: di ragazzi è pieno il mondo, di fratello gemello ne ho uno solo, si diceva.
Era legata a lui sin dal primo momento in cui aveva iniziato a esistere; avevano passato insieme i nove mesi nel ventre materno, si erano presi le stesse malattie, avevano condiviso anche i segreti più nascosti.
Le sembrava una presa in giro che lui venisse sbattuto in un istituto e lei no.
Dovevano sostenersi nel bene e nel male: fino alla fine del mondo.

 
  Kate si struggeva nella ricerca di qualcosa di mancante o di sbagliato nel suo lavoro di madre.
C’erano delle falle, era evidente, eppure le sembrava sempre di dare tutta se stessa per loro.
Aveva sempre preso in considerazione i loro problemi, aveva fatto di tutto per stabilirsi sulla loro lunghezza d’onda e per ascoltarli.
Erano restii, loro, anche se Kate percepiva l’amore incondizionato che nutrivano per lei.
Si era promessa di proteggere i suoi figli sin da quando erano ancora dentro di lei, si era promessa di essere una buona madre.
Bambini turbolenti e felici una volta, giovani adulti ormai: Lapis e Lazuli avevano compiuto diciotto anni e la gravità delle loro azioni poteva pesare molto di più da quel momento in poi.
Non poteva fare niente contro di loro: nonostante saltassero la scuola spesso, rimanevano a galla.
Non avevano mai perso un anno, né il preside aveva mai fatto chiamare Kate, perché fra quelle mura il loro comportamento era tollerabile.
Sembrava che ci tenessero a comportarsi bene a scuola per poter uscire di lì il piu’ velocemente possibile e dedicarsi a tempo pieno a quello che davvero importava loro.
Cose di cui Kate sapeva poco e niente, che andavano solo ad aumentare il suo senso di impotenza.
La loro infanzia era finita da tempo, ma solo quando Kate osservava il loro corpo si rendeva conto di quando fossero cresciuti.
Lazuli era diventata una bellezza: come lei era alta e slanciata, i suoi lineamenti erano cesellati.
Una Kate bionda, dicevano i conoscenti.
Era ormai una donna; si era sempre sentita più matura e più grande, ma non aveva più fretta di crescere e aveva dovuto riconoscere a Lapis di essere quasi al suo livello.
Anche Lapis aveva perso molti tratti fanciulleschi. Era sempre molto somigliante alla sorella e soprattutto alla madre, coi suoi capelli scuri che ormai gli arrivavano alle spalle; la sua voce si era ulteriormente abbassata, le spalle si erano fatte più grosse e i fianchi più stretti.
E poi era meno impulsivo di prima. Quasi quasi era più bello di Lazuli, pensava Kate.
Se qualche volta era capitato loro di litigare, ora meno che mai.
Si trovavano d’accordo praticamente su tutto ed erano molto accomodanti l’uno nei confronti dell’altra.
Quindi che problema c’era?
Nessuno, a parte il fatto che ultimamente Lapis era ospite abituale in più caserme. Aveva passato qualche notte in prigione e che anche sua sorella dava il suo bel daffare.
Nonostante tutto però, Kate li vedeva sereni: c’era stato un periodo, due anni prima, in cui lei sembrava spaventata e preoccupata e molte volte piangeva, mentre lui era nervoso e violento.
Come al solito non avevano voluto dirle gran che.
Kate sospirò: “Lazuli, pronta?”
“Solo un minuto, mamma.”
Kate ne aspettò dieci: “Hai fatto colazione?”
“Non ne ho voglia...”
Quello era un altro argomento per litigare, Lazuli che non voleva mangiare.
“Vuoi perderti la partenza?”
La ragazza fece capolino dalla porta della sua camera, sfoderando un gran sorriso a Kate:
“No, certo che no!”
Lazuli si mise davanti allo specchio e si spazzolò frettolosamente i capelli, che scendevano dritti come spaghetti proprio alla base del collo.
Non c’era bisogno che Kate le mettesse così fretta!
Quello era un giorno non-so-cosa-mettere e le ci era voluto del tempo per scegliersi gli abiti che riteneva più adatti.
Anche se doveva solo andare a vedere Lapis che gareggiava con la sua auto da rally, ci teneva a essere sempre in ordine.
Raggiunse Kate in macchina: “Ti ricordi mamma, quanto rompeva con il rally? Adesso sarà contento!” 
“Non vuoi guidare tu?”
 “Mm, non so, se proprio devo.”
Se sua figlia fosse stata come suo fratello, l'avrebbe gia' obbligata a lasciarla guidare.
“Le auto sono stupide, imparerò prima o poi”.
Kate alzò le spalle:
“Oh beh, contenta tu di dipendere sempre dagli altri.”
 
  Quella gara doveva essere davvero importante: era pieno di gente, pieno di automobili e di automobilisti, di ragazze con gli ombrellini e di musica.
“Sei emozionato?”
“Chi, io?”
Lapis ostentò un sorriso spavaldo a Carly, che a sua volta gli sorrise mettendogli le braccia intorno alla vita e la testa sul petto.
Lui era così: faceva tanto lo spaccone, ma lei sentiva benissimo quanto gli battesse forte il cuore per la trepidazione.
Lapis la strinse forte sollevandola, poi aprì la portiera ed entrò nella sua auto:
“Questa la dedico a te”.
“Ah sì? Grazie! Sicuro di non volerla dedicare a Lazuli?”
“Mah...quasi quasi.”
Carly abbassò l’ombrellino, corrugando la fronte.
Lapis stette per un attimo a guardarla, poi rise buttando all’indietro i capelli: “Scherzo! Prendi tutto sul serio, tu.”
Poi scese di nuovo per abbracciarla ancora, mordicchiandole dolcemente la guancia.
“Scemo!” lei gli diede uno scappellotto affettuoso; lui corse al volante e le ammiccò, chiudendo la portiera.
Poi mise in moto la macchina per scaldarla: non riusciva ad abituarsi al brivido del rally, delle derapate sulle strade tortuose e dei salti su quelle sconnesse.
Per quanto tempo aveva aspettato! Non fino ai diciotto anni che aveva compiuto da poco, ma il tempo gli era parso comunque infinito e spasimava per le auto, sapeva tutto, anche sul rally.
Tre anni prima Kate gli aveva concesso solo la macchina, ed era stato così che aveva conosciuto Carly.
Lapis ripenso’ alla discussione che aveva avuto con lei e suo padre due anni prima: ora sapeva con piu’ chiarezza che essere un pilota di rally avrebbe potuto essere una buona scelta per lui.
Ora come ora, qualche volta tornava a casa con qualche livido e anche se non vinceva tutte le volte non gli
importava: ogni gara era una lezione.
E un bel gioco.
 
  “Non è venuto il tuo moroso?”
Kate e Lazuli, sedute sulle tribunette, aspettavano l’inizio della gara. La ragazza guardava con aria annoiata le macchine che aspettavano di sistemarsi e le ragazze con gli ombrellini che andavano di qua e di là.
“Moroso. Certo, mamma, certo.”
Lazuli provo’ pena per sua madre, che non sapeva che in realta’ quello era solo stato un ragazzo che lei aveva rubato apposta a Sara per farci sesso un paio di volte, anche tre.
Sara l’aveva indispettita e lei gliel’aveva fatta pagare: ogni volta che era stata con quel tipo si era immaginata Sara piangere di rabbia, con le unghie finte conficcate nei capelli biondi finti.
Ora quasi rimpiangeva le sue azioni, perche’ Sara aveva tagliato tutti i ponti con lei, non la voleva nemmeno vedere.
“Quale moroso? Ci siamo mollati...”
Non ne aveva parlato nemmeno a Lapis, sapendo che lui l’avrebbe giudicata. Lazuli era quasi sicura che se al suo posto ci fosse stato il suo gemello maschio, nessuno avrebbe detto nulla; perche’ ovviamente se una donna va a letto con molti tipi allora non e’ rispettabile, ma se un uomo fa lo stesso allora e’ un casanova.
Se non fosse stata una femmina Lazuli avrebbe vissuto piu’ liberamente come un casanova, senza sentire il bisogno di nascondersi.
Era avanti anni luce a suo fratello, a tredici anni era già sveglia e a quattordici l’aveva fatto per prima volta; poteva invece contare sulle dita di una mano tutte le
persone con cui Lapis aveva fatto sesso, prima che si trovasse quella Carly.
Lazuli non era ancora riuscita a farsela piacere ed era sorpresa che Lapis non si fosse ancora stancato; pensava che gli piacessero donne più toste, non damigelle pallide e svenevoli.
“Non sarai per caso gelosa?” chiedeva lui, con una risata.
Lazuli era convinta che Carly stesse con lui solo per il suo aspetto, pensandolo come un principe azzurro o un’altra creatura del genere.
Che infantile, i principi azzurri non esistevano.
E loro due erano troppo diversi, una ragazza modello , gran secchiona, e il leader armato di una gang.
Lazuli si chiedeva per quanto ancora avrebbe dovuto sopportarla, ma viste le divergenze e anche il fatto che erano ancora liceali, si tranquillizzò.
Quella pin-up, soave e tettona era però oggettivamente gradevole, questo glielo concedeva.
Invidiava a suo fratello di avere qualcuno che lo amasse cosi’ com’era, infantile e coi denti storti, mentre lei era sempre costretta a respingere avances o ad accontentarsi, anche se alla fine lasciava comunque perdere.
“Ah...” commentò Kate “cos’aveva questo che non andava?”
Lazuli non sapeva cosa dire: non andava e basta!
“Le orecchie. Aveva le orecchie troppo grosse”.
A volte si arrabbiava per questo. Perche’ Lapis si e lei no, cos’aveva lei che non andava?
Lui lo capiva e cercava di non ferirla.
“Guarda Lapis” le disse Kate, distraendola dai suoi pensieri.
Lazuli l’aveva già visto da un bel po’, aveva portato la macchina sulla linea della partenza, aspettava appoggiato sul cofano chiacchierando col pilota al suo fianco, i capelli neri e la maglietta arancione si vedevano fin da lì.
“Dai fratellino, fai del tuo meglio. Sono qua che ti guardo.”
Lazuli sorrise, convinta che quell’energia positiva si sarebbe sicuramente trasmessa a lui, sostenendolo.
“Mamma, quanto abbiamo di differenza?” chiese poi di getto.
“Voi due? Un’oretta circa.”
Lei era la gemella grande e vedeva sempre Lapis come un fratello minore più bambino di lei.
Tuttavia aveva notato come fosse cresciuto, soprattutto negli ultimi tempi.
Sicuramente anche lui doveva aver notato che anche lei era cambiata. Lazuli era lieta che a Lapis non desse fastidio che lei fosse alta quasi quanto lui, senza tacchi; alcuni ragazzi con cui era uscita non avevano apprezzato questo di lei.
Kate sapeva che i gemelli si erano accorti dei reciproci cambiamenti fisici perché gliene avevano parlato in separata sede.
“...e mi sembra ieri, quando li tenevo in braccio.” Kate sorrise e gettò uno sguardò alla sua giovane donna, seduta accanto a lei, e al suo giovane uomo, che nel frattempo era salito in macchina e aspettava la partenza.
Al colpo di pistola, le macchine partirono mordendo ferocemente la strada.
Lapis stava andando bene: “Non devo andare subito troppo veloce, altrimenti rischio di ritrovarmi indietro dopo”.
Pensava e si concentrava sul volante e sulla strada, urtando aggressivamente le altre auto.
L’adrenalina gli scorreva forte in corpo, amava troppo imporsi sugli altri e mettersi in mostra. Oggi era diverso, oggi voleva vincere: lui era forte, lui era il più forte e gli altri dovevano adeguarsi.
Sapeva fin troppo bene che non doveva farsi prendere dalla smania di vittoria, altrimenti sarebbe ritornato come alla sua prima gara, quando aveva tagliato per primo il traguardo a spese di qualche altro pilota ed era stato squalificato.
Bell’inizio!
Quella volta si era talmente arrabbiato che, se non fosse stato per il pubblico, avrebbe sicuramente trascinato il giudice in un angolo e l'avrebbe persuaso, come sapeva fare.
“Povera me!” gli diceva sempre Kate “non bastavi solo tu a combinarmi disastri! Ora ci sei tu con la tua macchina.”
“Mamma, ma che significa?” interveniva Lazuli “anche tu cucini malissimo, ma noi non ci lamentiamo neanche, vero Lapis? E nemmeno ti diciamo che non devi farlo più!”
La solita, che si scambiava uno sguardo vittorioso col fratello e sbatteva le ciglia a lei.
“Quanto ero stupido...le cose bisogna farle discretamente” pensò, sterzando bruscamente e tamponando un avversario con il muso della sua auto.
“Scusa!” urlò, ridacchiando.
  “Dai amore, fallo per me...”
Lazuli fissava con sguardo assente la secchia, che era venuta a sedersi lì con loro e si tormentava le mani guardando le auto che correvano lasciandosi dietro una traccia polverosa.
“Che ti ha detto mio fratello prima di partire?” le chiese con eloquenza.
Lazuli faceva molta paura a Carly, nonostante fosse più vecchia dei gemelli di un anno:
“Niente. Mi ha detto che questa volta vuole vincere per me”.
Lazuli si sforzò di sorridere e riportò altrove le proprie attenzioni.
Era passato del tempo, ma non si sentiva mai pienamente serena. Cercava di non pensarci, ma del resto come dimenticare lo strano vecchio che fino a due anni prima li aveva pedinati entrambi?
“Sono proprio diventata psicotica" pensava tutte le sere, quando ancora prima di chiudere le imposte della sua camera cercava con gli occhi, giù in strada, il brillio di una barba canuta, la sagoma di una figura nascosta fra anfratti della via.
E si trovava proprio stupida, perché ogni volta si buttava sul letto e tirava un sospiro di sollievo.
“Secondo me quando avrò dei figli mi toccherà guardare sia le loro spalle che le mie” diceva fra sé.
Ormai non poteva più fare a meno di aguzzare la vista e i sensi ogni volta che usciva di casa, disentire uno morsa allo stomaco nello scorgere qualche anziano signore che alla fine era sempre innocuo.
Ostentava un’aria da dura, ma in realtà le sue gambe tremavano.
Lapis, beato lui, sembrava averla superata. E grazie, lui non era una ragazza! Erano quasi sempre le ragazze a venire stuprate per strada.
Lui non aveva però dimenticato la promessa che le aveva fatto, pistola di Kate sempre alla mano.
Mentre l’auto rossa di Lapis tagliava il traguardo, lei era ancora immersa nei propri pensieri e quando il grido di esultanza di Kate, Carly e altri spettatori la riportò con i piedi per terra era già troppo tardi.
Corse da Carly: “Ha vinto? Ce l’ha fatta?”
La fatina troietta continuava a saltellare entusiasta: “Non si capisce! Erano in due, lui e un altro, affiancati a cento metri dal traguardo. Continuavano a darsi delle botte ma nessuno ha ceduto e hanno tagliato insieme il traguardo. Adesso i giudici devono guardare i fotogrammi per decidere.”
Lazuli sorrise e si avvicinò alla madre: “Andiamo?”
Le tre donne scesero dalla tribuna e raggiunsero i piloti fra la polvere della linea di arrivo.
Lapis era già sceso e quando le vide corse loro incontro. Respirava freneticamente e le sopracciglia erano corrugate.
Incurante del polverone, Carly si diresse con passo spedito verso di lui, poi lo serrò in un abbraccio e lo baciò in maniera decisa, quasi aggressiva, mentre lui la teneva sollevata.
Lazuli restò a guardare con una leggera malinconia.
Poi cercò di distrarsi e si accorse di come suo fratello era conciato; era tutto sudato e la maglietta arancione aderiva ai muscoli nervosi della sua pancia, uno strato lieve di polvere gli ricopriva i capelli, rendendoglieli spenti: quando anche le altre lo notarono, tutte e tre scoppiarono a ridere.
“Beh?” chiese lui, irrequieto.
“Hai spazzato la pista? Sembri uno straccio per la polvere!” trillò Lazuli scompigliandogli i capelli.
Lapis la inchiodò con uno sguardo assassino.
“Volevo solo sdrammatizzare un po’ ” si giustificò lei, che capiva benissimo quanto potesse essere teso.
“Silenzio! Abbiamo i risultati!” annunciò il giudice “Michael, auto 99 e Lapis, auto 32, sono i nostri contendenti: secondo i fotogrammi, quindi effettivamente, anche se di un qualche millesimo di secondo...”
Finiscila di tirarla lunga. Dillo. Muoviti.” pensava Lapis dentro di sé.
“...il primo posto spetta all’auto numero 99. Michael!” gli amici gli si accostarono, il giudice gli strinse la mano e gli porse il primo premio, poi fece lo stesso porgendo il secondo premio al giovane Lapis, battendogli forte una mano sulla spalla.
“Bravi ragazzi, è stata una bella sfida. Siete stati grandi, sembravate un film d’azione! Continuate a correre” parlò piano in modo che lo sentissero solo loro due, poi li lasciò e tornò alle premiazioni.
Lapis salutò l’avversario e andò dalle sue donne. Si era lasciato andare e sorrideva.
La madre, la sorella e la fidanzata lo strinsero in un abbraccio collettivo:
“Bravo il mio bimbo!” sorrise Kate, dandogli un rumoroso bacio che lo fece diventare tutto rosso.
“Sei soddisfatto?” domandò Lazuli con dolcezza.
Lui annui’ discretamente, ma lei sapeva che si era divertito.
Che la gara era stata alla sua altezza.
Che aveva saputo farsi notare.
Che aveva trovato un degno avversario.
Che tutte e tre, lei, Kate e Carly erano lì ad incitarlo con il loro striscione, i loro capelli al vento, i loro sorrisi brillanti e lui ci aveva contato.
“Che questo è un momento di felicità perfetta senza intrusi o particolari spiacevoli” aggiunse Lazuli personalmente, pensando per un momento che niente avrebbe potuto infrangere la magia di quell’istante.
 
 
 
Ps: grazie a tutti coloro che leggeranno, inseriranno in qualche lista o anche recensiranno! Ho vinto la timidezza nell'espormi e nel pubblicare la storia, ma sono anche favorevole a tuttele recensioni, anche la bandiera rossa. L'italiano e' una lingua madre ma sono anni che penso, scrivo e parlo in inglese e non vorrei che la qualita' dei miei scritti ne risentisse. Dal canto mio non vedo l'ora di scrivere recensioni e scoprire nuovi autori.
Grazie ancora per la lettura e il vostro tempo.
   
 
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