Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia non appartengono a me, bensì a Stan Lee e alla Marvel. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, ma solo per puro divertimento.
EVERYTHING I HOLD DEAR (RESIDES IN THOSE EYES)
#9 – TOGETHER IS A WONDERFUL PLACE TO BE
“Sveglia, gente!” esclamò una voce all’improvviso, interrompendo la quiete della notte.
Steve si mise in allerta immediatamente, balzando in piedi e scandagliando l’ambiente circostante alla ricerca di minacce. Non che sarebbe rimasto dispiaciuto se ve ne fosse stata effettivamente una. Erano settimane che gli Avengers erano stati confinati all’interno della Torre, senza possibilità di uscire, per via di un virus scoppiato in città.
Steve aveva insistito più volte per avventurarsi fuori, certo che il siero lo avesse reso immune a qualunque malattia, ma gli ordini del governo erano stati chiari.
Se qualcuno avesse attaccato New York – per l’ennesima volta – se ne sarebbero occupati le autorità locali.
Ma i giorni passati rinchiusi in casa avevano creato un generale sconforto tra tutti loro. Dopotutto, erano eroi, abituati a stare sul campo di battaglia in prima linea, e fremevano per ritornare in azione.
“Sveglia, sveglia,” ripeté la voce che ora Steve riuscì a identificare come quella di Tony. “Il governo ha dato il via libera, potete uscire. Sono solo le tre del mattino, ma potete andare a fare baldoria o quello che vi pare. Io vado da Starbucks. Sayonara.”
Gli altri non persero tempo; nonostante la spossatezza, furono tutti fuori in meno di dieci minuti, lasciando Steve solo con il vero protagonista dei suoi pensieri.
“E così anche questa è passata,” gli sorrise Thor, avvicinandosi a lui e stropicciandosi gli occhi ancora stanchi.
“Già, cosa farai ora?”
“Devo tornare su Asgard, sono stato lontano anche troppo tempo.”
“Oh.” Steve non fu capace di nascondere il suo disappunto.
Durante il mese di quarantena forzata, lui e Thor si erano riavvicinati, arrivando a passare quasi tutto il tempo insieme, raccontandosi aneddoti del proprio passato o inventandosi nuove storie su quello che avrebbero fatto una volta rimessi in libertà.
Steve sentiva che tra un film visto insieme rannicchiati sul divano e una cena fatta in casa finita in modo disastroso, i due avessero oltrepassato la linea invisibile dell’amicizia. Non aveva grandi esperienze in quel campo, ma era piuttosto sicuro che dormire nello stesso letto abbracciati e seminudi non fosse il passatempo tipio di due amici.
“Mi mancherai,” disse quindi onestamente, cercando di sorridere al semidio.
L’altro lo guardò per un momento, prima di chiedere: “Vuoi venire con me?”
Steve lo guardò sbigottito. “Sul serio?”
“Certo, ti posso presentare mia madre.”
Un lieve rossore – che Steve registrò come quanto più lontano da tutto ciò che caratterizzava Thor potesse esserci – si impossessò delle sue guance, mentre le mani si contorcevano nervose.
“Mi piacerebbe,” mormorò il minore, ponendo fine a quella tensione così fuori-luogo. “Mi piacerebbe davvero molto.”