Ansie
Il bambino dai capelli
scuri, accompagnato dal suo inseparabile fratellone, saluta il suo migliore
amico. Sorride, è felice, perché quel piccolo incontro al limitare del bosco è
solo una piccola anticipazione della festa del giorno dopo. È l’ultimo giorno
in cui può dire di avere la stessa età di Trunks, poi
l’amico compirà dieci anni.
«A cosa giochiamo?»
I due bambini si guardano
con complicità, poi alzano i pugni al cielo e urlano in coro: «Allenamento!»
Gohan sorride, mentre sfoglia distrattamente un
libro. E cos’altro potevano fare quei due? Avevano iniziato ad allenarsi nel
combattimento da piccolissimi, e quello era rimasto il loro gioco preferito. Da
un certo punto di vista, meglio così, non avrebbe augurato a nessuno
un’infanzia come la sua...
I due bambini iniziano a
combattere, a calci, a pugni, a colpi energetici, normali e trasformati in
Super Sayan. Gohan li
sorveglia distrattamente, hanno molta esperienza e non è preoccupato.
Un pugno diretto al volto.
Goten lo schiva con facilità e ricambia con una sfera
energetica potente diretta al fianco dell’amico. Trunks
lo schiva con altrettanta facilità e il colpo sfugge al controllo del bambino.
«NO!!!»
La sfera di energia
colpisce gli alberi alle loro spalle e innesca un incendio.
«Goten,
Trunks!»
Il ragazzo afferra
entrambi i bambini e li allontana in volo. A Goten
non rimane che osservare con sgomento cosa il suo colpo ha provocato: alberi in
fiamme, uccelli che volano via, animali che tentano di fuggire e che, in parte,
non ce la fanno.
L’odore di rami e carne
bruciati si diffonde nell’aria, riempie i polmoni dei tre mezzi Sayan, innesca i sensi di colpa di Goten,
che si guarda le mani tremando come una foglia.
Cosa aveva provocato?
Gli avevano detto che la
sua forza doveva servire a salvare la Terra, e lui cosa aveva fatto?
L’aveva distrutta.
I combattimenti per lui
erano stati sempre un gioco, ma solo in quel momento capisce davvero la potenza
che si nasconde dentro di lui, e cosa può provocare.
E ne ha paura.
Gohan e Trunks assistono
inermi. Non importa che uno abbia più di vent’anni e l’altro neanche dieci, in
quel momento entrambi capiscono.
Niente, per Goten, sarà più come prima.
Goten suonò il
campanello e attese la piccola vocina che, puntualmente, venne.
«Zio Goten, zio Goten! È arrivato lo
zio Goten!»
Il
ragazzo sorrise mentre la porta si apriva e una bambina di cinque anni gli si
buttava fra le braccia.
«Zio Goten!»
Il
ragazzo l’afferrò e le fece fare il giro sopra la sua testa: «Eccola qua, la
mia nipotina preferita!»
Pan rise
e Goten abbassò lo sguardo per salutare il fratello o
la cognata. Tuttavia ad accoglierlo c’era un altro ragazzo, dai capelli viola e
con un sorriso beffardo e divertito dal suo spaesamento.
«Yo, Got!»
Goten sbarrò
gli occhi: «Trunks! Che cosa ci fai qui?»
«Se ti dà
così fastidio me ne vado.»
«No, no,
certo che no! Solo… non ti aspettavo.»
Il
ragazzo allargò le braccia: «Sorpresa! Allora, che fai, entri? Altrimenti i
tuoi spaghetti me li pappo io!»
Pan rise
nel vedere la faccia sconvolta e divertita dello zio: «Ma se a te neanche
piacciono!»
E chiuse
la porta entrando in casa. Dal fondo del corridoio si udirono altre voci.
«É
arrivato?»
«Penso di
sì.»
Goten sorrise:
«Gohan, Videl, sono qui!»
La
padrona di casa, ancora indaffarata con la cucina, fece capolino dalla porta:
«Benvenuto! Ancora cinque minuti e ci sono!»
«Fai con
calma.»
Gohan, invece,
arrivò ad accogliere gli ospiti e a prendere in braccio la figlia: «Ciao, fratellino.
Tutto bene?»
Goten gli
sorrise porgendogli la bambina: «Sì, certo. Mi hai fatto proprio una bella
sorpresa, chi si sarebbe aspettato anche Trunks?»
Il
ragazzo aprì la bocca, come per rispondere, ma Gohan,
con nonchalance gli mise una mano sulla spalla: «Era un bel po’ che non lo
vedevo e ho pensato che a te non sarebbe dispiaciuto. Che ne dite di metterci a
tavola? Pan, hai fame?»
«Sì!!!»
Solo Trunks si accorse della stretta sulla sua spalla, ferma e
decisa, con cui il giovane padre aveva fermato il suo discorso sul nascere. Il
messaggio non verbale era chiaro.
Dopo.
Il pranzo
si svolse nel migliore dei modi, fra chiacchere, buon cibo, risate e smorfie
della piccola Pan, a cui Goten rispose in ogni
maniera, perdendosi in questo modo le occhiate serie che gli altri componenti
della tavolata, a volte, si scambiavano. Solo al momento del caffè Videl fece un cenno a Gohan, che
annuì in risposta. Con un sospiro, la donna prese la figlia.
«Su, dai,
Pan, lasciamo tranquilli gli uomini e andiamo a fare qualcosa “da femminucce”.»
«Uffa,
mamma!»
Goten sorrise:
«Guarda che non dà alcun fastidio.»
Videl gli
rispose semplicemente con un sorriso triste e uno sguardo materno e protettivo,
che sorprese non poco il ragazzo. Poi si rivolse nuovamente a Pan: «Dai, dà un
bacio allo zio e andiamo.»
Con una
smorfia di grande delusione, la bambina salì sulle ginocchia dello zio e gli
schioccò un grosso bacio sulla guancia. Il ragazzo ricambiò afferrandola per la
vita, mettendola a testa in giù e facendole le pernacchie sul pancino. Pan rise
con tutto il fiato che aveva in corpo e solo allora Goten
si ritenne soddisfatto e la lasciò raggiungere la mamma, salutandola con la
manina. Poi sospirò.
«Che
succede?»
Gohan rimase
tranquillo: «Deve per forza succedere qualcosa?»
Goten lo
guardò di storto: «All’inizio ci sono cascato con tutte le scarpe, ma
ripensandoci… il pranzo con i miei piatti preferiti, Trunks,
Pan… sembra tutto organizzato per mettermi a mio agio prima di darmi una
qualche notizia che non mi piacerà.»
Trunks rispose:
«Be', non è detto che non ti piaccia, ma sai… meglio premunirsi…»
Gohan
ridacchiò e cominciò a spiegare: «Devi scusarci, ma ci servivi abbastanza
rilassato.»
«Per
cosa?»
«Per
questo.»
E con una
compostezza ineccepibile, senza neanche guardare, Gohan
allungò il braccio e fece partire una piccola onda energetica verso la stanza
di Pan. Goten non riuscì nemmeno a pensare, non
appena sentì l’energia di Gohan concentrarsi nella
mano, d’istinto allungò la sua e creò una barriera violetta che coprì tutto il
muro della stanza e contro cui il colpo ribalzò perfettamente. Trunks scattò, prendendo il colpo in pieno, ma non subendo
alcun danno.
Goten rimase
per un momento senza fiato, poi, quando riuscì nuovamente a pensare e a
riformulare cosa era appena accaduto, sbottò: «TU SEI TUTTO MATTO!!! LE ORE SUI
LIBRI DEVONO AVERTI FATTO IMPAZZIRE!!! ATTACCARE SENZA PREAVVISO NELLA
DIREZIONE DELLA TUA FAMIGLIA!!!»
Gohan rimase
calmo e sorrise: «Però non è successo nulla.»
«MA CHE
MODO DI RAGIONARE È???»
Lo
sguardo dell’uomo rimase fermo sul fratello: «Tu hai bloccato il colpo.»
«E MENO
MALE!!!»
«E quindi
Trunks aveva ragione.»
Goten si calmò
un attimo: «Ragione su cosa?»
Gohan gli
sorrise: «Siediti un attimo e parliamone, ti va?»
Il ragazzo
guardò Trunks, che annuì incoraggiante, e ubbidì, ma
tenendo ogni nervo del suo corpo pronto a reagire a qualunque gesto inconsulto
del fratello.
«Tranquillo,
non ho intenzione di lanciare altri colpi, rilassati. Sul serio.»
Goten sospirò,
ma non riuscì a rilassarsi del tutto.
«Ti sei
almeno reso conto di cosa hai fatto?»
«Ho
parato il tuo colpo.»
Gohan sospirò.
Sapeva che il suo fratellino poteva essere davvero testone, a volte.
«Quando
sette anni fa è successo “l’incidente” che ti ha portato a smettere di
allenarti…»
Goten
s’irrigidì e abbassò lo sguardo. Odiava parlarne, ma dal tono aveva capito che
il fratello non si sarebbe fermato.
«… tu sei
andato da Junior e gli hai chiesto di insegnarti a creare una barriera.»
«Era
l’unico modo in cui potevo aiutare Trunks negli
allenamenti senza rischiare di distruggere niente.»
Trunks
s’intromise: «Sinceramente, calcolando che avevi nove anni all’epoca, l’ho
sempre ritenuta una genialata!»
Gohan sorrise
nel vedere il fratello arrossire. Sapeva bene che tra i due amici il genio era
considerato sicuramente più il figlio di Bulma che
non quello di Goku.
«E da
allora, tutte le settimane, ti sei allenato con Trunks
nella tua barriera.»
Goten scosse
la testa: «Ti sbagli, io ho fatto solo allenare Trunks.
Qualcuno doveva pur rimanere a proteggere la Terra se non ci fossero stati papà
o Vegeta…»
«No, sei tu che ti sbagli! Tu ti sei allenato!»
«Eh?»
Trunks rise:
«Credi davvero che la barriera che creavi a nove anni potrebbe reggere i miei
colpi di adesso?»
Gohan continuò:
«Forse non te ne sei reso conto, l’hai presa come un gioco, ma tu sei diventato
più forte in tutto questo tempo, e la tua barriera con te. E questo tuo potere
straordinario sta continuando a crescere. Guarda!»
Indicò il
muro che poco prima aveva cercato di colpire.
«Qualche
tempo fa, se fosse successo qualcosa del genere, ti saresti buttato tu stesso
verso il colpo, rischiando di non fare in tempo e di farti male, e avresti
creato una barriera che avrebbe coperto anche
il muro, oltre che te stesso. Oggi sei stato più veloce di un lampo, non
avevo neanche lanciato il colpo e la tua barriera era già là, mentre tu eri
scoperto. Non solo la tua barriera, ma anche la tua capacità di percepire le aure
è aumentata, a forza di controllare di continuo dove siano mamma e papà per
sgattaiolare fuori casa! Il tuo potere sta cambiando, Goten,
si sta evolvendo!»
Il
ragazzo rifletté ad alta voce: «Come ieri, con l’albero…»
Trunks esultò:
«Esatto! Ne ho parlato con Gohan, e ci è venuta
un’idea!»
Goten iniziò
seriamente a preoccuparsi: «Sentiamo…»
L’amico
continuò: «Tu hai smesso di combattere per “proteggere la Terra da te stesso”,
parole tue. Ma se invece potessi proteggere la Terra… senza combattere, solo
con quello che sai fare meglio?»
Gohan riprese:
«Quello che vogliamo proporti è un allenamento speciale, per te e per noi, per
rinforzare la tua barriera, così che tu possa usarla per proteggere la Terra, o
la popolazione di una città, in caso di emergenza, mentre altri si occupano di
combattere. Una sorta di arma segreta.»
Trunks lo
incalzò ancora: «Hai sempre detto che ti dispiaceva non potermi più aiutare a
salvare il mondo, così potresti ancora farlo, a modo tuo!»
Goten era in
imbarazzo, rosso in viso e con le mani che non stavano un attimo ferme:
«Grazie, quello che mi state dicendo è… incoraggiante, e ve ne sono grato, ma…
e se fallissi anche questa volta?»
Trunks
ridacchiò: «E allora? Cosa cambierebbe da adesso?»
Gohan sospirò:
«Se quello che ti preoccupa è la pressione di mamma e papà, possiamo mantenere
il segreto, continuare come abbiamo sempre fatto e far loro una sorpresa al
momento opportuno. E se proprio andrà male, avrai aiutato noi a tenerci in
allenamento, come fai di solito.»
Il
ragazzo sorrise timidamente. L’idea di potersi riscattare agli occhi dei genitori
lo allettava parecchio.
«Dai,
cos’hai da perderci?»
Goten sospirò,
forse già pentendosi della sua scelta prima ancora di averla veramente presa.
«Cosa
avete in mente?»
Trunks esultò:
«Così ti voglio! Abbiamo già pensato a tutto!»
«Trattandosi
di due cervelloni come voi, non avevo dubbi.»
Gohan si alzò
dalla poltrona: «Allora, se avrai la bontà di seguirci, ti illustreremo il
nostro progetto.»
Goten si alzò,
per poi fermarsi.
«E se non
ci fossi riuscito? Avresti davvero colpito Videl e
Pan?»
L’uomo
gli sorrise, avvicinandosi alla finestra e scoprendo la tendina: «Guarda tu
stesso.»
Goten si
avvicinò al vetro. Videl era in tuta da allenamento
e, con la scusa di far fare un po’ di ginnastica alla bambina, era pronta a
prendere Pan e a volare via dalla porta lasciata appositamente aperta.
«Tu
dimentichi che mia moglie è la più forte guerriera terrestre, e che Pan è per
un quarto Sayan. Credi davvero che non sarebbero
riuscite a schivare l’attacco?»
Trunks
aggiunse: «E poi io ero pronto a mettermi in mezzo e a ricevere il colpo.»
«Tutto
organizzato, eh?»
Il
ragazzo rise: «Siamo due cervelloni, lo sai!»
Gohan, dalla
finestra, fece un sorrisone alla moglie alzando il pollice. Lei, per tutta
risposta, gli rifilò un’occhiataccia e fece un segno inequivocabile sul collo per
dirgli che dopo avrebbero fatto i conti. L’uomo rabbrividì e si scostò dal
vetro.
«Ehm,
come stavo dicendo… possiamo andare.»
Goten osservò
ancora per un attimo Videl, che non appena vide che
il marito si era allontanato, gli rivolse un grosso sorrisone, gli lanciò un
bacio d’incoraggiamento e incrociò le dita. Il ragazzo sorrise di risposta. Suo
fratello si era scelto una moglie fantastica.
«Allora,
si può sapere dove mi volete portare?»
«Non sarò
un cervellone, ma sto iniziando a farmi un’idea del vostro piano...»
Trunks
ridacchiò mentre con la mano salutava Dende e Mr. Popo nel Santuario del Supremo.
Gohan si
rivolse al namecciano: «Sapete già perché siamo qui?»
Dende annuì:
«Mi piace osservare i vostri allenamenti. Quassù la vita a volte è noiosa...»
Goten si
guardò intorno: «Ma davvero non arriva il segnale della TV qua sopra?»
Il
Supremo sorrise: «Te la sentiresti, allora, di sottoporti a questo
allenamento?»
«Diciamo
che ci posso provare, ma non assicuro nulla sui risultati.»
Mr. Popo intervenne: «Io invece sono fiducioso.»
Goten sospirò:
«Vi prego, non caricatemi di aspettative...»
Mentre si
avviavano all’interno del palazzo, Trunks gli mise
una mano sulla spalla: «Sei pronto a tornare nella Stanza dello Spirito e del
Tempo?»
Il
ragazzo fece una smorfia. Non entrava là dentro da quando si erano allenati per
affrontare Majinbu, tanti e tanti anni prima, e in
realtà là dentro si era pure divertito, all’epoca, quando era però un altro Goten, uno
fanatico degli allenamenti.
Cercò di
scherzarci su: «Finché non c’è Junior, forse...»
«E se
invece ci fossi?»
Goten trasalì.
Come se lo avesse evocato con un desiderio di Shenron,
Junior uscì proprio dalla Stanza dello Spirito e del Tempo.
«J-J-Junior?»
Dende sorrise:
«L’ho chiamato io. Dopotutto è lui che ti ha insegnato a fare le barriere, no?»
Goten annuì,
decisamente più preoccupato. Un allenamento con Trunks
e Gohan era una cosa, ma con quel dittatore di
Junior...
Il namecciano si rivolse a Gohan:
«Allora, qual è il programma di allenamento?»
«Avevo
pensato a un’ora al giorno. All’interno della Stanza corrisponde a quindici
giorni, tempo più che sufficiente per alternare allenamento e riposo.»
Junior lo
guardò di storto: «Sei troppo buono.»
«Sono
prudente. Non riuscirò a rapirlo da nostra madre per più di un’ora al giorno
senza destare sospetti, e potrebbe anche non riuscirmi tutti i giorni. Vuoi
davvero metterti contro di lei?»
Junior
soppesò bene pro e contro e si arrese.
Gohan sospirò:
«Dunque, ricapitoliamo: la nostra proposta è di venire qui un’ora al giorno,
che come dicevo all’interno della Stanza saranno quindici giorni, per allenarti
a turno con uno di noi... tre, a
questo punto?»
Junior
annuì: «Tre.»
Goten deglutì
rumorosamente.
Gohan
continuò: «La scusa ufficiale con mamma e papà sarà di darti ripetizioni. Cosa
che durante il mio turno di allenamento non escludo neanche di fare davvero,
giusto per reggere meglio la copertura.»
«Ehi,
questo non era nei contratti!»
Trunks rise di
gusto. Goten però si era rabbuiato, e il ragazzo se ne
accorse.
«Vieni
con me.»
Lo prese
per un braccio e, lasciando tutti interdetti, se lo trascinò all’interno della
Stanza dello Spirito e del Tempo e chiuse la porta.
«Trà, cosa stai facendo?»
Trunks, prima
di tutto, si avvicinò al tavolo della cucina, posò il telefono, poi si voltò e
lo guardò serissimo: «Voglio dimostrarti che sbagli a sottovalutarti. Avanti!»
Si
allontanò di qualche passo e si mise in una posa che Goten
conosceva benissimo.
«Stai
scherzando.»
«Ho
l’aria di uno che scherza?»
Il
ragazzo accennò un mezzo sorriso: «In quella posizione...»
Ma Trunks rimase serio: «Fuori non passeranno che un paio di
secondi, non possono aprire la porta perché siamo già in due, non potranno
sentire la nostra aura in ogni caso... che
hai da perdere?»
L’illusione di potercela ancora fare, pensò Goten, ma non ebbe il coraggio di dirlo all’amico che
attendeva, ancora in posizione.
«MUOVITI!
Togliamoci questo dubbio una volta per sempre!»
Con un
sospiro così profondo che sembrò togliergli tutto il fiato che aveva in corpo, Goten si avvicinò all’amico.
«Non so
se mi ricordo ancora come si fa, è passato così tanto tempo...»
«Possiamo
fare più tentativi. Anche se impiegassimo qualche ora, fuori non passerebbe
neanche un minuto.»
Goten sorrise
tristemente: «Non ti convincerò a rinunciare, eh?»
«No. E
ora datti una mossa, non so per quanto tempo resisterò ancora in questa posa
scema.»
Già,
quando erano bambini non si rendevano veramente conto di quanto fosse
imbarazzante quel balletto...
Goten chiuse
gli occhi, prese un profondo respiro, ritornando con la mente a quando aveva
quattro anni e Junior li allenava disperatamente per quella mossa. Poi stese le
braccia, guardò Trunks e annuì con lui.
«FU...»
Il
ragazzo sentiva il cuore accelerare come un treno. Quanto aveva temuto quel
momento? Eppure non poteva concedersi distrazioni, ricordava bene quanto fosse
una questione di precisione.
«...
SIO...»
Un
istante di dubbio. I loro indici avrebbero coinciso come allora?
C’era
solo un modo per scoprirlo.
«...
NE!!!»
Non ci fu
il tempo per altre incertezze. Una forza che entrambi avevano quasi dimenticato
li strattonò all’altezza dell’ombelico portandoli uno verso l’altro, una luce
accecante li avvolse e quando si spense rimase una sola persona. Si guardò le
mani, poi, con estrema calma, si avvicinò al tavolo, prese il telefono di Trunks, andò davanti all’unico specchio presente nella
stanza e, con le migliori boccacce di un tempo, si fece un selfie.
Guardò il risultato e rise di gusto, sistemandosi meglio il ciuffo nero e viola.
«Questo è
per te, fifone di un Goten. Credevi davvero che
bastasse così poco per uccidere il grandioso Gotenks?»
E, con un
grosso sorriso, si coricò nel letto e attese pazientemente lo scadere dell’ora.
Gohan li
guardò uscire con estrema preoccupazione: «Allora?»
Goten teneva
il telefono di Trunks in mano e aveva un’aria
mortificata: «Quanto siamo stati dentro?»
Junior
rispose: «Poco meno di un minuto.»
Il
ragazzo annuì pensieroso. Trunks, con un sorriso, gli
diede una gomitata.
«Allora?
Ti ho convinto?»
Goten guardò
ancora una volta quella foto che una parte di se
stesso gli aveva lasciato.
«D’accordo.
Ci posso provare.»
E rieccoci qua. Gohan e Trunks hanno deciso di dare una bella spinta a Goten, aiutati da Junior… ci riusciranno?
Vi aspetto al prossimo capitolo.
Hinata 92