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Autore: Vriterens    10/04/2020    0 recensioni
I suoi occhi si posarono su quello che da lontano intravedeva come un banchetto, una bancarella forse, la cui insegna riportava a caratteri cubitali: TORTELLINI. Ma a gelarle il sangue fu vedere chi fosse il venditore: un polipo dai tentacoli azzurri.
«Aspetta, mi stai dicendo che...»
Quello di Emilia fu un sussurro appena percettibile. «Siamo letteralmente nella Valle Spaziale».
Fandom: Space Valley
(Pubblicata anche su Wattpad)
Genere: Avventura, Fantasy, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo III

Tatto e diplomazia

 






A rompere bruscamente il gelo che si era creato fu Touwne. «Questo non me lo avevi detto».
«Se me ne avessi dato il tempo, forse ci sarei riuscito» ringhiò Daarikton.
«Ma qual è il problema?» chiese Angelica, con voce tremolante, prendendo coraggio. «Non sei tu Dario? E Tonno, e Cesare e Nicolas e…»
Al sentir pronunciare quei nomi, i sei ragazzi sussultarono e si guadarono spaesati.
«Voi non li dovreste conoscere» sentenziò aspramente il più alto.
«Questa storia è assurda» esclamò Emilia. Guardò gli altri per cercare un minimo di conforto. «Frank, almeno tu» supplicò.
Il ragazzo interpellato la guardò con aria diffidente. «Frank?»
«Non è possibile» sospirò affranta la ragazza.
Dopo un attimo di silenzio, a prendere nuovamente la parola fu Touwne. «Va bene, cerchiamo di procedere con calma. Come fate a conoscere quei nomi?».
Tatto e diplomazia.
«Ma sono i vostri nomi! Lo sanno tutti…».
«No, non è vero. Nessuno li conosce».
«E come altro dovremmo chiamarvi?» chiese esasperata.
Dei volti così familiari, improvvisamente, sembravano essere i più ostili e sconosciuti del mondo. Dove erano finiti i sei ragazzi bolognesi che conoscevano? Possibile che non fossero loro?
Touwne si guardò intorno e, dopo aver avuto il cenno di consenso da parte degli altri, rispose. «Io sono Touwne Strayder, e loro sono Fryienk Reytal, Daarikton Kruger, Nelsgord Ukarme, Nicøshin Cleeze, Caessheir Othone» disse, indicando rispettivamente Frank, Dario, Nelson, Nicolas e Cesare. «Facciamo parte dell’Intelligent Division della S.P.A.C.E.».
«Siamo soldati» affermò vanesio Caessheir.
«Non proprio» si intromise Nicøshin. «Diciamo che agiamo per conto del governo, ma non dobbiamo rispondere direttamente al Consiglio».
«Diciamo che aiutiamo, perché riteniamo sia giusto farlo» precisò Touwne.
«E per la fama e la gloria, no?» rise tronfio Caessheir.
«Ecco, quello magari potresti tenertelo per te e…».
«Fermi un attimo» lo interruppe Emilia, facendo un passo in avanti. «È tutto uno scherzo, vero? Perché io mi sarei anche stufata di questa situazione. Vorremmo tornare a casa. Ammetto che sia stato quasi divertente, ma adesso è il momento di finirla».
Tatto e diplomazia.
«Di finire cosa, esattamente?» domandò Daarikton, con una lentezza estrema, quasi a misurare le parole.  Teneva ancora in mano la pistola, ma si era finalmente deciso ad abbassarla, puntandola verso terra. Era incredibile come quella versione di Dario potesse incutere così tanto timore, come potesse essere così austera. Algida, quasi.
«Questa pagliacciata!» Emilia allargò le braccia come ad indicare tutto ciò che li circondava. «Cos’è, “Sfida a chi si immedesima meglio”? “Può essere una navicella”? O ”È buono sul Millennium Falcon”?! Ci state prendendo in giro?».
«Cosa c’entra il Millennium Falcon?» sussurrò il biondo all’amico vicino.
«Crede di essere dentro un film» rise Caessheir.
«Silenzio» li zittì a bassa voce Nelsgord.
Daarikton fece un sorrisetto mellifluo. «Veramente a prenderci in giro sei tu, ragazzina» sentenziò. «Fino a prova contraria, siete voi ad essere entrate senza permesso. Voi siete andate in giro tralasciando il fatto che potesse esserci qualcun altro a bordo. Voi ci state accusando di mentire, come se fossimo qui per raggirarvi. Ma non siamo noi gli intrusi. Siete voi».
La ragazza si morse il labbro, ma non rispose. Perché questa volta aveva ragione lui.
«Per questo non mi sembri proprio nella posizione giusta per avanzare delle accuse del genere» continuò, avvicinandosi a lei. «O mi sbaglio?»
Era arrivato a poco più di un metro da lei ed Emilia si costrinse a non indietreggiare.
«Ma questo non mi impedisce di cercare la verità».
«E qual è questa verità che tanto brami?» le soffiò sul volto il ragazzo, ormai davanti a lei.
Tatto e diplomazia.
«Sapere perché ci state facendo questo».
«Povera piccola bambina» rise falsamente cortese, iniziando a girarle intorno. «Perché, credi che tutto questo sia una gioco?»
«Non lo è?»
«Sei tu a dirlo».
Emilia chiuse per un attimo gli occhi. Inspirò, espirò.
Tatto e diplomazia.
Cosa diceva sempre Sherlock? Se si esclude l'impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, deve essere la verità. 
Spalancò nuovamente le palpebre.
«Io non capisco» mormorò avvilita. «Se voi non state fingendo, vuol dire che tutto questo è reale».
«Non potrebbe esserlo?»
«Ma questo implicherebbe l’esistenza di astronavi, multiversi e… strani esseri che con l’uomo non hanno nulla a che fare».
«E…»
«E questo è assurdo».
«È assurdo che esistano altre creature oltre l’essere umano? Mi sembra un po’ limitativo».
«No. Quello che è assurdo è l’essere catapultati qui, quando nel nostro mondo di tutto questo non se ne sa nulla…»
Si interruppe bruscamente. Cazzo.
Nel nostro mondo.
Nel nostro mondo.
Quindi quello non era il loro? Improvvisamente nella sua mente balenò una paura che faceva fatica a concretizzarsi. E subito le si formò un dubbio sulle labbra.
«Ammesso che tutto questo sia vero, che voi siete realmente ciò che dite di essere, noi come ci siamo arrivate fin qui?»
«Ecco. Finalmente una domanda sensata» sibilò fra i suoi capelli.
 
*  *  *  *  *  *  *  *  *  *  *  *  *  *  *  *
 
«Quindi ci state dicendo che, da dove venite voi, noi viviamo facendo video? Questo sì che è ridicolo» esclamò sorridendo Caessheir.
Erano passati alcuni minuti e le ragazze con titubanza, dopo essersi presentate, avevano provato a raccontare la loro versione.
«Non più ridicolo di quanto non sia essere qui, in un altro mondo» borbottò Angelica.
«Quello è normale. Esiste un numero infinito di mondi» spiegò Fryienk, come se fosse una cosa ovvia.
Touwne sorrise. «Anche se non era mai capitato di trovare qualcuno che conoscesse un'altra versione di noi...»
«È vero, ma prima o poi sarebbe potuto succedere».
«State dicendo che anche noi potremmo incontrare un nostro doppelgänger?» chiese basita Emilia.
Nicøshin alzò le spalle. «A questo punto nulla è escluso».          
«Perciò tutte le cose che conosciamo di voi, in realtà appartengono agli altri voi
«Qualcosa in comune potremmo anche averlo». Nelsgord alzò le spalle. «Non è detto che siamo esattamente la versione opposta».
«Sapete tante cose sugli altri noi?» chiese Towne.
Angelica catturò lo sguardo di Emilia ed entrambe non riuscirono a trattenere un sorriso.
«Giusto qualcosina».
«E come hai detto che ci chiamiamo?» chiese Caessheir.
Towne schioccò ripetutamente le dita, cercando di ricordare. «Tipo Ice Galley. O forse era Splice Alley…».
Emilia rise di cuore. «Sì, Space Valley. E credo che tra tutti i nomi che avevate pensato di darvi, questo sia l’unico a…»
Un lieve tremolio e dalla tasca della felpa della ragazza scivolò la strana trottola, fino a rotolare sul pavimento.
Subito un brusio di stupore e sconcerto agitò i ragazzi.
«Non ci posso credere!»
«È sbalorditivo...»
«Cosa?»
«È una Cuartac Hadh» esclamò Nelsgord.
Emilia lo guardò, sollevando le sopracciglia.
«È un oggetto molto potente, ne esistono pochissimi pezzi».
«Non è una semplice trottola?» chiese la ragazza, raccogliendolo da terra.
«Non sapete proprio nulla, eh?»
«Sai com’è, è la prima volta che veniamo sbalzate in un altro universo».
Fryienk sorrise. «È una sorta di… come possiamo dire?». Si interruppe un momento come a voler cercare le giuste parole. «Ecco, un interruttore dello spazio-tempo».
Le espressioni delle ragazze erano sempre più perplesse.
Il ragazzo guardò gli amici in cerca di supporto.
Touwne alzò le mani. «Fryienk, sai che di queste cose teoriche tu sei l’unico che ci capisce qualcosa».
Il ragazzo sospirò, poi si rivolse nuovamente alle nuove arrivate. «Volendolo spiegare in parole povere, questo strumento permette di aprire un varco spazio-temporale, entro una mappa estendibile presente nel suo database». Poi allungò la mano verso Emilia, come a chiederle il permesso per farsi passare la trottola, che la ragazza non negò.
Il giovane se la passò tra le mani, studiandola. «Certo, è strano. Sembrano mancare dei pezzi, e in queste condizioni è difficile che funzioni».
«Noi lo abbiamo trovato così».
«E ha funzionato?»
«Beh, siamo qui».
Il ragazzo arrossì di colpo per l’imbarazzo. «Sì, giusto».
«Credi possa funzionare di nuovo? Voglio dire… possiamo usarlo per tornare indietro?»
«Sinceramente non lo so». Fryienk continuava a osservare l’oggetto, ammaliato. «Non riesco neanche a capire come si sia attivato».
Erano tutti così intenti ad ascoltarlo, che nessuno si accorse della pacca che si diede in fronte Daarikton, fino a quando non parlò.
Tatto e diplomazia.
«Cazzo, raga. Mi sono dimenticato di Hagrid».
   
 
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