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Autore: Matteo Cassano    05/04/2020    0 recensioni
Antonino, detto “Nino” e Gaetano, detto “Lupo”, sono due ragazzini che vivono in un caldo e remoto Paesello, dove i giorni sono scanditi dal lento ritmo dell’estate. Lì i bambini hanno solo la loro fantasia come arma, eppure sanno che in quell’angolo di mondo c’è sempre qualcosa che può accadere.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nino scese in strada e subito si accorse di tre rondini che si libravano felicemente nell'aria calda, avrebbe tanto voluto essere una di loro in quel momento, ma si concentrò su quella che era la sua imminente priorità: trovare Lupo.

E subito si mise a correre nella direzione del cimitero, per la strada che aveva visto percorrere da Lupo, lo fece per alcuni metri, ma subito si stancò, già sudato e con la mente madida. Sula sinistra vide una strada comunicante con quella che stava percorrendo ed osservò un balcone gremito di fiori e piante verdi che crescevano ben oltre i limiti rappresentati dalla ringhiera di ferro. Sotto il verdeggiante balcone vide il ragazzino biondo che camminava sconsolato, forse affaticato dal caldo estivo.

Decise di compiere un altro sacrificio fisico e si mise a correre nella sua direzione, gridando il suo vero nome "Gaetano, aspettami".

Il ragazzino non diede segno di averlo sentito, forse non era abituato sentirsi chiamare con il suo vero nome, "Gaetano". Questa volta urlò il nome del ragazzino con un tono di voce molto più forte, tanto che un cane negli edifici di pietra che lo circondavano si mise ad abbaiare sommessamente. 

La testa bionda di Gaetano si voltò verso di lui, per un interminabile momento lo osservò negli occhi e sembrò smarrito, quasi stesse cercando di riconoscere quel ragazzo che lo aveva chiamato con un nome che nessuno usava per riferirsi a lui.

Nino non potè fare a meno di osservare che il suo strano amico aveva gli occhi di due colori diversi: uno era celeste, l'altro castano. In quel momento pensò che quella caratteristica era una perfetta testimone del suo carattere strano.

"Lupo". 

questa volta Nino usò un termine più familiare per Gaetano, "come stai?"

Lupo lo osservò ancora per un attimo, fece una smorfia con la bocca, poi la aprì

 "Nino, ma allora sei vivo". Nino arrossì visibilmente in faccia, la situazione si stava facendo imbarazzante. 

"Sì, solo non voglio uscire con questo gran caldo"

"Ma che t'importa del caldo Nino, sto organizzando una squadra" .Nino sollevò un sopracciglio, poi lo sentì ancora "che ne dici di farne parte?"

Nino non sapeva cosa rispondere, infatti non aveva idea di cosa stesse parlando quel ragazzo, probabilmente era impazzito del tutto, lo guardò diritto negli occhi e fu colpito ancora una volta dalla sua eterocromia. 

"Ma di che stai parlando?" Si limitò a chiedergli.

Lupo abbozzò una forma di sorriso, poi allungò il braccio sinistro e disse, con un tono di voce, che per un attimo mise paura a Nino : "vedrai".

Dopo questa risposta poco soddisfacente si portò il braccio teso verso la testa bionda e se la grattò, infine fece segno di seguirlo. 

Nino si morse il labbro Inferiore, tra tutti i ragazzi del paesello, proprio quello gli doveva capitare? 

Eppure la risposta di Lupo gli aveva messo non poca curiosità , di che squadra stava parlando ? Non aveva mica intenzione di giocare a pallone con quel gran caldo? Meglio starsene a casa col nonno a farsi raccontare le storie di guerra e perché no, anche qualche storia di fantasmi.

No, troppo caldo, avrebbe dovuto dirglielo che non aveva voglia di giocare e poi, forse la madre era già tornata a casa. 

"Senti Lupo, fa troppo caldo, facciamo un'altra volta" Nino lo guardò negli occhi, anzi decise di concentrarsi sull'occhio celeste e sforzandosi di non ridere per quel bizzarro scherzo della natura continuò " tanto l'estate è ancora lunga".

Lupo sembrò si fosse offeso, infatti con fare minaccioso fece un balzo nella direzione di Nino e gli afferrò il magro polso destro, la stretta gli sembrò abbastanza forte, ma non ebbe tempo di accorgersi della forza, perché rimase sorpreso dall'estrema abilità di Lupo, per cui riuscì solo a soffocare un gridolino di paura. 

All'improvviso lo sentì ripetere "Vedrai".

Nino era ancora prigioniero dalla stretta di Lupo quando, sconsolato e un po' impaurito acconsentì "Va bene, vengo, ma facciamo subito, perché fa caldo e mia madre potrebbe essere tornata a casa".

Lupo sembrò non averlo sentito, ma allo stesso tempo lasciò la presa e si mise a correre nella piccola stradina, al limite della quale vi era un altro piccolo balcone ricoperto di vegetazione e splendidi fiori.

Nino scosse la testa, ma decise di seguirlo, così si mise a correre e a cercare di raggiungerlo tra la calda aria estiva.

Nell'esatto momento in cui lo recuperò si mise a dire, ansimando, "ma dov'è che andiamo?" 

Lupo, che nonostante stesse correndo, non sembrava  per niente stanco, rispose "al Quartier Generale".

Non ci fu il tempo che finisse la frase che Nino per poco non finiva tra la frutta e la verdura di Ettore, là dove la mamma comprava sempre le melanzane che piacevano tanto a papà e che il nonno odiava. Mentre cercava di evitare lo schianto intravide la faccia di Ettore, il fruttivendolo, con i suoi lunghi capelli bianchi. 

La corsa di Lupo finì al parco, dove papà lo portava sempre a giocare quando era più piccolo.

Ogni volta che Nino ci passava rimaneva sbigottito, perché era sorprendente il fatto che da bambino si divertisse in quel luogo, privo di qualsiasi attrazione per chi, come lui, era già un ragazzino. Nel parco, che ora era gremito di ragazzini della sua età, non vi era nient'altro che uno scivolo, due altalene, le cui catene che sorreggevano il sedile si erano oramai arrugginite e un rettangolo di legno, nel cui interno in origine doveva esserci della sabbia per i più piccoli, ora invece era colmo di terra sulla quale era nata l'erba, che si era seccata con l'estate rovente di quell'anno.

   
 
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