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Autore: Journey    21/03/2020    2 recensioni
Che cosa succederebbe se Lucifer e Chloe si fossero incontrati quand'erano ragazzi per poi perdersi di vista e ritrovarsi solo da adulti? E che cosa succederebbe se nei loro giorni di gioventù avessero avuto una figlia che hanno rincontrato solo dopo diciotto anni? In questa FF un po' AU, un po' OCC, e sicuramente What If? i nostri protagonisti si troveranno a fare i conti con questa nuova nuova situazione.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chloe Decker, Lucifer Morningstar, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 26


Quella mattina Chloe Decker si svegliò sentendosi profondamente a disagio. Guardò la parte vuota nel suo letto. Gettò la testa di nuovo sul cuscino e inspirò lentamente prima di espirare e mettersi seduta. Il nodo alla gola che sentiva era così stretto quel giorno che riusciva a fatica a deglutire. Il cuore le batteva nel petto e nelle orecchie. Sentiva il sangue pulsarle nelle vene e le tempie. Si sentiva disorientata. Avrebbe tanto voluto pensare che si fosse semplicemente risvegliata da un incubo, ma non era così ingenua. Come ogni mattina entrò in doccia per godersi i suoi trenta minuti di pace. Ma non c’era pace in lei. Non quel giorno. Continuava a sentire questo peso opprimente sopra il petto e non riusciva a spiegarselo, a toglierselo di dosso. Era così forte, così ingombrante che la portò a cercare di sfogarsi con le lacrime. Le stesse lacrime si mischiavano col getto d’acqua che le accarezzava il corpo. Non sapeva neppure perché le stesse accadendo, non sapeva neppure perché era d’improvviso così emotiva e così agitata. Uscì dalla doccia e provò a far tacere i suoi problemi con il rumore del phon. Niente da fare. Nemmeno quell’assordante rumore diretto nelle sue orecchie riuscì a zittire la confusione nella sua testa. Si vestì in fretta. E, mentre si allacciava le scarpe, si accorse di aver fatto tutto velocemente. Si sentì come la vittima di un inseguimento. Qualcuno che cerca disperatamente di sfuggire a qualcosa, di sfuggire a qualcuno. Da cosa stava scappando o verso cosa stava correndo? Respirò profondamente prima di aprire la porta della sua stanza e scendere le scale per arrivare in cucina. Trixie, come al solito, sbucò dalla sua stanza poco dopo. Fece colazione e prese lo zaino. Era pronta per andare a scuola. Quando aprì la porta per accompagnarla alla fermata del pullman, trovò Lucas Fletcher all’ingresso con dei caffè e una bustina tra le mani. Aveva portato la colazione. Quando incontrò i suoi occhi un brivido le attraversò il corpo. Lo salutò molto velocemente e condusse sua figlia all’autobus. Aspettò che salisse e rimase a guardare il mezzo che spariva all’orizzonte con le braccia incrociate al petto e lo sguardo assente. Si tirò giù le maniche del cardigan beige e le acchiappò all’interno del palmo. Si guardò attorno ancora una volta prima di dare definitivamente le spalle alla strada e tornare in casa. Aprì la porta lentamente e immediatamente fu accolta dal tepore di quel luogo e dalla risata confortante di Abigail. La voce di sua figlia e quella del suo ragazzo le arrivavano all’orecchio ovattate. Si sentì in una bolla. Li raggiunse e immediatamente Abbi le stampò un bacio sulla guancia. Bacio che le provocò la stessa reazione che le aveva provocato Lucas poco prima. Sentì un brivido correrle lungo la spina dorsale. Lo sentì nelle ossa.
“Stai bene?” le chiese Abbi guardandola confusa.
“Sì, tesoro, devo solo sedermi un attimo. Mi sta girando un po’ la testa” rispose la detective sorridendole appena.
Immediatamente Lucas si alzò e aiutò la detective a sedersi. Entrambi i ragazzi le si misero davanti e cominciarono a farle domande. Chloe non riusciva a capire una parola di ciò che le dicevano. Vedeva le loro bocche muoversi e poi più nulla. Nero.
 
Lucifer Morningstar entrò di corsa in casa Decker. Aveva un’espressione terrorizzata e l’affanno. Guardò sua figlia che gli indicò il divano. Lì c’era Chloe, sdraiata e svenuta. Lui immediatamente la prese tra le sue braccia e la strinse a sé.
“Che è successo?” domandò guardando Abigail.
“Non lo so. Ha accompagnato Trixie alla fermata dell’autobus e quando è rientrata era strana. Ha detto che le girava la testa ed è svenuta” rispose la ragazza preoccupata.
“Detective?” la chiamò piano Lucifer.
Ma nulla, non volò una mosca.
“Chloe?” continuò ancora lui dopo averla riadagiata sul divano.
Ancora nulla.
“Chloe, dai detective, svegliati” continuò imperterrito lui. Poi guardò sua figlia. “Abbi, portami dell’acqua”
Abigail ubbidì. Gli portò una bottiglietta d’acqua. Lui si tolse la giacca rivelando un gilet coordinato e svitò il tappo della bottiglia. Le gettò quel liquido in faccia e quella, immediatamente, riprese conoscenza.
“Finalmente detective, mi hai fatto spaventare” disse Lucifer.
Lei lo guardò e immediatamente lui lesse il terrore nei suoi occhi. Conosceva benissimo quello sguardo era quello che gli aveva rivolto quando aveva scoperto la sua forma oscura. Era quello sguardo che lo faceva sentire così tremendamente in colpa. Cos’era che stava vedendo in lui? Si chiese mentre si allontanava da lei. Ma Chloe gli afferrò il polso e lo tirò verso di sé con tutte le forze che aveva. Le labbra della detective erano estremamente vicine al suo orecchio.
“Qualcosa non va, Lucifer” disse.
Lui si allontanò un po’, il necessario per poterla guardare in faccia. Cercava di leggere sul suo volto qualcosa, un indizio, ma nulla, quello sguardo lo metteva terribilmente a disagio.
“Forse è meglio che vada” disse a bassa voce incapace di staccare lo sguardo dagli occhi della donna che aveva davanti.
“No. Non andartene. Non mi lasciare” lo implorò lei stringendo la presa attorno al suo polso.
Lucifer guardò confuso le dita di lei, strette attorno al suo arto. E improvvisamente gli venne in mente quella volta che aveva stretto lui il polso di lei in una morsa stretta e un brivido gli percorse la schiena. Poi spostò gli occhi sulla detective e, in un millesimo di secondo e con una semplice frase, lei riuscì a cancellare la sua sensazione di disagio. Ora sentiva di doverla proteggere, di doverla fare sentire al sicuro. Ma da cosa? Da chi?
“Va bene, detective. Sono qui. Sto qui, non ti lascio” disse accarezzandole la testa.
Lucifer continuava a guardarla. La guardava e non capiva come poterla aiutare. I suoi occhi erano impregnati di paura e lui della paura era un esperto. Solo che, sta volta, non era lui la causa, ma qualcos’altro. Voleva disperatamente entrare nella sua testa, poter capire a fondo cosa stesse provando. Ma non c’era mai riuscito. Mai una volta era stato capace di penetrare nella psiche di quella donna. Si ritrovò a pensare, mentre osservava meticolosamente il viso di Chloe, a quanto avrebbe voluto potersi scambiare di posto con lei, poter provare quella paura sulla sua pelle pur di liberare lei di quel fardello. Si chinò sulla detective e le lasciò un dolce bacio sulla fronte. Lei aumentò la presa sulla sua mano e se la portò davanti alla bocca. La baciò dolcemente.
 
“Allora, dove ti porta Matthew per il vostro mesiversario?” domandò Abigail a Karen.
Erano sedute ad uno di quei tavoli in legno di cui era pieno il campus. Quelli che hanno tutto l’aspetto di essere da campeggio e che non sai esattamente per quale motivo si trovino lì. Le due amiche erano lì a bersi in tranquillità un caffè tra una lezione e l’altra. Era il momento perfetto per scambiarsi confidenze e aggiornarsi sugli ultimi avvenimenti. 
“Oddio, che brutta parola, mesiversario” disse Karen scandendo quell’ultima parola come se la disgustasse profondamente. Erano ormai quattro mesi che lei e il dolce McMiller avevano reso ufficiale il loro rapporto.
“Quattro mesi, ma ci pensi?” domandò sognante Abbi.
“Ci penso sì, ci penso di continuo. E sai che non è una cosa che faccio spesso. È raro che mi focalizzi solo su una cosa. Motivo per il quale prima di lui non avevo mai dato importanza alle relazioni. Non so, è strano. Ma è anche piacevole. E poi lui, sorella mia, che te lo dico a fare...” cominciò a dire Karen perdendosi nelle sue parole.
Abigail sorrise ascoltando l’amica. Da quando aveva cominciato a frequentare Matt avevano avuto meno tempo da spendere assieme. Un po’ era anche colpa sua, nello stesso periodo anche lei e Lucas avevano cominciato a uscire assieme. Le due coppie si erano formate nello stesso periodo cosa che rendeva più entusiasmante chiacchierare e scambiarsi consigli sulle reciproche relazioni. Mentre la ragazza guardava l’amica pensò che non si fosse mai sentita così felice come lo era in quel preciso istante. Aveva una famiglia, una famiglia che l’amava alla follia e che lei amava alla follia. Aveva un’amica eccezionale, particolare e a cui voleva un bene dell’anima. Aveva accanto un ragazzo che, dopo il difficile inizio, si era dimostrato essere la persona più interessante che Abigail avesse mai conosciuto (e suo padre era il diavolo). Lei lo amava. Aveva capito di amarlo giù da un po’ ormai, ma non aveva avuto ancora il coraggio di dirglielo.
“E poi gliel’ho detto. Gliel’ho semplicemente detto. È venuto fuori da solo a dire il vero. Non me ne sono nemmeno accorta. Eravamo lì che ridevamo guardando questo video delle oche che attaccano la gente e lui si stava sbellicando sul divano ed era così bello. Così gliel’ho semplicemente detto. Non ho potuto controllarmi. Ti amo, Matty” disse Karen riportando Abbi sulla terra.
“E lui come ha reagito, che ti ha detto?” domandò curiosa l’altra.
“Beh, mi ha guardato per un tempo che mi è sembrato infinito.”
“Tutti i silenzi ti sembrano infiniti, Karen” rise Abbi.
“Hai ragione, i silenzi mi mettono tremendamente a disagio. Ma ehi, che ci vuoi fare, in casa mia non esiste. Le mie orecchie non sono proprio abituate al silenzio. Come quella volta in terza elementare in cui mi misero in punizione”
“Karen concentrati!” la riprese Abbi.
“Sì, giusto. Che stavo dicendo?” domandò quella.
“Cosa ti ha risposto Matt dopo che gli hai detto di amarlo” continuò l’altra.
“Oh, sì, giusto. Dopo avermi guardato per un tempo che mi è sembrato infinito” riprese l’amica.
“L’hai già detto questo” puntualizzò l’altra.
“Ok, allora. Mi sorride e mi dice che non vedeva l’ora di dirmelo e che mi ama anche lui. Capito? Qualcuno mi ama” esclamò Karen.
“Ehi io ti amo” scherzò Abigail.
“Aww, anche io ti amo, zuccherino” rispose sorridente Karen. “Tu e Lucas, invece?”
“Io e Lucas stiamo bene, stiamo davvero bene. Non mi sono mai sentita così in vita mia. Lui è dolce, è premuroso, sì è anche un po’ stronzo, ma è interessante e intelligente ed è bellissimo” disse cono gli occhi sognanti la Morningstar.
“Zuccherino sei innamorata di lui, te lo si legge in faccia”
“Sì, lo sono. E non chiamarmi zuccherino” confessò lei diventando rossa.
“E va bene zuccherino. Su, avanti, dillo” esclamò Karen.
“Cosa?” chiese confusa Abbi.
“Che avevo ragione, no?” continuò l’amica.
“Avevi ragione” rispose l’altra.
“Lo so” rispose soddisfatta Karen.
“Ehi, ma non mi hai più risposto. Dov’è che ti porta per il vostro mesiversario?” domandò Abbi.
 
Nel frattempo, Lucas e Dan ricevettero la visita del tenente, nonché madre del primo. Entrarono nell’ufficio e la trovarono seduta alla scrivania di Fletcher. Tra le mani una cartella e un’espressione molto preoccupata sul viso.
“Che succede?” domandò Lucas andandole in contro preoccupato.
“È ritornato” disse semplicemente il tenente.
“Chi è tornato, tenente?” chiese Dan curioso.
“L’uomo che mi ha fatto questo” rispose Fletcher indicando la cicatrice rossa sul suo sopracciglio.
“Non sei al sicuro, devi andartene immediatamente. Sa dove sei” continuò il tenente diventando sempre più impaziente.
“No, sono stanco di scappare. Ho dovuto lasciare l’FBI per colpa sua. Sta volta non scapperò. Ne puoi stare certa” disse fermo Lucas.
La donna gli si avvicinò e gli prese le mani. Lo guardò dritto negli occhi. Nei suoi c’era la paura, il terrore di perdere suo figlio.
“Ti prego, non farlo. Sai quant’è pericoloso. L’FBI ti procurerà un posto sicuro e ti nasconderanno finché non sarà stato catturato o ucciso” continuò la donna.
“Non se ne parla. Non questa volta. Questa volta ho qualcosa da perdere. Se ha trovato me, potrebbe arrivare a te o a papà. Potrebbe fare del male a Christine o ad Abigail. E voi siete la mia famiglia, non posso assolutamente permettere che vi succeda qualcosa. Non per colpa mia” continuò lui.
Dopodiché le tolse di mano la cartella e l’aprì. All’interno c’erano tutte le informazioni che gli servivano. I luoghi che frequentava e da quanto tempo era in città, dove alloggiava e quale macchina guidava. Le forze dell’ordine stavano aspettando che facesse un passo falso per poterlo catturare e, questa volta, metterlo in carcere per sempre. Barry Bacon era l’uomo a cui Lucas aveva dato la caccia per gran parte del tempo passato all’FBI. Era lo stesso uomo che avevano quasi arrestato, ma che era riuscito a fuggire all’ultimo secondo uccidendo il partner di Lucas e provocandogli, con lo stesso pugnale ancora sporco del sangue del suo collega, quella cicatrice sopra l’occhio. Sarebbe morto anche lui se il resto della squadra non fosse arrivata mettendolo in fuga. Da quel momento, Fletcher era diventato la sua ossessione. Era il suo unico lavoro incompiuto e Bacon sentiva l’urgenza e il bisogno di portare a termine quello che aveva cominciato. Doveva uccidere Lucas Fletcher. Quando la sguarda riuscì a risalire, solo dopo poche settimane dall’accaduto, al suo nascondiglio, quello che trovarono li destabilizzò. I muri della baita erano ricoperti di fotografie di Lucas. Era il suo prossimo obiettivo. Perciò il ragazzo, grazie anche all’insistenza del suo vecchio capo e di sua madre, decise di mollare tutto all’FBI e andare a lavorare per la polizia di Los Angeles, abbandonando così la Virginia. E adesso Barry l’aveva trovato. Era arrivato a LA con un obiettivo: ucciderlo. E lui, non glielo avrebbe permesso.
Guardò sua madre e le diede un bacio sulla guancia per tranquillizzarla, ma non funzionò. Il tenente era particolarmente tesa quel giorno. Ma lui andò via comunque e Dan lo seguì. Non se la sentì di lasciarlo da solo.
 
Dan prese in mano la cartella, strappandola alle mani del collega, e cominciò a leggerla e analizzarla fondo. C’erano state tre vittime uccisa con il suo stesso modus operandi nei pressi di Los Angeles e questo aveva attirato l’attenzione dell’FBI che si era messa immediatamente alla ricerca del temuto assassino. Dopo mesi di estenuante ricerca, finalmente avevano trovato Barry Bacon. Ormai lo stavano seguendo meticolosamente da settimane, aspettando che facesse un passo falso per poterlo finalmente catturare.
Lucas prese a guidare velocemente, ormai era totalmente accecato dalla vendetta. Doveva trovare quell’uomo e fargliela pagare per la morte del suo collega e amico. Arrivò, assieme a Dan, laddove abitava l’uomo e si fiondò immediatamente nel portone. Salì le scale in fretta. Nel frattempo, Epinoza cercava di stagli dietro mentre digitava freneticamente qualcosa sul cellulare. Arrivati davanti alla porta dell’appartamento di Bacon, Flatcher buttò giù la porta con il piede e tenendo saldamente impugnata l’arma tra le mani, entrò.
 
Sul telefono di Chloe Decker arrivò un messaggio da parte di Dan Espinoza. Diceva di raggiungerli e, in allegato, c’era la loro posizione. La detective cercò di alzarsi dal divano, ma si sentiva paralizzata. Perciò passò il cellulare a Lucifer che, dopo averle dato un bacio sulla fronte, corse in soccorso dei suoi colleghi.
 
Quando Lucifer arrivò sul luogo indicatogli da Dan si guardò attorno un po’ sorpreso.  Non sembrava esserci nessuno lì. Salì le scale di quell’orribile palazzo abbandonato e puzzolente e, con un calcio ben assestato, buttò giù svariate porte prima di ritrovarsi davanti ad una già sfondata. La sorpassò con passo deciso facendo attenzione a dove metteva i piedi. C’era un silenzio incredibilmente pesante. Assordante, fastidioso, insopportabile. Per terra c’erano vetri rotti e delle gocce di sangue che lui seguì fino alla rivelazione di uno degli scenari che non avrebbe mai voluto vedere. Dan Espinoza giaceva al suolo privo di conoscenza. Aveva una ferita all’addome. Immediatamente Lucifer corse da lui e si tolse la giacca per tamponare la sua ferita. Solo quando applicò pressione su quel punto, Dan emise un urlo di dolore e riprese i sensi. Era pallido, sudava. Doveva portarlo all’ospedale il prima possibile.
“Fletcher” disse con un accenno di voce il detective.
“Cosa?” domandò Lucifer.
“Fletcher” continuò lui tentando di indicargli qualcosa.
Lucifer a quel punto si alzò e fece qualche passo in più. Davanti ad una finestra distrutta c’era Barry Bacon, morto. Un colpo solo, alla testa. Ma non era l’unico, di fronte a lui c’era Lucas Fletcher.  Corse da lui e con due dita cercò di sentire il suo battito, ma era troppo tardi, non c’era nulla da fare ormai: Lucas Fletcher era morto. Il diavolo si lasciò scappare un urlo sofferente e, con le lacrime agli occhi, chiuse gli occhi a quel ragazzo morto troppo presto.
   
 
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