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Autore: Rosmary    30/03/2020    8 recensioni
{Missing Moments della long Paradiso perduto | Spoiler Alert se non si è arrivati al Capitolo Tredici della longfic}
Si incastrano vite negli echi di un futuro ancora privo di volto – si incastrano sotto al sole di luglio, nella penombra di un salotto, in una serenità apparente.
“Vuoi dormire ancora?”
“Tu cosa vuoi fare?”
“Potremmo prendere la moto.”
“Mi alzo.”
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Lorcan Scamandro, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
- Questa storia fa parte della serie 'Paradiso perduto'
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Spoiler Alert: il racconto contiene spoiler per chi non ha letto sino al Capitolo Tredici di Paradiso perduto
 


E C H I
 

Luglio 2022

“No, no e ancora no. Dovete ascoltare me!”
“Non abbiamo nessuna intenzione di ascoltare te.”
“Ben detto, non siamo così disperati.”
“Ma certo che siete disperati. Anzi, disperatissimi!”
“Scorpius.”
“Sì, Al, schiantiamolo.”
Basile, in risposta agli istinti bellici dei due amici, solleva le labbra carnose in un sorrisetto schernitore e si stravacca ancora più comodamente sul morbido divano del salotto di casa Potter.
Scorpius e Albus scambiano uno sguardo irritato, e se il primo sbuffa e si allunga a prendere la bottiglia di burrobirra, il secondo ticchetta con le nocche sul bracciolo della poltrona e fissa offeso il giovane rampollo della famiglia Zabini, reo di aver accusato i due amici di non avere la più pallida idea di come conquistare una ragazza.
“Illuminatemi, allora,” riprende provocatore Basile. “Come mai Moira e Rose continuano a ignorarvi?”
“Moira è fidanzata,” si difende subito Albus. “E lo sai.”
“E io non posso provarci con Rose, perché sono ancora fidanzato,” puntualizza a sua volta Scorpius.
Basile inarca le sopracciglia, irritando ancora di più gli altri due.
“La verità è che siete incapaci,” sentenzia. “E ve la fate nei pantaloni.”
“Anche vigliacchi, grazie,” ironizza Scorpius.
“Beh, è la verità. Tu hai paura che uno tra Potter primo e Scamander ti spedisca al San Mungo, Al ha paura che Nott gli infili la Firebolt su per il...”
“Un’altra parola e ti ritrovi tu col culo...”
“È bello avere amici così signorili,” interviene Scorpius, incassando lo sghignazzare degli altri due. “Sul serio,” insiste sarcastico, “siete il vanto della buona società.”
“Deve perdonarci, signorino Malfoy, non era nostra intenzione ledere la sua sensibilità,” celia Albus.
Signorino Malfoy un cazzo,” soggiunge divertito Basile. “Non è così schizzinoso quando si scopa Clarissa nello sgabuzzino.”
Scorpius sogghigna, ma ingoia la battutina premuta sulle labbra quando Lily, un sorriso in viso e i capelli rossi arricciati, sfila in salotto e li saluta allegra.
“Lily, sparisci,” dice subito Albus. “Va’ a rompere le pluffe a James.”
“Non essere così antipatico,” lo rimbrotta Basile.
Ma Lily ignora entrambi e sposta gli occhi castani, identici a quelli della madre, su Scorpius, che avvertendo lo sguardo insistente su di sé accenna un sorriso di cortesia poco convinto, scatenando l’ilarità degli amici.
“Sei ancora fidanzato con la cornacchia?”
Basile scoppia a ridere, persino Albus è costretto a reprimere le risate addentando uno zuccotto, ma Scorpius riesce solo a sfoggiare un’espressione tanto simile a un punto interrogativo.
La cornacchia?”
“Clarissa Corner,” conferma Lily. “È così che la chiamiamo. Crede di essere una cronista, in realtà è solo una cornacchia che starnazza.”
“Ma non erano le oche a starnazzare?” ironizza Basile.
“Anche le galline,” si accoda Albus.
Scorpius rifila un’occhiataccia a entrambi, mentre Lily esibisce un sorrisetto pestifero.
“È ancora la mia ragazza, sì,” conferma il ragazzo. “Quindi evita certi soprannomi.”
Lily sbuffa, guarda in cagnesco il fratello che ride di lei e si congeda senza salutare nessuno, come se la risposta di Scorpius l’avesse oltremodo offesa.
“Ma è pazza?” gracchia il portiere Serpeverde.
“No, ha solo una cotta per te,” liquida Albus. “Credo da qualche mese, prima le piaceva Leonard Smith, terrificante.”
“Fantastico! Abbiamo il primo articolo del Gazzettino: tresca estiva tra Lily Potter e Scorpius Malfoy.”
“Rose potrebbe farvi da damigella,” sghignazza Albus.
Prima che Scorpius riesca a esternare tutta la propria contrarietà, il campanello di ingresso cattura l’attenzione dei tre. Albus, conscio che nessuno risponderà al richiamo, si precipita in corridoio per accogliere l’ospite, peccato che non appena apra la porta anziché ciao! gli sfugga una risata.
“Perché ridi?”
Albus, che pur provandoci non riesce ad ammutolire l’ilarità, tramuta l’espressione in un sogghigno e con un cenno del capo invita la cugina a entrare.
“Niente,” minimizza. “Si scherzava.”
Rose esibisce una smorfia di totale disinteresse, che tramuta in perplessità quando Albus le afferra il polso e le impedisce di raggiungere la scala, trascinandola con sé in salotto.
“Guardate chi c’è.”
“Presidentessa!” esclama Basile.
“Ciao, Rose,” saluta Scorpius, cedendo alla tentazione di percorrerla con lo sguardo dalla testa ai piedi. “Arrivi al momento giusto.”
“Dici?” chiede scettica, liberandosi dalla presa del cugino con uno strattone.
“A questo pomeriggio mancava un tocco femminile,” risponde Scorpius. “Ma ora che sei qui è tutto risolto.”
Albus si spiaccica una mano sul viso, mentre Basile mormora incapaci.
“Devo deluderti,” ribatte Rose. “Ho altro da fare.”
“Il tuo altro è in camera sua e dorme,” interviene Albus. “Ha passato la notte in giro con Lorcan.”
“E allora?”
“Allora resta con noi,” dice Scorpius. “Cosa te ne fai di Potter primo addormentato?!”
“E cosa me ne faccio di voi?” chiede impudente Rose.
“Io avrei più di un’idea,” risponde lesto Scorpius. “Un solo pomeriggio con noi e non vorrai più lasciarci andare.”
Basile osserva interessato la scenetta, sembra che l’amico abbia deciso di giocare quasi a carte mezze scoperte, peccato che Rose si limiti ad aggrottare le sopracciglia e a sfilare al piano superiore, abbandonando Scorpius a risate indelicate.
“Io non capisco,” borbotta Scorpius. “Cosa cazzo fa con quello tutto il giorno? Prima o poi dovrà rompersi le palle di quel coglione del cugino.”
Signorino Malfoy, cosa sono queste brutte parole?” serpeggia Albus.
“Non è affatto signorile,” s’accoda Basile. “Che vergogna!”
Scorpius assottiglia lo sguardo offeso, acuendo senza volere l’ilarità altrui. Come poco prima, riprende a sorseggiare la burrobirra, orientando gli occhi sul soffitto, come se sperasse di riuscire a oltrepassare le barriere solide e spiare i due Grifondoro al piano di sopra – detesta Potter primo.
 
Dal canto suo, già dimentica dei tre Serpeverde, Rose si premura di richiudere la porta della stanza di James non appena entra e di avvicinarsi al suo letto attenta a non incappare in rumori molesti. Si siede silenziosa accanto a lui, sorridendo nel vederlo sdraiato a pancia in giù, il viso affondato nel cuscino, i capelli scompigliati, le mani avvinghiate al guanciale, la schiena nuda infastidita da un sottile strato di sudore.
Insinua le dita tra i rovi neri, massaggiandogli la nuca per indurlo a svegliarsi. Amplia il sorriso quando lo sente mugolare di approvazione, osservandolo mentre ruota il volto verso di lei, le palpebre ancora appesantite dal sonno e le labbra incurvate verso l’alto.
“Ciao, Rosie.”
“Ciao, dormiglione.”
James le sorride ancora di più, si volta sul fianco e con un braccio le circonda la vita per avvicinarla a sé.
“Vuoi dormire ancora?”
“Tu cosa vuoi fare?”
“Potremmo prendere la moto.”
“Mi alzo.”
Rose increspa le labbra in un’espressione soddisfatta, e mentre James si tira su dal letto lei rovista nel cassetto del comodino per agguantare le chiavi della vecchia motocicletta di Sirius Black.
“Guido io?”
“L’ultima volta ci siamo quasi schiantati in un albero.”
Quasi,” sottolinea lei. “Sto migliorando!”
James aggrotta la fronte preoccupato, sa che dovrebbe dirle no, ma annuisce come ogni volta, riuscendo solo a sorridere quando la vede illuminarsi contenta.
“Dov’è che siete andati stanotte?”
“In giro,” risponde lui mentre raccatta dei jeans e una maglia dall’armadio. “Qualche locale babbano, abbiamo corso un po’ con la moto, niente di che.”
Rose inarca scettica le sopracciglia.
“Quindi non mi avete abbandonata a casa per vedervi con delle tizie.”
James sogghigna e si volta verso di lei.
“Non ti abbiamo abbandonata a casa, è tuo padre che ci ha cacciati a calci,” precisa. “Appena ha sentito notte e Lorcan nella stessa frase ha dato di matto, c’eri anche tu.”
Rose storce le labbra, conscia che la sera prima suo padre l’abbia controllata a vista nel timore che i due ragazzi – e un figlio di Luna in particolare – si intrufolassero a tradimento nella sua stanza, però le ha dato ugualmente fastidio saperli in giro da soli e immaginare Lorcan incontrare qualcuna con cui intrattenersi.
“Eravamo soli,” continua James. “E Lorcan ha passato metà del tempo a insultare zio Ron.”
“Papà esagera,” si lamenta Rose. “Ed è anche stupido. Se Lorcan fosse il mio ragazzo, potremmo fare qualsiasi cosa a Hogwarts, che senso ha controllarci quando siamo a casa?”
“Lascia perdere, i vecchi hanno le rotelle fuori posto,” sentenzia James. “E non capiscono un cazzo.”
Rose annuisce concorde e lo osserva mentre le si avvicina per rovistare a sua volta nel cassetto, estraendo un libricino che le porge. Sorride prima ancora di aprirlo, informata dall’intestazione che si tratta di una raccolta di poesie babbane.
“Dove l’hai trovato?”
“L’ho visto in una vetrina,” risponde. “Ho pagato,” specifica subito. “Ho lasciato le sterline dov’era il libro.”
“Con te lo Statuto di Segretezza è in una botte di ferro,” ironizza Rose, che però s’allunga a baciargli la guancia. “Grazie.”
James sorride sghembo e le pizzica giocoso la guancia.
“Faccio una doccia e andiamo.”
“Veloce.”
James ridacchia e Rose gli intima di nuovo veloce, per poi acciuffare chiavi e libro e precipitarsi al piano sottostante. Gli schiamazzi dei tre Serpeverde la informano che siano ancora comodamente seduti in salotto a bere e mangiare, e infatti e così che li trova quando s’affaccia sull’uscio, salutata questa volta dal gatto persiano di casa Potter, che le si attorciglia alle gambe per attirarne l’attenzione.
“Ecco un altro pelandrone,” scherza Rose.
“Ma guarda chi è di nuovo tra noi,” esclama Scorpius d’un tratto, accortosi della ragazza. “Potter primo ti ha cacciata?”
Rose gli risponde con un sorrisetto ambiguo e un istante dopo è già seduta accanto a Basile, impegnata a impedire agli artigli del gatto di rovinarle i jeans.
“Sir, non fare così, giù le zampacce!”
“Si è appena svegliato,” dice Albus, sedendosi accanto alla cugina per carezzare il pelo nero e lucido dell’assonnato Sir.
“Parola di Zabini, il tuo gatto ha un nome assurdo, Al.”
“Più che un nome è una specie di singhiozzo: Sir,” ironizza Scorpius, ridendo assieme a Basile dello sguardo contrariato di Rose.
“Io volevo chiamarlo James,” serpeggia divertito Albus. “Ma ai miei l’idea non è piaciuta.”
“Per fortuna, direi,” replica l’amico. “Un altro James Potter, per carità.”
“Insultare James non risolverà i tuoi problemi di autostima,” insinua Rose.
“A quanto pare difenderlo è un lavoro a tempo pieno, spero ti paghi gli straordinari,” ribatte sarcastico Scorpius.
“Di più, credo che le darò un aumento,” interviene James, le mani in tasca e il sorriso sghembo in viso. “Veloce,” aggiunge rivolto a Rose, curvandosi alle sue spalle per scoccarle un bacio sulla guancia e vezzeggiare a sua volta il gatto. “Sei riuscito a fuggire dalle grinfie di Lily, furbone!”
“Ha dormito tutto il giorno come te,” lo informa Albus. “L’ho detto, avrebbe dovuto chiamarsi James.
“E invece si è beccato Sirius,” celia James. “Il prossimo lo chiameremo Sev in tuo onore,” sghignazza, consapevole di quanto il fratello detesti il secondo nome – a suo dire, più vecchio del primo.
Sev mi sembra molto carino,” s’accoda ironico Basile, beccandosi un’occhiataccia dagli amici.
“Simpatici,” replica Albus. “Vuoi aggiungere qualcosa anche tu?” chiede sarcastico a Scorpius.
Ma l’amico accenna un sorriso forzato e scuote il capo, incapace di soffermarsi su qualcosa che non siano la labbra di Potter primo che alternano mormorii e baci sulla guancia di Rose e il suo braccio che le cinge le spalle con la naturalezza con cui lui stringerebbe Clarissa – è un rapporto strano e lui non riesce a capire se con Rose debba preoccuparsi più del cugino o di Lorcan Scamander. Si ridesta solo quando Albus gli allunga il vassoio con i dolci, un pretesto per indirizzargli uno sguardo eloquente e indurlo a non pensare troppo.
“Restate con noi?” chiede allora Scorpius, interrompendo la filippica di Basile sull’aggressività dei gatti – solo perché un gatto, un giorno di un tempo remoto, ha osato graffiargli un dito.
“No,” risponde secco James. “Anzi, Al, di’ a mamma che mangio fuori.”
“Non puoi dirglielo tu? Mi riempirà di domande,” protesta Albus. “E sei già sparito stanotte.”
“È meglio per tutti, fidati,” ribatte il fratello.
Albus, che coglie il riferimento al clima opprimente che regna sovrano a causa del processo, sospira e annuisce, guadagnandosi una pacca sulla spalla da James e un sorriso grato da Rose, che si limita a salutarli con un cenno del capo prima di seguire il più grande oltre i confini della villetta a schiera.
 
Rose si ritrova al posto di comando prima ancora che abbia deciso se gli specchietti della moto siano posizionati nel modo giusto. È James a risolvere il problema per lei, ruotandoli quanto basta affinché possano esserle utili, corre poi a stringerla, una mano sul fianco e l’altra a fasciarle l’addome. Rose si lascia sfiorare volentieri dal suo respiro quando lui avvicina i loro visi e le mordicchia il lobo per indurla a ridere solleticata.
“Non distrarmi.”
“Se non ti distraggo, non c’è sfizio,” ribatte lui divertito. “Dove mi porti?”
“A sbattere contro un muro,” celia. “Ahi!”
“Così impari,” scherza James, mentre lei massaggia la guancia morsa.
Rose curva le labbra in un sorriso sghembo, ma anziché replicare osserva il viale dinanzi a sé, spoglio finanche di passanti in questo pomeriggio estivo. Si premura allora di azionare il turbo invisibile e avviare il motore, ridendo nell’avvertire le mani di James serrare la presa – non può vederlo, ma è sicura che abbia aggrottato la fronte e assunto quell’aria concentrata così tipica in lui quando è impegnato a monitorare una situazione per evitare disastri.
Si sollevano in volo alcuni istanti dopo, le dita di lei strette al volante, gli occhi chiari che indugiano sul tetto del mondo. Qualche gemito spaventato abbandona entrambi nel momento in cui la motocicletta traballa più del dovuto, oscillando pericolosamente verso un solo lato.
“Rosie, l’equilibrio,” dice James. “Così,” aggiunge, allungando una mano sulla sua per aiutarla a raddrizzare la traiettoria.
“Ci sono, ho capito.”
“Guarda dritto, non voltarti.”
“Non mi sono voltata.”
James scuote il capo rassegnato e pur restituendole il controllo pensa bene di poggiare la mano sulla sua gamba, pronta a macinare di nuovo spazio per afferrare il manubrio in caso di pericolo.
“Solleviamoci un altro po’.”
Rose lo accontenta subito, cedendo tuttavia alla tentazione di guardare in basso, gesto che la porta istintivamente a inclinare anche la moto.
“Rosie...”
“Lo so, lo so, scusa.”
“Sei un frana!”
“E tu sei un disastro come motivatore.”
“Come che?!”
“Dovresti incoraggiarmi,” insiste lei. “La prossima volta mi faccio accompagnare da Lorcan.”
“Peccato che la moto sia mia,” la provoca lui. “O con me o con nessuno.”
“Idiota.”
James ridacchia, rilassandosi quando raggiungono un’altezza che li mette al riparo almeno dagli schianti.
“Ma dove stiamo andando?”
“Non lo so,” risponde lei. “Non ricordo le strade.”
“Sei un pasticcio,” scherza lui. “Gira a destra, allora.”
“Perché?”
“Tu gira e basta.”
“Andiamo da Lorcan?”
“Dopo, magari. Adesso ti porto in un altro posto.”
“Che posto?”
“Un posto.”
“Nuovo?”
“Nuovo.”
“Mi piace?”
“Non so neanche se piaccia a me,” risponde lui. “Vai piano.”
“Sto andando pianissimo.”
“Rallenta.”
“Se rallento mi fermo.”
“Non ti faccio guidare più.”
Rose ride divertita e James si stringe ancora di più a lei, sorridendo arreso sulla sua spalla – forse avrebbero dovuto munirsi di casco.
“Siamo ancora vivi, hai visto?”
“Per miracolo,” ironizza lui. “Ecco, è lì, guarda,” aggiunge, additando un punto in basso della Londra babbana.
Rose gli restituisce un cenno d’assenso e aguzza lo sguardo alla ricerca di un vicoletto isolato in cui letteralmente atterrare e annullare l’incanto di disillusione. James, un sorrisetto furbo in viso, si morde le labbra pur di non interferire, curioso di vederla destreggiarsi con l’aspetto più noioso del muoversi tra i babbani con una motocicletta incantata.
“Non c’è nessuno, vero?” mormora lei, quando i pneumatici toccano l’asfalto.
James prima di risponderle scruta una volta ancora l’ambiente – stradina stretta che dà sulla principale, mura alte e nessuna finestra visibile, un cassonetto dei rifiuti, rumori pari a zero a eccezione di quelli provenienti dalla strada su cui affaccia.
“Va bene,” risponde. “Potremmo anche lasciarla qui.”
“Però con un incantesimo respingente.”
James annuisce e si premura di isolare quella piccola porzione di spazio, infila poi la bacchetta in tasca e segue Rose al di fuori del vicolo, prendendole la mano non appena si immergono nel fitto viavai che vivacizza il marciapiede.
“È quella la libreria dove ho trovato il tuo libro,” dice lui, indicandole un negozietto dall’aria accogliente.
“È lì che andiamo?”
“No, è qui,” risponde allegro, arrestando l’incedere in prossimità di una struttura grande e affollata.
Rose osserva incuriosita ogni più piccolo dettaglio dell’esterno di quello che, così dice l’intestazione, è un luna park.
“Credo di aver già sentito questo nome,” dice lei. “Cos’è?”
“Non lo so, ma sembra divertente. L’ho intravisto stanotte, però era chiuso.”
“Avresti potuto entrare lo stesso.”
James sogghigna.
“Lor era quasi sbronzo, ho preferito evitare.”
“Quasi?”
“Quasi,” conferma ridendo. “Dai, scopriamo cos’è.”
Sguardi curiosi, incedere lento, dita che indicano una giostra dopo l’altra, sorrisi stupiti – James e Rose somigliano a due giovani in visita turistica sopraffatti dalla voglia di conoscere luoghi sconosciuti. Trascorrono sessanta minuti come se fossero stati secondi: prima un gioco, poi un altro, e poi un altro ancora – tutti. Persi nel movimento caotico, immersi tra persone di tutte le età con le risate tatuate in viso, sembrano dimenticare tutto – solo per un po’ –, fedeli a una promessa risalente al giorno precedente, quando hanno imposto a loro stessi di sgombrare la mente – solo qualche giorno – e tornare a respirare aria scevra di errori e accuse.
Rose scoppia a ridere quando James, annoiato dall’interminabile fila che illumina la biglietteria, decide che ne ha abbastanza di gettoni e sterline e si arma di bacchetta per aggirare il problema. Così, neanche tre minuti dopo, hanno già occupato delle automobili fittizie, il cui unico scopo è quello di cozzare con le gemelle – “io e Lor dobbiamo metterci in società e aprire un autoscontro per maghi, è fantastico” esclama allegro James non appena decidono di virare verso un’altra giostra: il labirinto di specchi.
Rose avverte una sgradevole sensazione di apnea non appena oltrepassano l’accesso e si ritrovano invischiati nelle trame del gioco. Non esiste possibilità alcuna di perdersi, lo sa bene, ma è ugualmente colta da un disorientamento che la convince a guardarsi attorno con occhi sbarrati, oppressa dai loro stessi riflessi riproposti in ogni dove e dimensione. Istintiva si avvicina a James e intreccia le loro dita, camminando lenta accanto a lui.
“Non ti piace.”
“Non molto,” dice lei. “È opprimente.”
Nel dirlo guarda verso l’alto, incontrando un soffitto che giudica troppo basso – è strano, i luoghi chiusi non le hanno mai creato problemi, ma queste mura fatte di specchi hanno qualcosa di diverso.
“Se vuoi ci smaterializziamo.”
“No, percorriamolo tutto. A te piace.”
“Non m’importa, se non ti piace andiamo via.”
Rose gli sorride, scuote il capo e muove qualche passo in più per spronarlo a proseguire. James, non del tutto convinto, la segue a ruota, spiando la sua espressione attraverso i tanti riflessi. Vicini, gli echi degli altri fruitori della giostra, che tra schiamazzi e risate percorrono il loro stesso tragitto.
“A me piace vederti ovunque,” riprende lui. “È rilassante.”
“Che scemo.”
James ridacchia, chiudendola in un fugace abbraccio prima di scoccarle un bacio sulla tempia.
“Corriamo?” propone. “Il primo che sbuca fuori decide una penitenza per l’altro.”
Rose, intuendo il tentativo di distrarla, porta le labbra all’insù e annuisce.
“Preparati a perdere, Sir!”
James sogghigna e inizia a correre assieme a lei, sbucando fuori dal labirinto un passo dopo Rose, che corre a stringere a sé, facendo cozzare la sua schiena contro il proprio petto. Un po’ in affanno, ridono entrambi – e a lei sembra di respirare di nuovo ora che non è strizzata tra pareti senza uscita apparente.
“Hai perso!”
“Sono nelle tue mani,” ironizza lui. “Qual è la mia penitenza?”
Rose poggia la testa sulla sua spalla e inclina il viso verso l’alto per baciargli il mento.
“Devi cambiare atteggiamento con Lysander,” mormora. “È questa la tua penitenza.”
“Stai scherzando?”
“No,” risponde. “Più lo attacchi, più si ostina.”
“Avrò parlato con lui un paio di volte da quando è successo tutto.”
“Appunto,” incalza lei. “È uno sforzo che puoi fare.”
“Quindi si comporta da coglione per colpa mia?”
“No, però non sei d’aiuto se lo insulti. Forse non l’hai notato, ma è ostinato quanto Lorcan, è uno dei pochi aspetti che hanno in comune.”
James tace per alcuni istanti, serra le palpebre e cerca la guancia di Rose con le labbra.
“Ci proverò,” dice.
Lei gli concede un sorriso luminoso e si districa dalla morsa per afferrargli il polso e condurlo all’ultima giostra del parco.
“Non è la prima volta che la vedo,” riflette osservando la ruota panoramica. “Forse con i nonni, da bambina…”
“A cosa serve?”
“Non so, credo si debba entrare in una di quelle carrozze sospese e poi, beh, si gira?”
James aggrotta le sopracciglia poco convinto, tuttavia la segue e si accomoda in una di quelle piccole carrozze senza ruote. Chiude lo sportello e si premura di guardare un po’ ovunque quando il gioco si aziona e inizia a fagocitare metri in altezza.
“Perché si è bloccata?” chiede James.
Rose si affaccia, ridendo quando lui la stringe istintivo, come se temesse di vederla precipitare giù.
“Si chiama panoramica, no? Si bloccherà per far godere tutti del panorama.”
“E quale?”
“Quello.”
James segue la traiettoria di quegli occhi chiari e lì, in cima alla ruota, riesce a scorgere Londra all’imbrunire, con le sue luci ancora fioche, i palazzi e le macchie umane in movimento – lo sorprende a tradimento il pensiero che, se il cielo fosse già buio, sarebbe quasi romantico essere idealmente in cima al mondo, sospeso nel nulla, con lei accanto.
“Quando sono con te dimentico tutto.”
Rose in risposta gli carezza la nuca, poggiando la testa sulla sua spalla.
“Non so come farei senza di te,” continua James. “Credo di poter fare qualsiasi cosa se sei con me.”
“Anch’io ti voglio bene.”
A lui sfugge un sorriso sghembo, mentre gli occhi blu vagano quieti sul suo volto – a volte è colto da impulsi assurdi, come sfiorarle le labbra con le dita, ma li scaccia in fretta senza neanche sondarli.
“È Lorcan,” dice d’un tratto lei, stringendo tra le mani un galeone fittizio tirato via dalla tasca. “È a casa tua.”
“Fortuna che l’hai portato, ho dimenticato il mio a casa,” considera James.
Senza aggiungere altro, non appena la ruota li riporta in cima stringe il polso di Rose e si smaterializza assieme a lei nel vicoletto dove hanno parcheggiato la motocicletta. Con lui alla guida impiegano un tempo ridotto per far ritorno a Godric’s Hollow – un rapido sguardo informa entrambi che Lorcan non li aspetti in giardino, fatto che costringe James a storcere le labbra al pensiero di dover entrare in casa.
“Papà,” saluta il ragazzo quando Harry, di ritorno dal Ministero, accoglie lui e Rose sull’uscio. “Lorcan è qui?”
“È in salotto con Albus e i suoi amici,” risponde Harry. “Ciao, Rose,” aggiunge sorridente. “Cucino per tutti, allora.”
James vorrebbe rifilargli un secco no, ma il padre li ha accolti con un’espressione così serena e un tono così entusiasta che avverte un irritante disagio all’idea di abbatterne le illusioni. Si ritrova così ad annuire controvoglia, rasserenato solo dall’occhiolino di Rose e dal suo sussurro – “ci sono gli amici di Al, non ti farà il terzo grado”.
“Mamma dov’è?”
“Ha accompagnato Lily da Sally,” risponde Harry. “Sarà di ritorno tra un paio d’ore,” aggiunge ironico, certo che si intratterrà in chiacchiere con la madre dell’amica di Lily.
James si limita a un cenno del capo, seguendo Rose nel salotto mentre il padre si dirige in cucina. Ingoia la domanda premuta sulle labbra non appena scorge la scacchiera sul tavolino basso, Lorcan e Albus ai due lati, Malfoy e Zabini accanto al fratello per supportarlo.
“Al ti ha incastrato in una partita,” esordisce infatti James.
“L’ho praticamente costretto,” dice Albus. “Sei arrivato giusto in tempo per assistere alla sconfitta di Lorcan Scamander,” aggiunge tra il serio e il faceto.
Accanto a lui, Scorpius sogghigna apertamente, ma Basile ha lo sguardo concentrato e la fronte aggrottata.
“Parla meno, Albus,” sogghigna Lorcan. “Dov’eravate?”
“In un posto divertente,” risponde James, sedendosi accanto a Lorcan.
Rose sottolinea il divertente con un pollice all’insù e un gran sorriso, preoccupandosi poi di aggirare il divano per occupare l’altro posto accanto al Corvonero. Silenziosa, lo saluta con un bacio che curva le sue labbra nella solita espressione sbilenca.
“Ti sono mancato?”
“Non molto,” ironizza lei.
Lorcan la guarda divertito, ma è costretto a riportare l’attenzione sulla scacchiera quando Albus annuncia la sua mossa.
“Ne ho già abbastanza,” sbotta James.
“La pazienza non è tra le tue innumerevoli virtù, Potter?” chiede sarcastico Scorpius.
James inarca un sopracciglio e scambia uno sguardo eloquente con Lorcan e Rose, e se il primo sogghigna, la seconda gli indirizza un cenno di diniego.
Scorpius detesta quell’atteggiamento di superiorità di Potter primo – identico a quello di Scamander e, ovviamente, del re –, convinto di essere così in alto da non dover sprecare neanche una risposta.
“Non sono degno di risposta?” insiste infatti il Serpeverde, beccandosi uno sguardo d’ammonimento da Basile e una gomitata da Albus.
“Vuoi la verità?” interviene Lorcan. “No.”
“Non distrarti,” lo ammonisce Albus.
James sbuffa e si abbandona contro lo schienale del divano, ridendo impudente quando Rose porta gli occhi al cielo in segno di noia.
“Lor, dacci un taglio.”
“Come vuoi, dolcezza.”
Prima che Albus possa accigliarsi, Basile ha già storto le labbra.
“Scacco,” dice Lorcan. “Inutile continuare, hai già perso.”
Albus solleva lo sguardo sugli occhi scuri dell’altro, infastidito dal piglio superbo con cui ha messo fine alla partita. Di sbieco, nota James sorridere soddisfatto – e lo stomaco si aggroviglia. Per un rapido istante pensa che non sarebbe così male aprire il discorso processo e ammirare il buio sporcare i loro visi – captare cedimenti in Lorcan che confermino la propria idea sulla sua colpevolezza. Tuttavia, il braccio di Basile che gli circonda giocoso le spalle e lo sbuffo di Scorpius lo riportano alla realtà, suggerendogli che rinunciare a un’allegra serata con gli amici per smascherare il migliore amico del fratello non sia poi una grande idea.
“Non offenderti, Al,” interviene Rose. “C’è un motivo se non sei nel club di scacchi!”
“Non ho mai fatto il provino,” sottolinea lui. “È questo il motivo.”
“Non cambierebbe molto, anche se lo facessi,” considera Lorcan. “Non sei un granché.”
“In compenso è il miglior cercatore della scuola,” dice Scorpius.
“Lo sarà tra un anno,” ribatte istintivo James.
“Il re non è più bravo di Albus,” si intromette Basile. “È solo più fortunato.”
James, colto lo sguardo contrariato di Lorcan, non replica e si stringe nelle spalle.
“Ma cosa importa, in fondo?” chiede retorica Rose. “È solo Quidditch.”
“Ben detto,” concorda Lorcan. “Non capirò mai perché vi ecciti tanto, non è certo una scopata.”
James scoppia a ridere, mentre Rose gli strattona i capelli.
“Sei un maniaco,” celia lei.
“Sono concreto,” ironizza lui.
“Avrei detto squallido,” sentenzia Scorpius.
Avresti, hai detto bene,” replica Rose, “nel caso fossi stato interpellato.”
“Rosie, non essere troppo stronza con Malfoy, è un ospite,” sogghigna James.
“Che mi dici di AllyKatty, Presidentessa?” interviene Basile, deciso a cambiare discorso. “Hai invitato anche lei?”
“Per tua sfortuna, no,” risponde maliziosa. “Ma potresti scriverle.”
“L’ho fatto,” dice lui. “Ma non mi ha risposto, quell’ingrata!”
“Hai scritto alla Macmillan?” chiede stranito Scorpius.
“E cosa le hai scritto?” s’accoda Albus.
“Una cosa molto carina,” risponde allegro. “Le ho scritto: cara AllyKatty, non ci crederai, ma quest’estate è così noiosa che mi mancano persino le tue occhiaie di fine giornata e la tua voce stridula. Ci vediamo prima di settembre?
“Carino,” sentenzia sarcastica Rose. “Credo la rivedrai a settembre, Zabini.”
“Credo anch’io,” sogghigna lui.
E mentre Scorpius e Albus rifilano borbottii a Basile, che solo qualche ora prima si è eletto loro consigliere in ambito di questioni di cuore, Rose poggia il mento sulla spalla di Lorcan per richiamarne l’attenzione.
“Problemi a casa?” mormora.
“Non più del solito,” risponde lui. “Volevo vedervi.”
“Se vuoi ritratto con papà e andiamo via,” interviene James. “Anche perché questi mi hanno già rotto il cazzo,” aggiunge riferendosi agli amici di Albus.
Lorcan sogghigna e gli dà una pacca sulla spalla.
“Due topi di fogna non sono un problema,” ironizza in risposta. “Restiamo.”
Rose increspa le labbra in un sorriso, smorzato in fretta dalla voce dello zio che irrompe per chiamare James – il ragazzo lancia uno sguardo perplesso ai due amici prima di seguire il padre fuori dal salotto. Già pronto a schermarsi da qualche attacco inatteso, si ritrova a schiudere le labbra in un’espressione stupita quando si ritrova faccia a faccia con Louis.
Gli occhi blu di James che si assottigliano istintivi inducono Harry a osservare con interesse professionale i due diciassettenni. Se solo avesse la loro età, potrebbe replicare furbizie messe in campo a Grimmauld Place all’epoca dell’Esercito di Silente per spiare conversazioni, ma è un adulto ed essere un adulto implica un senso di responsabilità tale da impedire il valicare di determinati confini – eppure lo intuisce, lo sente, che molte risposte a quanto sta accadendo siano gelosamente custodite negli occhi assottigliati del figlio e nelle labbra mute del nipote.
Dal canto suo, James non aspetta che il padre rientri in cucina per decidere cosa fare e si dirige senza pronunciare sillaba in giardino, lontano da pareti che rischiano di avere troppe orecchie – uno sguardo di sbieco alla finestra del salotto lo informa che il fratello e i suoi amici hanno ben pensato di sbirciare l’ospite.
“Abbiamo pubblico,” dice atono.
Louis, che sino a quel momento ha assecondato il silenzio altrui, indirizza un’occhiata disinteressata alla finestra prima di darle la schiena.
“Mia madre ha portato dei documenti a zia Hermione,” esordisce. “Ne ho approfittato per un saluto.”
“Perfetto, allora ciao.”
Louis serra la mascella e inclina il viso a lato per scrutare il profilo serio del cugino, immobile accanto a lui per dare a sua volta le spalle agli sguardi indiscreti.
“Dovrei essere io a non parlarti,” riprende l’anglo-francese. “Invece sei tu a fare l’offeso.”
James accenna un sorriso amaro – offeso. Vorrebbe dirgli che dopo aver tentato di uccidere il suo migliore amico e averlo coinvolto in un processo è davvero riduttivo credere che sia semplicemente offeso. È arrabbiato, e spaventato, e disorientato, e non lo sa – troppe, troppe sensazioni a fargli ribollire il sangue.
“Fallo anche tu, se ti fa sentire meglio.”
“Mi fai girare i coglioni quando fai così,” sbotta Louis. “Devo farti notare l’ovvio?”
“Cioè che mi hai addirittura cercato?” chiede retorico.
“Esatto,” conferma. “Non l’avrei fatto per chiunque, e tu lo sai.”
James infila le mani in tasca, respira, guarda verso il cielo e si convince infine a voltarsi verso il cugino, guardarlo in viso, incassare quell’aria ancora malaticcia – dannazione, non sopporta vederlo così. Si sente sempre spaccato a metà quando è con Louis: un lato vorrebbe scaraventare via tutti i malumori e riprendersi il loro rapporto, l’altro seguita a sottolineare che siano ormai troppo diversi e che possegga tutte le ragioni del mondo per ignorarlo – dannazione.
“Come stai?”
Louis sbotta in una risata che di allegro non ha niente – che domanda del cazzo pensa.
“Ti interessa sul serio? Non ti ho visto al mio capezzale.”
“Bella risposta del cazzo,” sentenzia James.
“Degna della tua domanda,” ribatte Louis.
James respira a labbra serrate, rilassandosi nell’istante in cui vede Rose superare l’uscio e raggiungerli in giardino – dietro di lei, fatto che lo induce a contrarre di nuovo i muscoli, Lorcan la segue cupo.
“Ciao, Louis,” esordisce Rose, arrestando l’incedere accanto a James. “Zio vuole sapere se ceni qui.”
Louis, gli occhi chiari che scrutano prima la cugina e poi Lorcan, capisce in fretta che siano giunti in soccorso e stira le labbra in un ghigno impudente.
“Torno a casa,” risponde. “Tranquilla, non abbiamo intenzione di ammazzarci.”
“Grande senso dell’umorismo,” sbotta Rose.
“Lascia perdere,” dice James. “Avviso io papà che va via.”
Louis non ha neanche il tempo di replicare, il cugino s’è già voltato per allontanarsi.
“Puoi andare,” riprende Rose.
“Hai scelto la parte sbagliata,” insinua Louis.
“Ne dubito.”
L’anglo-francese inarca scettico le sopracciglia e si congeda senza elargire saluti, premurandosi solo di scoccare uno sguardo duro al Corvonero. Rose trae un sospiro di sollievo quando lo vede abbandonare il perimetro del giardino, si volta allora verso Lorcan e lo scopre teso e con le dita strette attorno alla bacchetta.
“Lor.”
“Tranquilla.”
Lei gli sfiora l’addome, le dita scivolano verso il lato destro, toccano la cicatrice al di sopra della stoffa della maglia – un gesto che induce Lorcan a rabbrividire, a chiuderla in un abbraccio e ad abbandonare la fronte contro la sua.
“Quel figlio di puttana ha una faccia tosta assurda.”
Rose incrocia gli occhi scuri concorde – Louis ha frantumato tutto, ogni brandello di normalità rubato in quelle ore.
“Hai avuto controllo, sei stato bravo.”
Lorcan si concede un sorriso furbo, serra poi le palpebre quando i polpastrelli di lei oltrepassano la stoffa per sfiorare la pelle arrossata della ferita – vorrebbe ritrarsi, ma la mano destra di Rose lo artiglia pur di trattenerlo.
“Brucia ancora?”
“A volte,” mormora lui. “Ma non toccarla, fa schifo.”
“Me l’hai già detto,” replica. “Ma farà schifo a te, non a me.”
Lorcan ride di una risata gutturale, a metà tra l’imbarazzo e l’eccitazione – si ritrova a baciarle la guancia e a stringerla ancora di più a sé di lì a un istante.
È solo un colpo di tosse che li convince ad allontanarsi, costringendoli a sbarrare gli occhi nell’incrociare lo sguardo indagatore di Harry Potter.
“Zio… Noi...”
“Abbiamo salutato Louis,” interviene Lorcan. “Mangiamo in giardino? Carino.”
Harry li guarda attento e fa cenno a entrambi di unirsi agli altri, già impegnati a prendere posto attorno al tavolo imbandito in giardino.
Rose, rossa in viso al pensiero dell’alibi procurato a Lorcan, china il capo e obbedisce rapida, seguita a ruota dal ragazzo.
“Voi mi direte cosa voleva Louis?” li accoglie Albus.
“Salutare James,” liquida Lorcan.
“Soddisfatto?” interviene James in direzione del fratello.
Albus storce le labbra e scambia uno sguardo sospettoso con Basile. Cerca complicità anche in Scorpius, ma lo trova impegnato a osservare i movimenti di Rose, che sedutasi tra Lorcan e James parla col primo mentre usa il secondo come schienale personale.
“Non capisco,” ripete per l’ennesima volta. “Scopa con entrambi?”
Albus inorridisce, ma Basile reprime a fatica una risata.
“Quei due si sarebbero già ammazzati,” risponde. “Però potresti chiederlo a loro, io e Al scommettiamo su chi ti schianta per primo,” aggiunge sarcastico.
Scorpius gli rifila uno sguardo offeso e lascia cadere il discorso, anche perché a far ritorno è la madre di Albus che anziché salutarli rimbrotta il marito di aver bruciacchiato la cena.
“Dovreste assumere un cuoco,” dice Basile ad Albus. “Non so come farei senza Bernard.”
Gli occhi smeraldini del ragazzo brillano di divertimento a questo consiglio spassionato.
“Non possiamo,” ribatte. “Siamo democratici, credo, o qualcosa del genere.”
“Avrei detto monarchici,” scherza Scorpius.
“Quello è il ramo Weasley,” concede ironico Albus. “Noi siamo Potter.”
“Poi c’è il ramo dispotico,” continua Basile, alludendo a Rose.
Albus curva le labbra in un ghigno, adocchia poi la cugina e il fratello ridere a qualcosa di molto divertente che deve aver detto Lorcan – a ben pensarci, riflette tra sé e sé, non saprebbe dire tra quali mani sia lo scettro, ma una cosa è certa: sono una portata ghiotta per chiunque ambisca a sedere sul trono.
 
 
 
 
 

Note dell’autrice: è un missing moments delirante (tra il rating verde e giallo), scritto senza un reale motivo, guidata dalla voglia di distrarmi. Se siete giunti sin qui, spero vi sia piaciuto (il nuovo capitolo è in fase di stesura).
Un abbraccio.
   
 
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