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Autore: Misaki Starlyght    02/04/2020    2 recensioni
|| M e r t h u r || M o d e r n - F a n t a s y A U || W o l f U n i v e r s ||
Restiamo ancora in tema lupi (ho una fissa per questo meraviglioso animale🐺)
Ideata insieme a Merlin_Colin_Emrys
Merlin è un orfano, cresciuto tra famiglie adottive e orfanotrofi. Non sa nulla della sua famiglia e delle sue origini, e l'unica costante nella sua vita è un vivido sogno che lo tormenta ogni notte. Stesso posto. Stesso ragazzo. Stesse parole: "Io ti troverò!" Non sa nulla di lui, finché una notte il misterioso ragazzo compare a casa sua. Il loro incontro scatenerà qualcosa che Merlin mai avrebbe creduto possibile, scoprendo verità sul suo passato e su sé stesso.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Il suo viso si illuminò di gioia e io mi sentii nuovamente a disagio. -O...ok.- dissi separando le nostre mani. -Come hai intenzione di tornare a…casa?- all’ultima parola un brivido percorse la mia schiena.

Casa…

-A piedi, per i boschi e le campagne.- -Stai scherzando, vero?- -No. Io sono arrivato così da te.- -E di fatti ti ho trovato senza vestiti, sporco dalla testa ai piedi e ferito….per non parlare dell’odore.- -Quale odore?- mi chiese annusandosi. -Puzzi.- gli dissi senza mezzi termini -Io non puzzo!- -Oh sì, invece e tanto anche.- -Se lo dici tu.- Mi risponde come se avessi ferito il suo orgoglio, e guardandogli il braccio fasciato mi ricordai della ferita del giorno prima.
Mi sentii un idiota. Per tutto quel tempo Arthur, che aveva cercato di convincermi a seguirlo, mi ero dimenticato della sua ferita. Ero stato così concentrato su me stesso da ignorare tutto quello che aveva passato. Il viaggio e la ferita al braccio, anche se sembrava non dargli particolari problemi, non dimostrando un briciolo di sofferenza sul volto.

-Ti fa male?- gli chiedo, toccandogli il braccio e un brivido percorre il mio corpo. -No. Noi lupi siamo più resistenti di quello che sembra.- -Chi è stato? Ho sentito degli spari ieri nel parco. Ho creduto fossero dei bracconieri.- -Sono Cacciatori.- mi risponde lui. -Un gruppo ristretto di umani che fin dall’antichità sa della nostra esistenza. Ci danno la caccia per sterminarci. È merito loro se la nostra razza sta rischiando l’estinzione.- mi dice, mentre le sue parole si fanno sempre più dure. -Perché lo fanno?- -Perché l’uomo è un essere malvagio, avido di potere e distruttivo!- si rabbuiò di nuovo a quelle parole e distolse lo sguardo. Forse per non farmi vedere la sua sofferenza. -Non credevo che voi poteste essere…- - Cosa? Delle prede? Tutti possono diventarlo, Merlin. Basta avere la giusta motivazione e i mezzi e chiunque può passare da preda a cacciatore, e viceversa.- Mi sorpresero le sue parole così severe. Io non ero mai stato un predatore in tutta la mia vita.

-Mi dispiace.- gli dissi, non sapendo cos’altro dire. Non ero mai stato bravo a consolare la gente. -Ora non importa.- mi disse, riacquistando di nuovo il suo buon umore. -Ti ho trovato. È questo ciò che conta.- -Si…beh…rimane ancora il problema del viaggio. Se dici che questi cacciatori, sanno che siete dei lupi. Probabilmente ti hanno trovato perché sapevano che avresti viaggiato come tale.- -Quindi che alternativa hai?- -Viaggiare come due comuni umani. Quale cacciatore si aspetterebbe che un lupo prenda la metro o il treno?- -Nessuno. perché non lo facciamo.- mi risponde nervoso. -appunto. È perfetto. Li fregheremo senza che loro se ne accorgano.- -No. Non se ne parla.- -Non dirmi che hai paura?- -Non ho paura è solo che…- -Hai paura.- ora era lui quello a disagio e in difficoltà.

-Beh puoi biasimarmi? Non ho idea di come muovermi nel mondo umano. È già stato difficile riuscire a trovarti. Non comprendo la loro tecnologia, e non voglio farlo. Inoltre è dannosa per noi. Non ho alcuna intenzione di restare nel loro territorio più del necessario.- -Ho capito, non sei un patito della razza umana. Ma non abbiamo molte alternative, se non vogliamo farci scoprire. Inoltre non sarai da solo. Questo è il mio mondo, so come muovermi. Ascolta…io mi sono fidato di te. Ora, prova tu a fidarti di me. Ok?- Mi guardò titubante. Ebbi l’impressione che preferisse cento volte farsi inseguire dai cacciatori, piuttosto che prendere un treno con un mare di persone che si fanno gli affari propri. -Si.- mi conferma alla fine. -Bene. Allora dobbiamo fare un paio di cose.- gli dissi guardando l’orologio da polso. -Abbiamo ancora un po’ di tempo prima che tornino Sheryl e Charles.-

***

-Sembra una macchina della tortura.- mi dice guardando sospettoso la doccia del bagno. -Non lo è fidati. Gli esseri umani la usano tutti giorni per lavarsi e sono sempre sopravvissuti.- -Devo proprio?- -Con la puzza che emani, dubito che passeremmo in osservati.- Mi guardò come se volesse fulminarmi. -E va bene.- disse rassegnato. -Pensa di farlo per la nostra sopravvivenza.- Aprii l’acqua della doccia e aspettai che diventasse calda. -Così dovrebbe andare. Se la senti troppo calda o troppo fredda, basta che giri la manopola. Blu per il freddo e rosso per il caldo. Tutto chiaro fin qui?- -Si.- rispose lui, a metà tra l’imbarazzo e il seccato per il dover imparare come ci si lava in una doccia.

 -Questo invece è il sapone per la pelle e questo è lo sciampo per i capelli.- gli dico indicando i due flaconi. Lui li prese in mano per annusarli. -Hanno un odore strano. Dolciastro e finto.- non lo allettava l’idea di spalmarsi quella roba addosso. -È quello che gli umani usano per lavarsi.- -Ora capisco perché ho fatto così tanta fatica a trovarti. Con questa roba addosso è quasi impossibile percepire il tuo odore originale.- -Mi hai trovato seguendo il mio odore?- gli chiedo perplesso. -Come hai fatto se non ci siamo mai visti?- -Tramite i sogni.- mi risponde lui come se fosse la cosa più ovvia. -Giusto. I sogni….Ok…hem…ti basta spalmarteli sul corpo e poi risciacquare.- Lo guardo di nuovo dalla testa ai piedi. -Magari fallo due volte. Giusto per sicurezza. Questo è l’asciugamano per asciugarti. Quando hai finito chiamami. Gli dico uscendo dal bagno, pregando che non combinasse danni. Forse sarebbe stato meglio restare per controllare ma, l’idea di osservarlo nudo mentre si lavava era davvero troppo.

Mi diressi nella camera dei miei genitori e aprii la parte di armadio di Charles per cercare dei vestiti. Gli avrei dato i miei se avessi potuto, ma ero troppo basso e magro per sperare che qualcosa di mio gli entrasse. Presi un paio di boxer e dei calzini, jeans, una maglietta bianca a maniche corte e una felpa rossa. Per fortuna Charles era un omone di un metro e novanta che aveva sempre fatto palestra.

-Merlin.- mi chiamò Arthur dal bagno e io lo raggiunsi. Entrai e lo vidi mentre si stava annodando l’asciugamano alla vita. I capelli che gli ricadevano bagnati sulla fronte avevano ora un tono leggermente più scuro, gli accentuavano i lineamenti decisi del volto. Mentre dei rivoli d’acqua gli ricadevano lungo il collo e il petto largo e muscoloso. Mi sentii le orecchie andare a fuoco.

Non riuscivo a capire perché Arthur mi facesse quell’effetto. In tutta la mia solitaria vita, non mi ero mai interessato a nessuno. Non che non mi piacessero le ragazze, ma quando passi la tua vita a vivere la giornata, certe cose passano in secondo piano. Con i ragazzi invece, ho avuto qualche breve amicizia molto superficiale ma, non ho mai percepito nessun tipo di attrazione nei loro confronti. Figuriamoci poi, capire se fossero attraenti o meno. Con Arthur invece, più lo guardavo, più pensavo che con i suoi capelli biondo dorato, gli occhi azzurri e imperscrutabili come il cielo, la particolare piega delle sue labbra, insieme al suo fisico statuario, fosse davvero un bel ragazzo. Di una bellezza grezza, selvaggia e per nulla costruita.

-Sono felice che tu ce l’abbia fatta, senza distruggermi il bagno.- gli dico scherzando e subito mi accorgo che non porta più la fasciatura sul braccio ferito. -Oh no. – gli dico preoccupato avvicinandomi a lui -Ti avevo detto di tenerla su per sicurezza. Te l’avrei cambiata dopo.- ma nel prendergli in mano il braccio, mi rendo conto che la ferita è sparita, lasciando solo il segno di una cicatrice dalla forma rotonda, dove prima c’era il foro del proiettile. -Come è possibile?!- gli chiedo esterrefatto –È successo appena ieri!- -Te lo detto. Noi lupi siamo più forti di quello che sembra. Abbiamo un processo di guarigione molto veloce, rispetto agli esseri umani.- mi dice sorridendomi. -Cavolo! Non me lo aspettavo. Davvero utile.- -Sì molto, soprattutto quando sei in difficoltà.- -Aspetta. Quindi quando sei venuto da me ieri notte, la ferita stava già guarendo, giusto?- -In effetti sì.- -Allora perché mi hai permesso di curarti, se non c’è nera bisogno?- -Eri così premuroso nei miei confronti, che non ho saputo dire no. È stato bello.- mi risponde sornione. -Non ci posso credere! Me l’hai fatta sotto al naso un'altra volta.- gli rispondo risentito e lui ride di nuovo sinceramente divertito. -E dai, è stato carino.- -Si beh…spero che tu te la sia goduta questa “carineria” perché è l’ultima che riceverai.- e detto ciò esco dal bagno con le orecchie in fiamme, un po’ per l’agitazione che mi sale standogli vicino. E in parte per il nervoso che mi scatena con le sue uscite irritanti.

“Sei inquietante, oltre che essere davvero irritante, lo sai?”

“Sono certo che conoscendomi meglio cambieresti idea.”

Cambiare idea…certo…nei tuoi sogni forse!

Mi raggiunge in camera e gli do i vestiti di Charles. Che tutto sommato gli stanno bene, e per fortuna anche le Reebok bianche da mettere ai piedi, anche se lui non è molto contento di indossarle. Disse di sentirsele strane ai piedi e io gli risposi di camminarci sopra per qualche minuto per adattarsi e lui fece quella strana cosa che fanno i cani quando gli infili i calzini alle zampe. Iniziò a camminare storto alzando in modo ridicolo le ginocchia. -Beh…intanto che tu fai pratica, io finisco di fare una cosa.-

Mi dirigo in camera mia e prendo il mio borsone da viaggio rattoppato. Ci infilo qualche vestito. Passo in bagno e prendo anche lo spazzolino. Poi mi siedo alla scrivania e prendo un foglio e una penna. Non voglio andarmene senza dire nulla. È il minimo che devo a entrambi, anche se non so bene cosa scrivere senza passare per uno stronzo opportunista. Ma la verità è che solo due frasi mi escono dalla bocca.

Grazie per tutto.
Mi dispiace.
Merlin.

Resto a guardare il foglio, e per qualche secondo mi sento perso. Conscio di stare mandando tutto all’aria per uno sconosciuto uscito dal mondo delle favole. Mi sentii Cappuccetto Rosso in bilico tra il Cacciatore e il Lupo. -Se ne faranno una ragione.- mi dice Arthur, riportandomi alla realtà, appoggiato allo stipite della porta. -Lo so…è solo che…per la prima volta…è…difficile.- -Se può aiutarti. Sappi che tutto sommato, gli sono grato per essersi presi cura di te.- intuisco subito la difficoltà nel pronunciare quelle parole di apprezzamento nei loro confronti e gliene sono grato. -Lo hai fatto.-

Lascio il foglio sul tavolo e prendo lo zaino. Scendiamo le scale, prendo un cappello per me e uno per lui e usciamo di casa. Chiudo la porta e lascio le chiavi sotto lo zerbino. Ci dirigiamo alla banca vicino casa dove svuoto il conto che mi avevano aperto i miei genitori adottivi. Fortunatamente in quattro mesi sono riuscito a mettere da parte un po’ di soldi. In fine ci dirigiamo alla stazione dei pullman. -Dove andiamo?- -A Nord.- Guardo la cartina dei treni e prenoto due biglietti per il treno che si sposta più a Nord di tutti.

Alla fine troviamo una panchina lontana dal resto della gente, in attesa del nostro treno. Sono nervoso e per quanto cerchi di trovare qualcosa con cui distrarmi, non ci riesco. Non voglio pensare a Cheryl e Charles e alla loro reazione nel non trovarmi a casa e al biglietto lasciato sulla scrivania. E anche volendo fare un po’ di sana conversazione con Arthur non ho idea cosa dire o chiedere senza risultare stupido, o di beccarmi un “Non è questo il luogo” o “Saprai tutto a tempo debito” ogni due per tre. Mentre Arthur di fianco a me alterna momenti di quiete dove si guarda in giro e annusa l’aria sospettoso e altri di nervosismo ogni volta che l’altoparlante suona o si ferma un treno. -Tutto bene?- gli chiedo -Sì. È solo…strano.- mi risponde strofinandosi le mani sui jeans. -Senti da che pulpito.- e lui mi lancia un sorriso sghembo capendo la battuta. -Ok. Forse me lo merito.- mi dice guardandomi negli occhi e rilassandosi un poco. È strano averlo così vicino a me. Poi lo vedo spostare la sua mano sinistra, dal pantalone accanto alla mia mano, sulla panchina. Sono quasi certo che voglia toccarla e dentro di me prego che non lo faccia. Ancora una volta non comprendo questo suo desiderio spasmodico di toccarmi.

Fortunatamente per me, il nostro treno arrivò in quel preciso momento salvandomi. Di scatto mi alzo e prendo la borsa. –È il nostro. Saliamo.- gli dico secco e aperte le porte mi fiondo nel vagone cercando due posti in disparte, mentre Arthur mi segue. Trovo un quattro posti vuoti e mi siedo accanto al finestrino, poggiando volutamente la borsa sul sedile accanto al mio. Non sono fisicamente né mentalmente pronto per passare un intero viaggio in treno con lui accanto. Si siede anche lui di fianco al finestrino di fronte a me. Non so se ci sia rimasto male, ma non voglio guardarlo in faccia per controllare.
Mi metto a guardare fuori dal finestrino, un po’ imbarazzato dal silenzio che è calato tra di noi. Sento i suoi occhi puntati su di me, mentre mi scrutano, ma resisto all’impulso di girarmi a guardarlo a mia volta. Ripenso alle ultime ventiquattro ore e il treno parte. Ormai è fatta. Non si torna più in dietro. Ma una cosa non posso negare: che quella casa che ho lasciato, è e resterà per sempre il mio primo e forse ultimo “se”.
  
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