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Autore: DarkWinter    25/03/2020    7 recensioni
In un ospedale vicino a Central City, i gemelli Lapis e Lazuli nascono da una madre amorevole e devota.
Fratello e sorella vivono un'adolescenza turbolenta e scoprono il crimine e l'amore, prima di essere rapiti dal malvagio dr. Gero e ristrutturati in macchine mangiatrici di uomini.
Ma cosa accadrebbe se C17 e C18 non dimenticassero totalmente la loro vita da umani e coloro che avevano conosciuto?
Fra genitori e amici, lotte quotidiane e rimpianti, amori vecchi e nuovi e piccoli passi per reinserirsi nel mondo.
Un'avventura con un tocco di romanticismo, speranza e amore sopra ogni cosa.
PROTAGONISTI: 17 e 18
PERSONAGGI SECONDARI: Crilin, Bulma, vari OC, 16, Z Warriors, Shenron, Marron, Ottone
ANTAGONISTI: dr. Gero, Cell, androidi del Red Ribbon, Babidi
{IN HIATUS}
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 17, 18, Crilin, Nuovo personaggio | Coppie: 18/Crilin
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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“And remember the darker the night
The more beautiful the morning light.”
-Ensiferum


 

 

 

  Un altro giro inutile.

Nella casa sulla costa non c’era nessuno, o meglio, c’era il gruppo che i gemelli avevano già steso una volta; Diciotto notò divertita che Crilin non mancava all’appello. Lui la guardo’ negli occhi e poi abbasso’ i suoi, come se si sentisse imbarazzato.

Il gruppetto si rifiutava categoricamente di dire dove fosse fuggito Son Goku.

“Guardate che se non vi decidete smetteremo di essere amichevoli” li avvertì Diciassette.

“Fate pure come volete”  Piccolo, il namecciano, si era fatto avanti con il suo sguardo fiero e accigliato, mentre la sua pelle smeraldina brillava al sole. Il ragazzo se lo ricordava, l’aveva steso con una manata la volta precedente “laggiù c’è un’isola su cui possiamo regolare i conti”.

Cosa c’era da regolare? Voleva prenderne ancora? Come al solito, i gemelli non ebbero bisogno di parlare per capirsi.

Alla fine i cyborg accettarono la sfuga e accompagnati da Sedici e da Piccolo si trasferirono su un isolotto in mezzo all’oceano, al largo dalla costa del Paese.

Diciassette era calmo: “Se non parlerai questa volta ti uccideremo per davvero, sei d’accordo?”

Il nemico ridacchiò, cominciando a prepararsi per lo scontro: si spogliò dell’ampio mantello e del turbante che portava.

Anche se voglio giocare, non lo capisco…vuole farmi perdere tempo? No, è solo uno stupido.” disse il ragazzo tra sé, rimboccandosi le maniche.

Il namecciano osservò i gemelli e il loro compare e vide con sorpresa che il bestione si era messo in disparte con degli uccellini fra le mani, mentre la ragazza biondissima si era maliziosamente seduta come se fosse stata al cinema. Davanti a lui c’era solo il ragazzo, che con la sua postura lo invitava all’attacco.

“Combatti da solo, n. 17?”

“Naturalmente.”

 

 

 “Siamo…siamo stati aggrediti.” 

L'uomo, disteso in un letto d’ospedale, parlava a fatica ai microfoni e i suoi occhi erano sbarrati, febbricitanti.

Kate era incollata al televisore e guardava; non avrebbe davvero voluto, ma era come un film dell’orrore dove non si riesce a coprirsi gli occhi per non vedere le scene più brutte.

“Lei dove si trovava al momento?” chiedeva con garbo il giornalista.

“In ufficio. Ero lì…mi ha preso e mi stava per uccidere.”

Il servizio era in fase di ripresa nell’ospedale di una città del centro.

A poco più di 200 km da qui” Kate si raggomitolò, stringendo la coperta sulle sue gambe.

La città era stata attaccata dal serial killer responsabile delle stragi del nord.

“Una grande… creatura” l’uomo spalancò ancora di più gli occhi “tutti quelli dei piani inferiori… li ha fatti sparire!”

I giornalisti aspettavano che l’uomo riuscisse a raccontare quello a cui aveva assistito; anche Kate attendeva, sudata, con le sopracciglia aggrottate: “Mio Dio, si è salvato…chissà che shock.”

“Usa la sua coda per trafiggere le persone e berle. Voi non ne avete idea.”

La città era sotto attacco e polizia e giornalisti l’avevano immediatamente raggiunta, constatando che quasi tutti gli abitanti erano stati risparmiati. Solo in un palazzo pieno di uffici erano state mietute delle vittime.

Fino al sesto piano gli agenti avevano trovato i soliti, spettrali vestiti abbandonati; al settimo, un gruppo di uomini ancora vivi. Erano stati tutti ricoverati in stato di shock e in quel momento i giornalisti ne stavano intervistando uno.

“Mi aveva a-afferrato e stava per risucchiare anche me..."

L’uomo ansimava mentre la sua voce cominciava a cedere.

“E poi cos’è successo?” lo aiutò il reporter “dov’è andata la creatura?”

“L-la creatura…si è fermata di soprassalto” ansimò l’uomo “mi ha lasciato andare…ha detto qualcosa…che non ho inteso."

“Ha detto?” chiese il giornalista “quindi la Creatura sa parlare…”

Kate trasalì. Una creatura, chissà che creatura poteva essere.

“Parlava, sì, molto bene. Come noi. Ha detto qualcosa tipo finalmente li ho trovati.”

L’uomo si fermò e prese fiato. Il giornalista gli passò dell’acqua.

“E poi…mi ha lasciato andare ed è volata fuori dalla finestra”.

 Ormai tutti i telegiornali ne parlavano.

Una creatura assassina che entrava negli edifici volando e beveva la gente.

Come?

Kate non riusciva a concepire una cosa del genere, come tutti del resto.

Alla tele dicevano di stare tranquilli perché erano passate alcune ore dall’attacco al centro e nessun’altra città era stata coinvolta.

Che senso aveva tutto questo? Cosa diavolo era la Creatura?

Anche alla tele la chiamavano così; Kate credeva che fossero uno o più serial killer, ma a quanto pare il solo che aveva potuto testimoniare non aveva descritto il suo aspetto, si era limitato a dire che sapeva volare e che probabilmente non era umana.

Gli alieni? Si, certo.

Kate non ci aveva mai creduto, specialmente ora. Non credeva nemmeno alla storia della Creatura.

Adesso i poliziotti osavano anche dirle che magari Lapis e Lazuli si erano volatilizzati per colpa di quella cosa.

Cervelli di gallina, tre anni prima questo essere, questa cosa, non era ancora comparsa.

“Siete tutti pazzi, giocate tutti a guardia e ladri, a fare gli agnelli predati dal lupo” diceva Kate con amarezza, ogni volta che, addolorata, spegneva la tele.

  

 

Non si era mai divertito cosi’ tanto. Quel Piccolo era un vero portento, non solo aveva iniziato lo scontro con un apparente vantaggio, sferrandogli potenti colpi con grande velocita’ fino a farlo barcollare. Gli aveva mostrato un arsenale fantasioso di colpi energetici degni del suo essere un guerriero esperto che probabilmente masticava arti marziali da prima che lui nascesse come umano.

Si erano divertiti e sfogati in un vero scontro corpo a corpo, pugni, calci, wrestling, uno spasso con la S maiuscola.

Se le suonavano forte ma nessuno dei due riusciva ad avere la meglio, perché quando sembrava che stesse per succedere il rispettivo avversario tirava sempre fuori un asso dalla manica.

Ci avevano dato talmente dentro che il namecciano, tentando inutilmente di bombardarlo con il suo hellzone grenade, aveva finito per distruggere l’isolotto.

“Smettila di giocare, Diciassette! Ancora un po’ e devo venire io a finirla.”

Diciotto si era stancata di guardare suo fratello che giocava con il nemico come il gatto fa col topo.

“Non ci penso nemmeno! Non mi sono mai divertito tanto da quando mi sono svegliato, quindi non rompere e lasciami stare!” le aveva urlato lui di rimando.

“Gli uccellini” mormorò Sedici sottovoce “se ne sono andati, per colpa di tutto il caos che hanno fatto…”

Piccolo e Diciassette erano atterrati su un nuovo lembo di terra, praticamente pari; Piccolo era migliorato moltissimo dall’ultimo scontro e ora riusciva a tenergli testa. Ma la vittoria era un’altra cosa, pensava orgoglioso il cyborg.

Il namecciano era un grande antipatico, non aveva ancora intenzione di parlare.

Continuarono a menarsi a non finire, per il gusto di farlo.

Ma mentre aveva iniziato quello scontro con l’intenzione di far fuori Piccolo, ora il cyborg sentiva nascere in se’ una specie di rispetto per quell’avversario cosi’ degno.

Diciassette era impressionato dal fatto che quel tizio gli stesse dando cosi’ tanto filo da torcere anche se sapeva che, mentre la sua energia era infinita, quella del nemico sarebbe presto o tardi scemata. Piccolo infatti era già stanco e respirava a grandi sorsi, ma all’improvviso quasi soffoco’ dallo sgomento e rimase con la bocca semiaperta e gli occhi sbarrati, fissi a guardare qualcosa alla sua destra.

“Cosa c’e’, Piccolo?”

Incuriosito, anche il ragazzo guardò in quella direzione e quello che vide gli causò un piccolo sussulto.

In cima a una rupe era apparsa una sagoma: un’alta figura sottile e dalle proporzioni poco umane che si stagliava scura sul sole pomeridiano.

Era lui.

Il cuore del namecciano si raggelò.

 

Era da giorni che stavano succedendo delle stragi nelle città: a partire dal nord, le persone scomparivano senza lasciare traccia. E succedeva tutti i giorni, più città al giorno.

La popolazione del Paese aveva subito un tragico salasso e Piccolo e i suoi compagni avevano indagato.

Avevano scoperto la Creatura: un essere malvagio dalla lunga coda acuminata, che si nutriva della forza vitale –e con essa del loro intero essere-  delle persone per riuscire ad aumentare la sua.

Aveva rivelato che in verità saziarsi della gente non gli interessava un gran che. Aveva fatto il nome delle prede che voleva disperatamente.

Voleva Diciassette e Diciotto.

 

Ora eccolo, li aveva trovati. Il nemico sapeva tutto, ma di certo i due gemelli non lo conoscevano.

“Chi…ma che roba è quello lì?!” Diciassette lo osservava, sicuro di non averlo mai visto in vita sua “Diamine, una cosa così brutta me la sarei ricordata.”

Sentendo le sue parole, anche Piccolo trasali’: com’era possibile? N. 17 non sapeva niente, ne’ della Creatura ne’ del tragico destino che lo attendeva.

Sedici scrutava il mostro con sguardo accigliato. Anche Diciotto lo guardò e si sentì spaventata: fin da bambina le erano sempre piaciute le storie dell’orrore, di mostri, di fantasmi…ma guardando quell’essere si sentiva la pelle d’oca, perché nessuno dei mostri o delle storie di cui aveva letto o sentito parlare erano così spaventosi.

La realtà in quel caso, era proprio vero, superava la fantasia.

Avesse qualcuno inventato la storia più paurosa del mondo, bene, mai e poi mai avrebbe potuto anche solo eguagliare la sensazione di angoscioso panico che effondeva dalla creatura che le stava davanti in quel momento.

Dal canto suo anche la Creatura osservava, pregustando il suo banchetto.

Disse il suo nome, Cell; chiamo’ i cyborg fratello e sorella; resto’ interdetto di fronte al gigante dal ciuffo rosso, non lo riconosceva.

“Non so cosa diavolo tu sia, ma fammi il favore, sei arrivato sul più bello: vattene, non vedi che sono occupato? Stavo combattendo io con lui” intimò lo sprovveduto Diciassette con tono canzonatorio.

Aveva provato una specie di nodo alla gola alla vista di quel coso, ma non l’avrebbe mai dato a vedere.

Il nemico in questione si risentì per quello che stava per fare, ma non ebbe scelta: “N. 17, sta’ attento! Cell ha intenzione di farti diventare parte di lui: se resti, ti assorbirà e tu morirai. Scappa!”

Diciassette volle rispondere a tono, ma non ci riuscì; pote’ appena vedere una specie di dardo aguzzo che serpeggiava verso di lui.

Era la coda del mostro, la coda più terribile che avesse mai visto. Una specie di lungo siluro acuminato.

Guizzava di qua e di là sempre tentando di trafiggerlo, ma lui era più veloce, riusciva sempre a scansarla.

No! Aveva sbagliato qualcosa…perché adesso era a terra, col mostro che lo inchiodava al suolo puntandogli la coda addosso?

Un soccorso inaspettato –e non richiesto- gli venne proprio dal namecciano, quello che fino a poco prima era intenzionato a fare fuori.

Piccolo calciò via il mostro e restò al fianco di Diciassette.

Com’era arrabbiato! Doppia umiliazione: non solo si era fatto colpire da quel coso, ma aveva anche dovuto sopportare che il suo nemico personale lo salvasse, come fosse una damigella in pericolo!

Che schifo, pensò dentro di sé. Che schifo assurdo.

Quando il mostro concentro’ il suo potere e si ricoprì di una luce che guizzava come fiamme, ai cyborg parve di distinguere delle forme fra di esse. Teschi dalla bocca spalancata, fantasmi, anime. Le anime di tutte le sue vittime.

Piccolo tento’ ancora di dare a Diciassette la possibilita’ di correre ai ripari, portando Diciotto.

“Ma cosa succede? Perche’ Piccolo e Diciassette non stanno facendo niente, sono stanchi?”

La ragazza era consapevole dello sguardo perso con cui si rivolse all’androide, che non aveva mai smesso di tenere d’occhio il campo di battaglia.

“No. Cell e’ troppo forte per loro. Non ce la fanno.”

Lasciando che lo sgomento non irrompesse al di la’ dei confini del suo volto, Diciotto torno’ a sedersi, confusa, non sapendo se credere o meno alle parole assurde che il saggio Sedici aveva appena pronunciato.

La Creatura era così forte che in breve ruppe la strenua difesa che Piccolo aveva tentato di opporgli: il valoroso guerriero che Diciassette voleva tanto sconfiggere era finito buttato in mare con un orrido squarcio nel petto, dopo che l’enorme Cell l’aveva sollevato come una bambola di pezza e gli aveva trapassato il torace con un’ondata di ki.

Ora non c’era più niente tra Cell e la sua preda: erano uno davanti all’altra.

Il ragazzo non riusciva a imporsi di stare calmo e calcolare la situazione e d’altra parte la Creatura non gliene diede il tempo: iniziò a martellarlo di colpi a una velocità assurda, voleva fiaccarlo per poi impadronirsene, gli aveva ripetuto le parole di Piccolo non appena Diciassette aveva iniziato a difendersi.

Disse loro che loro tre erano come pezzi di un puzzle, erano destinati a diventare una cosa sola.

I gemelli erano rimasti senza parole: ce l’avevano tutti con loro?

Prima il dottor Gero, che li aveva rapiti e trasformati.

Adesso questo mostro di merda, che intendeva incorporarli, aggiungerli a se’ per aumentare esponenzialmente il proprio potere, raggiungere la sua forma perfetta e realizzare il sogno di megalomania del dottore. Una volta che i due cyborg fossero diventati parte di lui, Cell avrebbe dominato il mondo.

Perche’ tutti volevano dominare il mondo e ammazzarsi fra di loro?

I due gemelli non volevano crederci.

“Non deve finire così, io voglio vivere a lungo!” Diciassette urlo’ quelle parole dettate spontaneamente dal suo cuore, cosi’ umano all’improvviso, mentre si fiondava contro la Creatura.

Quando finì di nuovo a terra il dolore era sconvolgente. Il ragazzo non riusciva manco a ragionare, sentiva solamente il sapore della sconfitta. 

E’ questo che si prova? E’ così che si sono sentiti quelli, quando siamo stati noi a infliggergli la disfatta? Fa così male?”

Cerco’ di puntare i gomiti a terra. Volle solo tossire, invece sputo’ sangue fresco.

Nel frattempo, giusto al lato del campo di battaglia, Diciotto strinse i pugni e abbasso’ lo sguardo. Anche se non se lo ricordava piu’, lei odiava vedere suo fratello ferito. La disturbava, la rattristava, la faceva arrabbiare. E a giudicare dallo stato in cui era ora, quel mostro doveva avergli fatto male. Davvero molto male.

Era la prima volta in cui la cyborg si accorgeva che il suo gemello, tanto sovrumano quanto lei, stava patendo dolore fisico.

Eppure non riusci’ a muoversi. Sedici, invece, si alzo’:

“Cosa vuoi fare, Sedici! Non andare, resterai ucciso anche tu!”

L’androide sorrise, forse toccato dalle parole della giovane cyborg:

“No, Diciotto. Devo fare la mia parte. Voi due siete bravi ragazzi, durante il nostro tempo insieme non avete arrecato danno inutile a persone o animali, avete rispettato questo pianeta. Ho apprezzato molto questo viaggio con voi.”

Diciotto lo guardo’ allontanarsi, sapendo che non avrebbe potuto fermarlo.

Cell incombeva sul ragazzo disteso a terra con il respiro corto: gliel’aveva detto di non lottare, se non fosse stato cosi’ testardo lui non avrebbe nemmeno dovuto torturarlo.

Vedendo il sangue che aveva perso e sentendosi umiliato, per la prima volta Diciassette si mise in empatia con i suoi nemici; se avesse potuto si sarebbe messo a ridere di nervosismo: mezzo uomo, mezzo macchina, era molto più umano di quanto avesse potuto e voluto credere.

Proprio lui, che nei momenti in cui la programmazione del dottore lo induceva a pensare che gli umani fossero una razza inferiore, aveva pensato che forse lo erano.

Si sentiva impotente e inerme, davanti ai suoi nemici e anche ai suoi alleati.

Sedici e Diciotto, perché non gli venivano in soccorso? Eppure avevano visto tutto.

Anzi, no, Sedici che non aveva fatto altro che dirgli di ritirarsi! Ma perché ascoltarlo, dopotutto il suo power radar era rotto…

Beati voi, vi invidio per essere così distaccati. Siete delle vere macchine, lo schifoso sarebbe fiero di voi.”

Cell interruppe bruscamente il flusso dei suoi pensieri, afferrandolo per la collottola e tenendolo sollevato da terra, mentre lui scalciava e si scrollava; non voleva guardare quella fisionomia mostruosa, il solo pensiero di finire divorato da quella cosa orribile gli rivoltava lo stomaco.

Il mostro non sopportava che si dimenasse e lo punì con un colpo alla schiena che gli tolse il fiato.

Quello che accadde in seguito fu come un film per lui.

La coda del mostro si apri’ a imbuto e Diciassette vide un buco sopra la sua testa, un buco nero e appena dopo un orrido budello palpitante; lui stesso che lottava con tutte le sue forze; Sedici che veniva a difenderlo; Sedici che combatteva contro il mostro.

Sedici che sfoderava una potenza inaudita, che proiettava raggi laser dai suoi occhi in faccia a Cell, che lo smembrava strappandogli quella coda. Diciassette degluti’ saliva e si senti’ spaventato ancora una volta nel vedere la coda ricrescere sulla schiena del mostro, mentre uno strano liquido schizzava intorno e scioglieva le pietre e il suolo su cui era stato proiettato.

Dopo un altro scontro Sedici getto’ la Creatura nelle viscere della terra, cosi’ a fondo che nessuno riusci’ piu’ a vederla. Carico’ un’onda titanica di energia e la diresse in quell’apertura nel terreno.

Da lontano, anche altri erano arrivati a guardare. Tien osservava senza fiato l’androide che era intervenuto a proteggere il cyborg e che ora come ora sembrava possedere una potenza immane.

Ora Sedici gli urlava di nuovo di scappare, incerto sull’esito del suo colpo. Ma la Creatura sembrava essere scomparsae e Diciassette, furioso e nuovamente pronto a combattere, inizio’ a chiamarla: doveva pagarla per l’umiliazione che gli aveva inflitto.

Si sfrego’ quella che doveva essere una botta sulla fronte e sputo’ altra saliva:

“Dove sei finito, scarafaggio ipertrofico, mostro? Guarda che sono qui, ti sto aspettando!”

E poi Diciassette udi’ una voce, lontana, una voce che chiamava il suo nome, la voce di Tien, uno dei nemici: “DICIASSETTE, DIETRO DI TE!”

E poi tutto quello che vide fu il nero; la luce del sole se n’era andata e intorno a se’ il ragazzo pote’ solo sentire il nero, il caldo, un senso di soffocamento. Un’angoscia mai provata gli mozzo’ il respiro e senti’ delle spire avvolgerlo fino a farlo gridare dal dolore:

"NO! Lasciami andare! Non puoi fare questo, io non voglio finire li’ dentro! Non sono pronto!"

Non seppe cosa lo spinse a gridare a squarciagola, anche se sapeva che era inutile; quando l’oblio lo avvolse totalmente, Diciassette capì che per lui era tutto finito.

 

 

 

In un altro angolo di mondo, Kate dormiva un sonno agitato. Nel suo incubo vedeva Lapis e Lazuli diciottenni, come erano stati all’epoca della scomparsa, che camminavano in un corridoio scuro, mentre un’ombra ancora piu’ scura si erigeva fluttuando dietro di loro, con occhi di brace e artigli che scrisciavano sui corpi dei suoi figli e li stringevano, spezzando le loro membra, facendoli gemere.

No, stai lontano dai miei bambini. Non vedi che sono spaventati?”

L’ombra si espandeva, ignorando le sue suppliche.

Kate si sveglio’ di soprassalto con le lacrime agli occhi, coperta di sudore freddo. Stette per un attimo seduta fra le lenzuola, finche’ non senti’ un dolore lancinante trapassarle il ventre e la schiena. Kate urlo’ e si getto’ sul letto mentre quel dolore le lacerava le viscere, come quando loro erano nati e lei aveva avuto le doglie.

Si senti’ senza fiato e le sembro’ di morire.

Mormoro’ i nomi dei suoi amatissimi figli, mentre singhiozzava, sola, nella sua casa vuota.

 

 

I presenti che assistettero alla scena e che videro il mostro emanare luce ed energia mentre si trasformava, non poterono fare a meno di sentirsi turbati.

“Il ragazzo! Il ragazzo!” aveva gridato qualcuno.

Il cyborg maschio era sparito, urlando in un modo cosi’ disperato che poteva voler dire solamente che aveva provato il terrore più assoluto. Davanti a uno spettacolo come quello, inconsapevolmente tutto il gruppo si sentì quasi unito, la cyborg, l’androide, gli umani, il namecciano. Senza che se ne accorgessero la linea fra bene e male, fra amici e nemici si era assottigliata e restarono per un momento a guardarsi, in una sorta di stupore.

Ma nessuno avrebbe mai potuto capire come lei si sentiva.

Sapeva solo che tutto quello che avrebbe voluto era lasciarsi sprofondare, ma invece no, doveva lottare per salvare almeno la sua vita.

Si meritava quello che le sarebbe accaduto? Forse.

Chissà cos’avevano pensato Sedici e persino i nemici, quando suo fratello era stato preso.

E Diciassette, chissà cos’aveva pensato lui.

Sicuramente il perché lei, la sua gemella, fosse rimasta a guardare l’intera trafila della sua rovina senza nemmeno muovere un muscolo per soccorrerlo, mentre lui urlava e supplicava la Creatura di lasciarlo vivere.

Sedici ci aveva provato. E anche quando la Creatura aveva tentato immediatamente di prendere anche lei, ancora una volta era sceso sul campo ed era rimasto gravemente ferito.

Lei aveva allora fatto qualcosa che non avrebbe mai immaginato, quel giorno lontano in cui aveva letto di nascosto alcuni appunti del dottor Gero. Guardando con rabbia il volto di Cell, ora illuminato da due agghiancianti occhi azzurri, occhi che aveva rubato a Diciassette, Diciotto si era messa una mano sul cuore e l’aveva sfidato:

“Se ti avvicinerai a me, faro’ esplodere la bomba che ho nel petto.”

Ma Cell sapeva che lei non avrebbe fatto in tempo a farlo; il cyborg che aveva assorbito minuti prima gli aveva dato una velocita’ e forza spaventose, mai provate prima. La ragazza sarebbe stata bella che assorbita prima di fare persino in tempo a esplodere.

E sentirselo dire prese le ultime speranze di Diciotto. Fu sicura di provare qualcosa che gli umani provano, un attacco di panico, quando Cell aveva tentato di convincerla a morire usando la voce di suo fratello.

Per un attimo, il suo cuore aveva smesso di battere e le sue ginocchia avevano tremato.

Allora, prima che Cell potesse avventarsi su di lei Tien era intervenuto, seppellendo il mostro ancora una volta con una raffica di kikoho, fin quando non era caduto a terra, esanime; se non fosse stato per i nemici, lei e Sedici non sarebbero mai riusciti a scappare via e a nascondersi su un’altra isola nell’arcipelago.

Ma lei? Che razza di mostro ignobile era, lei, che era rimasta lì a guardare imbambolata?

La cosa piu’ triste era che Diciotto sapeva che, se fosse stata al suo posto, Diciassette sarebbe stato il suo scudo; lui avrebbe lottato per lei, sarebbe caduto per lei. Ma lei non ci aveva nemmeno provato e l’aveva lasciato morire.

Cos’era diventata?

Probabilmente tutti stavano pensando la stessa cosa, che lei fosse appunto un ingrato e sgradevole personaggio.

Ma lei se ne strafregava, il dolore che aveva realizzato di provare era già abbastanza; seppe con certezza che alla fine non era così poco umana come aveva pensato, il suo cuore era spremuto, spappolato, a pezzi. Non riusciva nemmeno a parlare.

Diciotto non aveva mai sentito nessuno urlare così. E quelle grida rimbombavano nella sua testa come un'eco, con violenza inaudita.

Qualcosa dentro di lei si ruppe. Crollò in ginocchio, a terra, e lanciò un grido che non usci’ mai, mentre Sedici la portava via.

Era suo fratello, e adesso non c’era più.

Sparito. Dissolto. Chissà come.

Chissà se aveva provato dolore? Chissà qual era stato il suo ultimo pensiero?

Non ti vedrò mai più in questa vita. Ma presto verrà a prendermi; è quello che mi spetta per non averti aiutato, per aver infranto la mia promessa. Perdonami, fratello mio."

Diciotto aveva la morte nel cuore, sapeva a cosa stava andando incontro: lei non si era salvata, lei doveva solo morire più tardi.

Sapeva solo che dopo aver visto morire la persona che piu’ amava al mondo avrebbe desiderato non essere mai nata.

Adesso Cell, ancora piu’ enorme, ancora piu’ forte e ancora piu’ affamato era sopra l’arcipelago, cercava lei. E lei ansimava strozzata dall’angoscia, dalla tristezza, dalla paura che la spezzava in due.

“Non devi muoverti assolutamente: sta attaccando tutto quello che si muove sulle isole. Se stai ferma forse ti salverai”.

Diciotto sentiva Sedici senza ascoltarlo, tutto quello che voleva era sciogliersi e disperdersi come neve a primavera. Si strinse discretamente all’unico affetto personale che le era rimasto.

Di li’ a poco sentì un rumore secco poco lontano da lei e quando si girò sorprese il piccoletto, quello che le piaceva.

Fantastico. Che cosa ci fa anche lui qui?”

“Vattene di qui, subito. Se resti, verrai divorata da Cell e allora sarà la fine per tutti”.

Poi rimase zitto, con un’espressione alterata: “E non mi guardare così!”

Diciotto non si sentiva più padrona dei suoi nervi, che senza controllo la facevano muovere a scatti e sussultare. Era totalmente isterica, l’unica cosa che pensava era che non voleva credere di essere arrivata a quel punto: aveva sconfitto il dottor Gero, aveva riavuto la sua libertà. Non voleva morire, mangiata da un mostro poi!

Mentre lei era li’ impietrita ancora una volta, il ragazzo che li aveva attaccati al risveglio ora attaccava il mostro, calciandolo via ogni volta che lui cercava di fiondarsi su di lei.

E Diciotto vide anche Vegeta, che sembrava favorire Cell. La vendetta era un piatto che andava servito freddo, proprio lei ne era stata maestra; quel Vegeta che lei aveva umiliato ora avrebbe potuto vendicarsi di lei, lasciando che Cell la divorasse.

E lo fece.

Ma lei non riuscì più a pensare quando vide la Creatura dirigersi rapidissimamente verso di lei, con un sibilo acuto. Non ci furono parole per descrivere Crilin e Sedici che vennero immediatamente atterrati, né per l’angoscia che le esplose nel petto, per la luce accecante che a un certo punto le tolse ogni visuale.

Capendo che non aveva piu’ niente da perdere, in un impeto di rabbia Diciotto si lanciò contro la Creatura: “Sei un mostro!”

Calci e pugni non servirono a niente.

Non ci furono parole per la tenebra stretta che ad un certo punto l’avvolse come le spire di un serpente. L’ultima cosa che gli occhi di Diciotto, ancora accecati dalla luce, videro in un’agonia disperata era lei.

La donna bella dai lunghi capelli scuri. Il suo sorriso era bello, i suoi occhi ridenti come il resto del viso erano bellissimi. Le tendeva una mano; stringeva due bambini, maschio e femmina.

Due gemelli.

 

 

Pensieri dell’autrice:

 

Questo e’ stato un capitolo duro.

Queste due scene con Cell mi hanno traumatizzata quando ero piccola e mi riempiono tuttora di angoscia.

Condividero’ un aneddoto: da bambina pensavo che Cell nella prima forma avesse assorbito 17 trafiggendolo col pungiglione (e che il fatto che avesse fatto altrimenti con 18 riguardasse la trasformazione), perche’ non avevo visto la scena. La prima volta avevo sei anni e stavo guardando la puntata coi miei cugini piu’ grandi, ma intuendo che marcava male (i cyborg sono sempre stati i miei personaggi preferiti) a un certo punto mi son detta “no Maria, io esco” e me ne sono andata via, non riuscendo a sopportare di vedere la scena (salvo poi vedere mio cugino raggiungermi e gridare “Cell ha risucchiato C17!”. Fantastico, proprio quello che volevo sentire!). La scena con 18 mi aveva traumatizzata per il modo in cui urla :’( 17 sembra quasi infastidito nel doppiaggio italiano e nella versione originale, ma quello che dice qui quando Cell lo assorbe e’ preso dal doppiaggio americano e ho deciso di metterlo perche’ a parer mio era piu’ drammatico (mi ha fatto effetto vedere lui che quasi supplicava in quel modo, in contrasto al suo solito modo di essere).

Amo equalmente i due gemelli, ma in questa circostanza ho quasi odiato 18 per essere rimasta li’, dando 17 per spacciato. Ma sapendo che a lei importa da lui (una delle cose belle di Super, ci mostra di piu’ il loro legame) ho cercato di mettermi nei suoi panni e ho pensato che fosse perche’ era letteralmente impietrita. In questo caso, non posso giudicarla male. Se dovessi vedere una scena come quella svolgersi davanti ai miei occhi, anche la mia reazione sarebbe quella, probabilmente.

Cosa ne pensate?

 

Ps: I versi citati sono di “Last Breath” degli Ensiferum, la mia band preferita.

 

 

   
 
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