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Autore: lagertha95    15/04/2020    1 recensioni
[ShikamaruxNuovoPersonaggio] [Post Quarta Guerra Mondiale Ninja] [accenni ShikamaruxTemari, AsumaxKurenai e KakashixIno]
Shikamaru Nara: tanto intelligente quanto pigro incontra Miyoko Senju, talentuosa kunoichi e nipote di Tsunade, da ragazzino. Insieme formano una squadra formidabile di spie, tanto da essere inviati in missione per tutti i paesi prima da Tsunade poi da Kakashi, crescendo e - senza ammetterlo - innamorandosi. Una missione separati è sufficiente per distruggere tutto quello che hanno costruito, con Shikamaru che volta le spalle a tutto e tutti e fugge a Suna. Dieci anni dopo la sua partenza il giovane Nara torna a casa, trovando cambiamenti inaspettati.
Dal testo:
«Che cosa pensavi, eh? Di tornare e trovare tutto come quando lo hai lasciato? Il tuo essere pigro e arrogante, cosa di cui mi prendo ogni responsabilità, ti ha sempre fatto scegliere la strada più semplice, anche quando avresti dovuto fermarti, riflettere e capire. Invece hai preso e sei partito, voltando le spalle a tutti, noi compresi.» Shikamaru ascoltava la madre in silenzio. «Non hai visto in che condizioni si era ridotta, farti tornare avrebbe voluto dire darle il colpo di grazia.»
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Ino Yamanaka, Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Shikamaru Nara | Coppie: Asuma/Kurenai, Shikamaru/Temari
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Salve a tutti/e!
Eccoci qui con la seconda e ultima parte di questa storia che mi ha fatto tanto piacere scrivere.
Poche chiacchiere stavolta, mi limito ad augurarvi buona lettura e a mandarvi un grande bacio.
Lagertha


La resa dei conti
 

Passò un’intera settimana prima che Shikamaru trovasse il coraggio di bussare alla porta di Miyoko e il coraggio venne meno quando ad aprirgli fu un ragazzino uguale identico a Miyoko che doveva avere non più di una decina di anni.
«Ciao, cerco Miyoko Senju-»
«Ciao, sì, MAMMA!»
«Yuki! Quante volte ti ho detto di non aprire-Shikamaru, ciao. Yuki, vai a giocare per favore.»
Shikamaru guardava, a turno, Miyoko e il bambino, in testa soltanto una parola: mamma.
Mentre i passi leggeri del bambino risuonavano per le scale, Miyoko, rossa in viso come un peperone, tornò a guardare Shikamaru. «Vuoi accomodarti?» sussurrò, facendo strada verso la cucina.
«Perché non me lo hai detto?» Miyoko si bloccò in mezzo al corridoio, le spalle rigide e le mani tremanti.
«Dovevi scegliere di restare perché era quello che volevi, non perché c’era qualcosa che ti legava a questo posto.»
«Sei stata ingiusta.»
«Mi hai fatto del male.»
«Hai detto che non me ne facevi una colpa.»
«Ed è così. Non ti do nessuna colpa, hai scelto, tutti hanno il diritto di scegliere.»
«Tutti hanno il diritto di sapere, Miyoko, e poi di scegliere!»
«L’ho saputo che eri già partito.»

~
 
Miyoko vomitava da giorni, ogni mattina.
Tutti pensavano che fosse il dolore, tutti tranne Tsunade.
«Miyoko è incinta, non è vero, Ino?» La donna aveva convocato la ragazza quella mattina, due settimane dopo la partenza di Shikamaru. «E non azzardarti a mentirmi mocciosa.»
«Non lo so, ma non sta bene.»
«Portami da lei. Adesso.»
Quando erano arrivate da Miyoko, Ino aveva guardato l’amica e aveva scosso il capo, Miyoko aveva aperto le cataratte e aveva raccontato tutto. Diciotto anni e una gravidanza da affrontare da sola. Tsunade avrebbe volentieri urlato, ma sapeva che non sarebbe servito a nulla se non a spaventare ancora di più Miyoko.
«Devi dirglielo.»
«Ha scelto.»
«Miyoko, devi dirlo a Shikamaru.»
«Ha scelto lei, zia, ha lasciato Konoha.»
«Miyoko…»
«No. Tornerebbe solo perché si sentirebbe in dovere di farlo e io non ho nessuna intenzione di trascinarlo in una cosa che non vuole. No, basta. Non saprà nulla, nessuno dovrà dirgli nulla.»

~
 
«Non avevo dato peso a quelle nausee e ho fatto promettere a Ino che non ti avrebbe detto nulla.»
«Perché non hai fatto promettere anche a Choji?»
«Perché sapevo che Ino sarebbe stata l’unica a venire a trovarti a Suna, l’unica a cui avresti permesso-»
«L’unica a cui avrei permesso di restare, ho capito.»
Era strano per entrambi trovarsi l’uno di fronte all’altra, il cuore impazzito e il cervello che cercava di tenere le redini di un cavallo impazzito.
«Lui…»
«Non ti odia, se è quello che ti stai domandando.» Miyoko tirò fuori sakè e sigarette e si sedette, indicando a Shikamaru la sedia di fronte. «Gli ho detto che il suo papà è un uomo molto buono, che è andato via tanto tempo fa, prima che io sapessi di essere incinta, che non sono mai riuscita a contattarlo-»
«Che non hai mai voluto contattarlo, Miyoko.»
«Yuki è un bambino intelligente, non ho dovuto spiegargli per filo e per segno cosa ci ha portato lontani, Shikamaru, e le voci nel villaggio girano.»
«Perché non mi ha cercato?»
Shikamaru si sentì improvvisamente un idiota quando lo sguardo addolorato di Miyoko gli si posò addosso: lo amava ancora. Nonostante tutto, Miyoko lo amava quanto e forse più di prima e il ragazzino non avrebbe mai ferito sua madre andando a cercare il padre chissà dove, in una replica orribile di quella partenza che l’aveva distrutta.
«Mi dispiace…»
«Lo so, dispiace anche a me.»


«Come credi che sia andata?»
Asuma, appoggiato alla ringhiera del balcone, si sentì stringere dalle braccia forti e magre di Kurenai.
«Sinceramente? Non ne ho idea.»
«Li conosci meglio di chiunque altro, sono certa che hai fatto la cosa migliore per entrambi…»
«Ma se non fosse la cosa giusta per Yuki?»
«È intelligente come suo padre e Miyoko è sempre stata troppo evasiva e al contempo emotiva sull’argomento perché Yuki non si sia fatto delle domande.» Kurenai lo affiancò, lo sguardo fisso sul bosco. «E in ogni caso, Shikamaru è tornato per restare, prima o poi la cosa sarebbe venuta fuori comunque, non puoi nascondere un bambino in eterno.» Kurenai si voltò verso il compagno. «In più, ho l’impressione che tra non molto quei due verranno mandati di nuovo in missione insieme e tutti e due sappiamo che cosa vuol dire, Asuma.»
Sì, Kurenai aveva ragione, sapevano entrambi cosa avrebbe significato per Shikamaru e Miyoko partire di nuovo in missione insieme.
 
 
Kakashi li convocò entrambi un mese dopo l’incontro di Shikamaru con Yuki.

~
 
«Yuki! Esci di lì, per favore.»
Il ragazzino aveva fatto capolino dalle scale e, timidamente, aveva fatto il suo ingresso nella cucina.
«Non volevo origliare, mamma, scusami.» a testa bassa e con le guance rosse Yuki era andato a sedersi di fianco a Miyoko.
«Yuki, vorrei presentarti una persona molto importante.»
Il ragazzino aveva spostato lo sguardo dalla madre al giovane uomo che gli stava seduto di fronte, era rimasto qualche minuto in silenzio con le mani giunte di fronte al viso in quel gesto che a Miyoko aveva sempre spezzato il cuore, tanto era simile a quello di Shikamaru, e poi aveva disteso il viso in un sorriso timido e teso la mano.
«Ciao, io sono Yuki Senju, tu devi essere il mio papà.»
Se Shikamaru era rimasto sorpreso di certo non lo aveva dato a vedere al ragazzino, anche se era perfettamente cosciente che Miyoko avrebbe saputo leggerlo, esattamente come aveva sempre saputo fare.
Miyoko sorrideva, fiera del figlio che aveva cresciuto.
«Shikamaru Nara, piacere mio.»
Da quella sera, Shikamaru era diventato ospite fisso a casa di Miyoko.
Aveva discusso anche con i suoi genitori, visto che in dieci anni – dieci, cazzo – non gli avevano detto nulla.
«Tu eri partito, Miyoko era distrutta e incinta, ci è stato chiesto di non dire niente e niente ti abbiamo detto. Miyoko aveva ragione: non dovevi tornare per dovere, dovevi tornare perché lo desideravi.» aveva risposto Shikaku scrollando le spalle quando Shikamaru gli aveva urlato addosso che sarebbe bastato un accenno al figlio per farlo tornare. «Siamo stati nonni, così come lo sono stati tutti gli altri abitanti del villaggio, Miyoko non ci ha mai impedito di vedere Yuki, anzi.»
Durante tutta la discussione Yoshino era rimasta in silenzio, osservando quel figlio che non vedeva da dieci anni, quel figlio a cui Yuki somigliava così tanto.
«Che cosa pensavi, eh? Di tornare e trovare tutto come quando lo hai lasciato? Il tuo essere pigro e arrogante, cosa di cui mi prendo ogni responsabilità, ti ha sempre fatto scegliere la strada più semplice, anche quando avresti dovuto fermarti, riflettere e capire. Invece hai preso e sei partito, voltando le spalle a tutti, noi compresi.» Shikamaru ascoltava la madre in silenzio. «Non hai visto in che condizioni si era ridotta, farti tornare avrebbe voluto dire darle il colpo di grazia. Abbiamo dato retta alla ragazza e mantenuto il segreto.» Poi il viso di Yoshino si addolcì. «Adesso però puoi rimediare ai tuoi errori, figliolo. Hai conosciuto Yuki, Miyoko non ti impedirà di vederlo…usa quello che lei ti concede e fai ciò che avresti dovuto fare dieci anni fa.»

~
 
«Hokage, ciao Miyoko.» Shikamaru fece il proprio ingresso nell’ufficio dell’hokage e non fu sorpreso di trovarci la sua vecchia compagna di missioni: sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato visto che nessuno, nei cinque Paesi, si era scordato di quanto fossero formidabili come squadra di spionaggio.
«Tra due giorni, all’alba, partirete per il Paese dell’acqua. Piccoli gruppi di idioti seminano il caos nel villaggio della nebbia. Questa volta sembrano essere meglio organizzati, però, quindi il villaggio ha richiesto il vostro intervento. Evidentemente hanno saputo del tuo ritorno, Shikamaru.» Miyoko e Shikamaru aprirono la bocca in contemporanea, pronti a ribattere che non era il caso. «Prima che vi rifiutate o cominciate a discutere, non potete dire di no. La richiesta ha chiarito che vogliono tutti e due, pena la rottura degli accordi tra il Villaggio della Nebbia e quello della Foglia e lo scoppio di una nuova guerra. Mi dispiace ragazzi, non potete rifiutarvi.»
Kakashi li congedò quasi immediatamente, senza lasciare loro tempo per ribattere.
Una volta fuori, Miyoko sospirò pesantemente.
«Vado ad avvertire Yuki e a fare i bagagli.» disse. «Se vuoi passare stasera, magari ceniamo insieme…» aggiunse, arrossendo.
Nonostante il cuore che aveva perso un colpo, Shikamaru mantenne la facciata di sempre. «Mi farebbe piacere, verso-»
«Verso le otto? Che ne dici?»
«Sarò puntuale.»
Miyoko ridacchiò, incamminandosi verso casa sua per poi girarsi all’ultimo. «Tu non sei mai puntuale, Shikamaru.»
Quella risata così sincera lo fece sorridere.
 
 
«Mamma, quando Miyoko partiva in missione, Yuki con chi restava?» chiese, mentre sua madre gli posava alcuni vestiti sul letto.
«Con noi, spesso, oppure con Ino o Tsunade…un po’ tutto il villaggio si è preso cura di lui quando Miyoko non c’era.» poi, sull’uscio, Yoshino aggiunse «Yuki è un bambino molto amato, Shikamaru.»
Shikamaru annuì, continuando a piegare le magliette e a riporle nello zaino: da Miyoko non si sarebbe aspettato nulla di diverso.

~
 
«Sei un idiota.»
Nella stanza d’albergo, seduta a gambe incrociate sul letto, Miyoko digrignava i denti mentre dava un’occhiata alla spalla di Shikamaru, ferita e lussata.
«Stavi per cadere.» aveva risposto lui, senza fare una piega neanche quando con un colpo secco la ragazza gli aveva risistemato la spalla. «Cosa avrei dovuto fare?»
«Evitare di farti male!» aveva ribattuto lei, dandogli uno scappellotto e guardandolo malissimo per un attimo, prima di essere avvolta dall’abbraccio stretto del ragazzo che ricadde sul letto ridendo.
«Non devi farti male per me, idiota!» lo aveva rimproverato Miyoko tirandosi su e liberandolo dal suo peso. «Non posso ogni volta prendermi cura di te.»
Shikamaru aveva chiesto scusa e l’aveva trascinata di nuovo giù, baciandole dolcemente i capelli e le labbra, accarezzandola con la mano sana, sapendo che lei si sarebbe sempre presa cura di lui. 

~
 
Miyoko si era sempre presa cura di lui, sempre.
Shikamaru ci pensò tutto il pomeriggio, finché poco prima delle otto non uscì di casa e, con il suo solito passo strascicato, si avviò verso casa di Miyoko.
Passando di fronte al negozio di Ino, preso da un istinto che non aveva mai provato prima, entrò.
«Ciao Ino.»
«Ehi, Shikamaru! Che ci fai qui?»
Ino lo osservò aggirarsi tra i fiori e le piante, aspettando paziente che l’amico le dicesse ciò che gli passava per la testa.
«Cercavo dei fiori da portare a Miyoko.» si arrese alla fine. «Sono a cena da lei e da Yuki, stasera.»
«Raccontami!» lo esortò Ino mentre prendeva un fiore qui e un fiore lì, componendo uno splendido bouquet sui toni del bianco. «Com’è fare il papà?»
«Strano può andare come risposta?» sorrise Shikamaru appoggiato al bancone, ascoltando la risata argentina dell’amica. «Miyoko ha fatto un ottimo lavoro con Yuki e sono sorpreso che non gli abbia mai parlato male di me…»
«Non lo avrebbe mai fatto, Shikamaru! Hai ferito Miyoko, ma non avrebbe mai detto niente che ti screditasse agli occhi di vostro figlio. È stata una mamma in gamba, sai?» Ino si tirò su e fece un bel fiocco al mazzo di calle e gigli. «Tieni e vai, continua a tenere tantissimo alla puntualità e noi avremo altre occasioni per parlare.»
Shikamaru sorrise e scappò via, sentendosi un ragazzino con quindici anni in meno sulle spalle.
Quando bussò alla porta di Miyoko mancava un minuto alle otto.
«Ciao, entra pure.» Miyoko aveva le guance rosse e i capelli sciolti, il corpo fasciato da una tunica aderente di stoffa lucida. «Accomodati, tra poco è pronto.» Tirò fuori un vaso da un mobiletto e lo riempì d’acqua, mettendoci poi i fiori.
«Posso darti una mano?»
Miyoko si voltò stupita, poi scosse la testa.
«Yuki è di sopra a finire i compiti, se ti va puoi salire…»
Non gli aveva mai permesso di salire di sopra, prima, al piano delle camere da letto e Shikamaru da una parte lo capiva: lui e Yuki dovevano ancora prendersi le misure, un ambiente neutro come il salotto o il parco era sicuramente meglio. Guardandola per assicurarsi che fosse seria, imboccò le scale.
Il ragazzino era chino sui libri, apparentemente attento, ma Shikamaru avrebbe riconosciuto ovunque quella posizione e si fece sfuggire una risata. Yuki si tirò su di colpo, asciugando furtivamente la bocca.
«Sono io, non preoccuparti.» Era decisamente suo figlio, con quel modo di dormire sui libri senza farsi beccare. «Ma ti consiglio di fare più attenzione, tua madre è molto attenta, ti beccherebbe subito.»
«Ogni tanto mi ha beccato…non sai le urla che mi sono dovuto sorbire.»
«Hai bisogno di una mano?» gli chiese, avvicinandosi alla scrivania.
Shikamaru non era ancora sicuro di sentirsi padre. In quel momento, per esempio, si sentiva più un amico di famiglia, uno zio che era rimasto lontano tanto tempo. Yuki scosse la testa, chiuse i libri e si alzò. «Ho finito.»
«Siete arrivati giusto in tempo!» esclamò Miyoko quando li sentì scendere. «C’è da apparecchiare, forza, a lavoro!»
«Che seccatura…» borbottò Yuki torvo sotto lo sguardo divertito di Shikamaru, per poi obbedire e iniziare ad apparecchiare.
«Come vi siete conosciuti, tu e la mamma?»  la voce di Yuki ruppe il silenzio del dopo cena, mentre i tre mangiavano il gelato.
Shikamaru deglutì in silenzio godendosi il viso di Miyoko che assumeva tutte le sfumature di rosso possibili.
«Eravamo compagni di squadra.» si limitò a rispondere Shikamaru.
«E perché te ne sei andato, alla fine?»
Miyoko impallidì e Shikamaru quasi si strozzò con il gelato: quel ragazzino sapeva precisamente dove puntare il kunai.
«Perché siamo sempre stati due testardi arroganti, Yuki, e non ci siamo mai capiti davvero, commettendo uno sbaglio dopo l’altro, troppo orgogliosi per fare un passo indietro.» Shikamaru si voltò a fissare Miyoko che si era alzata e aveva iniziato a sparecchiare. «Eravamo giovani e sciocchi. Se c’è una cosa che ho imparato da tutto questo è che bisogna sempre dire quello che si pensa, Yuki, sempre. Anche quando ci si potrebbe fare male o si potrebbe fare male agli altri.» Sapeva che quello era il modo in cui gli stava chiedendo scusa per gli errori commessi e sapeva anche che non ce n’era bisogno, perché gli errori grossi, tra i due, li aveva commessi lui.
«Si sta facendo tardi e domattina dobbiamo partire presto…forse è meglio che torni a casa.» disse alzandosi.
L’imbarazzo invase serpeggiante la cucina. Le volte prima si erano visti di pomeriggio e Shikamaru era sempre tornato a casa limitandosi ad un semplice ciao. Questa volta però era diverso: era sera e all’alba lui e Miyoko sarebbero partiti senza sapere quanto sarebbero stati via. Miyoko si era nascosta in cucina tra piatti e bicchieri mentre Yuki lo guardava strano, come fosse in attesa del passo che avrebbe determinato l’accettazione o il rifiuto di quel padre che non c’era mai stato.
«Però prima…posso salire a darti la buonanotte?»
A Miyoko scivolò di mano un bicchiere che fu ripreso prima di cadere nell’acquaio. Yuki, dopo aver guardato stranito quell’uomo che era piombato nella vita sua e di sua madre sconvolgendola, annuì.
«Sai, anche se può non sembrare, Yuki ti si è già affezionato.» Silenziosa come sempre, Miyoko lo aveva affiancato e insieme a lui aveva guardato il figlio salire al piano di sopra.
«Hai fatto un ottimo lavoro Miyoko, davvero.»
«I tuoi mi hanno aiutata più di quanto tu possa pensare.»
«Non-»
«Penso davvero quello che ho detto a Yuki, Shikamaru. Abbiamo commesso entrambi errori che paghiamo oggi. Vai ora, ti starà aspettando.»
Miyoko tornò a sistemare la cucina mentre Shikamaru salì al piano di sopra, trovando Yuki già a letto.
«Mi piaci.» esordì il bambino guardando Shikamaru con occhi scuri e vispi. «La mamma è più felice da quando sei tornato.»
«Mi piaci anche tu e anche io sono più felice da quando sono tornato.» rispose Shikamaru, guardandolo dalla soglia della stanza.
«Vedi di comportarti bene allora, mi dispiacerebbe che tu te ne andassi di nuovo.» rispose Yuki guardandolo serio. «Buonanotte papà.» concluse, spegnendo la luce.
 
«Allora?» Miyoko lo aspettava seduta in terrazza, le gambe distese, una sigaretta tra le labbra e due bicchieri di sakè pronti sul tavolino.
«Ha tanto di te.»
«Ha molto più di te, posso assicurartelo.»
«Mi ha chiamato papà.»
«Shikamaru è un nome difficile.»
«Sii seria.»
«Come volevi che ti chiamasse? Non ho mai rinnegato la tua paternità, non gli ho mai parlato male di te, sa che i tuoi sono i suoi veri nonni…ti ama, Shikamaru, non ce l’ha mai fatta a non amarti.»
Shikamaru la osservò dare un lungo tiro alla sigaretta, le dita leggermente tremanti e gli occhi lucidi.
«Cosa-»
«È tardi, tra poche ore dovremo partire. Puoi dormire qui, se non vuoi tornare a casa, le cose per la missione possiamo passare a prenderle domattina.»
Miyoko si alzò, spense la sigaretta e senza guardarlo neanche per un secondo ritornò in casa. Shikamaru ascoltò i suoi passi salire al piano di sopra mentre decideva che cosa fare.

~
 
La prima volta che si era fermato a dormire da Miyoko era stato di ritorno da una missione.
Quella strana cosa che avevano in ballo aveva varcato le mura del villaggio, entrando a Konoha così come era entrato in loro.
Avevano portato a termine la missione rapidamente ed erano tornati a fare rapporto a Kakashi, ma erano arrivati a sera tarda e avevano deciso di rimandare tutto alla mattina dopo: d’altronde, non era una missione di vitale importanza quindi avrebbero potuto tranquillamente fare rapporto il giorno dopo.
La casa di Miyoko era molto carina, piccola e tutta su un piano, accogliente. Shikamaru aveva fatto il suo ingresso con la curiosità di chi scopre cose nuove e mentre la ragazza metteva in tavola qualcosa da mangiare, lui aveva iniziato a curiosare.
Miyoko lo aveva beccato mentre ficcanasava negli album di fotografie che erano su un mobile nel piccolo salotto.
«Che cosa fai?»
«Somigliavi ad un maschio.» aveva risposto, passandole una foto in cui aveva sei o sette anni, i capelli tagliati cortissimi e un sorrisetto furbo sulle labbra.
«Ero felice e pestifera, a quel tempo.»
Shikamaru continuava a scorrere le pagine dell’album, fotografia dopo fotografia, guardando Miyoko crescere sulla carta fotografica. «Poi sono arrivata qui e qualcuno è entrato a gamba tesa nella mia vita incasinandola.» aveva detto lei, facendo capolino da sopra la spalla e sussurrandogli nell’orecchio.
Shikamaru aveva sorriso e rimesso a posto gli album.
«Vuoi restare a dormire? È molto tardi, ai tuoi prenderà un colpo se-»
«Sì, vorrei restare a dormire.»

~
 
Restare a dormire da Miyoko era stato un passo importante a cui nessuno dei due aveva dato il giusto peso.
“Questa volta non rifarò gli stessi errori.”
Shikamaru salì le scale e bussò alla porta della stanza di Miyoko.
«Entra pure.»
Miyoko stava finendo di sistemare le cose per il viaggio e a Shikamaru vennero in mente tutte le volte che l’aveva aiutata a fare i bagagli. Le si affiancò e, in silenzio, cominciò ad aiutarla.
«Vado a dormire a casa, domattina-»
Le passò l’ultimo paio di pantaloncini.
«Ci troviamo al solito posto.» Il rumore della cerniera dello zaino che si chiudeva riempì il silenzio della stanza.
«Buonanotte Miyoko.»
Le diede un lungo bacio sui capelli e uscì dalla stanza.
No, non avrebbe commesso gli stessi errori di un tempo: avrebbe dato il giusto peso ad ogni cosa.
 
 
Kakashi ne aveva abbastanza della bionda allieva di Asuma, decisamente abbastanza.
«Li hai mandati di nuovo in missione insieme? Ma si può sapere che cosa diavolo ti passa per la mente in questo periodo, brutto idiota?»
Ino Yamanaka era sempre stata molto decisa e crescendo il suo carattere volitivo si era fatto ancora più forte, tanto da non farle temere neanche di affrontare l’hokage. Kakashi aveva perso il conto delle volte in cui Ino si era presentata da lui, furiosa e urlante, lamentandosi di qualcosa. Eppure, c’era qualcosa in quella ragazza che spingeva il sesto hokage a perdonarle ogni volta ogni cosa.
«Siediti…»
Ma Ino era – come sempre – partita per la tangente e non aveva nessuna intenzione di fermarsi ad ascoltare quello che l’hokage aveva da dire.
«Non ti è bastato mandarla a prenderlo? Dovevi proprio mandarli in missione insieme? Tu vuoi la rovina di quei due, ammettilo!»
«Ino…»
«Potevi almeno concedere loro un altro po’ di tempo! Shikamaru ha appena conosciuto Yuki-» si fermò, guardando sospettosa l’hokage. «Non è che sei innamorato di lei?»
«Ino Yamanaka, ti ordino di ascoltarmi!» Kakashi alla fine non aveva trovato altro modo per attirare l’attenzione della ragazza che alzare la voce. «Credi davvero che non mi sia mai reso conto degli errori che ho commesso con quei due? Non sono diventato hokage a caso, sai?»
Ino nutriva tutti i suoi dubbi sull’ultima questione, ma decise di lasciarlo parlare e, imbronciata, si zittì.
«Quando gli ho assegnato il recupero di Temari l’ho fatto in nome dell’alleanza tra i villaggi della Foglia e della Sabbia, in nome dell’amicizia che ci lega a Gaara, non pensavo che i risultati di quella missione sarebbero stati Miyoko incinta e Shikamaru in partenza.»
Ino ascoltava Kakashi parlare e intanto considerava quanto il maestro fosse diventato più bello, oltre che più saggio. Qualche ruga intorno agli occhi accentuava quel suo sguardo apparentemente sfaticato – così simile a quello di Shikamaru – ma tremendamente affascinante.
«Ehi, Ino, mi stai ascoltando?» Ino fece cenno di sì, riportando l’attenzione sulle parole dell’hokage. «Dicevo che mandarli in missione insieme è un modo per farli restare soli, senza il villaggio intorno che non farebbe altro che mettere loro pressione, senza Yuki che renderebbe tutto più complicato. Devono conoscersi di nuovo, non credi?» Ino annuì, incerta sull’effettiva utilità di quella missione, e fece per uscire. «Ah, Ino, stasera ti andrebbe di cenare insieme? Vorrei parlarti di una cosa…»
 
 
«Perché tutta questa roba?»
Shikamaru osservava Miyoko sfare la valigia, valigia che apparentemente conteneva metà dell’armadio della donna.
«La maternità.» rispose Miyoko guardando sconsolata la marea di roba inutile che si era portata dietro e che adesso era sul letto.
Shikamaru scoppiò a ridere. «Beh, se non altro se avessimo bisogno di un ciuccio per un poppante non dovremmo andare a comprarlo!» esclamò, indicando un ciucciotto di caucciù.
Miyoko arrossì e rimise tutto ciò che non sarebbe mai servito loro nello zaino, poi si rifugiò nel bagno e sotto la doccia, a un passo da chi le aveva stravolto in mille e più modi la vita, Miyoko iniziò a pensare.

~
 
La pancia cresceva e con lei il magone che Miyoko sentiva alla bocca dello stomaco.
Ino le teneva compagnia ogni giorno e quando non c’era Ino, c’erano Tsunade o Kakashi o Choji che però con il suo continuo mangiare le faceva venire la nausea.
Kakashi si era rivelato un buon amico, nonostante fosse la causa principale di tutto quel casino.
Si era scusato mille e più volte: per aver mandato Shikamaru da solo, per non aver saputo vedere la verità, per averla messa in quei pasticci…si era addirittura proposto per richiamare Shikamaru a casa, ma Miyoko gli aveva risposto come aveva risposto a chiunque le avesse detto qualcosa: Shikamaru doveva tornare perché lo voleva, non perché obbligato da qualcosa di più grande di lui.
Aveva smesso di dare la colpa a Kakashi qualche tempo prima, quando Tsunade l’aveva messa di fronte alla verità: si era innamorata di Shikamaru, si era sentita tradita e anche adesso, con la gravidanza in mezzo, non avrebbe mai fatto neanche un passo indietro, testarda, rancorosa ed orgogliosa.
In giardino, spalmata sulla sedia, Miyoko rifletteva carezzandosi la pancia mentre di fianco a lei Ino prendeva il sole.
«Yoshino e Shikaku non capiscono che cosa sia successo…non riescono a capire perché Shikamaru sia partito così, di punto in bianco.»
«Non gli dirò nulla, Ino.»
«Sono delle brave persone, potrebbero aiutarti-»
«Ho detto di no, Ino.»
«Gli sbagli di Shikamaru non devono ricadere su di loro, non se lo meritano.» insistette Ino togliendosi gli occhiali da sole e fissando la pancia dell’amica. «Sarà il loro primo nipotino, Miyoko…»
«Ci penserò, ok?»
Ino si era messa di nuovo gli occhiali e aveva sorriso: l’amica avrebbe ceduto, lo sapeva.
 
Infatti neanche una settimana dopo Miyoko Senju si era presentata alla porta dei Nara.
«Salve signora Nara, vorrei parlare con lei e suo marito…» aveva detto, mentre lo sguardo di Yoshino si fermava sulla pancia ormai bella rotonda della ragazza.
«SHIKAKU!»
In realtà il confronto con i genitori di Shikamaru, dopo le prime grida a denti stretti di Yoshino e il silenzio di Shikaku, era andato decisamente bene. I due avevano capito le ragioni della ragazza e, anche se non in completo accordo, avevano accettato di mantenere il segreto con quel figlio che dalla sua partenza non aveva dato nessuna notizia.
Mentre la madre di Shikamaru si era rifugiata – furiosa come poche volte – in cucina, Shikaku aveva osservato in silenzio quella ragazza che appariva tanto fragile e solida al tempo stesso, soffermandosi come la moglie prima di lui sulla pancia.
«Quanto?»
«Quasi sette mesi.»
«Sei parecchio avanti.»
«Ci ho messo tanto ad accorgermene e altrettanto a decidere di venire da voi.»
«Sono contento che alla fine tu sia venuta.»
Disse Shikaku sorridendo. «Anche Yoshino è contenta, anche se ora è di là a brontolare e a insultare nostro figlio. Siamo felici, davvero.»
 
«Yoshino, Shikaku, vi presento Yuki.»
Miyoko era sudata fradicia e decisamente sconvolta, ma accolse ugualmente i suoceri emozionati con un sorriso e fece un cenno a Tsunade perché desse loro il neonato che, anche se nato da pochi minuti, paonazzo e ancora col visino gonfio, già assomigliava a Shikamaru.

~
 
«Miyoko sei per caso caduta nella doccia?»
La voce preoccupata di Shikamaru la riportò al presente, presente in cui erano in missione e lei era sotto lo scroscio della doccia, i capelli ancora insaponati.
«Tutto bene, arrivo!»
Quando uscì dal bagno, Shikamaru la aspettava sulla porta e quasi la travolse nel superarla per fiondarsi sotto la doccia, inspirando a fondo il profumo di lei, reso più intenso dalla pelle ancora calda.
 
“Non è cambiato nulla.” Shikamaru appoggiò la fronte sulle piastrelle della doccia e chiuse gli occhi.

~
 
«Ehi! Shikamaru svegliati!» Temari lo scuoteva. Aveva aperto gli occhi e in un attimo era tornato alla realtà. Konoha era dove era sempre stata da quattro anni a quella parte: lontana chilometri e chilometri da lui. Asciugandosi la fronte e sotto lo sguardo attento – e sospettoso – di Temari, Shikamaru si chiuse la porta del bagno alle spalle, mettendo un muro tra sé e tutta quella sabbia.
 
Aveva sentito i suoi genitori e le loro voci gli erano suonate strane, come quando era piccolo, suo padre doveva partire in missione, nessuno dei due voleva dirglielo e il risultato erano frasi spezzate e voci tremanti.
Non capiva che cosa stesse succedendo, al villaggio, ma non aveva il coraggio di chiederlo, temendo la possibile risposta. Come avrebbe reagito se gli avessero detto che Miyoko si stava per sposare, o che era rimasta incinta di un idiota qualsiasi o…il problema, se così si poteva chiamare, era e restava uno: Miyoko.
 
«Come stai?» Ino lo guardava e aspettava una risposta, una risposta sincera, non una delle solite risposte che propinava a quell’idiota della principessa della sabbia che sembrava credere a qualunque cosa uscisse dalle labbra sottili di Shikamaru. «E non provare a mentirmi, sai che con me non funziona.»
«Di merda, Ino.» aveva risposto alla fine il ragazzo accendendosi una sigaretta. «La sogno quasi ogni notte e nel sonno parlo, così Temari, di giorno, non fa altro che chiedermi di chi io stia parlando-»
«E tu non le rispondi perché…?»
«Perché non la riguarda.»
Ino aveva tutti i suoi dubbi su che il fatto che Miyoko popolasse i sogni di Shikamaru non riguardasse Temari, ma se ne stette zitta, pensando che alla fine, se il suo amico era un idiota non era di certo colpa sua.
 
Temari gli aveva raccontato del suo primo ragazzo, un idiota del villaggio tutto tronfio e decisamente poco intelligente. Shikamaru non si era stupito granché quando non aveva provato il benché minimo accenno di gelosia e non le aveva raccontato nulla di sé, omettendo il piccolo particolare di una ragazza mora e minuta che gli aveva preso il cuore tanto tempo prima.
La principessa della sabbia non aveva fatto domande, ma sapeva perfettamente che Shikamaru stava mentendo. “Finché resta con me va bene così.” Si era detta, ma aveva mentito anche lei perché sentirlo gridare nella notte “Miyoko!” la distruggeva.

~
 
Come sempre, la scacchiera era pronta sul letto quando Shikamaru uscì dalla doccia.
«Sincerità assoluta, una mossa una domanda.»
Miyoko annuì e mosse il pedone mentre Shikamaru, ancora avvolto nell’asciugamano, si sedeva sul letto.
«Perché non mi hai mai detto di lei?»
«Perché era soltanto un’amica. Perché non mi hai ascoltato, quando sono tornato dalla missione?»
«Perché i giornali parlavano chiaro, non avevo bisogno di altre bugie da parte tua. Perché sei partito?»
Mossa dopo mossa sulla scacchiera non rimasero che i re e un paio di altre pedine a testa, domanda dopo domanda sempre più si avvicinavano alla verità.
Fu Miyoko a dover rispondere per prima alla domanda più scomoda.
«Perché non mi hai detto che ti eri innamorata di me?»

~
 
«Posso sedermi?»
Asuma era sempre rimasto fuori dalle faccende sentimentali dei suoi allievi, ma con Shikamaru e Miyoko proprio non ce la faceva, rivedendo in loro se stesso e Kurenai.
«Certo maestro.»
«Come stai?»
«Bene maestro.»
«Sai, quando avevo la tua età ero uno sbruffone che non dava mai peso a niente, tanto ero il nobile figlio e nessuno avrebbe mai osato farmi qualcosa. Poi incontrai una ragazzina che mi dava filo da torcere. “Me ne frego di chi sei, nobile figlio, per me resti soltanto un idiota arrogante.»
«Sta parlando della maestra Kurenai?»
Asuma aveva riso, con quella sua risata profonda e di pancia che tanto piaceva a Miyoko.
«Sì, sto parlando di Kurenai. Ci abbiamo messo così tanto tempo a capire quale fosse la verità, Miyoko. Eravamo entrambi ciechi e abbiamo rischiato di perderci.»
Miyoko l’aveva guardato seria. «Cosa sta cercando di dirmi maestro?»
«Il mio è solo il consiglio di un uomo più grande che ha rischiato di perdere l’amore della sua vita per delle sciocchezze e tu sei libera di farne quello che più ti pare. Essere giovani vuol dire avere paura e spesso la paura di fare un passo avanti porta a restare fermi e accontentarsi, ma accontentarsi non è mai la scelta giusta. Rischiare di perdere tutto è orribile, ma è sempre meglio sapere di averci provato e aver fallito che restare nell’incertezza del “e se…?”. Pensaci, Miyoko.»

~
 
«Perché ho avuto paura e ho preferito restare nell’incertezza del “e se” piuttosto che rischiare e vederti ridermi in faccia…E tu perché non mi hai mai detto che Temari era solo un’amica e che ero io quella di cui eri innamorato?»
A Shikamaru ci volle molto meno per rispondere. «Perché sono un idiota arrogante che non si è reso conto di nulla finché non è tornato e ha trovato la tua porta chiusa.»
«Asuma ha raccontato anche a te quella storia?»
Shikamaru sorrise e fece la sua ultima mossa.
«Asuma sapeva da tempo che ero innamorato perso di te.»
«Da quando?»

~
 
Shikamaru guardava Miyoko dormire, tranquilla e rilassata, un filo di bava che le usciva dalla bocca e i capelli che le coprivano il viso. Appariva molto più giovane e spensierata di quanto non fosse in realtà: un’orfana di diciassette anni con una guerra e tanti – troppi – morti sulle spalle.
Più la guardava più si sentiva in pace e più si sentiva in pace più voleva guardarla, finché un pensiero lo colse come un fulmine nella notte tempestosa, improvviso e illuminante: era quello il modo in cui si voleva sentire per il resto della vita.
 
Asuma lo fissava mentre aspettava che facesse la sua mossa. Il ragazzo aveva qualcosa di diverso dal solito che lo rendeva meno concentrato e attento alle pedine.
«Shikamaru, tutto bene?» aveva chiesto il maestro.
«Mmm…»
«È successo qualcosa con Miyoko in missione?»
Il color peperone assunto da Shikamaru nel lasso di tempo di un battito di ciglia fu sufficiente, per Asuma Sarutobi, a capire che quei due si erano appena infilati in un ginepraio di dimensioni mastodontiche che a quindici anni non sarebbero mai stati in grado di gestire.
«No, maestro, non è successo nulla.»

~
 
«Me ne sono accorto quasi subito, ma mi ci sono voluti anni per ammetterlo a me stesso.»
Scacco matto. Miyoko fisso per qualche secondo le pedine, poi chinò il capo fino nascondersi dietro i capelli.
Tic. Una lacrima cadde, precisa e implacabile, sul piano lucido della scacchiera.
Shikamaru, in silenzio e con le mani leggermente tremule, si avvicinò a Miyoko e la strinse in un abbraccio che voleva dire tanto, anche se non tutto. Un abbraccio che conteneva le dichiarazioni che non erano mai arrivate, i baci che non si erano mai dati, le litigate che non avevano mai affrontato.
Miyoko avrebbe voluto togliersi da lì. Fare la sostenuta, la donna forte che era stata per tutti quegli anni, da sola, ma si rese conto che non c’era altro posto al mondo che l’avrebbe accolta in quel modo perfetto, in cui lei si sarebbe sentita a casa anche dopo dieci anni di lontananza.
«Ti ho odiato.» iniziò, tra un singhiozzo e l’altro. «Ti ho odiato così tanto quando te ne sei andato davvero, che avevo quasi scordato cosa volesse dire amare qualcuno più di se stessi, ma poi è arrivato Yuki e all’inizio, per un momento, ho odiato anche lui perché era così simile a te da farmi male ogni volta che lo guardavo.» si asciugò gli occhi e tirò su col naso, si staccò dall’abbraccio e guardò Shikamaru. «Sono stati i tuoi a farmi capire che stavo sbagliando. “Se mio figlio è un idiota fatto e finito non è colpa di Yuki!” mi ha detto tua madre e aveva ragione “E a te fa male guardarlo solo perché ti ricorda lui, lui che hai amato con tutta te stessa, mi sbaglio?” ha aggiunto tuo padre. Sei fortunato ad avere dei genitori come loro, sai?»
«E adesso?»
Shikamaru non aveva il coraggio di guardarla in faccia – temendo chissà che cosa poi – e si limitò a giocherellare con le dita di lei aspettando una risposta.
«No. Non si può odiare davvero chi si ama.»
Miyoko intrecciò le dita a quelle di Shikamaru, alzò la testa e posò le labbra su quelle del compagno, chiudendo gli occhi e aspettando un qualunque tipo di reazione.
 
Shikamaru osservò il viso di Miyoko così vicino al proprio, si beò della sensazione delle sue labbra sulle proprie, del profumo di lei nelle narici.
Era lo stesso profumo di più di dieci anni prima, quando si era immerso in lei la prima volta, eppure c’era qualcosa di diverso, un lieve sentore di latte e ambra e bergamotto e gelsomino…era dolce e inebriante, ma non nauseava mai, non lo aveva mai fatto.
Shikamaru inspirò profondamente e chiuse gli occhi, dischiudendo le labbra, permettendole di assaporarlo di nuovo. Le dita rimasero intrecciate ma la mano sinistra corse alla vita di Miyoko, portandola prima ad aderire al copro di Shikamaru, poi trascinandola giù con sé alla riscoperta di sapori e odori che erano stati l’universo intero per entrambi.
 
Fu tornare a casa dopo tanto tempo.
Ritrovarono nell’altro non soltanto gli odori e i sapori che avevano rappresentato il loro universo tanto tempo prima, con i cambiamenti inevitabili che tutto aveva subito, ma anche la familiarità dei gesti, delle risposte del corpo che avevano sotto i polpastrelli, i gemiti, le strette, i graffi, le spinte.
Tornare a casa spesso significa anche arrabbiarsi, perché non la si riconosce più come la stessa di prima.
Il tempo cambia le cose: quella era una verità che entrambi, separatamente, avevano imparato a loro spese.
Il corpo di Miyoko – che lui ricordava magro e ossuto – era morbido sotto le mani di Shikamaru, la pelle era costellata da cicatrici nuove e vecchie, le reazioni erano più profonde.
Sotto i baci e le carezze Miyoko si godeva l’odore di foresta e di cuoio che la pelle di Shikamaru emanava, trovandolo meno tirato di un tempo, meno incline all’autocontrollo. Quei mugugni mal trattenuti e il tremolio del corpo che la sovrastava, reverente e reattivo, la stuzzicava.
Scoppiò a ridere felice, stringendolo a sé e sprofondando il naso nel collo di Shikamaru, sentendosi al sicuro, protetta e a casa dopo tanto, troppo tempo. Le braccia di Shikamaru chiuse intorno a lei furono tutto ciò che le serviva in quel momento.
 
«Mamma!» Yuki le corse incontro non appena la vide spuntare dalla cornice della porta insieme a Shikamaru. Yoshino e Shikaku strinsero il figlio mentre il bambino saltava in braccio alla madre, affondando il naso tra i suoi capelli.
«Com’è andata?» chiese Miyoko.
«È stato bravissimo, come al solito.» rispose Yoshino sorridendo, con estremo stupore di Shikamaru.
«Che cosa avete fatto?» chiese allora il ragazzo.
«I nonni mi hanno raccontato di quando eri piccolo e abbiamo guardato insieme le tue fotografie. Siamo identici! Anche se io ho gli occhi della mamma…»
Mentre Shikamaru, Shikaku e Yuki discutevano di somiglianze e cercavano prove all’interno dei vecchi e numerosi album di fotografie, Yoshino affiancò Miyoko.
«Restate a cena qui? Credo che Yuki ne sarebbe contento…»
Miyoko annuì senza distogliere lo sguardo dal suocero, dal figlio e da…qualunque cosa fosse Shikamaru.
«Dagli un’altra possibilità, eravate giovani e sciocchi.»
 
«Allora?» Ino fissava Miyoko da quella che sembrava un’eternità senza che l’altra si sentisse minimamente a disagio, persa com’era nei propri pensieri. «Vuoi forse che ti supplichi?»
«Eh?»
Ino la guardò con un ghigno malizioso, riconoscendo in quell’essere illanguidita e distratta dell’amica tutti i segni del sesso con Shikamaru.
«A-ha! Ti ho beccata! Alla fine ci sei cascata con tutte le scarpe, Miyoko, di nuovo!»
Se non altro con gli anni Ino Yamanaka aveva imparato ad essere meno chiara alle orecchie del resto del mondo quando diceva le cose e mai come in quel momento Miyoko le fu grata. Con le guance rosse e la bocca secca, fece cenno col capo che sì, aveva ragione: ci era caduta.
Ino iniziò a battere piano le mani, entusiasta. I suoi due amici avevano perso fin troppo tempo, a suo parere, e non c’era di certo bisogno che ne perdessero ancora in uno stupido braccio di ferro tra testardi e orgogliosi.
«E com’è stato? Racconta!»
«È stato come tornare a respirare dopo una lunga, infinita apnea.»
Due ore, diverse teiere e tanti schiamazzi di Ino dopo, Miyoko terminò di raccontare all’amica gli avvenimenti della missione.
Ino, con gli occhi a cuoricino e le guance rosse, guardava l’amica con occhi sognanti.
«Non vuol dire nulla, Ino, se non che siamo ancora compatibili-»
«Un giorno mi spiegherai perché ti ostini a negare l’evidenza! Avete perso una marea di tempo per questo vostro vizio di fissarvi su una cosa e indossare i paraocchi! Non sprecatene altro e godetevi quello che avete che, permettimi di dirlo, è tantissimo, visto che è sopravvissuto a tutto quello che avete passato senza praticamente essere intaccato!» Poi, minacciosamente, aveva puntato un dito verso Miyoko che in silenzio e ancora seduta teneva gli occhi bassi. «Ascoltami bene, tu e Shikamaru siete fatti l’uno per l’altra e questo è chiaro a tutti. Siete la miglior squadra di spionaggio di tutti i paesi, dopo dieci anni senza parlarvi siete ancora in gamba come un tempo, avete un figlio insieme e fate ancora sesso bollente…che cosa vuoi di più? Ah, sì, dimenticavo che vi amate!»
Miyoko rimase zitta, riflettendo su tutto quello che in quasi due mesi era successo. Il batticuore che aveva ogni volta, il modo in cui la guardava, quanto Yuki si fosse affezionato…c’era una marea di pro al loro darsi un’altra possibilità, ma l’unico contro che Miyoko vedeva riusciva ogni volta ad attrarre la sua attenzione.
«E se mi abbandonasse di nuovo al primo inciampo?»
«Non è più il ragazzino di un tempo, Miyoko. Avete quasi trent’anni, una guerra sulle spalle, innumerevoli missioni, un figlio…siete cresciuti, sapete dove non dovete sbagliare, conoscete gli errori commessi già una volta. Non aver paura, perderesti soltanto quella che, io e te lo sappiamo, è la tua felicità.»
 
 
Kakashi fissò Miyoko e dopo un attimo capì.
«Di nuovo.»
La donna si limitò ad annuire, portandosi una mano sul ventre.
«Lo uccido.»
Shikamaru fece il suo ingresso in quell’esatto istante e si ritrovò ad essere fulminato dallo sguardo grigio del sesto hogake.
«Tu!» esclamò Kakashi stancamente. «Ti ho richiamato perché mi serviva la formidabile coppia di spie di Konoha, brutto idiota, non che tu la mettessi di nuovo incinta!»
«Come se avessi scelto il momento per farlo, Kakashi…»
«Potevi stare attento, diamine!»
«Credi che non lo siamo stati?»
«Beh, potevate stare più attenti! Io adesso chi ci mando in missione? E poi perché non me lo hai detto subito invece di fare quella scenetta che, detto tra noi, è anche abbastanza ridicola visto che alla fine non ti ha portato che bene?»
«Perché non fate che darmi ordini, tutti voi!» Miyoko cominciò a scimmiottare Kakashi. «Vai a prendere Shikamaru a Suna, Miyoko! Domani all’alba partite per una missione insieme, chi se ne frega se è dieci anni che non vi vedete, né parlate e che mantieni il segreto di un figlio! Non restare incinta, mi servi! Ammetti di essere innamorata di Shikamaru, Miyoko…IO MI SONO ROTTA!» Shikamaru guardava la compagna esplodere vomitando tutto quello che aveva da dire al sesto hokage. Kakashi la fissava come se non avesse mai visto prima Miyoko infuriata. Miyoko continuava a sbraitare diventando sempre più rossa in viso. «Sono rimasta di nuovo incinta, non posso partire per una missione e-»
«E io questa volta non partirò da solo. Io e Miyoko siamo una coppia, sia nella vita lavorativa che in quella privata, se lei non può partire, io resterò al suo fianco.»
Il silenzio calò nell’ufficio dell’hokage.
«Grazie al cielo, finalmente ci siete riusciti.» Kakashi tirò un sospiro di sollievo e si appoggiò di nuovo allo schienale della sedia mentre Shikamaru e Miyoko si guardavano chiedendosi che problema avesse il loro hokage. «Sinceramente pensavo vi ci sarebbe voluto meno, molto meno, ma l’importante è che ci siate arrivati. Vi ho visti crescere, ragazzi, tutti noi lo abbiamo fatto, ed è stato orribile quando tu, idiota, le hai voltato le spalle perché troppo pigro per dire “Ehi, quella è la donna della mia vita, vale la pena fare un po’ di fatica!” e quando tu, nonostante tutto, orgogliosa e rancorosa hai deciso di tenergli segreto un figlio, Miyoko, per dieci anni.» guardò severamente i due e poi concluse. «Se non altro questa volta le crisi di pianto, i rigurgiti e i pannolini non toccheranno a me…siete congedati, per favore non fate casino questa volta, ok?»
 
«Avevi ragione.»
«Io ho sempre ragione, Hokage.»

Ino sbucò da dietro un paravento con un sorrisetto soddisfatto stampato sulle labbra. «Ma non c’erano molte opzioni, sinceramente: o sarebbero tornati insieme o si sarebbero uccisi a vicenda.»
«Quindi? Che cosa vuoi per aver vinto la scommessa?» Kakashi la fissò, serio nonostante la mascherina che rendeva impossibile leggere la sua espressione
«Beh…» iniziò Ino aggirando con fare malizioso la scrivania e finendo seduta in braccio al sesto – imbarazzato – Hokage. «Che ne diresti di rendermi una volta per tutte una kunoichi onesta?»
«Direi che accetto, futura signora Hatake.» rispose Kakashi, abbassando il tessuto e baciando la ragazza.
 
«Beh, noi ci abbiamo messo decisamente meno.»
Asuma fumava disteso a letto e soffiò il fumo verso il soffitto, Kurenai, distesa sul fianco, lo guardò e alzò gli occhi al cielo.
«Solo un paio di anni meno e solo perché io sono meno rancorosa di Miyoko, Asuma.»
«E perché io sono meno testardo di Shikamaru.»
«Hai fatto un ottimo lavoro, con quei due.»
«Sono molto fiero di loro.»
«Lo so, adesso però vieni qui e pensa a me, nobile figlio.»
 
«Ti amo.»
Miyoko guardò stranita Shikamaru che, disteso accanto a lei, cercava di riprendere fiato e nel frattempo le carezzava la pancia appena accennata.
«Che c’è?»
«Non me lo avevi mai detto…»
«Beh, mi pare di aver atteso abbastanza, non credi?»
«Ti amo anche io.»
   
 
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