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Autore: _ Arya _    06/04/2020    3 recensioni
Dublino.
Killian Jones, 28 anni, consulente investigativo e assistente alla scientifica. Dopo un incidente che ha causato danni permanenti alla sua mano, ha dovuto rinunciare alla carriera di agente di polizia.
Emma Swan, 23 anni, da aspirante campionessa olimpionica a genio informatico. A 18 anni ha dovuto rinunciare alla sua carriera di pattinatrice artistica sul ghiaccio, proprio quando il sogno delle olimpiadi era vicino, a causa di un incidente che l'ha costretta su sedia a rotelle.
; Dal capitolo 3:
-Tu non sai niente di me, Jones.
-E tu di me, Swan.
-So che pecchi eccessivamente di modestia, ad esempio.
-La modestia non mi avrebbe fatto arrivare dove sono oggi.
Ci guardammo con intensità. Sapevo di non essere la persona più umile al mondo, ma era stata la vita a rendermi così, e ne andavo fiero. Avevo imparato a smettere di mettermi in discussione ogni volta, diventare forte per fare in modo che quell'incidente, diventasse solo un minuscolo incidente di percorso. Avevo lavorato molto su me stesso e completamente da solo. Perché sapevo di potermela cavare: ne ero uscito vittorioso.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Jefferson/Cappellaio Matto, Killian Jones/Capitan Uncino, Tilly/Alice, Trilli
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Held laughter





EMMA POV

Chiusi il computer con un sospiro, per poi dare un'occhiata fuori dalla finestra.
Era grigio come il mio umore, il che non mi dispiaceva troppo visto che rendeva più sopportabile il rimanere chiusa in casa. Tuttavia sapevo bene che presto le cose sarebbero cambiate, perché la primavera era alle porte... la quinta primavera di fila durante la quale sarei dovuta accontentarmi di uscire coi miei genitori al parco. E stavolta non c'era nemmeno il mio fratellino, che non sarebbe tornato dal college prima dell'estate: avrebbe trascorso le vacanze Pasquali nel Lake District in Inghilterra, insieme ai suoi nuovi amici all'università.
Mi pesava, quella vita, mi pesava ancor più di quanto non riuscissi ad ammettere ad alta voce... cosa che ormai evitavo comunque di fare, visto che faceva sentire i miei in colpa. Ed era ciò che volevo evitare, visto che già si incolpavano per quel maledetto incidente che aveva stravolto le vite di tutta la famiglia.
Quell'incidente per la colpa del quale, a 24 anni ero prigioniera del mio stesso corpo.

5 anni prima.

La famiglia Nolan era in viaggio verso Sligo, dove avrebbe trascorso due settimane di meritate vacanze. Erano riusciti anche a convincere la neodiplomata Emma ad andare con loro, e prendersi una piccola pausa prima di ricominciare con gli allenamenti.
Erano davvero fieri di lei: non solo si era diplomata col massimo dei voti, ma era anche stata scelta da una scuola che si occupava esclusivamente di preparare i pochi pattinatori prescelti alle selezioni per le Olimpiadi. Si sarebbero tenute tra due anni esatti, e la giovane era determinata a farcela.
Per il momento non avrebbe frequentato l'università, e i suoi genitori avevano accettato la sua scelta: sapevano quanto fosse importante per lei portare avanti i suoi sogni, e non avevano neanche considerato di ostacolarla. Era una ragazza molto intelligente, se avesse voluto riprendere a studiare lo avrebbe fatto senza problemi. Per il momento, si era iscritta ad un corso di informatica che le aveva suggerito il suo ex ragazzo, August, con cui aveva terminato il rapporto da poco, rimanendo in amicizia. Il ventunenne era un genio informatico che aveva insegnato molto ad Emma, facendo appassionare di computer anche lei, a tal punto che l'università in cui avrebbe sostenuto il corso le aveva offerto una borsa di studio visto le sue doti eccellenti.
“Piccola hacker” la chiamava affettuosamente August, ancora adesso... anche se non lo sentiva da un paio di settimane. Avevano deciso di chiudere la relazione perché a lui era stato offerto un prestigioso lavoro negli Stati Uniti, e avevano convenuto che un rapporto a distanza non sarebbe potuto funzionare. Non era stato facile prendere quella decisione, ma lo avevano fatto di comune accordo: dopotutto, anche Emma sarebbe stata troppo impegnata. Era stata la cosa giusta da fare, ma l'affetto sarebbe rimasto... sperava solo di vederlo, un giorno non molto lontano. Dopotutto le aveva promesso che se fosse entrata nei campionati europei, sarebbe andato a vederla... e lei contava di farcela.
Per questo aveva tentennato parecchio quando i suoi avevano proposto quel viaggio, ma alla fine si era fatta convincere: un po' di pausa fisica e mentale prima dell'inizio degli allenamenti, non le avrebbe fatto male. O almeno, così si era autoconvinta. Ma in fondo lo sapeva di avere bisogno di staccare, dopo un anno duro, sia a scuola che sul ghiaccio.
-Mamma, ma quanto manca ancora?
-Basta Neal, hai rotto! Non è che se lo chiedi ogni dieci minuti la risposta cambia!- borbottò la ragazza infastidita.
Suo fratello minore aveva 15 anni, ed era una vera piaga a volte: di certo la pazienza non era una sua virtù. Ma si volevano bene, nonostante fossero entrambi adolescenti, avevano un bel rapporto come fin da piccoli.
-Ancora un'ora ragazzi. Forza che stasera ci godiamo la piscina privata!- ricordò loro padre allegro. Avevano deciso di fare le cose per bene, affittando una villa con giardino e piscina tutta per loro! Ci sarebbero state avventure in giro per la natura, ma anche il relax non sarebbe mancato.
Inoltre, a Sligo li aspettava anche il regalo per il diploma di Emma. Jason Brown, il suo pattinatore irlandese preferito, avrebbe tenuto una lezione privata soltanto per lei. Non era stato semplice, ma una volta riusciti ad entrare in contatto diretto con lui, era stata una passeggiata. L'atleta si era detto incantato dalle doti della giovane, così aveva accettato con entusiasmo.
Non vedevano l'ora di scoprire quale sarebbe stata la sua reazione una volta svelata la sorpresa!
Fu in quel momento che andò tutto storto.
David Nolan non riuscì ad intravedere in tempo il camion che violava lo stop all'incrocio.
In una frazione di secondo, le risate si trasformarono in grida... e poi silenzio.
Il rumore di un sogno infranto ingiustamente.

 

-Emma? Posso?
-Entra...- borbottai. Avrei preferito rimanere sola, ma non potevo continuare a nascondermi per sempre. Apprezzavo che mi avessero lasciato un po' di privacy dopo la visita del figlio di Brennan.
Una volta in camera mi raggiunse sul letto, sedendosi al mio fianco.
-Come stai tesoro?
-Bene.
“Preferirei starmene per i cavoli miei e tenere il muso finché mi sento di farlo”. Ma a parte questo, stavo bene.
-Tesoro, riguardo ieri...
-Nono, mi dispiace, ho esagerato. Ho fatto una figura di merda.
-Veramente no. Killian era solo dispiaciuto di averti turbata...
-Non è colpa sua. Anche se è comunque un idiota con quella moto da fighetto e la giacca di pelle. Si crede un gran figo.
-Oh, avanti Emma! Nemmeno lo conosci... è il figlio di Brennan ed è un bravo ragazzo. Anche tuo fratello ha la “moto da fighetto”.
-Neal ha 19 anni, Jones quanti? 30?
-27. Ma cosa importa, è sembrato davvero carino... e lo sai che lo stai giudicando male senza motivo.
Sbuffai rumorosamente.
D'accordo, non conoscevo Killian Jones, ma non mi interessava conoscerlo. Sapevo bene che i miei volessero rifilarmi un “amichetto” con cui potermi sfogare riguardo le mie disgrazie, perché forse in qualche modo eravamo simili. Brennan aveva accennato che suo figlio aveva avuto un brutto incidente anni prima. Effettivamente avevo notato che ad un certo punto durante la merenda la sua mano era stata scossa da un tremolio, ma era stato bravo a nasconderlo.
Ma nonostante questo, non era affatto come me: io ero costretta a vita su quel rottame, lui con un piccolo handicap era riuscito comunque a perseguire una carriera eccitante, e se ne andava a fare il figo in giro a bordo di quella stupida moto.
Anche se... era stata la prima persona in assoluto che non mi aveva fatta sentire una povera handicappata neanche per un secondo. E per quanto mi pesasse ammetterlo, era stato piuttosto piacevole.
-Io e papà abbiamo pensato di invitarlo per un caffè nel weekend. O un tè, insomma. Così potete... conoscervi un pochino.
-Che cosa?!
-Non... non devi per forza dire di sì, se davvero non te la senti. Abbiamo solo pensato che, sai, un amico della tua età potrebbe farti... bene.
-Alice è mia amica, ho lei. Non ho bisogno di altri.
-Avanti, un pomeriggio. Se doveste davvero trovarvi male, non insisteremo più. Dagli una chance... anche lui ne ha passate tante, anche se è meno evidente.
Sospirai ancora una volta, lo sapevo...
Brennan ci aveva raccontato che Killian aveva dovuto rinunciare sia a diventare agente di polizia, subito dopo aver completato il corso, che chirurgo dopo essere stato ammesso a medicina, cosa per nulla facile. Non conoscevo molti dettagli perché chiaramente non si era dilungato troppo... ma...
-Suppongo che un pomeriggio non mi ucciderà. Anche se preferirei farlo che so, al pub, come le persone normali... non qui in casa.
Quando strinse le labbra, intuii la risposta.
Ovviamente.
-Magari più avanti. Adesso col cambio di stagione gira l'influenza e...
-Si, si, sono delicata e bla bla bla. Ma sono tre anni che non mi ammalo, mamma. Il sistema immunitario si rigenera, lo ha detto anche il dottore!
-So cosa ha detto e senza dubbio stai migliorando tantissimo... a non rendiamo tutto vano, no? Ancora un paio d'anni e sarai in grado di uscire quando e dove hai voglia...
-Un paio d'anni? Sei seria? Dovrei rimanere segregata in casa fino a che non iniziano a venirmi i capelli bianchi?!
-Avanti, non esagerare tesoro! Nelle belle giornate di sole non c'è alcune problema, lo sai...
Feci un profondo respiro per non ribattere, perché se fossi scoppiata non sarei più riuscita a controllarmi. Ci mancava solo che prendesse la mia rabbia per un esaurimento nervoso, per carità!
Già ero ufficialmente sotto la loro tutela per via del mio “incerto stato mentale”... quasi 24 anni, e nemmeno la possibilità di essere responsabile di me stessa.
Non che non fosse colpa mia, visto che avevo sempre rifiutato di aprirmi con gli strizzacervelli, e una volta avevo menzionato di non voler più vivere, cosa che in quel momento avevo pensato seriamente. Anche per questo cercavo di non lamentarmi troppo, in parte ero io la causa dei miei mali, anche se a volte avevo una gran voglia di fuggire lontano... fuggire da chiunque volesse prendersi cura di me, almeno per 24 ore.
Ma se avessi provato a farlo, i miei sarebbero riusciti a mandare sulle mie tracce anche l'FBI.
-Se hai voglia di parlare, sai che io ci sono.
-No mamma. Sto bene.- accennai un sorriso. -Solo...
-Lo so piccola, lo so... io e papà vorremmo tanto poter fare di più, mi si stringe il cuore sapendo...
-No, no- la bloccai, prima che scoppiasse in lacrime: non le ci voleva molto.
-Fate già tanto. Sul serio. Forse mi sento così perché Neal è andato per la sua strada pur essendo il “piccolo” di casa, mentre io... sono in qualche modo bloccata.
-Arriverà il giorno anche per te, Emma. Non guardarmi così, dico davvero. Sei la persona più forte che conosca e non lo dico solo perché sei mia figlia... Magari non sarà oggi o domani, ma arriverà.
Sorrisi, pur chiedendomi quanta verità potesse esserci in quelle parole. Dove stava la mia forza?
D'accordo, ero riuscita a non cadere in depressione, ma a parte questo...
-Vabbè. Organizza questo caffè, anche se non sono sicura vorrà venire, avrà pensato che sono una pazza psicopatica...
-Non lo pensa, ma se fosse... beh, potresti davvero biasimarlo?
Al che scoppiamo entrambe a ridere. No, non lo avrei biasimato! Ero consapevole di essere lunatica, facilmente irascibile e testarda, tanto da poter apparire un po' pazza a volte.
-Scendi a cena? Papà ha ordinato la pizza, funghi e salsicce per te!
-Vi odio. Sapete entrambi che non posso dire di no alla pizza!
-Appunto!
Ridemmo ancora, e lasciai che mi aiutasse a sistemarmi sulla sedia a rotelle, poi mi spinse verso la cucina. Quella ferraglia era la cosa più tecnologica che potesse esserci e mi dava una grande indipendenza negli spostamenti, ma quando eravamo in casa a volte lasciavo correre e permettevo ai miei di aiutare.
 

***
 

KILLIAN POV

-Allora dolcezza, come va?- domandai alla ragazza, una volta che i suoi genitori ci ebbero lasciati soli per andare a sbrigare delle commissioni.
La settimana era volata ed ero felice che Emma avesse deciso di accettare quell'incontro. Avevo pensato a lei più di una volta, stalkerandola un po'. A dire il vero non c'era molto, visto che l'unica cosa visibile sul suo profilo di Facebook erano un paio di foto profilo e copertine.
In realtà avevo trovato anche il fascicolo inerente al suo incidente, ma avevo preferito non aprirlo... non mi ero sentito di invadere la sua privacy in questo modo. Era dopotutto qualcosa di molto personale e delicato, e sarei stato una persona orribile se mi fossi intromesso.
-Non ti ricordi più il mio nome?
-Potrei dimenticarlo, Emma?
-Smettila con questa scena, tanto i miei non ci sono! Sappiamo entrambi perché sei qui.
-E dimmi, perché sarei qui?
-Per accontentarli. E per me vale lo stesso, così smettono di rompere.
-E non pensi che forse, abbia effettivamente voglia di essere qui?
-Che c'è, sei tu ad aver bisogno di un'amichetta?
Sorrisi, aveva una lingua davvero tagliente la ragazza... mi piaceva!
-Mh, considerato che amiche così, come dire, piacevoli da guardare, non ne ho... anche se temo di non poter dire lo stesso di questo caratterino.
-Molto divertente!- alzò gli occhi al cielo, mentre a me sfuggì una risata. In questo momento avrei detto che dai suoi avesse preso solo i tratti fisici, visto che erano delle persone veramente gentili e adorabili. Ed ero pronto a mettere la mano sul fuoco che fosse semplicemente fatta così, e che non fosse un cambiamento dovuto all'incidente. Cocciuti si nasceva, lo sapevo bene io.
-Beviti piuttosto il tè, si raffredda.
-Potrei dire lo stesso della tua cioccolata. Cos'hai, 6 anni?
-Ha-ha! Assaggiala e poi vediam... ehi!
Avevo accettato la “sfida” al volo, afferrando la sua tazza ed assaggiandone un sorso senza tante cerimonie. Fui costretto ad ammettere che avesse ragione, era veramente buona, con un leggero retrogusto di cannella.
-Hai vinto splendore, è la cosa più buona che abbia mai assaggiato.
-Non volevo dire di assaggiare la mia- borbottò acidamente, riprendendosela senza tanta delicatezza. Solo in quel momento realizzai che forse avevo fatto una cazzata, e non era il caso che bevesse dove avevo bevuto io... non che fossi malato, ma non si poteva mai sapere!
-Dai, te ne faccio un'altra.- proposi quindi, allungando la mano per farmi porgere la tazza.
-Non serve- borbottò scocciata ignorando il mio gesto, per poi berne un sorso.
Maledizione.
Forse i suoi esageravano con le precauzioni, ma... se così non fosse stato? Se fosse ancora immunodepressa? Rischiavo di combinare un bel danno...
-Swan, non dovresti... bere da un bicchiere non pulito.- cercai di dire, senza essere troppo diretto.
-Hai la peste? La lebbra? O è una scusa per rubarmi la cioccolata?
-Emma...
-Senti, rilassati. Posso immaginare cosa i miei possano averti detto, ma sono solo... iperprotettivi. In parte puoi capire, suppongo.
-Sei... sicura?
Annuì, e decisi di crederle. Dopotutto, non stava a me mettere in dubbio la sua parola, decisi quindi di lasciar correre. Era una persona adulta e dubitavo avrebbe rischiato un'infezione solo per ripicca nei confronti dei genitori.
Passai finalmente alla mia di tazza, e bevvi il mio tè nero in silenzio.
Fu lei a spezzarlo per prima.
-Senti. Mi sembra una cosa stupida. Sembriamo due bambini i cui genitori hanno organizzato un pomeriggio di giochi.
-Non hai tutti i torti.
-Se vuoi puoi andare, dirò che hai avuto un'urgenza a lavoro.
La guardai, senza rispondere subito. Il fatto era che non volevo andarmene, ma allo stesso tempo non volevo fare un altro passo falso. Avrei solo voluto che mi permettesse di conoscerla, per davvero, perché ne ero sinceramente incuriosito e qualcosa mi diceva che sotto quella scorza di indifferenza, ci fosse una persona niente male.
Alla fine mi venne da ridere, perché non ero mai stato tanto imbranato con una ragazza, avevo sempre avuto la battuta pronta! Soprattutto con una ragazza così bella.
Mi guardò sconcertata.
-Ok, mi dici che razza di problemi hai? Cosa c'è di divertente!
-Scusa!- esclamai, cercando di contenermi -Il fatto è che di solito sono molto più bravo a fare conversazione, soprattutto con una bella donna.
-Non so se offendermi o essere lusingata...- alzò ancora una volta gli occhi al cielo.
Forse c'entrava anche il fatto che non avevo mai avuto un appuntamento davanti ad un tè e una cioccolata calda, nel salotto di casa di lei.
-Sicuro di esser bravo a parlare? O di solito risolvi passando subito al... dolce.
-Perché- alzai un sopracciglio -Ti piacerebbe passare al dolce?
Di quel passo l'avrei esasperata, ma allo stesso tempo le sue espressioni mi divertivano. Il modo in cui spalancava gli occhi, con l'aiuto del salone ben illuminato, permetteva di apprezzarne ancora di più il bel verde.
Erano grandi, naturalmente, senza il bisogno di alcun trucco per sottolinearne la bellezza.
Anche le ciglia erano lunghe, e le labbra illuminate da un leggero lucidalabbra color pesca, avevano un aspetto estremamente invitante...
Era bella. Di una bellezza naturale che non molti potevano vantare, a mio avviso.
E c'era qualcos'altro di lei che mi attraeva particolarmente... anche se non sapevo dire cosa.
-Sono del parere che il dolce vada servito alla fine. Dopo cena, se è stata piacevole.
-Allora ti interessa la cena, interessante.
-Mi dispiace deluderti, ma a me non interessa un bel niente, Jones. Nemmeno mi... presenterei, alla cena.
-Non ne sarei tanto sicuro se fossi in te.
-Neanche se sapessi che non avrei la possibilità di... godermi il dolce?
Ci guardammo per lunghi istanti, ma quando finalmente realizzai cosa stesse insinuando, ebbi voglia di sotterrarmi. Cercai in tutti i modi di non abbassare lo sguardo sulla parte paralizzata del suo corpo, che a quanto pare non aveva perso solo l'uso delle gambe.
Adesso mi sentivo un vero idiota, e dubitavo sarei più riuscito a guardarla in faccia.
Lei, però, così di colpo, scoppiò a ridere.
-Dovrei scattarti una foto... se solo ti vedessi!- esclamò tra le risate.
-Ma...- borbottai confuso, senza la minima idea di cosa dire.
-Ti stavo prendendo in giro, Jones! Posso avere tutti i “dolci” che voglio, anche se non hai bisogno di saperlo visto che sei l'ultimo da cui me lo farei offrire!
-E perché no?
-Perché non sei il mio tipo... da dessert.- concluse semplicemente, scrollando le spalle.
Cavolo se era pungente la tipa, e astuta. Era riuscita a fregarmi a mani basse, facendomi sentire un perfetto imbecille!
Il problema, però, era che più cercava di convincermi che non fossi il suo tipo, più volevo farle cambiare idea. E in fondo non mi conosceva, come faceva a dirlo? Avrei giocato pure io!
-E dimmi, qual è il tuo tipo di dessert?
-Ti piacerebbe saperlo, vero?- ridacchiò, per poi tornare a concentrarsi sulla sua cioccolata calda come niente fosse. Capii che a quel punto non avrei ricevuto altre risposte a tal proposito, almeno per il momento.
-Quindi sei un hacker.
-Programmatrice.
-Per me è assolutamente la stessa cosa.
-D'accordo, non hai tutti i torti. Quando non è noioso, è divertente.
-Io sono una frana. Sul serio, se mi insegnassi qualcosa... potrebbe essermi utile a lavoro.
-Giusto, anche tu sei relegato su una scrivania.
-Sì, il più delle volte...- ammisi amaramente, con un sospiro. Poteva anche piacermi quel che facevo, ero bravo e fondamentale per la squadra, ma l'azione potevo scordarmela.
-Magari si può fare, vedremo.
-Dici sul serio?
-Sì, forse. Se puoi permettertelo. Sono 70 euro l'ora e ti ho fatto lo sconto “amici”.
-Ah!
Non seppi se ridere oppure no: era seria, o mi stava di nuovo prendendo in giro? Quel che era certo, era che la sua bravura nel farmi sentire un babbeo non aveva eguali!
-Sto scherzando, ma è divertente assistere alle tue reazioni.
-Molto simpatica, Swan.
-Su, non te la prendere. Se davvero ti interessa, per me va bene... come avrai notato non ho tutto questo gran da fare.
-D'accordo. Cosa ne dici di martedì e giovedì pomeriggio? Per non infastidirti nei weekend.
-Ok.
-Per sdebitarti magari ti porto a cena...
-Ora non allargarti, però!
Scossi le spalle divertito, non potevo dire di non averci provato, almeno! Comunque era gentile, anche se a modo suo... molto suo.
Non tutti, dopotutto, avrebbero voluto sprecare il proprio tempo libero a dare lezioni a un poco più che sconosciuto. E se da una parte era una buona scusa per rivederla, dall'altra mi sarebbe davvero potuto tornare utile qualche trucchetto da hacker, a lavoro.
Sia i suoi che mio padre avevano ragione, quando si lasciava andare non era affatto male. Non che ci avessi parlato chissà quanto, ma era una persona sveglia, piacevole, intelligente ed ironica... e come ciliegina sulla torta, davvero molto bella.
-Comunque deve essere interessante fare il medico legale.
-Diciamo che non era la mia prima scelta, ma con una mano di cui non ci si può fidare non mi avrebbero mai permesso di tagliuzzare i vivi... comunque è forte, lo ammetto.
-Non farla tanto lunga, deve essere divertente!
Scoppiai a ridere sorpreso: non avrei immaginato che fosse una fan dello splatter! Chi avrebbe mai detto che una ragazza avrebbe potuto trovare più interessante questo lato del mio lavoro, piuttosto che quello di investigatore?
-Hai ragione, lo è. Certe volte è piuttosto... interessante. Mi è capitato di trovare oggetti “curiosi” in punti non proprio... beh!
La sua espressione sembrò sinceramente impressionata.
-Vuoi sapere cosa e dove?
-Il dove temo di averlo capito. Forza... cosa?
-Uova sode. Cinque.
-Cosa?! Che schifo!
-Era indagato per incitamento alla prostituzione, aveva un che di ironico! È stato ritrovato così.
-Disgustoso, ma suppongo se la sia cercata!
-Oh, senza dubbio! La tipa sarebbe andata in galera senza rimorsi... è stato il processo più assurdo a cui abbia mai partecipato, non riusciva a smettere di ridere! Lo abbiamo chiamato “sadomaso bollito” a lavoro...
Ridemmo insieme, anche se a dirla tutta era stato parecchio disgustoso occuparci di questa faccenda... l'uomo non temeva molto all'igiene! Io avevo avuto più conati di vomito di quanto volessi ammettere, ma la mia boss, Ruby, l'aveva gestita molto meglio!
Per un anno non avevo mangiato uova sode.
-Non riuscirò a vedere più le uova allo stesso modo...
-Non dirlo a me. E la Pasqua è vicina...
-Oddio, hai ragione! Niente uova di cioccolato quest'anno, per carità!
-Mi spiace, ti ho rovinato la Pasqua!
-Non importa, non avrei dovuto chiedere!
-Beh, in effetti...
Restammo in silenzio per qualche minuto, a bere e mangiare biscotti al cioccolato e stavolta senza imbarazzo a spezzare l'aria.
-Forse non sei poi tanto male, Jones.
-Eh, alla fine faccio questo effetto a tutti!
-Ora non spingere troppo. E poi odio dare ragione ai miei...
-Tecnicamente non hanno ragione, dai. Non abbiamo passato il pomeriggio a sfogarci sulle sfighe della nostra vita... le uova sode nel culo non sono un argomento di cui sarebbero contenti!
Rise ancora, e stavolta ne godetti. Il suo viso si illuminava quando rideva, come se per un attimo lasciasse in un angolino tutto ciò che la rendeva infelice... ed era ancora più bella, così. Rilassata, allegra, semplicemente meravigliosa.
-Facciamo così. Per ogni lezione mi ripaghi con un aneddoto del tuo lavoro.
-Ok, affare fatto!
-Bene. Ora avvicinati e mettiti di spalle. Non mordo, giuro.
-A parte che non mi dispiacerebbe essere morso da te... eh?
-Pensi che non mi sia accorta che è da un'ora che cerchi di flettere quella spalla?
-Ah... non è niente. Ho fatto uno scivolone a lavoro e... tutto qui.
-Sicuro non sia lussata?
-Mi sono fatto controllare, è a posto. È solo la botta.
-Ok. Allora siediti davanti a me, sono brava coi massaggi. Cinque minuti e già starai meglio.
-Va bene tesoro. Sono nelle tue mani... letteralmente!
Si fece quindi indietro, e io spostai la sedia tra lei e il tavolo, per poi accomodarmi nuovamente. Avevo cercato di ignorare la spalla, ma a quanto pare senza molto successo. E quando posò le mani sulle mie spalle, mi stupii della sua fermezza. Con una mano fece pressione, con l'altra movimenti circolari che mi provocarono brividi indubbiamente piacevoli.
Sentivo la tensione andar via a ogni movimento, e di dolore non ne provai nemmeno un po'.
Era brava, cavolo se era brava... e se avesse continuato ancora un po', avrei potuto rilassarmi fino ad addormentarmi.
-Va meglio, vero?
-Molto meglio. Grazie Emma...
-Figurati. Hai i muscoli molto tesi... tra quello e la botta, ci credo ti facesse male.
-Sì beh, è da un po' che non mi rilasso come si deve in effetti...
-Ti faccio un massaggio degno di questo nome. In compenso mi racconti un altro aneddoto divertente nel frattempo...
-Perché no?
Sorrisi, chiudendo gli occhi per pensare a cosa raccontarle. Non era facile però, visto che tutto ciò a cui riuscivo a pensare al momento era quanto piacevole fosse trascorrere il tempo con quella ragazza dalle mille sorprese...


 

Ciao! Quanto è passato dall'ultima volta che ho pubblicato qualcosa? Me ne vergogno xD Sicuramente nell'ultimo anno, con un (finalmente) lavoro full time, ho avuto molto tempo libero e sono stata meno in casa... (a Londra non si riesce a stare a casa!). Ma da una settimana siamo in quarantena forzata anche qui, e lo saremo per almeno un paio di mesi come ovunque... quindi ho avuto il tempo di rimettermi al pc come si deve. Ho molte bozze di capitoli per questa storia, buttati giù nei momenti di noia a lavoro, quindi spero di poterli sistemare e nel frattempo scrivere anche per le altre storie che ho iniziato.
Ma soprattutto, ho iniziato a recuperare le storie e i capitoli che mi sono persa e a breve inizierò a recensire, non vedo l'ora... mi mancava!
Spero stiate tutti bene nonostante le circostanza attuali, a casa ad aspettare l'inizio della fine della tempesta... fortunatamente si intravede già la luce in fondo al tunnel in Italia, vedevo, e spero continui!
Un abbraccio a tutti e spero questo capitolo possa piacervi! A prestissimo!
   
 
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