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Autore: TheGhostOfYou0    13/04/2020    3 recensioni
Un segreto in grado di distruggere una famiglia.
Un peccato tramandato di madre in figlia.
Anno 1469.
Francesco de’ Pazzi è vittima di un cognome importante ma non abbastanza, eclissato da quello della rivale famiglia de’Medici ed è pronto a tutto pur di ridare alla propria il prestigio che merita.
Fiammetta Canacci sogna una libertà che non le verrà mai concessa, fa parte delle piccola nobiltà fiorentina e lei, con un matrimonio, rappresenta l’unica possibilità per la sua famiglia caduta in disgrazia.
Sullo sfondo della Firenze del Magnifico i destini di un uomo in cerca di gloria ed un ragazza in cerca di se stessa sembrano intrecciarsi, stringersi intorno a quello della più potente famiglia del tempo, travolti in una spirale d’odio così profondo e violento da rendere difficile distinguere il bene dal male, fino ad i tragici eventi del 1478.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rinascimento
Capitoli:
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Capitolo Primo
 
Nel fuoco danza
La finzione del mondo

Firenze,
Marzo 1469

“Ite, missa est.”
“Deo gratias.”
 
 Fiammetta rispose debolmente alla formula del parroco, lasciando che la propria voce si confondesse con il coro di fedeli e lentamente si accodò per raggiungere sua madre già vicina all’uscita. 
Un brusio di sottofondo la accompagnò fuori dalla chiesa e, non appena ne percepì il calore, le sembrò quasi che il sole stesse baciando la sua pelle, riscaldando piacevolmente le membra intorpidite per il freddo umido all'interno.  Scese le scale guardandosi attorno, mentre la folla le scorreva accanto come un fiume in piena e la facciata della cattedrale incombeva su di lei in tutta la sua magnificenza.
  La maestosità di Santa Maria del Fiore la coglieva impreparata ogni volta e nonostante ormai ne conoscesse ogni dettaglio, avrebbe potuto passare ore con il naso alzato per osservarla.
Le piaceva la sensazione di piccolezza che le procurava l’edificio, la riportava ad una realtà perduta in cui l’uomo non era altro che un minuscolo tassello di qualcosa di più grande, scaturiva in lei sentimenti e riflessioni a cui nessuno l’aveva educata e che sarebbero rimasti segreti nel suo cuore, ma che le suscitavano attrazione e paura allo stesso tempo.
Resistette alla tentazione di soffermarsi sui propri pensieri e continuò a cercare sua madre.
 
  La aspettava al centro della piazza, con l’abito blu scuro ed il volto contratto in un’espressione innaturale. Domandandosi come avesse fatto ad uscire così rapidamente e perché non l’avesse aspettata, percorse i pochi passi che la separavano da lei e la affiancò con un sospiro trattenuto.
  Madonna Canacci ostentava un largo sorriso verso chiunque le rivolgesse un saluto, mentre studiava attentamente i volti che sfilavano davanti a loro, con una luce negli occhi che Fiammetta aveva imparato a conoscere negli ultimi anni e che sempre più la preoccupava.
   La guardò e le venne voglia di scappare via, in qualche posto dove la realtà potesse essere più vera, la sua esistenza più semplice e libera, dove potesse mostrare il proprio risentimento e gridare a gran voce la propria stanchezza.
 La guardò e non vide nulla in lei se non un tremendo, spaventoso vuoto.
  I capelli scuri ben raccolti ed acconciati e l’espressione accondiscendete e rilassata non lasciavano intravedere neppure la più pallida ombra dell’ira accecante che l’aveva posseduta solo qualche ora prima. Le sembrò quasi di un’altra persona. 
Provò una sensazione strana, che non seppe identificare, qualcosa di simile al rimorso, forse la disgusto, magari alla rabbia. Si domandò se non apparisse anche lei così, se non fosse altro che lo specchio di quella donna, se non stesse diventando come lei una maschera serena su un volto distrutto.
 Al solo pensiero portò una mano sui propri capelli ordinati, la lasciò lì per un po’, poi mosse le dita, incerta, ed in un gesto infinito sfilò una piccola ciocca dalla complessa acconciatura.
  “Stai ferma.” La riprese lapidaria sua madre, senza neppure concederle uno sguardo.  
 Fiammetta si voltò verso di lei. Non aveva ancora smesso di sorridere ed i suoi occhi chiari erano fissi, fermi sulle figure lontane di Lucrezia Tornabuoni e delle sue figlie.
“Dovrai apparire al tuo meglio davanti a Madonna Lucrezia.”
La rimproverò. Il suo tono era così freddo che Fiammetta venne scossa da un brivido improvviso e subito nascose dietro l’orecchio la ciocca ribelle, cercando di riparare al danno fatto.
Avrebbe voluto replicare che Lucrezia, così come la sua famiglia, sapevano perfettamente chi fosse, quale fosse il suo aspetto, che l’avevano vista composta ed aggraziata, sorridente, cordiale e ben disposta in più di un’occasione, eppure non era arrivata nessuna proposta per lei e di certo quella Domenica non sarebbe stata diversa da ogni altra.
Fiammetta preferì tacere però, abbassando il capo per scusarsi e pregando, mentre Lucrezia si avvicinava, che quell’ennesima umiliazione avesse presto fine.
 “Madonna Agnese.”  Lucrezia regalò a sua madre un sorriso tanto artefatto e tirato quanto il suo, presto imitata da Bianca e Nannina.
Le due giovani Medici avevano un’espressione divertita che mal mascheravano e si scambiavano sguardi complici. Fiammetta le immaginò ridere e schernirle non appena avessero voltato loro le spalle, riuscì persino a sentire il suono delle loro voci che si univano e si confondevano, così somiglianti da sembrare la stessa, e provò invidia e vergogna allo stesso tempo.
Bianca e Nannina erano simili in tutto: entrambe di una bellezza particolare, con i lineamenti forti che sembravano scolpiti e gli stessi capelli color grano, labbra fine, occhi grandi e scuri come la notte, ma profondi ed intelligenti. Occhi di donne che sapevano quando parlare e come farlo, in grado di combattere per ciò che desideravano e soprattutto nella posizione di farlo.
Donne complici e mai sole.
Fiammetta desiderava avere qualcuno accanto con cui dividere il fardello della sua famiglia ed il peso della discendenza. Avrebbe voluto qualcuno con cui ridere per la strada e a cui stringere la mano nei momenti difficili, ma soprattutto qualcuno a cui tenderla, capace di accettare l’amore che poteva donare.
Qualcuno che la volesse, che l’amasse sempre, con il suo stesso sangue ed i suoi stessi capelli rossi e paure, sogni, destini diversi ma sempre uniti.
 Alzò lo sguardo verso le due sorelle. Bianca non se ne accorse neppure ma Nannina, che ricambiò la sua occhiata, sembrò comprendere il suo turbamento e divenne improvvisamente seria, forse dispiaciuta.
  Fiammetta non seppe davvero come sentirsi, se amareggiata per la sua compassione o grata per la sua umanità, quindi distolse lo sguardo.   
   “Madonna Lucrezia, è sempre un piacere vedervi.”  Salutò Agnese.
 Fiammetta poteva anticipare ciò che avrebbe detto l’una o l’altra prima ancora che aprisse bocca.
Ogni Domenica la stessa conversazione, s’iniziava a vociferare che sua madre fosse stata colta da qualche strana forma d’isteria o di demenza, o che fosse, più semplicemente, disperata.
 Ma non c’era nulla di tutto questo dietro il suo accanimento.
Agnese Canacci era una donna ambiziosa che non era riuscita a realizzare poi molto nelle propria esistenza e voleva più di quanto non avrebbe mai potuto ottenere, vivendo nell’incapacità di apprezzare ciò che il Signore le aveva donato.
Agnese Canacci era, semplicemente, infelice ed eternamente insoddisfatta e Fiammetta temeva più d’ogni altra cosa al mondo di essere come lei, un giorno: triste e vuota.
 Grigia. 
Cercò di allontanarsi da quella ridicola scena, di potarsi con la mente quanto più lontana
possibile, di pensare a qualsiasi cosa pur di non vedere sua madre piegarsi ancora e perdere l’ultima briciola di dignità che le era rimasta.
 
Era colpa sua.  Fiammetta Canacci avrebbe compiuto presto diciotto anni e non aveva ancora trovato marito.
  Mentre quasi tutte le nobildonne della sua età erano sposate ed avevano regalato una discendenza ai propri mariti, Fiammetta non era neppure promessa a qualcuno.
Questo Agnese non poteva accettarlo. Aveva progettato per sua figlia, fin dal primo momento in cui l’aveva stretta tra le braccia, un matrimonio importante e vantaggioso, che risollevasse le sorti della loro famiglia, che le potesse dare il prestigio che meritava, che le donasse la felicità e la stabilità che erano mancate a lei.
  Per questo non si poteva accontentare delle proposte mediocri di piccole famiglie aristocratiche, lei puntava al meglio ed il meglio avrebbe ottenuto: lei voleva un Medici.
     Fiammetta sentiva il peso opprimente della responsabilità schiacciarle il petto in una morsa tale da spezzarle il respiro ed in lontananza i capelli scuri della sua amica Lisabetta Segni ed il sorriso sincero e radioso diretto al marito attirarono la sua attenzione, inchiodandola con una silenziosa accusa.
Quando Lisabetta si accorse di lei, alzò la mano in segno di saluto.
Fiammetta non rispose, gli occhi persi e vacui, fermi nel punto in cui la sua amica si trovava fino ad un istante prima. I suoni erano lontani, le voci poco più che un brusio ovattato e tutto taceva, mentre la sua mente parlava.
 
Tu non ce l’hai fatta.
  Guarda tutto quello che non sarai mai.”

 
Strinse i pugni, così tanto che le unghie graffiarono la pelle morbida.
“Fiammetta.” La chiamò a bassa voce Nannina, per non interrompere Agnese e Lucrezia.
Adesso anche lo sguardo di Bianca era su di lei, enigmatico e dubbioso.
Teneva il sopracciglio alzato, guardava le sue mani stette e le nocche bianche. Fiammetta si ricompose, carezzò la lunga gonna per calmarsi, un gesto spontaneo che ripeteva fin da bambina e poi si voltò verso sua madre,cercando di evitare ogni contatto con la maggiore delle due Medici.
  L’espressione sul volto di Bianca era molto meno cordiale ed amichevole rispetto a quella di Nannina, la metteva a disagio, sembrava rendere più reali i suoi timori e le sue insicurezze.    
 
“E quindi Madonna, vostro figlio non ha ancora deciso di prender moglie?” Domandò Agnese. Fiammetta scosse il capo automaticamente, un gesto  che non passò inosservato alla donna.
 Il suo sorriso cedette per un attimo, appena un battito di ciglia, un impercettibile momento.
Fiammetta lo colse e comprese che una volta tornate a casa sarebbe ricominciato tutto da capo: la rabbia, la frustrazione, la paura di non farcela.
  Non c’era bisogno parlasse, nella sua mente Fiammetta la udì chiaramente ricordarle che dipendeva tutto da lei e che stava fallendo miseramente.
Fiammetta era la sua unica figlia, l’unica che non fosse morta infante per lo meno.
 Era forte, destinata a grandi cose e Agnese puntava ogni cosa su di lei.
 
      “Il mio Giuliano è un uomo difficile, non si accontenta.” Replicò Lucrezia, spostando la sua attenzione sulla giovane Canacci.
Erano parole semplici, messaggio chiaro.  
Non era abbastanza per un Medici, non lo era lei e neppure era la sua famiglia.
“Ad ogni modo ci sono tanti giovani nobili molto più facili da accontentare.” Continuò.
Ma Fiametta aveva smesso di prestare attenzione e, chiusa nel proprio silenzio, riprese ad osservare il punto in cui Lisabetta era scomparsa, cercando un appiglio, un obiettivo, un motivo.  
Tutto ciò che vide furono gli occhi di un uomo che guardava nella loro direzione.
Anzi, guardava proprio lei.
 
 Per un attimo Fiammetta Canacci ebbe la sensazione di essere sola al centro di quella piazza.
Di essere sola in tutto il mondo.
Lei e quegli occhi lontani, riflessi nei suoi. 
 
   
 
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