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Autore: FairyCleo    05/03/2020    3 recensioni
Dal capitolo 1:
"E poi, sorprendendosi ancora una volta per quel gesto che non gli apparteneva, aveva sorriso, seppur con mestizia, alla vista di chi ancora era in grado di fornirgli una ragione per continuare a vivere, per andare avanti in quel mondo che aveva rinnegato chiunque, re, principi, cavalieri e popolani".
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Goku, Goten, Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Come finirono in quel posto
 
Aveva fatto un volo di almeno trenta metri ed era caduto su una duna bollente, sbattendo forte la pancia e il viso. Non aveva sentito un dolore insopportabile, ma era accaduto tutto talmente all’improvviso da averlo stordito, e i microscopici granelli di sabbia del deserto si erano infilati praticamente ovunque, impedendogli di respirare a dovere e di tenere gli occhi ben aperti. Le orecchie gli prudevano e la saliva, impastata e densa come calce, faceva fatica a scendere e gli grattava la gola.
Gli era servito qualche istante prima di ritrovare la lucidità e il coraggio di riaprire gli occhi. Come gli aveva insegnato suo padre, era rimasto immobile per qualche istante, un po’ per adattarsi all’illuminazione di quel posto, un po’ per avere il tempo di percepire eventuali presenze di qualcuno lì in agguato.
 
“Ma dove… Dove sono finito?”.
 
In un primo momento, aveva pensato di vivere in un’allucinazione. Era certo che le sabbie mobili lo avrebbero condotto alla morte, invece si era ritrovato in uno strano posto, una specie di caverna dalle altissime pareti color rosa con venature gialle e bianche e illuminata da luci che provenivano dall’alto. E, nel rendersi conto di quali fossero le fonti di luce, per un attimo aveva dimenticato di riprendere fiato.
 
“Che spettacolo”.
 
Lo era per davvero, uno spettacolo. Sopra la sua testa, a distanza di diversi chilometri le une dalle altre si trovavano tre laghetti, sicuramente appartenenti a delle oasi, il cui fondo non era costituito da sabbia e sassi, ma sembrava non esistere affatto. Curioso, anche se un po’ incerto, Trunks si era librato in volo sino a raggiungere lo specchio d’acqua più vicino a lui e scoprire così che il liquido trasparente era sospeso nel vuoto, quasi come se ci fosse stata una pellicola invisibile a mantenerne la forma semi-sferica.
 
“Incredibile! Sembra un’enorme goccia d’acqua! Che forza… Quando lo dirò alla mamma impazzirà!”.
 
Era veramente incredibile: l’acqua era talmente limpida da far filtrare i raggi del sole e da permettergli di vedere chiaramente il cielo e le nuvole bianchissime. Aveva intravisto persino dei pesci nuotare indisturbati come se fossero stati sul fondo di un comune laghetto. Davvero affascinante. Era un posto incredibile, così come era incredibile che, dall’alto, sulla superficie terrestre, non si fosse reso conto della vicinanza di quelle oasi. Evidentemente, lì sotto, in quella strana caverna, lo spazio era diverso da quel del piano di sopra, e questo aveva fatto sì che il giovane saiyan cominciasse a fantasticare sul chi e sul cosa avesse creato quel posto così magico e singolare, e sul perché lo avesse scoperto proprio lui.
Trepidante, Trunks aveva allungato una mano per toccare con le dita la misteriosa pellicola e svelarne il mistero, ma all’ultimo secondo aveva desistito: e se fosse precipitata inondando la caverna e lui non sarebbe stato più in grado di uscire? E poi, non lo aveva fatto perché un altro particolare aveva attirato la sua attenzione: la luce del sole che filtrava dalle chiare acque aveva illuminato qualcosa che si trovava esattamente sotto di lui, qualcosa che era poggiata su una sorta di altare di pietra rosa sbozzato grossolanamente.
 
“E quello cos’è?”.
 
Nel planare verso il basso aveva continuato a guardarsi attorno, notando che, sotto gli altri due laghetti, c’erano gli stessi blocchi di pietra. Chissà se anche lì sopra c’era appoggiato qualcosa di così misterioso e intrigante!
 
“Sono proprio curioso di sapere di cosa si tratta”.
 
Non c’era voluto molto per scoprirlo. Su quel blocco, su quell’altare, si trovava una specie di scatola di legno dipinta di un vivido blu, una scatola a forma di bauletto come quella in cui sua mamma riponeva i gioielli. E, parlando di gioielli, sul coperchio erano state posate sette piccole sfere rosse che avevano tutta l’aria di essere dei rubini intagliati a dovere.
 
“Strano… Di solito i gioielli stanno dentro alle scatole come questa… Che cosa bizzarra!”.
 
Eccitato e perplesso allo stesso tempo, Trunks aveva proseguito oltre, decidendo di giungere alla stazione successiva. Sul secondo altare, anch’esso illuminato dalla luce filtrata del laghetto sospeso, si trovava una statuina di porcellana finissima raffigurante un drago cinese. Era splendida, bellissima, e rappresentava l’idea che si era fatto del drago Shenron.
 
“Ma guarda tu… Prima le sfere, ora il drago… Sembra che qualcuno mi stia prendendo in giro!”.
 
A quel punto, era troppo curioso di sapere cosa ci fosse sul terzo blocco di pietra. Se i primi due offrivano alla sua vista tali meraviglie, cosa poteva mai giacere su quell’ultimo altare?
Con il cuore in gola, guidato da una forza che non riusciva a comprendere e che lo aveva convito che fosse piombato lì per una ragione ben precisa, Trunks aveva fatto quell’ultimo tratto in pochissimi secondi, atterrando con entrambi i piedi davanti all’oggetto che aveva immaginato, restandone profondamente deluso.
 
“E questo che roba è?”.
 
Niente oro, niente gioielli, niente materiali preziosi. Quello che gli si trovava davanti era un comunissimo, banalissimo quaderno dalla copertina nera, un oggetto brutto e privo di qualsiasi interesse. Confrontato a quelli che aveva visto in precedenza, poi, era veramente fuori luogo e orribile. Perché mai si trovava lì?
Aveva cominciato ad agitarsi. Quel posto era stupendo, avrebbe raccontato cose magnifiche (magari omettendo la parte in cui era morto di paura) agli altri, ma era arrivato il momento di andare via, di tornare dai suoi genitori e da Goten.
 
“Emmm… Mi sentite?” – aveva urlato – “Divinità? Dei – o come cavolo devo chiamarvi – siete in ascolto? Sono io, Trunks, e sono quaggiù! Sentite, mi dispiace se vi ho fatto arrabbiare, ho capito di aver sbagliato, però la punizione è durata anche troppo, no? Non so perché abbiate scelto di spedirmi proprio qui, ma ora vorrei tornare a casa, se è possibile… Mi sentite! Re Kaioh? Dende?”.
 
Si era convinto che quella fosse una prova a cui lo stavano sottoponendo le divinità. Forse, avevano deciso di punirlo per aver provato a cambiare il destino, e li ringraziava per avergli mostrato che perdendo la retta via sia rischiava di morire, li ringraziava per avergli fatto scoprire quel posto così affascinante, ma ora voleva tornare a casa. L’aria lì si era fatta pesante e aveva cominciato ad avvertire una strana smania, un tremore alle mani che non riusciva a spiegarsi.
 
“Andiamo… Mi dispiace… Non voglio stare qui dentro in eterno… Mi dispiace”.
 
Il dispiacere si era frammisto all’ansia, alla paura, al desiderio di fuggire via. Da quanto tempo era laggiù? Se fosse scesa la notte si sarebbe trovato al buio, da solo. Aveva troppa paura.
Eppure… Eppure, qualcosa lo spingeva a stare lì, accanto a quei tesori. Sembrava che quegli strani oggetti esercitassero una sorta di influenza su di lui, che lo stessero chiamando.
 
“Oddio, sto impazzendo!”.
 
Stava impazzendo? Forse sì, perché era certo di aver visto, anche a quella distanza, il bauletto e il drago tremare. Solo il quaderno continuava a stare lì, immobile, inanimato come ogni oggetto dovrebbe essere.
 
“Voglio andare via” – aveva sentenziato, quasi con le lacrime agli occhi – “FATEMI ANDARE VIA!”.
 
Non sapeva perché lo aveva fatto, ma lo aveva fatto e basta. Mentre gli oggetti preziosi si erano librati in volo puntando dritto su di lui, Trunks aveva afferrato il quaderno con entrambe le mani ed era partito veloce come un razzo, chiudendo gli occhi e trattenendo il fiato nell’istante in cui la sua pelle era entrata in contatto con la misteriosa pellicola di acqua, infrangendola. Aveva lottato contro il suo peso opprimente, contro la sua forza dirompente che lo teneva a fondo ed era riaffiorato in superficie, respirando finalmente l’aria pura e la libertà, mentre stringeva al petto qualcosa che non ricordava neppure di aver preso.
 
*
 
Si era svegliato sul pavimento della propria stanza, incapace di capire come fosse arrivato sino a lì. Era stanco, aveva i vestiti appiccicati addosso, ancora umidi e sporchi in parte di sabbia. Gli doleva ogni singolo muscolo, e aveva l’impressione di essersi svegliato dopo un sonno lungo mesi.
 
“Mmmm… Come sono arrivato qui?”.
 
Si era messo seduto sul pavimento, facendo attenzione a non scivolare e a non fare eccessiva forza sui muscoli. Non capiva perché gli facessero così male, non capiva perché si sentisse così… Così… Strano. Come se fosse in una bolla.
Era davvero la sua stanza, quella. Non era un’illusione. Quello davanti a sé era il suo letto, accanto c’era il comodino e quella in fondo era la scrivania con la console e tutti i suoi videogiochi. Quelle erano le pareti della sua stanza, e quello che se ne stava lì, immobile e appeso, era il lampadario blu a forma di aeroplano che tanto aveva voluto tre anni fa.
Ogni cosa era al suo posto. Ogni cosa era come doveva essere.
 
“Come sono arrivato qui… Ero nella grotta… C’erano quegli oggetti… E poi… Poi, sono uscito… L’avrò sognato? No, me lo ricordo chiaramente. Sono ancora bagnato, infatti… Ma come ho fatto ad arrivare fino a qui? E che cosa… Ma quando l’ho preso?”.
 
Non si era reso conto neppure di aver continuato a stringerlo tra le braccia, accanto al petto, come se fosse il più prezioso dei tesori.
Era lì, perfettamente intatto e perfettamente asciutto, come se non avesse attraversato al volo un lago sospeso, come se non lo avesse trasportato per chissà quanti chilometri in volo prima di stramazzare al suolo, sfinito, talmente sfinito da non ricordare neppure di aver fatto quella traversata epocale. Com’era possibile?
 
“Allucinante”.
 
Aveva preso un lungo respiro e si era rimesso in piedi. Doveva lavarsi e cambiarsi. Non poteva farsi trovare in quelle condizioni dai suoi, gli avrebbe dato ulteriore motivo di preoccuparsi. Sapeva perfettamente che Junior avrebbe parlato con i suoi e che presto sarebbe arrivato il momento della ramanzina/punizione e voleva evitare di gettare benzina sul fuoco.
Svelto e sicuro di sé, aveva preso il misterioso oggetto e lo aveva nascosto tra i suoi libri di scuola. In quel modo, avrebbe dato sicuramente meno nell’occhio che metterlo sotto il materasso e, subito dopo, si era recato in bagno, facendo attenzione a non fare troppo rumore. Doveva lavarsi e schiarirsi le idee, ed era certo che il getto bollente lo avrebbe aiutato. O, almeno, così sperava.
 
*
 
Una volta uscito dal bagno si era sentito rigenerato, talmente rigenerato da aver avvertito i morsi della fame.
Era sceso in cucina quasi senza pensarci, imbattendosi prima in sua nonna e poi in sua madre.
 
“Ciao tesoro! Dove sei stato? Ti sei fatto la doccia? Profumi di bagnoschiuma!”.
“Emmm… Ciao nonna! Sì, sì… Perché?”.
“Oh, non c’è un motivo nello specifico! Chiedevo tanto per chiedere!” – aveva trillato, tagliando una generosa fetta di torta alle fragole – “Tieni! L’ho appena tirata fuori dal frigo! Sono certo che ti piacerà!”.
 
Era difficile che una prelibatezza del genere non gli piacesse. E poi, la torta panna e fragole di sua nonna era insuperabile! Si era gettato su quella leccornia senza pensarci troppo, trangugiandone metà in un sol boccone col risultato di imbrattarsi completamente di panna.
Sua madre lo osservava in silenzio, assorta, mentre fumava una sigaretta. Quella calma era quasi inquietante. Cosa sapeva e cosa non stava dicendo?
Una fragola era appena andata di traverso al piccolo saiyan.
 
“Tesoro, non devi mangiare così… Tu e Vegeta non imparerete mai!”.
 
Gli aveva passato un bicchiere d’acqua, battendogli forte sulle spalle.
 
“Allora… Che hai da dire?” – aveva detto, poi, avvicinandosi a sua madre.
“In che senso, mammina?”.
Mammina… Tu non me la racconti giusta…” – aveva detto, guardandolo di sottecchi.
“Ma che dici?” – perché sua madre doveva avere l’istinto del tenente Colombo?
“Dico che mio figlio è un monello e che non dovrebbe andarsene in giro da solo. Ecco cosa dico. E che dovrebbe avvisare su dove va”.
“Emmm… Sì mamma, scusa… Hai ragione”.
 
Aveva ragione sul serio. Era stato incauto. Però, se quello era tutto, ciò voleva dire che Junior non era ancora passato da lì, il che era un bene: avrebbe potuto raggiungerlo e pregarlo di non dire niente ai suoi. Si sarebbe scusato. Anche se avrebbe dovuto fare la stessa cosa con Goku, e non ne aveva del tutto l’intenzione. E poi, non c’era traccia di suo padre, il che non era un bene. Solo che ora aveva altro a cui pensare, al momento, e questo altro si trovava nella sua cameretta, e non vedeva l’ora di scoprire che cosa fosse.
 
*
 
Lo aveva guardato e riguardato, rigirandolo tra le mani mille volte, soppesandolo, scrutandolo in ogni dettaglio, annusandolo persino, ma non aveva scoperto niente di entusiasmante.
Quello che aveva trovato era un quaderno. Un comunissimo quaderno dalla copertina di pelle nera, proprio come aveva avuto modo di constatare in precedenza.
Le pagine erano di uno strano colore grigiastro e non avevano righe o quadrettature. Erano delle semplici pagine intonse.
 
“Bah, forse avrei dovuto prendere il cofanetto… Almeno, avrei avuto un bel regalo per mamma!”.
 
Era deluso, stanco, e voleva vedere Goten, ma non poteva e questo lo faceva sentire frustrato.
 
“Non ne va bene una…” – senza rendersene conto, aveva preso la penna dal suo astuccio – “Oggi è stata una giornata infernale…” – aveva tolto il tappo – “Vorrei che non fosse mai sorto il sole…” – aveva aperto il quaderno e aveva posato sul primo foglio la punta della sua penna blu, iniziando a vergare con la sua calligrafia da scolaro – “Alla fine, volevo solo che Goten fosse felice e che diventasse mio fratello”.
 
Continua…


Ciao a tutte/i!
Come ve la passate? Spero che il Coronavirus non abbia colpito nessuno di voi o dei vostri cari e che l’emergenza rientri presto. Vi sono vicina! <3
Finalmente, con questo capitolo tutto incentrato su Trunks, abbiamo capito – FORSE – come sono finiti lì, ad Altrove.
Ve lo immaginavate?
Sono proprio curiosa di sapere cosa ne pensate!
Vi ringrazio per la pazienza e per la dedizione!
 
A presto!
Un bacino
Cleo

 
   
 
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