Allora…
la mia idea principale per questa storia è di dividerla in
più parti in modo da
creare una sorta di “miniserie”. In quanto temo che
possa anche questa essere
una storia incompiuta (di cui sono campione) vorrei fare le cose
abbastanza
ristrette. Comunque, come spesso mi accade con le fanfiction che scrivo
ultimamente vorrei puntarmi soprattutto sul lato psicologico dei
personaggi. Anche
negli aspetti più dark.
Pertanto
vi auguro buona lettura e a presto!
La
stanza in cui si trovava era un connubio di suoni ovattati e di
vibrazioni che
lo portarono a credere, un po’ per volta nel mentre che
cercava dolorosamente
di svegliarsi, che il vascello in cui era si stesse prodigando in
chissà quali
manovre folli.
Fu
solo quando i sensori ambientali di Kaon – che sostituivano
le sue ottiche
ormai perse da tempo – ebbero finalmente modo di attivarsi
completamente che,
con sforzo epico, il cieco tecnico della Decepticon Justice Division
capì che
la nave in cui era imbarcato non era altri che la Paceful Tyranny. E
non si
stava muovendo, in quanto ricordò che era ferma da un bel
pezzo su Messatine. I
postumi di quella che era sicuramente un post sballo da fine settimana
li aveva
ancora tutti, e per giunta in un periodo in cui era il caso di non
averne.
Il
pianeta ghiacciato in cui si trovava, un tempo prosperosa miniera per
le città
dorate di Cybertron – e solo successivamente sfruttato anche
per mandare a
lavorare forzatamente i suoi dissidenti – era da tempo
diventato il loro
avamposto personale in cui poter ristorare il loro incrociatore senza
problemi
e poter far sbarcare l’equipaggio in relativa sicurezza. In
fin dei conti il
maggior pericolo al di fuori della loro base era qualche crepaccio in
quella
landa ghiacciata dimenticata Primus e altri divini.
Cercando
di fare il punto della situazione cercò di mettere a fuoco
dove si trovava, e
capire il perché si sentiva la schiena completamente incriccata come una treccia di cavi,
intuendo che si trovava nei
propri alloggi personali e che torso e braccia erano bellamente distese
contro
il sudicio pavimento metallico, si trovava a pancia in giù
– e questo
giustificava il suo mal di schiena – mentre le gambe
rantolavano malamente sul
bordo della sua cuccetta annaspando come in una lenta agonia.
“Oh…
porca… troia!”
La
voce gli uscì dalla bocca in un modo così roco
che, se fosse stato un organico,
avrebbe sicuramente creduto di avere la gola secca quando in
realtà la scatola
vocale era semplicemente rovinata dopo averla usata troppo. Si chiese
istintivamente quale concerto di karaoke i ragazzi avessero organizzato
la
notte passata per ridurlo così, ma questo non giustificava
il fatto che sentiva
le viscere metalliche pronte a ributtare tutto l’energon che
aveva assunto.
Cosa
che effettivamente successe, seppur in piccolo, quando
avvertì le componenti
interne contrarsi e costringerlo per questo a scendere del tutto del
letto e
mettersi velocemente a carponi per non rischiare di ritrovarsi ad
annaspare nel
suo stesso vomito.
“bleargh…! Cazzo…
che schifo! M-ma cosa è
successo?!”
“è
quello che mi chiedo anche io, in effetti”
Per
forza di cose ora il tecnico decepticon era perfettamente sveglio
– seppur ancora
dolorante e intontito, tutt’ora fermo con le ginocchia a
terra – consapevole
che di fronte a lui stazionava il severo medico di bordo con una
espressione in
volto tutt’altro che benevola.
La
piccola e voluminosa minicon guardò con severità
il proprio paziente così come
è solita fare una levatrice con dei pargoli indisciplinati,
notando chiaramente
il modo in cui Kaon incrinò le labbra in un ghigno
disgustato (per se stesso).
“Nickel…
cos-”
“Ho
solo due domande per te perché, come ben saprai, questo
è un periodo abbastanza
stressante e dunque sarò sintetica: che fine hanno fatto
tutti i crediti del
tuo conto bancario e perché c’è una vecchia
in camera tua!”
lì
per lì il tecnico decepticon non capì cosa stesse
dicendo, arrivando a
guardarsi intorno e a mettersi in piedi a fatica – aiutandosi
con le poche
forze che aveva in corpo trascinandosi su per la cuccetta –
riuscendo solo dopo
diversi secondi a notare che, effettivamente, c’era qualcosa
che non quadrava
in camera sua.
Davanti
alla sua scrivania, illuminata dalle moltitudini di schermi che
adornavano quel
lato della parete, una figura massiccia e dall’aspetto
piuttosto antico – con
cromature tendenti al viola e al grigio – era seduta sulla
sua poltroncina
preferita intenta a trafficare su un datapad senza prestare attenzione
a cosa
stesse accadendo li dentro. Se ci si fosse avvicinati di più
si sarebbe notato
che l’anziana femme era intenta a eseguire delle incisioni
per armature, un po’
come vedere una semplice nonna lavorare all’uncinetto, ma
ciò che fece fermare
per un momento la scintilla in petto a Kaon era il volto di quel
rottame
ambulante. Non vi era ne bocca ne naso, ma solo un unico occhio dorato
rendendola per questo dannatamente simile a quel pazzo scienziato di
nome Shockwave.
“Nickel…
dimmi che non mi sono connesso con quella cosa…”
“Ah,
io non lo so!” fece con tono leggermente arrogante la
minicon, alzando le
spalle “perché non provi a chiederglielo? io so
solo che non hai risposto alle
mie domande”
Questa
volta Kaon l’aveva combinata grossa, quasi sicuramente Tarn
gli avrebbe
staccato la testa di netto per aver fatto qualcosa che il tecnico
proprio non
riusciva a ricordarsi, eppure in quel momento ciò che
avvertì maggiormente era
il fluido craniale che stava comprimendo dolorosamente il suo
processore
interno. Tanto da arrivare a massaggiarsi le tempie doloranti cercando
di far
luce su ciò che gli era successo in quelle ore di buio.
“Nnnh…
senti, Nickel! Io posso rispondere al massimo ad una delle due domande!
M-ma
poi… come fai a sapere del mio conto…”
“ho
fatto due più due quando ti ho visto ritornare su Messatine
in compagnia della
tua nuova fiamma e tu eri fin troppo allegro” ed essere
allegri di aver
rimorchiato una anziana monocola ce ne voleva
“c’entra qualche sostanza che non
mi piace, vero?!”
Il
tono polemico della dottoressa non aiutava di certo
l’esecutore decepticon che,
messo con le spalle al muro, dovette per forza di cose confessare il
proprio
vizietto a qualcuno che – con la scusa del segreto
professionale – magari non
avrebbe fatto la spia ai suoi superiori.
“S-senti…
ho comprato sul mercato nero un dose di dhambrexia,
ok? Non l’avevo mai provata e… e avevano detto che
era roba che superava tutte
le altre in circolazione ma” e qui si massaggiò
l’attaccatura del naso con
pollice e indice, sedendosi pesantemente sulla propria cuccetta
“come fanno a
definirla roba da sballo indimenticabile se poi non ricordi un cazzo?!
Cazzo!”
La
povera minicon fu costretta a portarsi una mano sul volto in un gesto
che
trasudava tutta l’esasperazione dettata dal caso, cercando di
comprendere cosa
avesse portato l’esecutore decepticon ad un simile gesto
scellerato. E la
risposta non tardò ad arrivare nel suo processore.
Erano
fermi in quel pianeta ghiacciato ormai da giorni, forse da una
settimana, cioè
da quando il loro comandante aveva fatto quel che aveva fatto. E a
rimetterci
non c’era stato solo Megatron, ma anche la psiche di Tarn che
aveva visto
crollargli il suo intero castello di carte… e nel mezzo
c’era la DJD che
rischiava di subire le violenze di un leader distrutto. Divenuto
fragile come
quella stessa neve al di fuori del piccolo spazioporto della loro base,
era un
miracolo se fino a quel momento si era limitato a dare solo occhiate di
fuoco
ai suoi sottoposti.
Il
tradimento di Megatron, passato inspiegabilmente alla fazione
avversaria degli
Autobot, non era rimasto inosservato agli occhi dei suoi discepoli
più fedeli…
e Tarn, purtroppo per lui, era un uomo che sentiva di dovere tutto all’ex leader dei
Decepticon.
Com’era possibile che, nientemeno che il fondatore di un
intero esercito – alla
stregua di un dio per molti suoi
adepti – avesse deciso non solo di abbandonare tutto ma
persino di sciogliere
definitivamente la sua stessa organizzazione? In nome di una pace che
non
riusciva a trovare forse? Ma se fosse stato così,
perché non tener conto della guerra
interna che in molti avrebbero
dovuto affrontare?!
Tutte
queste domande avevano portato in molti così tanto sconforto
che ora, la povera
Nickel, doveva agire tempestiva se non voleva che uno dei suoi colleghi
di
lavoro commettesse delle autentiche pazzie. E se purtroppo con Kaon non
aveva
vigilato abbastanza, ritrovandosi con un possibile ulteriore casino per
le
mani, con Tarn era stata decisamente provvidente. Forse
perché, in fin dei
conti, quel mech per lei era come un libro aperto.
La
minicon aveva intuito che quello stolto avrebbe sicuramente cercato di
commettere una pazzia dopo aver visto l’annuncio video di
Megatron – dove
rinnegava letteralmente se stesso – e nel mentre che Tarn era
fuori dalle
proprie stanze private la piccola donna aveva ben pensato di inserire
una perla in ogni bottiglia di
liquori che
possedeva.
Ci
aveva visto giusto, quelle pillole effervescenti di sedativo avevano
impedito
ad un pazzo di iniettarsi così tanto nuke
in corpo da potersi uccidere in una sola seduta di iniezioni, svenendo
all’interno della camera di drenaggio delle sostanze chimiche
usate per
aumentare le loro prestazioni in battaglia.
Non
sapeva se Tarn l’avrebbe mai perdonata per averlo bloccato
nei suoi intenti
suicidi – un cavaliere senza il proprio sire era come un
viandante senza strada
– ma perlomeno così facendo gli aveva dato da
pensare sul da farsi e, almeno
una settimana dopo, essere abbastanza lucido da voler affrontare il
proprio
signore in una chiacchierata a tu per tu finita nei peggiori dei modi.
E
questo la preoccupò maggiormente, in quanto il gelo che era
calato nell’intero
gruppo era pari a quello che permeava le lande di quel sasso alla
deriva in cui
stavano sostando ormai da tempo. Vi era una sottile paura nella
scintilla di
molti, una inquietudine velata nei gesti della quotidianità,
e se alcuni
mascheravano bene quel timore di vedere il loro leader fin troppo
silenzioso –
come Tesarus ed Helex impegnati a fare l’inventario o per Vos
rintanato nel
proprio laboratorio impegnato in chissà quale esperimento
– per altri era in
atto una crisi di nervi.
Ne
era la prova evidente Kaon che, con il favore delle prime tenebre, era
sgattaiolato via dalla base con una navetta di servizio diretto
chissà dove.
Anche se Nickel aveva timore di sapere dove si fosse diretto, visto
l’aspetto
dell’anziana femme che continuava ad ignorarli e a pensare
agli affari propri.
“Uff…
Kaon, ascolta: non sono arrabbiata, ok? Ma questo è un
momento terribile per tutti
e dobbiamo essere preparati al peggio” nel dirlo
allungò una mano verso
l’anziana donna e questa la prese alzandosi lentamente dalla
sedia, aiutata
dalla dottoressa “situazioni come questa
di certo non aiutano! Quindi ora cerca di darti una sistemata e di
renderti
presentabile, perché dovrai spiegare a Tarn diverse cose. Io
intanto visito la
nonna e le faccio un paio di domande… anche se dubito sappia
ancora parlare
data l’età”
Si
allontanò con calma dalla stanza, dando il tempo alla
ciondolante – e cigolante
– femme di sgranchirsi le gambe prima di continuare spedita
verso l’infermeria,
lasciando per questo un povero tecnico a massaggiarsi le tempie ancora
doloranti e conscio di aver commesso una autentica pazzia.
“Cavolo…
speriamo che quella tizia non mi abbia attaccato la
vecchiaia!”
[…]
Il
paesaggio offerto dal pianeta Messatine era lo stesso ovunque si
posasse lo
sguardo. Dune di ghiaccio fino a perdita d’occhio; ampi
crepacci nascosti dalle
sferzate di vento improvvise e catene montuose sconfinate. Il tutto
baciato dai
raggi solari che tingeva quelle morbide curve di tenue rosa ogni qual
volta la
stella di quel remoto sistema solare si affacciava al mattino tra le
creste
impetuose e selvagge che caratterizzavano l’orizzonte
più estremo. Una natura
apparentemente incontaminata che, però, presentava nelle sue
viscere miniere
redditizie che a lungo avevano arricchito il pianeta natale
dell’esecutore
decepticon e isolato i soggetti più pericolose alla sua
democrazia
fallimentare.
Attraverso
i sensori ottici scarlatti di Tarn quello spettacolo desolato gli
forniva
l’unico momento di pace da una moltitudine di pensieri e atti
che non riusciva
a riconoscere come suoi. Eppure, seduto su quella neve morbida, un
po’ per
volta stava cominciando a fare il punto della situazione.
Si
sentiva più lucido rispetto a quando aveva tentato di farla
finita, e nel
mentre che i miasmi delle droghe e dei sedativi gli avevano fatto
passare
qualsiasi intento autolesionista dopo aver visto il video messaggio del
fu lord
Megatron, ora era il turno di fare i conti con un vuoto che non
riusciva a
colmare.
Ciò
che il suo processore ricordava del suo ultimo dialogo con il suo ex
signore
erano frasi, immagini e sensazioni frammentarie che il suo subconscio
cercava
disperatamente di non unire come i pezzi del puzzle qual erano. Uno
stato di
shock ancora effettivo in lui, ma nonostante tutto la scintilla della
pazzia
non era comunque scattata dopo aver usato i suoi doppi cannoni per
fondere il
petto di Megatron e lasciarlo agonizzante tra quei fiori tecnorganici
dalle
corolle perennemente aperte.
Sapeva
che ci sarebbe stato un confronto, prima o poi, tra lui e quello che
doveva
essere il leader dei decepticon… ma finito a quel modo, in
terra neutrale,
avrebbe volentieri preferito evitarlo.
“Tarn…”
Riusciva
ancora a ricordare la sua voce ferma nonostante la vita si stesse per
spegnere
all’interno del suo petto. La bocca sporca di roseo energon
tossito in punto di
morte, lo sguardo fermo di chi non voleva ancora decedere.
“Ragazzo…”
Aveva
provato a farlo ragionare, a cercare di convincerlo che mollare tutto
ciò che
aveva creato nello corso dei secoli era qualcosa di insano.
Ciò che Megatron
rappresentava per lui – ciò che aveva fatto per
lui, trascinandolo fuori dal
cumulo di immondizia qual era la sua vita e dandogli la giusta
importanza –
ricordandogli quanto il credo decepticon avesse segnato un nuovo ciclo
in
un’era stagnante nella democrazia di Cybertron.
“C’è
una cosa che devi sapere”
Fu
tutto inutile, colui che fino a quel momento aveva venerato quasi alla
stregua
di un dio – l’unico in un panteon privo di divini
in quanto la religione era
una droga che andava debellata per la dottrina decepticon –
aveva deciso di
abdicare alla via della violenza e rinnegare tutto ciò che
era stato.
Annunciandogli pubblicamente che quel che era stato, ciò che
aveva commesso, era
stato il più grosso sbaglio della sua vita e ciò
che poteva fare per porvi
rimedio era solo quello di rinnegare la violenza e abbracciare il
nemico per il
bene futuro di tutti.
Si
era rifiutato di dargli spiegazioni convincenti – Tarn
rifiutava
categoricamente una simile spiegazione superficiale – gli
aveva rifiutato un
confronto alla pari incapace anche solo di muovere un dito verso
ciò che aveva
creato. Verso il giudice che si era scelto per punire coloro che
mancavano di
rispetto a lui o alle regole che si era creato scrivendole
personalmente.
L’esecutore
trovò solo ora la scelta di Megatron alquanto ironica,
perché fra tutti i
decepticon con cui poteva volere un confronto aveva accettato proprio
il suo,
eppure fu con un tremito che ricordò il momento di
disperazione e rabbia che lo
offuscò a tal punto da puntargli contro i propri cannoni a
fusione e premere il
grilletto senza esitazioni.
Aveva
registrato il suo volto contorto in una espressione indecifrabile
– sensori
ottici spalancati quanto la sua bocca, lo stupore e il dolore in
un’unica
immagine impressa nella sua memoria per sempre – il petto
fondersi come lava e
il suo intero corpo cadere all’indietro tra quei petali di
silicio e fibre
biorganiche. E li, tra i tremiti della sua scintilla e quella di
Megatron ormai
prossima a spegnersi, il suo mentore ebbe la forza di parlargli
un’ultima volta
con la dignità che solo un leader poteva avere… e
consegnargli qualcosa che
ancora stringeva tra le mani.
“Questo
è il mio ultimo ordine…”
Sentì
ancora le mani del fu Megatron prendergli con forza il polso sinistro,
con un
ringhio di rabbia di chi non ammetteva ripensamenti, lasciandogli
quello che a
tutti gli effetti era un piccolo registratore audio/video.
Lo
stesso che Tarn teneva tra le mani in quel momento, piegando lo sguardo
giusto
un po’ poteva osservarlo stretto nelle mani congelate dalla
candida neve,
decidendo di ascoltarlo per l’ennesima volta da quando aveva
messo piede su
quella che un tempo era stata la prigione in cui Megatron aveva
“soggiornato” a
lungo a causa di quelle sue idee – divenute poi il credo di
molti – che
preoccupavano i potenti di Cybertron. Le stesse che avevano portato un
mech a
strisciare dallo schifo e divenire quello che ora era. Il mostro temuto
da
tutti.
Si
sdraiò sulla neve di Messatine, osservando solo brevemente
il roseo cielo del
primo mattino. Solo dopo alcuni secondi di contemplazione del vuoto
collegò
alcuni cavi presenti all’interno della sua maschera al
registratore portatile e
si preparò a visionare in prima persona il contenuto che gli
veniva offerto.
Per l’ennesima volta da quando le mani insanguinate del suo
leader glielo
avevano ceduto, vide quel che il suo signore aveva voluto mostrargli.
In
principio l’immagine tremolò, non rendendo chiaro
la natura di quel disturbo
elettrostatico, ma poi si mise a fuoco e ai suoi occhi si
palesò un Megatron
con ancora sul petto lo scintillante simbolo dei deepticon. Segno che
quel
video lo aveva registrato molto prima della sua apostasia, e su questo
Tarn non
sapeva decidersi se sentirsi sollevato o ferito per una simile scelta.
Inoltre,
riguardando più e più volte quel filmato
– in un autolesionismo compulsivo ed
ossessivo – aveva notato che il paesaggio offerto dalle
guglie e torri al di
fuori della grande finestra alle spalle del suo ex signore poteva
appartenere,
in eleganza, solo al pianeta Caminos. Un dettaglio non da poco, come
non erano
da poco le sue cupe parole.
“Tarn…
Ragazzo. Qui è lord Megatron
che ti parla, e se stai ascoltando questo messaggio molto probabilmente
sono
morto. Sicuramente per mano tua, ma quello che sto per darti
è l’ultimo mio ordine
per te… e per me”
Lo
vide chiudere gli occhi per un breve istante, come se le sue parole
suonassero
pesanti come macigni persino per lui, eppure Tarn non vide segni di
cedimento o
vergogna. Le spalle di Megatron non si incurvarono, dalla sua bocca non
uscì
nessun sospiro rassegnato, il segno evidente di nessun ripensamento per
quel
che avrebbe fatto in futuro.
“ho
pensato a diversi modi per
dirti quello che sto per dirti ma… ci credi che non sono
riuscito a trovarne
mezzo? Tzk, ci sarebbe solo da ridere se a parlare non fosse altro che
il tuo
leader” un breve cenno
di sorriso sarcastico incornicia il
suo volto grigio e austero, prima di tornare a parlare di fronte alla
telecamera “so che, se stai
guardando
questo filmato, ti sarai già accorto che non sono su
Cybertron… attualmente
sono nella casa della mia compagna, nella nostra
casa ad essere precisi. Ed ella è uno dei motivi per cui ho
deciso di disertare
i decepticon”
Ormai
Tarn aveva ascoltato quella video registrazione così tante
volte da non
sentirsi più ne triste e ne indignato. Sotto quella maschera
perennemente
calata sul viso, messa li solo per nascondere la sua umanità
agli occhi delle
sue vittime, c’era il volto di un soldato stanco ancora
fedele ad un credo valeva
più della sua stessa vita.
“c’è
una cosa che devi sapere…
questa ragazza è diversa dalle altre che ho avuto nel mio
passato, è speciale,
ed è per lei che ho deciso di abbandonare questa vita di
violenze e guerra… non
può esserci pace per i decepticon, Tarn! Dovresti ormai
averlo capito persino
tu. E non è ciò che voglio per lei”
Vide
il suo ex mentore e signore avvicinarsi alla telecamera per poterla
prendere in
mano, lasciando che il panorama si distorcesse per un momento prima che
la
visuale mostrasse ciò che Megatron poteva vedere con i suoi
sensori ottici.
L’inquisitore
si ritrovò a percorrere quello che era il corridoio di un
appartamento semplice
ma confortevole, prima di giungere in quella che era la camera da letto
di
Megatron e della sua nuova compagna. Ora intenta a riposarsi nella
cuccetta che
condividevano assieme in una penombra causata dai vetri oscurati
digitalmente.
Seppur
rannicchiata in posizione fetale Tarn poteva vedere perfettamente i
dettagli di
quella femme fonte di tutti i suoi mali, decretando che solo una nobile
caminoana poteva vantarsi di un simile pregio nella propria armatura
dalle
colorazioni bianche e acquamarina. I dettagli erano rappresentati da
intarsi
color oro finemente cesellati, mentre una lunga treccia di cavi
– bianchi e oro
– scendeva dal suo elmetto perdendosi sul ripiano metallico
del letto. Drappi
di seta sintetica semi trasparente scendevano sia dalle spalle che
dalla vita,
orpelli costosi che rendevano quella donna un gioiello.
Una
femme davvero molto bella, nonché molto giovane rispetto a
Megatron a giudicare
dall’aspetto, degna di un vero leader che si rispetti.
Vide
di nuovo la mano del suo ex leader allungarsi verso di lei ed
accarezzarne
delicatamente il viso – e lo stesso fece di rimando Tarn
allungando
istintivamente un braccio verso il cielo, credendo quasi di poterla
toccare
anche lui – e spostarlo quel tanto che bastava per amor di
telecamera. A quanto
pare Megatron non aveva lasciato nulla al caso in quel video messaggio,
ben
conoscendo il fanatismo dei particolari del suo adepto più
fedele, lasciando
che fosse Tarn stesso a cogliere tutti gli indizi sparsi come briciole
di pane
da un mech piuttosto intelligente nonostante il suo tradimento.
Se
non stava parlando in modo chiaro in quel filmato significava solo una
cosa:
temeva ben altro oltre il semplice
tradimento.
“si
chiama Natah… la donna della
mia vita! Ed è tuo dovere trovarla e proteggerla una volta
che io non ci sarò
più”
l’immagine cambiò nuovamente, e il volto furente
di un lord Megatron che non
ammetteva rifiuti si palesò ai suoi sensori ottici “Questo è il mio ultimo
ordine, ragazzo… vedi di seguirlo alla lettera,
perché se provi a disobbedirmi non ci sarà
inferno o afterspark che potrà
trattenermi dal venirti a cercare”
Gli
occhi vermigli dell’ex leader dei decepticon scintillarono di
un’ira repressa a
stento all’idea di vedere la propria compagna soccombere alle
avversità che il
suo stesso compagno si era lasciato alle spalle. Molto furbo da parte
sua
registrare quel video da decepticon anziché da
apostata… così facendo aveva
praticamente “incastrato” il suo più
fedele aguzzino sia a livello emotivo che,
soprattutto, a livello di codice d’onore. Tarn conosceva
Towards Peace a
menadito – il codice comportamentale scritto da Megatron in
persona, di cui
conservava gelosamente la prima versione originale – e sapeva
che un decepticon
che si rispetti non lascia indietro i propri compagni… e
nemmeno si nega ad un
ordine diretto di un proprio superiore.
“Ho
fiducia in te, Tarn… Qui
Megatron. Chiudo”
La
comunicazione si concluse così, con un ordine che un uomo di
retta via come
Tarn non poteva ignorare, neanche da un traditore come il fu lord
Megatron, e
questo rappresentava il più grande dilemma che
l’inquisitore doveva affrontare
in quei giorni spesi prevalentemente nella neve in meditazione.
Obbedrgli
ciecamente un’ultima volta… oppure inserire quella
femme nella propria lista
personale?
Si
accorse di non essere solo in mezzo a quella neve solo quando si
sfilò di dosso
il registratore e controllò al proprio fianco sinistro, pur
rimanendosene
sdraiato, vedendo che il cane di
Kaon
lo aveva seguito fino a li in attesa di ricevere le giuste attenzioni.
La
creatura dalle fattezze simil canine se ne stava seduto sulla neve in
attesa di
chissà cosa da parte del leader della DJD, piegando persino
la testa di lato,
eppure il suo sguardo manteneva un barlume di intelligenza
tutt’altro che
assimilabile ad una creatura domestica. Un barlume che
l’esecutore capo avrebbe
ancora definito vicino agli individui senzienti, e che forse era il
motivo che
l’aveva spinto la fuori a cercare di comunicargli qualcosa.
“ho
freddo…”
Questo
fu tutto ciò che Tarn si sentì di dire a quella
sventurata creatura che, in
tutta risposta, iniziò a leccargli il volto mascherato
felice di vederlo ancora
perfettamente online. Era stato al freddo per fin troppi giorni, chiuso
in se
stesso e nella sua silenziosa disperazione, e la vista del cane gli
aveva
appena ricordato che aveva un incrociatore da governare. Oltre che un
drappello
di soldati che rischiavano di andare allo sbaraglio senza la sua guida
–
capendo ormai fin troppo bene che cercare di farla finita non avrebbe
risolto
ne i suoi, ne i loro problemi – ed era per questo suo dovere
rimanere il più
possibile lucido in quei momenti di follia totale.
Decise
quindi di alzarsi e di tornare alla nave.
[…]
Se
fuori dall’astronave le temperature erano decisamente
proibitive, l’interno
della Paceful Tyranny non era da meno in quanto l’atmosfera
che si era creata
all’interno della cucina di bordo non era delle migliori.
Raccolti
attorno all’unico tavolo presente – rotondo,
affinchè tutti potessero vedersi e
vedere soprattutto il loro capo – c’era
sostanzialmente chi cercava di non
ridere con le lacrime agli occhi e chi, tamburellando nervosamente i
piedi
sotto il tavolo, era intento a sbollire la tensione di vedersi dopo
giorni di
assenza proprio il loro leader seduto ora accanto ai suoi uomini.
L’unico
che sembrava voler sprofondare letteralmente all’interno del
pavimento sembrava
essere Kaon, con i gomiti appoggiati sulla superficie del tavolo e la
testa
pesantemente appoggiata sulle mani messe a mo di coppa, così
sconvolto da una
notte che ancora non riusciva a ricordare da non sentire proprio
gravosa la
presenza di Tarn poco distante da lui. E a metterci il carico da mille
ci pensò
nientemeno che Helex, un massiccio mech dalle cromature blu e grigie,
ormai
prossimo a scoppiare a ridere.
“Sai,
Kaon… devo dire che, uh, la tua nuova fiamma
è un’ottima, hm… cuoca!”
Disse
quelle parole cercando di contenersi il più possibile,
più per rispetto del
loro leader che non amava il chiasso a tavola piuttosto che per lo
sfortunato
tecnico, ricevendo occhiate di fuoco dall’interpellato per
quanto questi di
sensori ottici non ne avesse più da un pezzo.
“si,
devo ammettere che la brodaglia di nonna è la cosa
più buona che abbia mai
assaggiato da qui a diversi secoli” fece in tutta
onestà Tesarus, un gigantesco
mech dal volto semi nascosto da una maschera a forma di X e
caratterizzato da
un inquietante foro dentellato all’altezza del petto usato
per le sue spietate
esecuzioni “il suo aspetto però mi ricorda
qualcuno…”
“se
vi riferite all’aspetto del mio
‘onesto’ ex collega di lavoro Shockwave…
ebbene si, miei cari compagni, ci
troviamo di fronte a colei che ha concepito uno dei suoi due
genitori”
Sebbene
il linguaggio primitivo dei primi cybertroiani fuoriuscì
dalla mascherina di
Vos in maniera fluida e impeccabile – l’ufficiale
scientifico di bordo, dall’aspetto
allampanato e dalle cromature viola e grigie – ben pochi li
dentro capivano il
linguaggio di quel purista dell’idioma originario del loro
pianeta natale. E
uno di quei pochi individui che per forza di cose conosceva
quell’idioma
arcaico era il loro taciturno leader. Tarn.
Se
fino ad allora il leader della DJD non aveva minimamente parlato,
facendo anche
temere il peggio ai presenti a tavola – temendo che questa
volta la bravata di
Kaon si fosse spinta troppo oltre – questa volta sorprese
tutti nel momento in
cui molteplici occhi si puntarono silenti verso la sua imponente figura.
“Vos
sta dicendo che questa anziana femme è, effettivamente
parlando, la nonna di
Shockwave”
Ci
fu un lungo silenzio nella cucina. Un silenzio interrotto solo dai
cigolanti
passi della vecchia ciclope intenta a girare per il tavolo e riempire
le
ciotole dei suoi nipoti acquisiti con nuova squisita zuppa creata da
lei stessa
subito dopo che la piccola minicon l’aveva visitata. A quanto
pare si era già
ambientata bene all’interno della Paceful Tyranny.
“E
ancor prima che me lo chiediate si… Vos e Shockwave hanno
lavorato assieme per
un breve periodo a guerra iniziata. Ma tralasciando questa piccola
nozione di
storia, giusto ieri sera c’è stata una festa a
casa dello scienziato monocolo…
motivo per il quale, Kaon, ti è stato decisamente facile
portare via sua nonna
senza allarmare le guardie”
Se
prima non aveva spiccato nemmeno una sillaba ora la cupa voce di Tarn
si poteva
sentire per tutta la stanza lasciando ipnotizzati praticamente tutti i
commensali, ad esclusione di una anziana femme piuttosto sorda e
incurante dei
loro affari, e facendo far loro la proverbiale figura barbina in quanto
sicuri
che il loro leader fosse caduto in stato catatonico per tutti quei
giorni senza
curarsi minimamente di quel che accadeva al di fuori di quel mondo
ghiacciato.
“Una
festa…” iniziò col mormorare allibito
Tess, ma venne bloccato nuovamente da un
comandante in vena di parlare.
“Che
ci crediate o no si è sposato
approfittando dell’armistizio imposto di
recente…” fu ben attento a non
pronunciare il nome del suo antico signore, quanto piuttosto ad
attirare
l’attenzione dei suoi su un possibile pettegolezzo
“e logicamente, per
correttezza, tempo fa aveva mandato un invito anche a noi tramite posta
elettronica… suppongo che molti di voi fossero impegnati in
altro che prestare
attenzione all’invito di qualcuno che freme per una scalata
al primo posto
nella nostra lista”
e
qui alcune risatine si levarono dalla tavolata ben imbandita,
costantemente
ignorata da una anziana femme che sembrava fregarsene del destino del
nipote, i
cui ospiti furono piuttosto sollevati di vedere che Tarn era abbastanza
in
forma da elargire loro una battuta al vetriolo. Era comunque logico che
lo
scienziato monocolo avesse mandato un invito in sordina pure loro, in
fin dei
conti erano pur sempre degli ufficiali decepticon, e
l’etichetta prevedeva di
spedirne anche a coloro con cui si condivideva pessimi trascorsi.
Se
in molti avevano ignorato l’evento questo era rimasto
comunque sotto gli occhi
di Tarn e, sorpresa delle sorprese, persino di un Kaon in vena di fare
baldoria
in una festa matrimoniale. Solo che purtroppo aveva perso
momentaneamente la
memoria dell’accaduto.
E
fu proprio verso quest’ultimo che lo sguardo scarlatto del
capo inquisitore si
puntò maggiormente, faendo scorrere in lui brividi poco
piacevoli.
“Sono…
uh… nella merda, vero?”
Il
tecnico decepticon cercò quasi di metterla sul ridere, ma
per sua fortuna il
loro leader era in vena di elargire grazie quel giorno.
“Si
e no… dipende da quanto sarai capace di trovare questa persona” con un gesto
fluido della mano sinistra fece
scivolare il famigerato registratore lungo la superficie del tavolo
fino ad
arrivare, in silenzio, a toccare la ciotola ancora fumante del cieco
torturatore “ma devo comunque dire che, portarci a casa
questa graziosa ospite,
è stato un colpo di
genio che potrebbe esserci davvero utile in futuro”
Alle
parole del lord inquisitore partì quella che doveva essere
una risata
civettuola da parte dell’anziana ciclope – che a
quanto pare quell’ultima parte
del discorso l’aveva sentita bene nonostante fosse ora
impegnata ai fornelli –
mentre per Kaon partì solo una risatina nervosa dalla gola
rovinata. Pur
comunque agguantando il registratore piuttosto ansioso di sapere cosa
ci fosse
li dentro.
“Uhh…
quindi abbiamo un nuovo nome nella lista?! Si torna al
lavoro??” l’entusiasmo
pareva essere piuttosto evidente in Helex, in quanto di restarsene
fermo a fare
niente non era affatto da lui.
“Forse.
Vi saprò dare i dettagli in giornata… ora
mangiate, e ringraziate nonna dopo la
colazione”
La
notizia venne accolta con una certa esultanza dai suoi uomini
– ansiosi come
non mai di poter tornare a fare quello che sapevano fare meglio, ossia
dare la
caccia a chi commetteva blasfemia al credo decepticon – ben
felici di vedere
che il loro leader in quelle settimane di oblio non si era perso nella
più cupa
disperazione, lasciando intendere di avere un piano preciso in mente
dopo aver
riflettuto a lungo in mezzo alla neve. Forse non si sarebbe mai tornati
ai
fasti di un tempo, ma agli uomini di Tarn bastava poco per sentirsi
nuovamente
in carreggiata.
L’unica
che non parve condividere quell’entusiasmo generale
– e che per tutto il pasto
era rimasta particolarmente in disparte senza proferir parola
– era il piccolo
medico di bordo, alias Nickel, sul cui volto simil infantile in
realtà
serpeggiava una espressione preoccupata per la condizione psicologica
del suo
comandante.
Forse
gli altri in quanto uomini tenevano a badare più
superficialmente a certe cose,
ma il suo intuito femminile le diceva che il lord inquisitore fosse
tutt’altro
che guarito nell’arco di una nottata passata
all’addiaccio nella neve di
Messatine.
“Tarn…
va tutto bene?”
La
cosa buona era che si trovava accanto a lui al momento – sul
suo lato sinistro
– e quindi poté chiederglielo quasi sottovoce,
ricevendo però una risposta solo
quando il suo signore ebbe modo di bere un intero cubo di energon dalla
gradazione alcolica sostenuta – l’equivalente di un
bicchiere di vino a pasto –
senza che questi abbassasse minimamente lo sguardo verso la sua
sottoposta.
“va
tutto bene, Nickel. Il peggio è passato”
La
minicon non seppe dire se la sua risposta fosse del tutto sincera, ma
capì che
Tarn aveva apprezzato il suo interessamento per il modo in cui le
toccò
brevemente la spalla destra. Sperò solo che quelle parole
fossero
effettivamente vere, ma conoscendolo ormai bene sapeva che era un uomo
che si
teneva tutto dentro fino ad arrivare a scoppiare nei peggiori dei modi.