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Autore: santhy    27/03/2020    0 recensioni
Due genitori squattrinati, innamorati e litigiosi. Tre simpaticissimi figli. E Dilon (Walter) Ayres, una specie di fratello maggiore che vive con loro, appartato e pur partecipe con la sua eccezionale sensibilità. Piove dal cielo una grossa eredità. La famiglia rischia di essere del tutto scombinata. Dilon riporta serenità e risolve l'intricata vicenda d'amore del giovanissimo Dave. Romanzo brillante, romanticissimo.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 16


 
La fine della settimana non arrivava mai.

«Walter è stato fortunato col tempo.» Osservò Mrs. Dickinson venerdì sera a cena. «Da quando è partito ha fatto piuttosto caldo.»

«Il caldo porta la nebbia», fece il marito.

«Non sempre», obiettò Dave, allarmato. «Da quando io sono tornato a casa non abbiamo avuto nebbia.»

Prima di andare a letto, però, guardò fuori nel buio, e gli sembrò di vedere una  leggera foschia che velava i lampioni… Ma no, doveva essere la sua immaginazione. Non riusciva a dormire, e a mezzanotte andò di nuovo alla finestra, scostò le tende per vedere meglio: effettivamente al di sopra del parco c’era un po’ di nebbia. “Sarà il lago”, pensò. “Sul lago si forma speso la nebbia.” Ma poi si fece forza, Dilon stava per arrivare, sarebbe andato tutto bene. Si ributtò a letto, e pensava al suo Dilon. Chissa come sarebbe stato nudo. Si bellissimo con quel menbro duro e grosso. Si abbassò le mutande, era eccitato. Cominciò a toccarsi e alla fine venne copiosamente nella sua mano.  

L’Indomani mattina c’era un sole meraviglioso.

«Non dovevi vedere Dedal, stamattina?», gli chiese Leo dopo colaziome. «Quasi quasi me ne dimenticavo», soggiunse ipocritamente.

«Già è vero», sospirò Dave. «Vieni con me?»

Leo scoppiò a ridere. »Vuoi scherzare? Non mi piace reggere il moccolo, mio caro. Non preoccuparti per me, mi divertirò lo stesso. E poi accontentalo, lo vedi che lo vuole fare? Sta scoppiando.»

Alle undici e mezzo Dave andò via in macchina da solo.

«Divertiti, e sai cosa devi fare», gridò Leo, con una punta di malignità nella voce.

Era traffico, per la strada, e arrivò con dieci minuti di ritardo nel ristotante dove l’asperttava Dedal. Ma lui era di buon umore e non protestò.

«Dobbiamo festeggiare». Gli disse.

«Che cosa?»

«Il nostro matrimonio. Forse è una festa un po’ fuori luogo, ma non importa, e in ogni caso ho bisogno di ringiovanirmi prima di affrontare le ire del leone.»

«Non vorrai parlare a mio padre! Mi avevi promesso…»

«Sono stufo di continuare a rimandare», tagliò corto Dedal. «Tu sei il mio compagno, e non voglio più tenerlo nascosto. Se ti vergogni di me…

«Lo sai che non è per questo, è soltanto…»

«Non intendo stare in casa tua e recitare una parte.» Lo scrutò sospettoso.

«Eppure prima volevi farlo sapere a tutti, non ti capisco Dave, dici di amarmi e… non lo abbiamo ancora fatto, niente sesso neppure una masturbazione, e… siamo sposati…»

Per Dave quello fu un momento terribile, era pallido e non diceva niente, ma finalmente si rendeva conto di essere stato sconfitto. Dedal aveva rivelato un nuovo aspetto del suo carattere che gli faceva paura. Non era più il ragazzo che lui aveva creduto di amare sotto il cielo azzurro della Francia, era come quando al circo il direttore, sorridente, fa improvvisamente schioccare la frusta. E poi il sesso, no  a lui piaceva farlo solo con chi amava, non avrebbe mai preso in mano il suo membro, gli faveva schifo solo a pensarlo.

Fissava Dedal con sguardo gelido mentre continuava a dettar legge con prepotenza. Sapeva di avere in mano la carta vincente e stava per giocarla.
Dave non aveva quasi toccato cibo, non vedeva l’ora di finire quel terribile pranzo e di essere di nuovo libero… ma già, non poteva più essere libero, ormai. Apparteneva a quest’uomo che ora stava quasi per odiare. Nessun poteva aiutarlo.

Mentre uscivano dal ristorante inciampò nel gradino e Dedal lo prese per il braccio, «Non sta bene  barcollare quando si esce da un ristorante di lusso», osservò scherzosamente.

Dave liberò il braccio con uno strattone.«Come osi parlarmi in questo tono?»
Dedal lo guardò con gli occhi sbarrati e poi scoppiò a ridere. «Abbiamo i nervi, eh? Beh, ci penserò io a curarti, ti hanno viziato, tesoro mio.»

Mentre camminava al suo fianco meccanicamente per raggiungere il garage dove avevano lasciato la macchina, Dave ebbe l’impulso di fuggire in un posto qualsiasi, ma era assurdo illudersi di ritrovare così la libertà.

Mentre salivano in macchina Dedal disse con calma, chiudendo la portiera: «Spero che ti renderai conto, mio caro, che è l’ora di finirla con queste sciocchezze. Finora ho fatto come hai voluto tu, ma oggi intendo parlare a tuo padre. Certo non mi aspetto di essere accolto a braccia aperte, la settimana scorsa ho capito che aria tira… ma tu sei il suo figlio piccolo e immagino che sarai capace di manovrarlo.

«Manovrarlo?»

«Per i soldi, no? Non fare tanto l’ingenuo, io non ho una sterlina, e il vecchio può permettersi di darci abbastanza denaro per vivere. Non mi hai detto che ha ereditato un barca di soldi?

«Dedal!»

Lui aveva l’area di vergognarsi un po’. «Beh, non ho mai fatto finta di essere milionario, e non ti avrei certo sposato se non avessi pensato che potevamo avere del denaro… »

Dave lo guardò agghiacciato. Si ricordò all’improvviso di una notte stellaata sulla Costa Azzurra, quando lui aveva perso la testa perché quest’uomo diceva di amarlo e di non poter vivere senza di lui…

«Allora… non mi hai mai amato», disse con uno sforzo.

«Certo che ti amavo,» rispose lui con non curanza, ma la sua voce tradiva una certa emozione.«E ti amo ancora, ma non possiamo vivere d’aria, sai, quando si è poveri…»

Cercò di prendergli la mano, ma Dave l’allontanò subito, sgomento. «Mio padre non non ci perdonerà mai. Hai sentito cosa ha detto l’altra sera, e non scherzava.»

Dedal scoppiò a ridere. «Sciocchezze! Voleva solo fare lo spaccone. Ne ho conosciuti di tipi come lui… Comunque, se pianta una grana, puoi sempre convincere il tuo amico Muso nero a metterci una buona parola. Io sono abbastanza psicologo, quel tipo ha una faccia impenetrabile, ma deve avere una volontà piuttosto forte… e poi ti vuole bene.»

«Oh, come puoi.»

«Che c’è?», fece lui. Era sinceramente sorpreso.

«Possibile che tu non abbia neanche un briciolo di orgoglio o di pudore?»

«Orgoglio? Ho superato tutto questo. Sono stato piuttosto scarognato, ed è ora che la fortuna cambi. E non sto pensando solo a me, ma anche a te. Non possiamo vivere solo d’amore, e tu, se vuoi, sai come prendere tuo padre. Dopotutto, perché non dovrebbe aiutarci? Ti sembra giusto che un solo uomo abbia in mano tutti i soldi?»

Dave restò immobile, con le mani abbandonate in grembo, e dopo un po’ Dedal disse in tono più gentile: «Beh, non possiamo restare qui accampati tutto il giorno… Vuoi che guidi io?»

«No, grazie.»

Con una manovra piuttosto sbagliata portò la macchina fuori del garage, e poco dopo Dedal soggiunse, quasi per scusarsi: «Non ti tratterrò male, Dave, eravamo abbastanza felici quando ci siamo conosciuti, no?»

«Trovi?» Ora gli sembrava di non avere mai vissuto in realtà quei pochi, pazzi giorni, era come se appartenessero a un altro mondo, a un'altra vita. Sospirò profondamente. Quell’uomo non valeva niente, ormai se n’era reso conto, e a un tratto provò pietà per lui.

«Non siamo ancora stati in luna di miele,» fece lui con voce carezzevole.
«No,» rispose Dave con calma. “E non ci andremo mai… mai” pensò.”

Appena arrivarono a casa, Leo gli corse incontro. «Finalmente! Vi siete divertiti?» Poi gli prese la mano. «Dov’è l’anello?»

Ce ne siamo dimenticati.

«Dimenticati! Che cari… E già, chissà quante cose avevate da dirvi…»

Sospirò.«Come vi invidio!»

Dave andò verso il salotto, ignorandolo, ma Leo lo seguì senza smettere un attimo di parlare.

«Tua madre è di sopra, devo dirgli che sei arrivato? Oh Dave, non è emozionante averlo qui? Non dimenticare che devi tutto a me, sono io che te l’ho presentato,no?»

«Già», fece Dave, «devo tutto a te. E sono curioso, scommetto che ci sei andato a letto.»

«Prima che tu lo conoscessi. Me lo ricordo ha un bel menbro, come mi piaceva toccarlo. Lo adoravo. Ma noi facevamo solo sesso. Mi ricordo chiedeva sempre soldi, poverino guadagnava poco.»

«Sì, certo, poverino. Però veste sempre con vestiti buoni, delle miglior marche.»
«C’è un telegramma di Mr. Ayres», continuò Leo. «Arriva stasera, dobbiamo andare a prenderlo, o pensi che sarà troppo tardi?»

«Adesso?» disse Dave. «È troppo tardi ormai.»

   
 
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