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Autore: Zoe__    20/03/2020    0 recensioni
"Guarda, sembra che sia sempre pronta a spiccare il volo, Harry.” Tornò a voltarsi e lo avvicinò a sé, stringendogli la mano.
“Ha le ali per farlo, forse ha solamente paura.” Sussurrò accanto al suo orecchio. Livia sollevò per un attimo gli occhi nei suoi, poi li allontanò e raggiunse il suo sguardo sulla maestosa statua di marmo che li vegliava dall’alto.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Roberta: senza la nostra amicizia, molte pagine sarebbero rimaste in bianco. 
Qualche Dicembre fa a Londra
There's things that we'll never know
 
La casa aveva un’aria poco familiare: i mobili incellofanati, le loro vite chiuse negli scatoloni. Le stanze ancora vuote risuonavano della loro ansia di riempirle, di svuotare gli scatoloni e dipingere quella casa con i colori delle loro esistenze che diventavano una. Le luci di Londra illuminavano le pareti spoglie, infiltrandosi fra le vetrate, riflettendo le ombre dei loro corpi seduti a terra contro la parete. Le vetrate circondavano l’intero salotto e la cucina perché la luce non mancasse mai, neanche di notte e neanche in quel momento. 
Livia sedeva a terra, sulle gambe teneva un cartone contenente la sua pizza ormai fredda. 
Harry sedeva accanto a lei, teneva una tazza di tè in una mano e nell’altra la mano di Livia, le spalle contro il muro che ancora profumava di pittura fresca. 
La luce del pc creava ombre divertenti sui loro volti stanchi, ma sereni, e quel film non sbagliava neanche una volta a farli ridere dopo una lunga giornata come quella. Non tutte le lunghe giornate li lasciavano con la stessa soddisfazione, molto spesso a loro rimaneva solo un vuoto incolmabile ed un senso di sfinitezza che non sapeva placarsi, se non dormendo. 
“Ogni volta spero che non lo faccia, ma finisce sempre così.” Livia rise non appena partirono i titoli di coda, spostando lo sguardo sul volto di Harry. Quella poca luce lo illuminava e ne evidenziava la barba incolta ed i capelli disordinati, un po’ sporchi, legati malamente con uno degli elastici di Livia. 
“Come se non l’avessi già visto dieci volte.” Lasciò la tazza a terra e si volto verso di lei, china davanti al pc, sorridente davanti alla scarsa luce dello schermo. I nei e le macchioline rosse sul suo viso erano tuttavia evidenti, nonostante il buio tentasse di nasconderle. 
“Dieci volte solo con te.” Chiuse lo schermo del pc, poi nel buio si spostò sulle gambe di Harry. Le afferrò prontamente i fianchi e li accarezzò al di sotto della maglia, solleticandole la pelle nuda e provocandole un risolino spontaneo. Risuonò immediatamente in quella casa senza tende ed entrambi risero più forte, aumentando l’eco delle loro risate felici nella notte buia. 
“Livi, dovremmo accendere la luce ora.” Continuava ad accarezzarle la pelle e la guardava cercando il suo volto, sapendo benissimo dove trovarlo. Livia era sempre più vicina a lui e ne avvertiva il respiro sulle guance. 
“Possiamo usare questa fino al bagno? Voglio fare una doccia.” Accese la torcia del cellulare, mostrandogliela fieramente. Illuminò i suoi occhi verdi e lui la scansò immediatamente – mormorando ‘mi hai acciecato!’, ma tornando subito ad accarezzarle la pelle. 
“Da sola?” Livia nascose il cellulare, Harry rise e la sistemò ancora sulle sue gambe.
“Non vedi quanto è buio? Ho paura a farla da sola.”
“Vorrà dire che-”
“Posso farti la barba?” Prese il cellulare e gli illuminò il volto, ma Harry le scansò immediatamente le mani, spostando le sue dalla pelle dei suoi fianchi soffici. 
“No, Livi, non al buio e non stasera.” Sorrise. Livia illuminò anche quel sorriso lì e spontaneamente uno altrettanto felice le comparve sul volto. 
“Allora mi accontenterò di lavarti i capelli.” Sussurrò, accarezzandoli e liberandoli dal suo elastico. Gli massaggiò la cute con i polpastrelli delicati, avvicinando così i loro volti. 
Livia premette le labbra contro le sue ed Harry la sollevò prontamente, stringendo le mani grandi e forti contro i suoi glutei. Si diresse scalzo verso il bagno, sentiva le labbra di Livia sulle sue, ed i suoi polpastrelli ora gli scompigliavano lo stomaco e la mente.
 
Crisp trepidation
I'll try to shake this soon
Spreading you open
Is the only way of knowing you
 
Nella doccia non c’era stato spazio per i capelli di nessuno. I loro corpi s’erano fusi, incapaci di riconoscersi nel buio, confusi dal vapore che riempiva la doccia. 
Quella casa accorciava ogni distanza fra di loro, la eliminava, ogni lontananza era nulla. Loro erano in quella casa, vi erano stati dal primo istante ed ogni singola particella dei loro corpi sarebbe rimasta impressa fra quelle quattro mura. Non erano di nessun altro se non loro, e quello spazio apparteneva alle loro vite che diventavano una, lasciava la distanza sull’uscio senza lasciarla entrare. Fra quelle quattro mura non ci sarebbe mai stato spazio per la lontananza, ogni angolo l’avrebbe colmata di loro. Un profumo, una foto, un maglione fuori posto. 
 
Put a price on emotion
 
Il letto era posizionato contro la parete ed era l’unico mobile presente nella loro camera. A terra c’erano le loro valigie disordinate, ma mancavano i comodini e le lampade sedevano luminose sul tappeto. La luce arrivava forte su di loro e li illuminava mischiandosi alla miriade di luci che Londra proiettava prepotente contro le vetrate e sulle pareti.
Erano sdraiati sul materasso, stretti fra le lenzuola nuove, coperti solo dall’intimo e dai loro profumi. Fra le quattro pareti risuonavano le loro voci, piccoli sussurri che uscivano fitti dalle loro labbra impazienti. Non sapevano cosa dirsi o raccontarsi, così si dissero e si raccontarono tutto, colmando l’assenza, ogni istante sempre di più. La loro presenza era vivida e forte, palpabile e totalizzante anche in una casa spoglia come quella. 
“Domattina voglio iniziare dalla cucina, così non siamo costretti ad ordinare per il resto dei nostri giorni.” Harry posò la coperta sulle sue spalle e Livia si strinse prontamente al suo petto, facendo scorrere i polpastrelli sulla sua pelle morbida. 
“Vorrà dire che inventeremo altre scuse per farlo.” Livia annuì senza pensarci due volte ed entrambi risero a quella comune consapevolezza. 
Poco dopo calò il silenzio, Harry giocava con i suoi capelli e Livia si sarebbe addormentata in una manciata di secondi se lui non avesse smesso. 
“Ho aperto uno scatolone prima.” Sussurrò quasi impercettibilmente. Nel vuoto la sua voce suonò più forte e Livia lo guardò confusa. 
“Cosa non trovavi?” aggrottò le sopracciglia. Si scansò dal suo petto quando lo vide allungarsi verso il pavimento. Sedette contro la testiera del letto, attenendo che anche lui facesse lo stesso. Riaccese la luce della lampada sul tappeto e raggiunse Livia. Tra le mani teneva un taccuino che aveva anche la copertina piena di disegni e parole – i suoi disegni, le sue parole, ogni sua forma d’arte. Livia lo guardò curiosa, spostando lo sguardo dal volto corrucciato di Harry, alle sue mani incerte, posandolo infine sul taccuino gonfio, colmo d’inchiostro. 
“Stavo cercando questo” deglutì, rigirandolo fra le mani e stringendolo nella mano sinistra – quella vicina a Livia “questo taccuino qui.” Sollevò lo sguardo. La sua voce si era abbassata diventando roca ed incerta. Livia conosceva quei rapidi cambiamenti ed assecondò anche quello lì. 
“Cosa vuoi farci? C’è della musica?” chiese apprensiva, accarezzandogli il braccio con la punta delle dita. Gli sfiorò la guancia con la punta del naso, ma Harry si scansò, prima di voltarsi verso di lei. 
“C’è sempre della musica, Livi” sussurrò “qui dentro, come in tutte le cose” poi si schiarì la voce e parlò tutto d’un fiato davanti agli occhi di Livia, che si facevano man mano sempre più velati “e come in te, in noi. Qui c’è tutta la nostra musica, non è mai stata mia, neanche per un istante ho pesato che potesse appartenere a me o ad una determinata città. È nostra, ma è principalmente tua e di Parigi, New York, Los Angeles, Londra, di tutte le città in cui ci siamo voluti o ci siamo incontrati per caso. Non voglio che sia di nessun altro se non tuo, perché dentro ci sono io che tuo lo sarò per sempre. Perché dentro ci siamo noi e per me saremo per sempre indelebili, più di qualsiasi tatuaggio che ho sulla pelle – quelli posso cancellarli se voglio. Tu, Livia, mi sei dentro e sarà così, sempre.” Le prese la mano e la aprì nella sua. Vi poggiò il taccuino e la richiuse, stringendola, forte, nella sua. “Buon Natale, Livi.”
C’era da sempre, fra Harry e Livia, una precarietà difficile, una sottile linea che li divideva dal precipitare: precipitare insieme o da soli. Era vivida in Harry, confusa in Livia. Per molto tempo si erano chiesti come superarla, se precipitando da soli o se precipitando tenendosi la mano. 
 
We'll be a fine line
We'll be alright

 
Se siete arrivati fin qui, ci tengo a ringraziavi di cuore. Lo faccio dal profondo del mio cuore, scusandomi per il ritardo nella pubblicazione di questo epilogo, ma sperando, allo stesso tempo, di avervi regalato ciò che avreste voluto leggere. Ci sono stati diversi imprevisti in questo percorso tortuoso e chi, meglio di Harry e Livia, può insegnarcelo? Vi lascio Harry e Livia come un regalo di cui sono gelosa, ma che non riesco a tenere per me. Vi ringrazio tutti per aver letto, ringrazio chi ha recensito e chi vorrà recensire in futuro. 
Spero di tornare presto, Zoe xx
   
 
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