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Autore: vincey_strychnine    10/04/2020    0 recensioni
Avevamo solo sedici anni, allora. Avevo baciato una ragazza per sbaglio, e un’altra per una scommessa, anche se mi piace pensare che se non fosse stato per te sarei stato il Casanova del sesto anno. Ma tu mi hai avuto in pugno fin da quando avevamo undici anni, e ci siamo conosciuti da Olivander. Era destino che tu fossi mia. Non lo hai saputo finché non abbiamo avuto sedici anni, ma era come in uno di quei libri babbani che ti piacciono tanto. Io, il nobile, magnifico, talentuoso ed esilarante principe azzurro, tu una bellissima principessa da un altro regno, bella come un oceano: tumultuosa e potente. I nostri occhi si incontrarono, e in un istante ci eravamo innamorati.
Fred Weasley X OC
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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Parte 7: La felicità si può trovare anche negli attimi più tenebrosi 

 

Il castello brulicava di studenti intenti a fare le valigie frettolosamente, in vista delle vacanze estive. Non avrebbero avuto scuola per quasi quattro mesi ed era una sensazione esaltante per la maggior parte di loro, eccetto quelli che si stavano diplomando. L’anno scolastico si era concluso tragicamente con la morte di Cedric e cominciavano a sollevarsi i primi sussurri sul fatto che Colui Che Non Deve Essere Nominato fosse tornato: alcuni dei ragazzi non avrebbero mai fatto ritorno in quel luogo che chiamavano casa, ma fortunatamente Rebecca non era fra questi. Sarebbe tornata a Settembre come una matura studentessa del settimo anno, pronta a combattere se fosse stato necessario come suo padre ed Hestia avevano fatto prima di lei.

 

Rebecca non riusciva a non sentirsi almeno un po’ in colpa a pensare che, nonostante tutto, quello era stato l’anno scolastico più bello della sua vita: immagini di lei e Fred a passeggio lungo il Lago Nero chiacchierando del più e del meno mano nella mano, dei pomeriggi ad Hogsmeade, delle sessioni di studio che iniziavano in biblioteca ma quasi sempre si concludevano nel dormitorio di uno dei due. Tutti questi ricordi felici si contrapponevano bruscamente all’immagine del corpo di Cedric senza vita appena fuori dal labirinto con Harry riverso sopra di lui che balbettava confusamente Lui è tornato, Lui è tornato. Le grida straziate del signor Diggory, le lacrime di Cho, il terrore che serpeggiava fra gli studenti. Con un sorriso amaro fece levitare nel baule la copia de Il Coraggioso Soldatino di Piombo che Cedric le aveva prestato: non aveva neanche avuto il tempo di restituirglielo.

Rebecca sedette sul letto rifatto da poco con le mani in grembo osservando ognuna delle foto che aveva appeso alle pareti e non poté fare a meno di sentire il pizzicore delle lacrime agli angoli degli occhi. Il rumore di qualcuno che bussava alla porta la fece sobbalzare: si alzò asciugandosi gli occhi ed andò ad aprire. Un sorridente Fred stava in piedi fuori dal dormitorio delle ragazze. 

 

“Becky, è ora di andare… ma stai bene?” entrò nella stanza praticamente vuota: Lou se n’era già andata dopo essersi affrettata ad augurare a Rebecca una buona estate.

 

“Sì, ho quasi finito Fred… e non preoccuparti, è tutto a posto,” Rebecca si concentrò sui vestiti che ancora doveva mettere via e con un gesto della bacchetta fece sì che cominciassero a piegarsi e a riporsi ordinatamente nel baule. Fred si sedette accanto a lei per aiutarla e non poté fare a meno di notare le occhiaie ben visibili sotto ai suoi occhi. I lunghi capelli biondi erano raccolti in una coda bassa e spettinata.

 

“Beck sei sicura che sia tutto a posto? Sembri piuttosto giù,” disse prendendole il viso con una mano e costringendola a guardarlo negli occhi. Rebecca scosse la testa e continuò a mettere via le sue cose. All’improvviso la stanza le pareva quasi una sauna, l’aria sembrava essere irrespirabile e Rebecca si diresse verso la finestra che dava sulla Foresta Proibita. Rimosse la leva che teneva chiusi i vetri e poi li spinse forte tentando di aprirla: anche un minuscolo spiraglio le sarebbe bastato, ma la finestra non si mosse di un millimetro.

 

“Aspetta, ci penso io,” Fred la spostò delicatamente e cominciò a mormorare Alohomora. Finalmente la finestra si aprì con uno scatto secco e l’aria fresca di fine Maggio si riversò nella stanza alleviando il rossore sulle guance di Rebecca.

 

“Grazie… sono solo un po’ sopraffatta, tutto qui.”

 

Fred la guardò interrogativo aspettando che lei si spiegasse del tutto ma dall’espressione di Rebecca capì che non avrebbe ottenuto nulla. La ragazza tolse dal muro l’ultima foto, che era anche la sua preferita, e si perse a guardarla con un sorriso mesto. Molly l’aveva scattata durante quelle vacanze di Natale, le prime che Rebecca aveva trascorso alla Tana come vera e propria ragazza di Fred, e la foto era stata fatta poco prima che il signor Weasley li riportasse alla stazione di King’s Cross: George era distratto da Percy che stava bisticciando con lui, il braccio di Fred circondava saldamente Rebecca e lei era premuta contro il suo fianco, con il braccio sul suo petto per mantenere l’equilibrio, entrambi sorridevano come due idioti.

 

“Mi manca tutto questo…” mormorò Fred sporgendosi oltre la spalla di Rebecca per guardare la fotografia. In realtà poteva ben immaginare perché Rebecca fosse così tesa, sapeva quale fosse il motivo per cui nelle ultime settimane si era comportata in modo così strano.

 

“Niente sarà più come prima, non è così?”

 

Per alcuni secondi rimasero a sedere in silenzio mentre Fred pensava a come risponderle: non c’erano parole che potessero esprimere il modo in cui si sentiva, voleva bene a Rebecca più di ogni altra persona al mondo e tutto quello che voleva era farla sentire al sicuro, farla sentire amata, vederla ridere di nuovo.

 

“Probabilmente no, ma chi dice che non possiamo essere comunque felici?” le prese la mano e vi depose un bacio. Rebecca gli sorrise debolmente.

 

“Andiamo adesso, il treno sta per partire.”

 

Gran parte dell’estate trascorse abbastanza tranquillamente: dopo quell’anno decisamente pieno di emozioni, era una boccata d’aria fresca per Rebecca tornare alla pace e alla solitudine del cottage dei Nolton. Inizialmente trascorreva le giornate aiutando Hestia a prendersi cura delle creature ferite che trovavano come aveva sempre fatto, anche se adesso ogni volta che le vedeva contorcersi dal dolore non poteva fare a meno di ricordarsi di quel povero ragno torturato durante la prima lezione di Difesa contro le Arti Oscure. Hestia aveva notato il suo disagio e così l’aveva spostata a lavorare nella stalla. A dirla tutta, Rebecca passava la maggior parte del suo tempo a leggere al sole, come aveva sempre fatto, e a scriversi con Alouette, Angelina, George e Fred. Dalle lettere di Lou sembrava che lei e Lee avessero intrapreso un fitto scambio epistolare, e che tutto andasse bene anche se i genitori di lei erano ancora un po’ scettici all’idea di farla tornare a Hogwarts a Settembre, mentre Angie era riuscita ad ottenere l’indirizzo di Francis, il battitore di Beauxbatons, forse anche grazie al filtro d’amore che si era fatta vendere da George pensò Rebecca sorridendo. Ma erano ovviamente le lettere di Fred che più di tutte la riempivano di gioia: lui le mancava terribilmente. Nella maggior parte delle lettere, Fred la aggiornava entusiasta sui recenti sviluppi nelle invenzioni che lui e George creavano, le chiedeva consigli su come perfezionarle e le raccontava di quello che succedeva alla Tana: Ron ha comprato un gufo, Bill si è portato a casa Fleur Delacour, ho trovato il diario di Ginny e c’erano tre pagine piene solo del nome di Harry, e così via. A metà Giugno, però, una lettera di Fred aveva portato notizie più cupe.

 

Cara Becky,

 

la settimana scorsa Percy se ne è andato di casa. Era tornato dal Ministero tutto contento perché l’avevano promosso, diceva che gli avevano affidato un incarico come assistente di Caramell. Noi eravamo tutti un po’ perplessi perché non ha fatto un gran lavoro con tutta quella questione di Tu Sai Chi ma papà è diventato addirittura furioso. Diceva che hanno promosso Percy solo per tenere d’occhio la nostra famiglia perché al ministero non piace che Silente dica in giro che Tu Sai Chi è tornato e che vogliono tentare di provare che papà è in combutta con lui. Allora Percy si è arrabbiato moltissimo e ha cominciato ad urlare delle cose terribili su tutti noi e soprattutto su papà, diceva che papà non fa altro che remargli contro e tarpargli le ali, che lui è fedele al Ministero e non a Silente e così via (sai com’è Percy quando parte per la tangente), poi ha fatto i bagagli e se n’è andato a vivere a Londra dicendo che non vuole più far parte della famiglia. Ti puoi immaginare come l’ha presa mamma, è una settimana che piange e non riesce nemmeno a cucinare.

Ad ogni modo, spero che tu stia bene e non vedo l’ora di vederti, mi manchi.

 

Fred

 

Era passato più di un mese da quella lettera e nel frattempo si erano scritti un paio di volte, per il suo compleanno Fred le aveva spedito un lunascopio intarsiato che aveva trovato Bill in un mercato in Egitto ma di Percy non aveva più fatto parola. 

 

“Becky, vieni a darmi una mano a preparare la cena!” Rebecca mise il segno al libro che stava leggendo e si diresse dentro al cottage con Azzie al seguito. In cucina, Hestia stava infornando una teglia di patate.

 

“Potresti apparecchiare, tesoro?” 

 

Rebecca iniziò a tirar fuori dalla credenza i piatti di ceramica decorati con grappoli non-ti-scordar-di-me. Lo sguardo le cadde sulla sedia a capotavola.

 

“Ancora nessuna notizia?” chiese titubante.

 

“No, Remus dice che l’ultima volta che l’ha visto era in Romania che si nascondeva nei boschi, sembrava piuttosto affranto.” Rebecca ammirava il contegno di Hestia quando parlava del marito, ma avrebbe voluto che almeno una volta la voce le tremasse, si incrinasse. Invece sembrava che la donna avesse preferito chiudere le emozioni fuori dal cervello, come tante volte faceva anche lei da tipica Corvonero. Però non capiva come la matrigna potesse essere così rassegnata all’idea che Nicholas non sarebbe più tornato. Non possiamo farci nulla, l’hanno morso ed è dovuto scappare per non mettere in pericolo noi: era sempre quella la risposta che Rebecca riceveva da Hestia quando le chiedeva perché non si impegnassero più a fondo per cercare una cura per la licantropia, o anche solo per avere più notizie sul padre. 

 

“Sai, il mese scorso Fred mi ha mandato una lettera piuttosto triste, dice che Percy se n’è andato di casa.” Decise di cambiare argomento.

 

“Ah sì, Molly me l’ha detto. Povera donna! Ma d’altronde non è certo colpa sua, lei ha sempre dedicato tutto l’amore possibile ai suoi figli.”

 

“Già… comunque mi sembrava molto giù, e ho pensato che magari quest’estate potrei restare alla Tana un po’ di più, due settimane per esempio…” l’attenzione di Hestia sembrava completamente assorbita dall’arrosto che stava affettando. 

 

“Fred dice che per i suoi non c’è problema perché adesso hanno anche un letto in più…”

 

“Non andrai alla Tana dei Weasley quest’estate.” Hestia depose il coltello e la guardò con fermezza. Rebecca appoggiò bruscamente la pila di piatti sul tavolo e la guardò stupita.

 

“Come scusa?”

 

“Non andrai alla Tana quest’estate, Rebecca.”

 

“E perché mai, Hestia?” Rebecca si mise le mani sui fianchi con aria di sfida.

 

“La settimana prossima verrai con me a Londra.” Hestia tornò al suo arrosto.

 

“Stai scherzando vero? Io voglio vedere Fred, è l’unica cosa che quest’anno…”

 

“Oh, ma lo vedrai,” la interruppe Hestia enigmatica. “Ci sarà anche lui, e George, Molly, Arthur, Ron e tutti gli altri.”

 

Rebecca la guardò, confusa. “Di che diavolo stai parlando?”

 

“Dobbiamo andare in un posto, ma non posso dirti dove, il quartier generale dell’Ordine, Silente ha convocato una riunione.”

 

Al sentire quella parola Rebecca fu pervasa da un brivido: i suoi le avevano sempre raccontato che l’ultima volta che l’Ordine della Fenice si era riunito era stato dopo la sconfitta di Voldemort. Il fatto che Hestia fosse stata convocata significava che era tutto vero, che lui era tornato e che forse avrebbero dovuto combattere. Il solo pensiero le faceva venire un groppo in gola e le accelerava il respiro.

 

“Vuoi dire che…”

 

La donna le sorrise con dolcezza guardandola intensamente con gli occhi blu oceano. Le spostò delle ciocche bionde dietro alle orecchie e le carezzò il volto.

 

“Non preoccuparti tesoro mio, non è successo nulla di grave.” Per ora, pensò Rebecca. “È solo una riunione di sicurezza, sai, per controllare che siano tutti dell’idea di partecipare caso mai si dovesse… ma basta con questo muso lungo!” Hestia le scompigliò i capelli e ostentò un sorriso come se l’ombra di paura che Rebecca aveva visto nei suoi occhi pochi istanti prima non fosse mai esistita.

 

“Credevo saresti stata felice di rivedere il tuo fidanzatino.”

 

“Hestia, Fred non è il mio fidanzato!” Rebecca alzò gli occhi al cielo scrollandosi di dosso la matrigna. “È il mio ragazzo.”

 

“Ah, adesso fra i giovani si dice così? Beh, signorina, fidanzato o ragazzo che sia, devi finire di apparecchiare la tavola.” E con quello, l’ultima briciola di tensione nell’aria della cucina dei Nolton si dissipò.

 

Il numero dodici di Grimmauld Place era un’antica casa in stile vittoriano dalle strette scale scure. La carta da parati di broccato si stava scrostando agli angoli dei muri e il pavimento scricchiolava sinistro ad ogni passo, ghirlande di teste di elfi domestici rinsecchite decoravano i corridoi e vecchi mobili di mogano con zampe inquietanti occupavano massicci le stanze dimesse. Rebecca rabbrividì non appena vi ebbe messo piede dentro, non avrebbe saputo dire se per l’aria fredda e umida che si respirava o per l’atmosfera inquietante del posto. La sua ansia svanì nel momento in cui un volto conosciuto sbucò da dietro un tendaggio di velluto.

 

“Remy!” Rebecca corse incontro all’amico di famiglia. L’ultima volta che l’aveva visto era stato quasi un anno prima: lei ed Hestia erano corse sulla soglia di casa con gli occhi pieni di speranza e angoscia e lui aveva solo scosso il capo con aria cupa. Ora l’uomo aveva l’aspetto di un fantasma ma gli sfavillavano gli occhi di determinazione mentre accanto a lui faceva capolino una giovane dai capelli rosa brillante che doveva avere all’incirca cinque anni più di Rebecca.

 

“Tu devi essere Rebecca, o sbaglio? Io sono Tonks,” la ragazza le porse la mano e Rebecca la strinse.

 

“Ninfadora Tonks,” la corresse Lupin.

 

“Non chiamarmi Ninfadora!” i capelli della strega divennero all’improvviso rosso vivo.

 

Rebecca stava ancora cercando di capire come avesse fatto quando udì uno schiocco assordante e un paio di braccia forti la presero da dietro facendola strillare.

 

“È questo il trattamento che riservi al tuo ragazzo dopo non averlo visto per due mesi?”

 

“Fred Weasley, sei un idiota! Mi hai fatto prendere un colpo!” il sorriso smagliante di Rebecca contrastava con il suo tono arrabbiato. Si girò per accogliere l’abbraccio di Fred che si era appena materializzato alle sue spalle. 

 

“Mi sei mancato tanto,” sussurrò sepolta nel maglione del ragazzo e aggrappandosi alle sue spalle ampie. Fred era cresciuto parecchio in statura quell’estate mentre lei si era ormai rassegnata a non superare il metro e sessanta.

 

“Anche tu,” Fred si piegò per baciarle la fronte.

 

“Nolton, anche per me è un piacere rivederti.” Rebecca si staccò da Fred per salutare George.

 

“Per quanto sia felice che voi due stiate assieme, cercate di non fare troppo casino stanotte, vi prego: Bill e Fleur mi hanno già traumatizzato troppo.” Rebecca gli diede una gomitata scherzosa nella pancia. 

 

“Oh ma naturalmente, Becky dormirà in camera con Ginny. Dovrete passare sul mio cadavere prima che io permetta… Hestia! Becky! Finalmente siete arrivate.” La signora Weasley scese dalle scale e si precipitò ad abbracciare le due donne. 

 

“Ho finito giusto adesso di prepararvi i letti, Becky cara perché non vai di sopra e ti sistemi nella tua stanza? Ginny ti farà vedere dove puoi mettere le tue cose. Hestia… ci sarebbe bisogno di te di là.” Molly divenne subito seria e fece un cenno del capo verso la tenda di velluto.

 

Al piano di sopra nella terza camera del corridoio un’altra testa rossa si affacciò alla porta.

 

“Becky sei tu? Oh, ero sicura che fossi arrivata quando ho visto Azzie entrare nella stanza.”

 

Rebecca varcò la soglia. Azazel sedeva impettito su un vecchio letto in ferro battuto accanto a Ginny. Anche quella stanza come tutto il resto della casa era fredda e inospitale, ma il sorriso della piccola Weasley  bastava a renderla più accogliente. Rebecca posò il baule che aveva fatto levitare su per le scale ai piedi del letto gemello di fianco a quello di Ginny, che non le diede nemmeno il tempo di cominciare ad aprirlo prima di attaccare a chiacchierare. Ginny le spiegò che Ron ed Hermione dormivano nella stanza accanto e che erano molto agitati perché all’indomani sarebbe arrivato anche Harry che non sapeva nulla di tutta la faccenda dell’Ordine. Rebecca non poté trattenere un sorriso alla vista degli occhi di Ginny che si illuminavano al solo nominare Harry.

 

“Mi sa che Ron e Hermione non sono gli unici a non stare nella pelle per l’arrivo di Harry, o sbaglio?” Ginny avvampò.

 

“Ma di che stai parlando? Harry… Harry è il migliore amico di Ron, non sa nemmeno che esisto al di là del fatto che sono sua sorella.”

 

“Oh insomma, volete stare un po’ zitte? Stiamo cercando di ascoltare la riunione,” bisbigliò George infilando la testa nella porta. In mano aveva un filo color carne.

 

“Sono le famose Orecchie Oblunghe quelle?” chiese Rebecca con un sorriso. Fred gliene aveva parlato nelle lettere. 

 

“Proprio così, invenzione originale Weasley. Vuoi provarle?”

 

Rebecca non se lo fece ripetere due volte: sgusciò fuori dalla porta, si accucciò sul pianerottolo fra Fred e George e si mise all’ascolto. Una voce maschile che non conosceva sembrava parecchio alterata.

 

“Non se ne parla nemmeno, la ragazza non può stare qui!”

 

“Rebecca è mia figlia, Shacklebolt, e starà dove io lo ritengo più opportuno,” era la voce di Hestia a parlare, adesso. Rebecca corrugò la fronte e si sforzò di ascoltare meglio.

 

Figliastra, Nolton, è la tua figliastra. E vorrei ricordarti che Lidia era una Mangiamorte, e se non sbaglio mandò la figlia in Inghilterra perché temeva ripercussioni dopo la sconfitta del Signore Oscuro…” Il cuore di Rebecca saltò un battito. Fred e George sembravano sconvolti quanto lei.

 

“…Se Lidia fosse ancora nelle schiere di Voldemort, se dovesse venire a cercare la figlia, se loro dovessero reclamarla, sempre che non l’abbiano già fatto s’intende…”

 

“Ho avuto Rebecca sott’occhio per tutta l’estate, Kingsley, e posso assicurarti che mi sarei accorta se dei Mangiamorte si fossero presentati nel mio cortile per irretire la ragazza.” 

 

“Rebecca resterà qui, dove sarà al sicuro, e non negozieremo su questo punto. Ora se l’orologio non m’inganna, voialtri dovreste partire per andare a prendere Harry,” la signora Weasley aveva lo stesso tono che non ammetteva repliche di quando rimproverava uno dei suoi figli.

 

La conversazione proseguì ma Rebecca non riuscì a sentire oltre: tutto ciò che udiva era il battito assordante del suo cuore e il fruscio del sangue nelle orecchie, mentre il suo respiro si faceva sempre più affannoso. Sua madre, una Mangiamorte! Certo sospettava da sempre che la donna dovesse aver compiuto delle scelte sbagliate nella vita, da come tutti evitavano sempre di parlare di lei. Ma essere una Mangiamorte voleva dire essersi macchiata di crimini orribili: tentò di immaginare il nobile viso mediterraneo di Lidia Flores su uno di quei poster di Azkaban che si vedevano in giro, ma non ci riuscì. Tentò di immaginarla mentre rideva, folle, dopo aver ucciso un babbano, mentre si inchinava al cospetto del mago più potente e crudele di tutto il mondo, mentre ululava al Marchio Nero in cielo. Prima che potesse rendersene conto la testa cominciò a girarle e dovette rannicchiarsi in un angolo del corridoio. Va tutto bene, va tutto bene, va tutto bene. Fred si precipitò al suo fianco.

 

“Becky…” le prese le mani e le strinse forte, incapace di fare altro davanti a quella scena. Non aveva assistito ad altri attacchi di panico di Rebecca oltre a quello alla Coppa del Mondo, e non sapeva come comportarsi. Ma la stretta rassicurante della sua mano sulle sue sembrò sufficiente a calmare la ragazza che lo guardava con gli occhi sgranati e pieni di lacrime.

 

“Hai… hai sentito anche tu?”

 

“Sì, lo abbiamo sentito tutti.” Fred si voltò verso George che annuì prima di stringerle una spalla per rassicurarla e poi li lasciò soli.

 

“Speravo di essere impazzita e di averlo sentito solo io.” Fred si sedette contro il muro accanto a lei.

 

“Lei non potrebbe mai trovarti qui, Becky. Sei al sicuro, e anche se riuscisse a trovarti, dovrebbe prima vedersela con me.” Fred le accarezzava le nocche con il pollice, la mano ancora stretta attorno alla sua. Rebecca avrebbe voluto ridere, davvero, avrebbe voluto anche solo ridacchiare. Sapeva che Fred stava tentando come poteva di farla star bene, ma un’altra orribile realizzazione si stava facendo strada in lei. Ricordò gli incantesimi proibiti della nonna, e di quanto le piacesse eseguirli, quanto la intrigassero e la affascinassero.

 

“Freddie… e se quel Shacklebolt avesse ragione? Se loro mi volessero nel loro esercito? Oh Dio Fred, se io fossi come loro?” 

 

“Non dire scemenze Nolton. Sei la strega più buona, più compassionevole che io abbia mai…”

 

“Ma stavo per essere smistata in Serpeverde!” lo interruppe lei. “Fred, e se una parte di me…”

 

“Tuo padre era Serpeverde, eppure era nell’Ordine!”

 

È, Fred. Non parlare al passato di lui, è ancora vivo, da qualche parte.” Gli occhi di Fred si colmarono di paura, temendo di aver rattristato ancora di più Rebecca, ma l’espressione di lei sembrava solo rassegnata.

 

“Non fa niente,” mormorò la ragazza notando che lui si era ammutolito. “A volte penso che sarebbe meglio anche per lui se fosse semplicemente morto.”

 

Fred non poteva più sopportare di sentirla dire quelle cose, di vederla così. La cinse in un abbraccio rassicurante e lei si lasciò cullare, tentando di annegare le informazioni terribili che aveva appena scoperto nel profumo di Fred: era incredibile come perfino in quella casa decrepita dall’atmosfera stantia lui potesse comunque odorare di aria aperta, aghi di pino e spensieratezza. Quando il respiro di Rebecca si fu del tutto calmato, Fred la prese per mano e la aiutò ad alzarsi in piedi. 

 

“Beh, direi che nessuno ti ha ancora fatto fare un tour della reggia dei Black, ed è giunto il momento.”

  
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