Anime & Manga > Death Note
Ricorda la storia  |      
Autore: Golden locks    15/03/2020    6 recensioni
Un ragazzo, un giovane poliziotto, è sulle tracce di Matt dopo parecchi anni dalla sua partenza dall'Inghilterra e, cercandolo, si ritroverà coinvolto in un un'emozionante viaggio nei sentimenti che non si sarebbe mai aspettato.
------------------------------------------------
Entrammo subito nel cuore della questione.
“Quindi lei è venuto qui da Brighton per condurre delle indagini su Matt.”
Sentirgli pronunciare di nuovo quel nome mi provocò una sensazione piacevole, quasi come fosse una conferma Matt fosse finalmente reale e non solo un’entità astratta come mi era sembrato fino a due giorni prima.
“Esatto.”
“La persona su cui sta indagando non l’avrebbe mai trovata con le informazioni in suo possesso. Perché, vede, credo che alcune di queste informazioni non siano corrette.”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Matt, Mello, Near, Sorpresa | Coppie: Matt/Mello
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Reflections of love'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



 

Mi chiamo Thomas, ho 22 anni e vivo a Brighton, una cittadina nel sud dell’Inghilterra. La mia vita è tutto sommato tranquilla e appagante. Sono cresciuto abbastanza sereno grazie ai miei nonni, perché con mia madre non ho mai avuto un buon rapporto. Dopo aver finito la scuola mi sono arruolato in polizia. Anche il mio lavoro, per quanto faticoso e a volte complicato mi soddisfa e, anche se lo stipendio non è dei più alti, mi consente di vivere bene per le mie esigenze. Devo dire di essere stato abbastanza fortunato.
Tutto procedeva per il meglio nelle mie giornate e ho degli importanti progetti da realizzare in futuro, come comprare una casa e forse un giorno sposare la mia ragazza. Ma sapevo che prima di realizzare progetti importanti, c'era un caso di cui mi dovevo occupare: dovevo condurre delle ricerche su un uomo. Avrei dovuto assentarmi per diversi giorni da Brighton. Parlai col mio superiore e mi diede il suo benestare per dedicarmi a quel caso. 

Credevo di averne le capacità, così accolsi la sfida con me stesso e decisi di andare fino in fondo. Avrei dovuto fare tante ricerche e non sarebbe stato facile, già lo sapevo, ma non mi scoraggiai. Dopo tutto era il mio lavoro, quindi ne andava anche del mio orgoglio professionale: nella mia carriera di poliziotto ero considerato un detective di discreta bravura e quel caso sembrava fatto apposta per mettere alla prova le mie capacità. 
Ma non avrei mai immaginato che le ricerche si sarebbero trasformate in vere e proprie indagini, che la missione si sarebbe rivelata molto più difficile di quanto immaginassi e, soprattutto, che mi avrebbe coinvolto così tanto.

Comunque iniziai. Mi misi sulle tracce di questo misterioso uomo, di cui sapevo ben poco: il suo nome e la sua età all’epoca, Matt, 18 anni, che era di nazionalità inglese, che aveva vissuto a Winchester e che poi si era stato a Londra per un breve periodo, fino al novembre del 2009, quando era misteriosamente scomparso. Stop, non sapevo altro. Anzi no, un’altra cosa la sapevo: indossava spesso maglie a righe.
Non avevo nè una foto nè il cognome nè una data di nascita. Da dove cominciare le mie ricerche dunque? a chi chiedere informazioni? Che fine aveva fatto Matt dopo aver lasciato Londra?

Partendo dal fatto che nel 2007 avesse 18 anni, chi stavo cercando era un uomo di nome Matthew nato nel 1989. Non era molto, ma dovevo pur cominciare da qualche parte e così, grazie all’addestramento fatto in polizia, per scrupolo iniziai un’affannosa ricerca, che mi occupò per mesi, per raccogliere informazioni su tutte le persone residenti nel Regno Unito corrispondenti ai pochi dati in mio possesso.  Ero certo che Matt non si trovasse più in Inghilterra, ma poiché era solo una mia sensazione non supportata da alcuna prova, non potevo essere avventato e scartare qualche possibilità, dovevo fare tutti i tentativi possibili, anche se ciò mi avrebbe portato via tempo ed energie. Purtroppo non ne ricavai nulla e non riuscivo a capirci niente. Nessuno di loro era il Matt che cercavo, come mi aspettavo. A questo punto, decisi quindi di passare alla seconda fase delle indagini e recarmi direttamente a Winchester. Forse lì avrei trovato una pista valida. 




Arrivato nel capoluogo dell’Hampshire, andai a indagare nelle scuole. Anche se Matt si era spostato, se aveva vissuto a Winchester era probabile che avesse frequentato le scuole lì, e forse nei registri degli alunni iscritti avrei trovato delle preziose informazioni su di lui. La cosa che mi stupì fu che neanche così riuscii a trovare nulla su Matt, finché alla fine delle mie ricerche nelle scuole, cioè nell’ultima scuola che mi era rimasta sulla lista, sospirai scoraggiato davanti alla direttrice, e mi concessi un attimo di sfogo dicendo che non sapevo dove altro cercare. Fu allora che la direttrice mi disse che c’era ancora un tentativo che non avevo fatto. 
Mi rivelò l’esistenza di un istituto per bambini e ragazzi orfani lì in città, che aveva il nome di Wammy’s House. Mi spiegò che al suo interno i ragazzi che vi soggiornavano studiavano anche, quindi si poteva considerare una specie di scuola, o comunque un posto che potesse essere di mio interesse, in cui valesse la pena fare un tentativo, dato che i ragazzi che vivevano lì non frequentavano altre scuole.

Il giorno dopo, con l’indirizzo ben stretto tra le mani, arrivai davanti al cancello dell’istituto, dopo aver preso appuntamento con il direttore, il signor Moore. Purtroppo, dati tutti gli anni che erano passati, non trovai lo stesso direttore che c’era all’epoca, ma uno nuovo che aveva preso il suo posto già da molto tempo.
Mi ricevette in una grande stanza, dietro la sua scrivania in mogano con alle spalle un’imponente libreria, e grandi finestre con pesanti tende che si affacciano sul giardino. Mi fece accomodare su una poltrona e per un attimo ebbi modo di ammirare il grandissimo tappeto che copriva quasi interamente il pavimento. 
Andai subito al sodo e spiegai lo scopo della mia visita. Gli mostrai il distintivo. So che non avrei dovuto, ma era il modo più facile e veloce per spianarmi la strada.

“Sì. C’è stato un ragazzo di nome Matt in quest’istituto molti anni fa” mi disse Moore, “ma non so dirle molto, perchè io sono entrato in carica dopo che Matt era già andato via e non l’ho mai conosciuto di persona.”

Non lo aveva mai conosciuto di persona ma si ricordava ugualmente di lui. Curioso, pensai.

“Capisco. Avete un archivio, un luogo in cui conservate i dati dei ragazzi che vivono qui?”

“Le sembrerà strano ma... purtroppo no, non abbiamo nulla del genere.”

Mi accigliai leggermente, un po’ stupito dalla sua dichiarazione.

“Come mai?”

“Perché l’identità dei nostri ragazzi è segreta.”

Ciò che il direttore mi rispose mi scioccò non poco. La prima domanda che mi venne subito in mente fu: perché? perché tenere segreta l’identità degli orfani? 
In quel momento misi da parte quell’interrogativo, sicuro che lo avrei scoperto in seguito, e mi concentrai su ciò che avevo saputo: niente archivio, niente documenti, quindi non un certificato di nascita, non un documento di identità, non un profilo della personalità del ragazzo. Nulla di ufficiale, insomma, che potesse realmente testimoniare la loro esistenza, oltre alla parola del direttore stesso. 

“C’è qualcuno che potrebbe saperne più di lei sull’uomo che sto cercando?”

“È
 fortunato, in effetti una persona c’è. È l’ex direttore dell’istituto, il signor Roger Ruvie. Lavorava qui ai tempi in cui c’era Matt.”

Senza perdersi in altre chiacchiere, il signor Moore chiamò l’ex direttore, ormai molto anziano ma ancora lucido, che si rivelò disponibile a rispondere alle mie domande. 
Non sapevo perché, ma sentivo una certa emozione a parlare con quel signore, come se già prevedessi che ero finalmente arrivato sulla strada giusta.
Quando Moore mi passò il telefono, sentii la sua voce, stanca ma decisa.

“Mi dica come posso aiutarla.”

“Sto cercando un ragazzo, un uomo ormai, che si chiama Matt, ha vissuto a Winchester e credo sia nato nel 1989, dovrebbe avere circa 39 anni...  Vorrei sapere se durante la sua carica come direttore qui c’era per caso un ragazzo che corrisponda a questi dati, se lei lo ha conosciuto e se può darmi informazioni su di lui. Ah... amava indossare maglie a righe...”

Mi sentii un po’ ridicolo ad aggiungere quest’ultimo dettaglio. Non so perché, forse perché la voce dell’anziano signore mi metteva in leggera soggezione, ma la mia esperienza nel lavoro mi aveva insegnato che, quando si cerca qualcuno, ogni dettaglio, anche il più insignificante, è importante. A volte la gente ricorda meglio i dettagli di poco conto, come può essere una maglietta a righe, aiutati della memoria visiva.

“Perché lo sta cercando?”

Mi aspettavo quella domanda. Anzi, per meglio dire, la aspettavo. Era strano che fino ad allora nessuno me l’avesse ancora rivolta, probabilmente perché nessuna delle persone con cui avevo parlato fino a quel momento sembrava aver conosciuto Matt, ma, forse, il fatto che quel signore me la stesse rivolgendo, significava che lo conosceva per davvero.

“Purtroppo non posso dirglielo.”

Sentii il signor Ruvie sospirare.

“Mio caro ragazzo… se sta parlando con me, vuol dire che ha già parlato con il signor Moore, e quindi sarà già al corrente che le informazioni sui ragazzi della Wammy’s House sono segrete. Ma date le circostanze, non vedo perché non risponderle. Lo facevamo per tenere i ragazzi al sicuro, ma ormai Matt non ha più nulla da temere…” Il signor Ruvie riprese fiato. “Non può capitargli nulla di peggio di ciò che gli è già capitato…” aggiunse talmente piano che a stento riuscii a distinguere le sue parole.

Restai senza fiato per qualche istante, per due motivi… perché quel signore aveva detto “Matt”, e ciò significava che dunque stavo realmente parlando con qualcuno che lo aveva conosciuto, e poi perché le sue ultime parole, che comunque avevo udito, mi avevano confuso.

“Potrebbe spiegarsi meglio?”

“Sì. Ma venga a trovarmi a casa, sarà meglio che parlare al telefono. E si faccia accompagnare dal direttore. Attualmente mi trovo a Londra ma tornerò a Winchester dopodomani. Possiamo vederci nel pomeriggio. Facciamo alle quattro?”

“Bene. A dopodomani allora.”

Misi giù il telefono e informai il direttore dell’invito che avevamo ricevuto. Non avevo però intenzione di aspettare due giorni prima di fare qualche progresso con le indagini, quello era tempo prezioso per me e volevo sfruttarlo al massimo.

“Vorrei visitare la stanza che è appartenuta a Matt quando viveva qui, se non le dispiace.”

Il direttore annuì e non ebbe nessuna obiezione da fare. Aprì il cassetto, ne estrasse un mazzo di chiavi, poi si alzò e mi accompagnò. 

Mi ritrovai all’interno di una camera che ospitava due letti con due piccoli comodini affianco. C’era una finestra che dava sul cortile dell'orfanotrofio, con delle tende di un verde salvia, ma per il resto l’arredamento era piuttosto spartano: un vecchio armadio a due ante, una scrivania in legno con una sedia e un’altra sedia appoggiata contro il muro, l’alone più chiaro sui muri di quelli che forse erano stati dei poster appesi anni prima, il pavimento in legno. Niente fronzoli, niente abbellimenti. Sì, era stata decisamente la camera di due maschi.

“Come mai questa camera non è stata assegnata a nessun altro?”

“In effetti, dopo che Matt ha lasciato l’istituto, è stata assegnata ad altri due ragazzi che l’hanno occupata per qualche anno, ma poi li abbiamo fatti spostare e abbiamo deciso di lasciarla vuota.”

Aggrottai di nuovo la fronte. Non era una decisione casuale, ma mi parve strana.

“Perché?”

“Per rispetto.”

Non capii cosa volesse dire con quella risposta sibillina.

“Cosa significa?”

Il direttore non rispose, invece chiuse gli occhi e sospirò, ma io ero troppo impaziente di ispezionare la camera che rimandai a dopo anche quel chiarimento.
Moore si congedò dicendo che doveva tornare al suo lavoro e mi lasciò solo.

Mi guardai attorno. Lì, dunque, aveva vissuto Matt. Non sapevo bene da che parte cominciare né cosa cercare, così misi le mani dietro la schiena e semplicemente passeggiai su e giù per la camera, cercando non so neanch’io di fare cosa, forse di immergermi nell’atmosfera, di respirare quell’aria che sapeva di chiuso, di immaginare Matt lì dentro. Chissà com’era stato per lui vivere in quell’orfanotrofio, senza una famiglia, senza punti di riferimento, senza una vera guida, forse senza un vero affetto. 
Il fatto che la stanza fosse stata occupata da un’altra coppia di ragazzi dopo Matt, poteva essere un problema dal momento che potevano aver cancellato qualche traccia importante, ma io ero fiducioso perché mi ero fatto l’idea che Matt avesse occupato la camera per molto più tempo e che quindi qualche traccia avrei potuto trovarla comunque.
Dopo un po’ che ero lì dentro mi venne istintivo spostare qualche mobile. Dovevo trovare più indizi possibili su di lui e, se loro non si palesavano, li avrei fatti saltare fuori io.
Spostai l’armadio. Non fu un grande sforzo, dato che era vuoto. Osservando la porzione di parete che avevo scoperto, trovai una cosa interessante. Sul muro c’era incisa una piccola scritta: M+M

Era probabile che si trattasse di due iniziali, e in questo caso sicuramente una delle due M stava per Matt. Ma l’altra M di chi era?
Continuai a cercare altri indizi nella camera per un paio d’ore, frugando dentro i letti, dentro i materassi, controllai se i cassetti avessero doppi fondi, se l'armadio nascondesse qualche nascondiglio, ma non trovai nulla. Avrei voluto controllare anche le camere che erano appartenute ai suoi amici, ma non avevo modo di risalire a chi fossero. 
Con il permesso del direttore, passai un’intera giornata a ispezionare le aree comuni, la biblioteca, la mensa e persino lo studio del direttore stesso, ma anche dopo aver controllato ogni angolo dell'istituto, non trovai niente. Eppure, qualcosa dentro di me mi diceva che lì qualcosa c'era e che io l'avrei trovata, se solo avessi cercato bene. Ormai ero arrivato alla Wammy’s House ed ero vicinissimo a Matt in qualche modo, e non avevo intenzione di mollare. 

Si era fatta sera ormai e lasciai l'istituto. Le mie ricerche per quel giorno erano finite. Decisi di fare una passeggiata per tornare dalla Wammy’s House al mio hotel, e mentre camminavo riflettei sulla breve conversazione avuta con il signor Ruvie. 

Lui conosceva Matt, questo ormai era sicuro, ma le sue parole erano suonate ambigue alle mie orecchie. Non ero più certo di cosa avessi udito. Matt non ha più nulla da temere, questo lo avevo sentito bene, anche se non capivo cosa volesse dire. Forse perché ormai Matt era maggiorenne, adulto, e non aveva più bisogno di essere protetto?
E forse, in caso di adozione, tenere segrete le identità dei ragazzi  era un sistema per cancellare per sempre il loro passato e dare loro così una vita completamente nuova e senza alcun legame con ciò che avevano vissuto prima?

Ma il resto, quell'altra frase… non ero sicuro, forse avevo capito male. Perché lui aveva detto… No, forse avevo dimenticato del tutto quelle parole praticamente sussurrate. Ma avevo avuto una strana sensazione che non ero riuscito a decifrare nell’immediato. Era qualcosa di sottile che mi aveva messo a disagio, come se mi fossi sentito leggermente… allarmato. Ecco come mi ero sentito. Ma perché? Cercai di ricordare, ma adesso davvero non rammentavo cosa mi aveva detto... e più mi sforzavo di recuperare quelle parole, più esse mi sfuggivano, come se fossero state completamente cancellate dalla mia mente.
Inoltre, perché il signor Ruvie aveva abbassato la voce in quel modo nel pronunciarle? quasi come se fosse…mi fermai e chiusi gli occhi, sforzandomi di far mente locale sulla sensazione che avevo avuto a primo impatto, mentre reggevo il telefono e lo ascoltavo… triste. Così mi era sembrata la sua voce al telefono: triste. Di certo le cose non si erano chiarite, ma era normale: in fondo non avevo ancora saputo nulla di consistente.

Il mio stomaco mi distrasse, reclamando la mia attenzione con un gorgoglìo. In effetti avevo una certa fame ed ero anche stanco. Decisi di andare a mangiare e di ritirarmi in camera per la sera.
Andai a dormire presto e ci dormii su. Sapevo che il giorno successivo sarebbe stato impegnativo e io dovevo essere al massimo, per trarre il meglio da quella preziosa occasione.




L’indomani tornai nella camera di Matt. Diedi un'altra occhiata generale all'ambiente e per disperazione, ma anche cocciutaggine, mi misi a ispezionare anche le pareti e a bussare con la mano sulle assi in legno del pavimento, appoggiando un orecchio a terra. Fu in quel momento che mi accorsi che non tutte le assi suonavano vuote. Questo sì che era interessante. 
Segnai con una piccola x a matita il punto che mi interessava e, con discrezione, poiché dubitavo fortemente che il direttore mi avrebbe lasciato divellere persino il pavimento, mi procurai degli attrezzi nel capanno del giardino dell’istituto e tornai in quel punto preciso.
Non senza fatica, dopo un po’ di lavoro riuscii a sollevare l'asse e vidi che sotto di essa c’era veramente qualcosa. 
Era una grande busta ripiegata, al cui interno trovai numerosi fogli scritti a mano e una fotografia di due ragazzini, uno con i capelli corti e castani e una maglia a righe - era Matt senza dubbio - e l’altro biondo e con i capelli più lunghi.
Diedi una rapida occhiata per capire cosa fossero quei fogli e compresi immediatamente che erano delle lettere, scritte su fogli strappati da un quaderno e ormai ingiallite dal tempo. Chissà quanti anni erano rimaste là. Feci un veloce calcolo mentale: circa 20 anni? No, un po’ di più. Erano tutte scritte dalla stessa mano, a eccezion fatta per una, che si capiva essere stata scritta da una mano diversa per via della grafia differente.
Nessuna lettera era firmata nè riportava una data, ma nulla mi faceva escludere che le avesse scritte Matt. Inoltre avevano tutte una cosa in comune: iniziavano tutte con un nome: Mihael.
L’altra M incisa sul muro.

Quella con la grafia diversa attirò subito la mia attenzione e, dato che era breve, la lessi per prima:

“Matty, perdonami. Non volevo darti questo dolore, ma sapevo che mi avresti fermato o, peggio ancora, che mi avresti seguito. Cerca di capirmi, non potevo permettertelo e sai perchè. So che domani scoprirai che sono andato via. Non volevo farti male, scusami.”

Neanche quella era firmata e non recava una data, ma pensai subito che quella lettera potesse essere stata scritta ragazzo biondo della foto, che forse era l'amico che condivideva la camera con Matt, questo Mihael. Chi era questo ragazzo?
Il suo nome tornava sempre, e ricorreva spesso in ogni lettera, nei ricordi di Mail.
Da quello che aveva scritto, doveva essersene andato, e per di più di nascosto a Matt.

Mille domande iniziarono ad affollare la mia mente ma, prima che potessero sopraffarmi, le misi tutte a tacere. Non era in quell’istituto che volevo leggere quelle lettere, ma nella mia camera in albergo, con tutta la tranquillità di cui necessitavo. Mi presi la libertà di non rivelare a nessuno la scoperta che avevo fatto, rimisi in ordine l’asse del pavimento e infilai di nuovo tutto nella busta. La conservai sotto la giacca, per quanto voluminosa fosse, e andai a salutare il direttore, dicendo che sarei passato a prenderlo l’indomani per andare dal signor Ruvie, e uscii con tutta calma dall’istituto.  

Mi concessi una sosta in un pub, in cui consumai una pinta di birra bionda e una porzione di fish and chips. Soddisfatto e con la pancia piena, mi avviai verso il mio hotel, a piedi, respirando a pieni polmoni l’aria primaverile della sera di Winchester, molto impaziente di leggere ogni riga, ogni parola di quelle lettere. 

Arrivato in camera, mi tolsi la giacca e mi misi comodo sul letto, per immergermi completamente nella lettura che, ne ero certo, si sarebbe rivelata decisiva.

La prima cosa che feci fu osservare bene la fotografia. Quelli erano Matt e Mihael. Mihael teneva le braccia incrociate al petto, mentre Matt aveva una mano su un fianco e l’altro braccio attorno al collo di Mihael. 
Potevano avere circa 13-14 anni ed entrambi avevano un’aria scaltra e un sorrisetto appena accennato. Sembrava che in quella loro posa, da cui si percepiva una forte intesa, volessero dire al mondo che non gliene fregava niente di niente e pareva che stessero concedendo un onore a mostrarsi a chi gli stava scattando la fotografia; un loro amico senza dubbio, dato che sicuramente fare foto era proibito in quell’istituto. Chissà come avevano fatto a svilupparla.
Nonostante fossero solo dei ragazzini all’epoca, il volto di una persona non cambia radicalmente con gli anni. I tratti somatici restano sempre gli stessi, specialmente lo sguardo, che è la cosa, fra tutte, che di certo non cambia mai.
Adesso avevo un gran vantaggio: conoscevo i loro volti e avevo una foto da poter mostrare durante le mie ricerche. Non poteva andare meglio di così, mi dissi. Ma, adesso che avevo trovato anche le lettere, avevo la possibilità di saperne di più su di loro. 
Iniziai a leggere nell’ordine in cui le trovai, un ordine un po’ approssimativo ma che che denotava una certa cura per come erano state disposte: sembravano seguire un ordine cronologico.

Fu con una certa emozione che aprii la prima lettera. Era la prima vera cosa di Matt che avevo tra le mani, e non si trattava di un mero oggetto, ma dei suoi pensieri, delle sue parole.
Appena iniziai a leggere, fu come aprire una porta sul passato. Dalle pagine di quelle lettere, uscirono luccichii e costellazioni, battiti di cuori pulsanti, echi di baci e di voci lontane, lacrime su una guancia asciugate dall’aria.

“Ciao Mihael.
Te ne sei andato una settimana fa. Solo ora ho la forza di reggere la penna in mano. Ho Provato a raggiungerti, ma me l’hanno impedito. Non so dove sei, quindi credo che dovrò rassegnarmi a stare qui senza di te, anche se ancora non riesco a crederci. Non so come farò. Sento che mi manca di nuovo il fiato. Sono un blocco di ghiaccio.”


Pensai immediatamente che Matt dovesse avere un profondo legame d’affetto con Mihael ed evidentemente la sua partenza lo aveva sconvolto. Sicuramente era il suo migliore amico, forse era il suo unico vero affetto in quell’orfanotrofio.
La prima lettera finiva lì. Passai alla seconda, dai toni molto diversi.

“Mihael come hai potuto? vigliacco! Perché te ne sei andato così? ti spaccherei la faccia, bastardo! Dovevi dirmelo, non ti avrei fermato. Sarei solo venuto con te e sarebbe stato meglio che restare qui così! Sei solo un egoista, un egoista schifoso, non hai pensato per un attimo a come mi sarei sentito! Fottuto bastardo egoista del cazzo. Non ti perdonerò mai!”

Matt stava tirando fuori la sua rabbia, ed era normale. Si era sentito abbandonato dal suo migliore amico. Fin’ora tutto filava. Passai alla terza lettera.

“Niente ha più senso senza di te. Non credo che riuscirò a restare qui ancora per molto. Non esiste più nessuno qui dentro per me. Mark e Chris mi hanno chiamato per stare con loro, ma non ci sono andato, voglio stare solo.
Near non riesco più neanche a guardarlo. Mi hanno spiegato che è stata una decisione tua ma, io in qualche modo, lo ritengo responsabile del fatto che sei andato via. Per me lui non esiste più. Ha provato a guardarmi prima, e meno male che c’era Mark a tenermi, perché penso che stavo per colpirlo. Non me ne sono neanche reso conto. Ma sai cosa? Non m’importa. Anzi, se mi avessero buttato fuori sarebbe stato meglio.
Per me ormai tutto ciò che esiste è il fuori, dove ci sei tu. Anche se non so dove cercarti. 
Vorrei non essermi mai sentito come mi sono sentito con te, a quest’ora non ne sentirei la mancanza e non starei così. Un giorno ti rivedrò, però, lo sento.” 


Queste parole mi lasciarono un po’ perplesso. Come mai Matt aveva così tanto bisogno di Mihael? Perché non riusciva proprio ad abituarsi alla sua assenza? Chissà cosa avevano condiviso per essere così indispensabile, mi dissi lì per lì, ma in effetti mi sembravano parole un po’ troppo accorate per essere rivolte a un semplice amico. Cominciai a sospettare che ciò che legava Matt e Mihael fosse qualcosa in più di una semplice amicizia. Continuai la lettura e ne ebbi la conferma. 

“Mihael, oggi mi sei mancato da morire. Mi sentivo quasi soffocare. Me ne sono andato in camera e mi sono chiuso a chiave. Non ce la faccio più. Dovunque tu sia, spero solo che ti farai vivo, che mi chiami, che torni a prendermi per portarmi con te, perché so che non tornerai più qui. 
Sarebbe bello averti qui con me in questo momento. Sono sdraiato sul tuo letto e sto pensando all’ultima volta che ci siamo abbracciati. Devi averlo deciso su due piedi di andare via, vero? Perché non c’era inganno nel tuo tocco, sembrava che saresti rimasto per sempre… 
Sono passati due mesi da quando te ne sei andato, ma io riesco ancora a sentire il tuo odore tra le pieghe di queste lenzuola che non ho permesso a nessuno di toccare. Mi ricordo di quando ti ho avuto l’ultima volta, tu mi hai baciato e ti sei seduto sopra di me, eri così bello, mio Dio, che potrebbe scoppiarmi il cuore solo a ripensarci. Poi mi hai preso tu, ma non per molto. Non ci hai messo tanto e venire, riempiendomi di te. 
E ora io sono vuoto.”


Mi sentii sfiorato dal vento di un tempo perduto che mi passò attraverso e, come il tenue e incantevole bagliore della Via Lattea, mi accarezzò dolcemente la pelle, mi sussurrò delle cose dolci, mi riempì per un attimo d'amore facendomi sorridere estasiato, e poi sparì.

Finii di leggere quelle righe con il magone. Sapevo che dovevo rimanere distaccato, ma fu impossibile non farmi coinvolgere da quelle parole così sentite, così piene di emozione e sentimento. Matt e Mihael si amavano.
Quei due ragazzi si amavano e Mihael se n’era andato, lasciando Matt da solo in preda alla disperazione, e io ancora non sapevo il motivo della sua partenza improvvisa.
Restai per un po’ con quella lettera in mano, colpito da tutto ciò che stava venendo fuori, a riflettere su cosa fosse successo da loro, a cosa dovevano aver vissuto insieme. Anche la soddisfazione di aver scoperto qualcosa di fondamentale che mi avrebbe permesso di capire meglio gli spostamenti di Matt e seguire le sue tracce, passò in secondo piano.
 
Matt aveva iniziato a parlare con Mihael attraverso le pagine di quelle lettere, per immaginare che fosse ancora lì con lui, per sopportare un po' meno peggio il vuoto e il dolore causati dalla sua mancanza,  come a voler colmare il vuoto lasciato da Mihael attraverso la scrittura di quelle righe. E scriveva molto, Matt. 
Dai suoi scritti traspariva senza ombra di dubbio che la prolungata assenza di quel misterioso ragazzo biondo dal suo fianco, aveva causato a Matt una sorta di depressione, lo aveva portato a chiedersi che senso avesse la sua intera esistenza senza di lui e si capiva benissimo che viveva solo per il giorno in cui lo avrebbe rivisto. Tutto il resto sembrava non avere importanza.
Non vi erano molti riferimenti alla sua vita, quella che conduceva quotidianamente durante quel periodo, sembrava che non facesse niente, o che tutto ciò che facesse non fosse rilevante tanto da essere menzionato. Vi era solo qualche vago cenno qua e là e solo per raccontarsi al suo amato, ma la maggior parte delle sue parole erano dialoghi immaginari rivolti a lui, aneddoti vissuti insieme e ricordi.
Scrisse parole dolci, commoventi, che mi toccarono nel profondo del cuore e mi coinvolsero fino ad arrivare dritte alla mia anima, come se di quella storia fossi io stesso il protagonista anche se io, loro, non li avevo mai conosciuti.
Righe che raccontavano di felicità, carezze, abbracci, baci, sospiri, frasi d'amore sussurrate all'orecchio, vestiti che cadono piano e notti di passione, e poi il vuoto, il gelo, lo strazio di essere soli dopo aver trovato e perduto l'amore.
Matt si chiedeva spesso se Mihael non provasse le stesse cose mentre era lontano, se anche lui non sentisse la sua mancanza come qualcosa di lacerante e insopportabile tanto da togliere il respiro. 

Ero stanco, le lettere erano tantissime, ma riuscii a leggerle tutte quella notte.
Alla fine della lettura di tutte le lettere, mi sembrò di sentirli vicini, di averli conosciuti davvero, di far parte della loro storia e non riuscii a trattenere una lacrima, lo confesso. 

Mihael. Riuscii a conoscerlo meglio, a immaginarlo, come se lo avessi incontrato di persona. Immaginavo il suo sguardo determinato e i suoi sorrisi spesso beffardi ma a volte dolci, che Matt spesso descriveva, come se li avessi visti io stesso. 

A un certo punto però, chiaramente le lettere si interrompevano. L’ultima era molto breve e recitava così:

“Mi sono messo d'accordo con Roger, ormai è deciso. Domani me ne andrò da qui e sarò libero. 
Ti cercherò Mels, dovessi farlo per mille anni, fosse l'ultima cosa che faccio.”


Quello doveva essere il momento in cui Matt aveva lasciato l'istituto e aveva nascosto la busta con le lettere e la foto sotto il pavimento. 
Però tutto ciò che sapevo già non mi bastava, avevo bisogno di informazioni su ciò che era successo dopo. Mi misi a letto e sprofondai subito nel sonno, elettrizzato dall’incontro che mi aspettava il giorno seguente. Arrivato a quel punto, sentivo di dover sapere tutto.



Il giorno seguente, prima di andare a casa del signor Ruvie, mi recai all’orfanotrofio per passare a prendere il signor Moore e, soprattutto, per dare un'ultima occhiata alla loro camera. Rientrarci dopo aver letto le lettere di Matt faceva tutto un altro effetto. Potei immaginarlo lì, su quel letto dove il quel momento c'ero io, a piangere disperato, sperduto e solo, ad affondare la faccia in quel cuscino, stringendone le estremità e prendendolo a pugni, come se fosse colpa sua che Mihael se ne fosse andato, e a scrivere queste lettere al suo Mihael, il suo amore perduto. Immaginai come dovevano essere cambiati la sua espressione e il suo atteggiamento in quei mesi, come doveva essere diventato scostante e distante dagli altri, anche dai suoi amici, non riuscendo a trovare pace né consolazione in niente e nessuno.

Qualche ora più tardi, io e il direttore Moore ci recammo all’indirizzo del signor Ruvie, il quale, dopo i dovuti convenevoli e le presentazioni, ci accolse reggendosi su un bastone e ci fece accomodare nel suo giardino, attorno a un tavolino sul quale ci attendevano una brocca di limonata e dei biscotti. Nel mese di maggio la temperatura era mite, stare fuori era molto piacevole. Le rose più belle erano in fiore, il prato di un verde brillante, le fronde degli alberi cariche di foglie, e donavano a quel piccolo pezzetto di terra che circondava l’abitazione un aspetto incantevole, come fosse un piccolo giardino dell’eden. 

Entrammo subito nel cuore della questione.

“Quindi lei è venuto qui da Brighton per condurre delle indagini su Matt.”

Sentirgli pronunciare di nuovo quel nome mi provocò una sensazione piacevole, quasi come fosse una conferma Matt fosse finalmente reale e non solo un’entità astratta come mi era sembrato fino a due giorni prima.

“Esatto.”

“La persona su cui sta indagando, non l’avrebbe mai trovata con le informazioni in suo possesso. Perché, vede, credo che alcune di queste informazioni non siano corrette.”

Aggrottai le sopracciglia, attento a quello che stava per dire.

“In primo luogo” continuò “Matt non era il suo vero nome. Il suo vero nome, era Mail Jeevas.”

Spalancai gli occhi per lo stupore e mi resi conto di quanto ero stato stupido a non arrivarci subito: se le loro identità erano protette dal segreto,  era chiaro che Matt fosse solo un nome falso. Mi sentii un poliziotto da strapazzo.

Mail Jeevas. E così era questo il suo nome. Mail Jeevas. 

“In secondo luogo, lei mi ha detto che nel 2007 Matt, Mail, aveva 18 anni, e infatti lei pensava fosse nato nel 1989. Ma anche questo è sbagliato. Infatti, Matt è nato nel 1990, quindi nel 2007 aveva 17 anni, non 18.”

Dunque era ancora minorenne quando era giunto a Londra. Facile capire perché avesse mentito sull'età, non voleva problemi.

“Oltre a queste informazioni, di cui sono sicuro perché ero l'unico a conoscerle, posso solo dirle ciò che riguarda la sua vita all'istituto. Matt arrivò molto giovane. Nessuno di noi conosceva la vita dei ragazzi prima del loro arrivo, quindi non ho informazioni da darle a riguardo. Posso dirle che era un ragazzo tranquillo e piuttosto solitario, ma aveva legato molto con un suo compagno, Mello, con cui passava la maggior parte del suo tempo.”

Mello, Mels, Mihael.

“Sì, indossava maglie a righe…giocava spesso ai videogiochi, sa, quelli che c’erano ai tempi… portava un paio di strani occhialini da aviatore, non ho mai capito perché… e fumava. Già, fumava un sacco. Lei fuma, giovanotto?”

Scossi la testa. Mi strappò un sorriso. Era bello sapere quei dettagli da una persona che lo aveva visto crescere. 

“E Mello non faceva altro che mangiare tavolette di cioccolato, una dietro l'altra. Sì, diciamo che avevano i loro vizi e una certa tendenza a fare quello che volevano, in barba alle regole…”

Il mio sorriso si allargò. Dall’idea che mi ero fatto e soprattutto dalle loro espressioni nella fotografia, tutto sembrava combaciare.

“Ma forse le interesserà di più sapere che Matt cercò di scappare quando aveva circa 14-15 anni.”

“Com'è successo?”

“Una notte, Mello se ne andò lasciando l'istituto e il giorno dopo Matt, quando se ne accorse, provò a scappare. Noi ce ne accorgemmo e lo fermammo in tempo, ma lui disse che voleva seguirlo, che doveva andarlo a cercare. Ovviamente glielo impedimmo. Dovemmo tenerlo sotto controllo per qualche giorno, temevamo che potesse riprovarci, e infatti lo fece, ma alla fine lui stesso si convinse che il suo amico ormai poteva essere ovunque, e che non aveva più modo di trovarlo andandolo a cercare chissà dove.”

Annuii. Fin qui tutto coincideva con ciò che avevo scoperto la sera precedente grazie alle lettere.

"Come mai Mello se ne andò?"

"Lo fece per varie ragioni. Soprattutto per orgoglio, legato alla rivalità che aveva con un altro compagno, con cui era in costante competizione"

"Chi era questo compagno?"

"Il suo nome era Near.”

Near. Lo avevo segnato sul taccuino, il ragazzo che Matt aveva quasi picchiato perché lo pensava c'entrasse con la partenza di Mihael. Tutto pian piano si andava ricollegando.

"Ricorda quando Matt lasciò definitivamente l'istituto?"

"Sì. Dopo la partenza di Mello, Matt restò altri otto mesi, poi se ne andò anche lui."

Sembrava che il signor Ruvie si stesse stancando parecchio, poiché assunse un'espressione sofferente. Mi preoccupai.

"Stai bene, Roger?" chiese il signor Moore.

"Si sente male, signor Ruvie?"

"No no, scusatemi... è solo che parlare di queste cose mi fa tornare alla mente dei ricordi che...” si fermò chiudendo gli occhi con un’espressione addolorata in volto, quasi colpevole. 

“Cosa…?” lo esortai a continuare.

“In passato ho commesso un’imprudenza.”

Un'imprudenza? Ero un po’ confuso.

“Che tipo di imprudenza?” Poi riflettei un attimo e, dato che il signore sembrava piuttosto afflitto, aggiunsi: “sempre che se la senta di dirmelo”, nonostante sperassi che mi dicesse ogni cosa.

“Rivelai, in parte, l’identità di due ragazzi della Wammy’s House, in completa buona fede, a delle persone che… insomma, le basti sapere che questo mio peccato di ingenuità contribuì a far perdere la vita a uno dei due.”

Dunque il signor Ruvie si portava dietro quella colpa da chissà quanti anni, e sembrava soffrirne ancora.

“Quando accadde di preciso?”

“Sono passati ventitré anni”

Non sapevo perché glielo chiesi, ma mi sembrò importante approfittare del momento di dialogo con l’ex direttore per carpire quante più informazioni possibili. Ogni dettaglio può rivelarsi fondamentale.

"Le dirò, signor Ruvie, che mi fa piacere che lei abbia accettato di aiutarmi nonostante il regolamento dell’istituto lo vieti espressamente. Credo che lei agevolerà il mio lavoro non di poco e questo mi fa sentire sollevato. Ma non ho ben capito cosa intendeva quando ha detto che Matt non ha più nulla da temere.”

Ruvie chiuse gli occhi e scosse leggermente la testa.

“Vede, Thomas…non ho motivo di tenere ancora segrete le informazioni su di lui, perché nulla può più nuocergli dal momento che è morto.”

Morto? Matt era morto?

Cercai di non rovesciare il bicchiere di limonata che tenevo stretto tra le mani. Solo in quel momento mi resi conto di quanto ero stato ingenuo, forse spinto dall’emozione che le lettere mi avevano provocato, a non prendere in considerazione l’idea che Matt potesse non essere più in vita, e sentirmelo rivelare così fu come una stilettata sulla pelle.
Quindi le mie ricerche erano inutili? No, non erano inutili, io non dovevo scoprire soltanto la sua identità, ma anche il suo passato. Ormai dovevo sapere tutto.

“Devo trovare questo Mihael. Devo parlare con lui.”

“Mi dispiace ma temo che sarà impossibile.”

“Perché?”

“Perché anche Mihael è morto.”

Rimasi un attimo senza parole. Erano morti entrambi. Ma perché, cos’era successo?

“Ma io ho bisogno di sapere cosa è successo dopo che Matt ha lasciato la Wammy’s House, devo assolutamente scoprirlo!” dissi con molta enfasi, tanto che mi ritrovai in piedi con le mani appoggiate al tavolino. Mi ero alzato senza neanche rendermene conto, preso dallo shock. Cercai di ricompormi mettendomi di nuovo a sedere.

“So che Matt è stato a Londra dopo aver lasciato l’orfanotrofio, è stato lì quando aveva 18, no, 17 anni… Ci deve pur essere qualcuno che sa cosa gli sia successo…”

“Io purtroppo non sono a conoscenza dei suoi spostamenti dopo che andò via dalla Wammy’s. Le ho detto tutto ciò che sapevo, non posso più aiutarla” disse congiungendo la mani davanti il viso, facendo coincidere i polpastrelli. “Ma ci sarebbe una persona che forse può dirle qualcosa in più.”

Il direttore Moore spalancò gli occhi e si girò di scatto verso di lui.

“Roger, non vorrai…”
 
Ruvie annuì.

“Io e te sappiamo che c'è solo una persona che potrebbe dirgli cosa è successo dopo.”

“Ammesso che lo sappia!”

“Vuoi che non lo sappia?”

“Va bene, può darsi che lo sappia, ma sai che non è possibile incontrarlo né contattarlo telefonicamente.”

Il signor Ruvie guardò severamente il suo successore. Poi rivolse il suo sguardo a me.

“Io posso intercedere per lei.”

L'attuale direttore della Wammy's House lo guardò sbalordito.

“Tu vorresti…”

“Sì. Io posso contattarlo. Ho lavorato al suo fianco per qualche anno, sono una delle poche persone che sa come trovarlo.”

Credo proprio che il mio viso si illuminò, perché per la prima volta da quando lo conoscevo, il signor Ruvie mi rivolse un tenue sorriso.

“Quindi c’è una persona che…”

“Sì. Adesso mi metterò in contatto con lui.”

Ruvie si alzò e ci invitò a seguirlo nel suo studio, ma il signor Moore si congedò, dicendo che era certo che non avessimo più bisogno di lui e che sarebbe tornato al suo lavoro. Seguii così l’ex direttore dentro casa.

“Da qui potrò chiamarlo da una linea sicura” affermò sedendosi sulla sua poltrona e facendomi accomodare su una delle due poltroncine davanti la scrivania.
Prese il telefono e se lo portò all’orecchio. Io restai in trepidante attesa. Non avevo idea di chi stesse chiamando.

“Buonasera, Near.”

Near. 

“Ti disturbo perché c’è qui con me un ragazzo... che sta cercando notizie di Matt.”

Il signor Ruvie ascoltò il suo interlocutore. Annuì.

“Sì, è probabile. Vorrebbe sapere cosa ha fatto Matt dopo aver lasciato la Wammy’s House.”

Near sembrò dirgli “passamelo” perché fu esattamente ciò che il signor Ruvie fece subito dopo. 

“Sì, pronto…”

“Buonasera, Thomas.” 

Rimasi stupito. Come faceva a sapere il mio nome? che Ruvie lo avesse già avvertito?

“Buonasera. Io…”

“So già cosa vuole sapere.”

Deglutii. Mi sentivo un po’ teso. Non avevo idea di con chi stessi parlando e stavo per mettere il tassello mancante alla storia di Mail e Mihael. Pendevo dalle sue labbra.

“Lei… li ha conosciuti? Mail e Mihael, intendo.”

“Sì, li conoscevo bene, specie Mihael. Noi tre eravamo compagni nello stesso periodo alla Wammy's House. Si può dire che eravamo coetanei.”

“La ascolto.”

“Dopo che Mihael se ne andò dalla Wammy’s, lui e Mail si incontrarono solo dopo cinque anni, negli Stati Uniti, a Los Angeles. Fu Mihael a chiamare Mail, perché aveva bisogno del suo aiuto. In quel periodo io mi trovavo a New York, invece. Mihael venne a New York, e forse anche Mail, ma avevano del lavoro da svolgere e ciò accadde principalmente a Los Angeles, quando il nostro obiettivo si trasferì lì.”

Quindi la mia intuizione che Matt avesse lasciato l’Inghilterra era esatta.

“Qual era il vostro obiettivo?

“Kira.”

Restai senza fiato. Mail e Mihael avevano lavorato al caso Kira? Near dovette intuire il mio smarrimento perchè continuò con la sua spiegazione.

“Io facevo parte della squadra investigativa speciale che aveva il compito di catturare quel criminale. Mihael e Mail invece indagavano per conto loro, in modo diverso.” Fece una pausa. “In seguito, fummo costretti a trasferirci tutti a Tokyo per la conclusione del caso… e, come tutti sanno, Kira fu catturato.” 

Non riuscivo a crederci. Il caso Kira. Ecco perché tutta quella segretezza maniacale.  

“Ma purtroppo fu lì, durante l’ultima parte dell’investigazione, che Mail e Mihael morirono.”

Ci fu un'altra pausa, in silenzio. 

“Mail fu ucciso dalle guardie della portavoce di Kira… Mihael fu ucciso da Kira stesso, per mano di quella donna.”

Una cosa era sapere che Mail e Mihael erano morti, una cosa era sapere come e perché. Mi sentii un nodo alla gola, come se avessi un urgente bisogno di piangere. Che sciocco. 

“Senza il loro contributo, non saremmo mai riusciti a incastrare quel criminale.”

Annuii, anche se il mio interlocutore non poteva vedermi. Ma non riuscivo a parlare.

“Mihael non voleva che Mail morisse, non l’aveva previsto. Aveva previsto solo la propria morte. Questo lei deve saperlo.”

“Sa… io sono...”

“So chi è lei.”

Annuii di nuovo e fui in grado di balbettare solo dei ringraziamenti e dei saluti con la voce un po’ strozzata, dopodiché chiudemmo la conversazione. 
Ruvie, che mi stava guardando dopo che avevo finito di parlare con Near, mi fece un cenno con la testa, come a confermarmi che ormai conoscevo tutta la storia.

Non seppi, né so tutt'ora, chi fosse di preciso quel Near.



Con le informazioni di Near e un’ultima chiacchierata con il signor Ruvie, ricostruii gli ultimi passaggi della vicenda.
I loro destini sembravano essere legati l'uno all'altro indissolubilmente, nonostante il periodo di separazione che avevano avuto, durato cinque anni. 
La morte di Mail fu tragica come quella di Mihael. Morirono lo stesso giorno, durante l’attuazione del piano finale di Mihael per portare a termine la sua missione: contribuire alla cattura del più pericoloso assassino seriale mai apparso sulla faccia della terra, dopo solo due mesi dal loro ricongiungimento. Mi si spezzò il cuore. Cinque anni ad aspettare di rivedersi, due intensi mesi di lavoro insieme e poi la fine. La loro morte fu prematura, ma non fu vana. 

Dopo ulteriori riflessioni, capii che Mihael se n’era andato senza dire nulla a Mail ed era stato lontano tutto quel tempo, nonostante lo amasse ancora, solo per proteggerlo, perché sapeva che si sarebbe esposto a dei pericoli e non voleva esporre Mail a nessun rischio, finché poteva evitarlo. Lo chiamò solo nel momento in cui ne aveva un assoluto bisogno. E capii che Mail, per amore di Mihael, era morto perfettamente consapevole di ciò che gli sarebbe potuto succedergli se avesse continuato ad aiutarlo a portare a termine il suo piano. Non sapevo che si potesse amare così tanto. Non immaginavo che per amore di Mihael, Mail si fosse spinto a tanto. 

L'ultima cosa rimasta di lui è questa, le sue lettere, la foto e la sua storia: la sua straziante, struggente storia d'amore con Mihael è tutto ciò che mi resta di lui, di Mail, di mio padre.

E poi ci sono io, ultima testimonianza tangibile del suo passaggio in questo mondo, concepito nel periodo in cui Mail e Mihael erano lontani, quando Mail, dilaniato dal dolore per l'assenza dell’amato, cercava disperatamente qualunque consolazione, qualunque piccolo sollievo, anche momentaneo, per arrivare a quel giorno, e nato quando lui era già lontano. Ma non posso biasimarlo. Infatti, Mail e Mihael non seppero mai della mia esistenza. Sebbene sia cosciente che ci sono un’infinità di cose che non saprò mai sul suo conto, io ho visto i loro volti con quei sorrisi complici che vivranno per sempre tramite me. La loro eredità sarà la loro storia, un modello d'amore e dedizione che non conosce limiti dettati dal tempo e dallo spazio per la lontananza, né della paura. Sono fiero di essere suo figlio.





 
FINE
 
  
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Death Note / Vai alla pagina dell'autore: Golden locks