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Autore: FairyCleo    16/04/2020    2 recensioni
Dal capitolo 1:
"E poi, sorprendendosi ancora una volta per quel gesto che non gli apparteneva, aveva sorriso, seppur con mestizia, alla vista di chi ancora era in grado di fornirgli una ragione per continuare a vivere, per andare avanti in quel mondo che aveva rinnegato chiunque, re, principi, cavalieri e popolani".
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Goku, Goten, Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I Son
 
“Urca! Siete qui! Meno male! Per un attimo, avevo creduto di essermi sbagliato!”.
 
La voce squillante e agitata di Goku aveva trapassato i timpani di sua maestà, provocandogli un attacco di isteria. Se non avesse mantenuto la calma per il bene dei bambini – perché sì, Goten era lì con lui e sembrava in salute – probabilmente avrebbe provato a spaccare la testa alla sua nemesi ancor prima che finisse di parlare.
Si era preso un momento per respirare a fondo e calmarsi, deciso più che mai a non fare mosse avventate.
Senza compiere gesti buschi, Vegeta si era alzato con grazia ed eleganza. Prima, però, aveva svegliato suo figlio che, non appena era stato in grado di mettere a fuoco chi gli stava davanti, aveva reagito come ci si sarebbe di certo aspettati da parte di un bambino della sua età che ha avuto modo di accertarsi delle condizioni del suo migliore amico.
 
“GOTEN! GOTEN! STAI BENE! OH, COME SONO CONTENTO AMICO MIO! SONO COSì CONTENTO!”.
 
Aveva cercato di trattenersi, ma non c’era riuscito. Era saltato al collo di Goten che, prontamente, lo aveva cinto con le braccia, ed entrambi si erano sciolti in lacrime di gioia, tanto forte era la contentezza di aver ritrovato una parte del proprio cuore.
 
“Sono stato così in pena, Trunks… Mi sono svegliato e in casa non c’era nessuno! Non riusciamo a trovare né la mamma, né Gohan, nessuno!”.
“Stessa cosa io! Non ho la più pallida idea di dove siano finiti la mamma e i nonni! Ero completamente solo, e poi papà e arrivato e mi ha svegliato e… E… Io… Io…” – avrebbe voluto dirgli che non aveva più alcuna abilità, ma gli era mancato il coraggio. Al piccolo, spensierato Trunks Brief era mancato il coraggio di confessare la verità al suo migliore amico.
“Io non ho più i miei poteri, Trunks”.
 
La sincerità di Goten aveva fatto sentire il piccolo saiyan dai capelli lilla un perfetto idiota. Perché avrebbe dovuto vergognarsi? Perché avrebbe dovuto tenerlo nascosto proprio a lui? Era stato codardo e immaturo, al contrario del suo migliore amico che si era dimostrato leale e sincero.
 
“Non riesco a capire cosa sia successo… Tutto è così strano… E io ho paura… Ho davvero tanta paura”.
“Ne ho anche io, Goten… Ne ho davvero tanta. E, purtroppo, non ho più la mia forza e le mie abilità”.
“DAVVERO?”.
“Sì… Non ti mentirei mai”.
 
“Anche Goten ha perso i poteri… Che diamine succede qui?”.
 
Vegeta aveva sentito ogni singola parola. Avrebbe voluto chiedere di persona a Goten come stava, ma la presenza di Kaharot lo irritava, e non voleva mostrarsi troppo interessato davanti a lui, non voleva mostrarsi debole.
 
“Vegeta… Stai bene?”.
 
Da quando gli importava della sua salute? Da quando, a quell’idiota egoista, importava realmente di qualcuno?
 
“Vedo che sei in piena forma” – aveva asserito, senza rispondere alla domanda che gli era stata fatta. Lo stava squadrando dalla testa ai piedi, cercando di placare il disgusto che provava. Si sentiva affaticato e non aveva voglia di sentire le idiozie di quella stupida terza classe – “E che sei di nuovo fra noi. Definitivamente”.
 
Non aveva potuto non notare l’assenza del disco dorato che fino a poco tempo prima aleggiava sui capelli palmati di Goku.
 
“Questo imbecille è ritornato in vita. Ma come avrà fatto? Non ho avvertito la presenza di Shenron… Che sia finito su Neo-Namecc e abbia invocato Polunga per tornare a vivere?”.
 
“Che ti ho fatto per farmi trattare così?”.
 
Glielo aveva chiesto con schiettezza, e sembrava essere realmente turbato dallo sguardo severo e inquisitorio del principe. Si sentiva giudicato, Goku, più del solito, ma aveva deciso di affrontare Vegeta e convincerlo a collaborare, se fosse stato necessario, e non aveva intenzione di arrendersi.
 
“Tsk! Possibile che tu non lo abbia ancora capito, Kaharot? ESISTI. Questo è il problema”.
 
Si stava scaldando, avrebbe voluto reagire, ma era stanco… E cavolo, da quando era arrivato quell’ebete la spossatezza era peggiorata.
Ma come potevano essere correlate, le due cose?
 
“Papà… Possiamo andare a prendere qualcosa da mangiare? Goten e io abbiamo fame…”.
 
Trunks, senza rendersene conto, aveva evitato uno spiacevole e alquanto inutile teatrino da cui, probabilmente, suo padre sarebbe uscito facendo una brutta figura.
 
“Per me va bene… Ma Goten…” – non poteva più ragionare come se anche Goten aspettasse il suo permesso o la sua benedizione. Non poteva, e la cosa lo faceva sentire frustrato e con le mani legate.
 
“Certo che può andare... Però dovete stare attenti… Anzi, verremo con voi”.
 
Forse, quella era la prima cose sensata che aveva sentito dire da quel decerebrato da quando lo aveva conosciuto.

 
*
 
I bambini avevano mangiucchiato qualcosa presa a caso dal frigo, scoprendo che neppure l’appetito era più quello di prima. Erano stravolti, a dir poco senza parole. In meno di una notte, le loro esistenze erano state capovolte, e sembrava che niente attorno a loro fosse anche solo lontanamente riconoscibile.
La cosa peggiore era vedere l’astio che regnava tra gli unici due adulti lì presenti. Vegeta non aveva degnato Goku di uno sguardo ed era estremamente nervoso. I bambini erano piccoli, non stupidi, e si erano accorti immediatamente che qualcosa non andava tra i loro padri. Sembrava che Vegeta stesse cercando di uccidere Goku solo con lo sguardo. D’accordo, non lo aveva mai tollerato molto, questo ormai lo avevano capito perfettamente, ma comportarsi in quel modo proprio in quel momento poteva essere vantaggioso?
 
“Sembra che mio padre voglia sbranare il tuo…” – aveva sussurrato Trunks all’orecchio di Goten, cercando di non dare nell’occhio.
“Lo so… Mi fa impressione… Non l’ho mai visto tanto arrabbiato”.
“Già… Ma che cavolo sarà successo tra questi due, all’epoca?”.
“Non ne ho la più pallida idea, so quello che sai tu. Ma hai visto? Goku è ritornato in vita”.
“Sì, lo avevo notato” – così come aveva notato che non si fosse rivolto a lui come “suo padre”, ma lo aveva chiamato per nome. Le cose non erano affatto cambiate, dunque.
“Non ti ha detto nulla a riguardo? Non ha accennato a niente di niente?”.
“No… E la cosa non mi quadra… Siamo stati al Palazzo del Supremo, ma non c’era nessuno. Non sappiamo neanche dove sia Gohan… Non riusciamo a percepirlo…”.
“Caspita! Sei stato al Palazzo in cima all’obelisco! Io ne ho solo sentito parlare! Com’è? E comunque, mi dispiace per Gohan… Capisco benissimo la tua frustrazione”.
E Goten aveva sorriso, cominciando a descrivere al suo amico le meraviglie dell’ampia piazza bianca e la frescura di quel luogo circondato da un alone di magia e mistero.
Fortuna che i bambini riuscivano a essere se stessi nonostante stessero attraversando quel brutto momento. Magari gli adulti fossero stati in grado di fare lo stesso.
 
Vegeta non si dava pace. Continuava a pensare al boato che lo aveva fatto tremare, al suo malore improvviso, alla frustrazione provata durante la visione di quel maledetto filmato che aveva fatto riempire di lacrime i suoi occhi d’ossidiana, facendolo naufragare in quella disperazione che solo chi ama e perde l’oggetto del suo amore può provare. Si sentiva sconfitto senza aver mai combattuto. Se ne stava lì, immobile, in attesa che accadesse qualcosa o che avesse una sorta di rivelazione capace di portarlo a sbrogliare quell’intricata matassa.
Aveva provato a fare un passo indietro, riordinando i pensieri. Non aveva percepito alcuna aura malvagia, non aveva sentito alcuna vibrazione negativa. Si era semplicemente trovato da solo, in una situazione apparentemente impensabile, a trattenere il respiro per un lasso di tempo interminabile.
Una volta tornato a casa si era reso conto che lì, nei paraggi, non c’era più nessuno. Non percepiva alcuna forza spirituale, non percepiva l’aura di nessuno dei terrestri, e questo era a dir poco impensabile. L’intera popolazione della città non poteva essere sparita in meno di un secondo e in seguito a quel maledetto boato. Sicuramente, le due cose erano correlate, ma in che modo?
Per fortuna, almeno in bambini erano lì, con lui, ma c’era anche quel decerebrato di Goku, che per altro era tornato in vita, e la cosa non gli piaceva. Percepiva la sua ingombrante presenza spirituale fino a sentirsi sopraffatto. Era impressionante, e non stava facendo niente né per incrementarla, né per nasconderla. Per un attimo, alla fine dello spaventoso boato, Vegeta aveva creduto di essere passato a miglior vita e che non riuscisse a vedere gli altri perché si trovava già nell’Aldilà, all’Inferno, intrappolato in un gioco perverso inventato appositamente per lui da re Yammer. Poi, però, aveva recuperato un briciolo di lucidità, rendendosi conto di aver detto una sciocchezza: era stato all’Inferno, e non era affatto in quel modo. Per niente.
 
“Vegeta… Io non so che stia succedendo. Ma stare qui non ci aiuterà a scoprirlo… Mi puoi ascoltare un attimo, per favore? O, almeno, degnami di uno sguardo!”.
 
Goku era esasperato. Possibile che dopo tutti quegli anni non si fosse ammorbidito neanche un pochino? Era rimasto il solito zuccone testardo, lo aveva capito, ma non era il momento di fare i capricci. Era una situazione surreale, nessuno di loro si era mai trovato ad affrontare qualcosa di simile, ne era certo, e non potevano permettersi errori. Se solo avessero collaborato, forse avrebbero capito almeno in parte cosa fosse capitato. Forse.
 
“Vegeta…”.
“Ci sento, maledizione. Fin troppo bene”.
“E allora?”.
“Tsk! Pensi davvero che ti starò a sentire?”.
“E che vuoi fare, allora, razza di zuccone?”.
“Non ti permettere…” – era rosso di rabbia. Dio, lo avrebbe preso a pugni e gli avrebbe rotto il naso se solo non avesse giurato di non combattere mai più. Non doveva permettersi di dargli ordini!
“Vegeta, non ne caviamo un ragno dal buco se continuano a litigare”.
Purtroppo aveva ragione, e la cosa lo faceva andare in bestia ancora più di prima. Perché doveva mettere da parte il proprio orgoglio in quel modo? Perché doveva sottomettersi al volere di quella stupida terza classe?
 
“Perché sai che ha ragione”.
 
Era stato un attimo, ed era stato talmente rapido da averlo immaginato, eppure era certo di aver sentito la voce di lei, di Bulma, che lo rimproverava. Era certo di essere sbiancato, perché i bambini gli avessero chiesto se si sentiva bene e lo stesso aveva fatto il decerebrato.
 
“Tsk! Sì. Smettetela di fare le mammine apprensive. Che cosa dovremmo fare, sentiamo! Anzi no! Vuoi fare la prima cosa buona della tua miserabile vita? Chiedi al tuo amico re Kaioh che cavolo è successo!”.
“Come se non lo avessi già fatto” – aveva risposto Goku, piccato.
“E dunque?”.
“E dunque niente… Non è stato d’aiuto”.
“Figurati! Frequenti solo buoni a nulla!”.
 
Goku aveva sospirato, incapace di replicare ancora. Non voleva aggiungere altro a quella conversazione.
 
“Stando qui dentro non ne sapremo molto, comunque. Dobbiamo spostarci. Uscire in perlustrazione. Solo così potremmo provare a capire che cosa è successo e scoprire che fine hanno fatto gli altri”.
“Sì, ma come facciamo con i bambini? Anche Trunks ha perso i poteri, no? Non possiamo portarli in spalla… Se accadesse loro qualcosa? Se qualche nemico ci attaccasse alle spalle, come potremo proteggerli?”.
“Tsk! E vorresti lasciarli qui, da soli?”.
“No, ma…”.
“Idiota! Dobbiamo prendere un aereo…”.
“Urca! Buona idea! Ah, senti… Siamo stati da Dende… Ma neanche lì c’era qualcuno… Io proprio non capisco, Vegeta. Mi stavo allenando nei boschi, ho sentito un boato e poi mi sono ritrovato senza l’aureola. Qualcuno deve avermi riportato in vita, ma non so chi, o cosa… E la cosa mi ha spaventato molto, e….”.
“Cosa pensi che mi riguardi sapere se sei spaventato o meno, Kaharot? Sei adulto, nel pieno delle forze e sei vivo. Puoi proteggerti da solo”.
“Oh, papà…” – Trunks lo aveva sussurrato appena ma Vegeta lo aveva sentito perfettamente, fulminandolo con lo sguardo.
“Forza, prendiamo un aereo e usciamo. Non voglio perdere altro tempo”.
 
*
 
“Siamo qui!” – aveva sentito – “Siamo qui!”.
 
Era sceso in picchiata, atterrando leggiadro e proseguendo verso il luogo da cui aveva sentito provenire quella voce inconfondibile.
 
“Gohan! Ragazzo! Dove sei?”.
“Qui, sono qui!”.
Aveva fermato il velivolo a mezz’aria e aveva aperto il portellone, lasciando che Goku si precipitasse a recuperarli sotto lo guardo attento dei bambini. Aveva scoperto con gioia che non era solo Gohan a trovarsi lì, ma c’era anche sua madre.
“Chichi!” – c’era apprensione nella sua voce, e non si era neppure sforzato di nasconderla.
“Sta bene, papà… Siamo solo stanchi…”.
“Ma che diamine è successo?”.
“Non ne ho la più pallida idea…”.
“Ce la fai ad alzarti?” – gli aveva chiesto Goku, prendendo sua moglie in braccio.
“Credo di sì… Ma mi sento così stanco…”.
In effetti, Gohan non aveva proprio un bell’aspetto. Era bianco come un lenzuolo, sembrava che avesse perso di colpo dieci chili e che non fosse in grado di fare più di qualche passo.
“Forza! Raggiungiamo l’aereo. I bambini saranno contentissimi di vedervi!”.
 
E così era stato: Trunks e Goten erano letteralmente piombati addosso a Gohan, che aveva volato aggrappato a suo padre, e si erano sincerati delle condizioni di Chichi, che era pallida, fredda e ancora priva di sensi tra le braccia forti e possenti del marito.
Li avevano trovati nel bel mezzo di una radura dopo essersi concentrati a lungo. Era stato Vegeta a individuarli, ma quello sforzo lo aveva privato di molte energie, provocandogli spossatezza e sonnolenza.
 
“Tsk! Ma si può sapere che diamine è successo?” – aveva tuonato, cercando di rimanere vigile.
 
Chichi respirava serenamente, sembrava solo addormentata.
 
“Non lo so, Vegeta… Mi sento solo tanto, tanto stanco… Ricordo di aver sentito un boato. Poi, nient’altro. Eravamo usciti per fare la spesa e stavo portando mamma in braccio. Dobbiamo essere precipitati, ma è tutto molto confuso”.
 
Gohan era realmente provato e Vegeta non gli aveva chiesto altro. Era convinto che se avesse insistito eccessivamente avrebbe solo peggiorato le cose. Dovevano solo calmarsi e fare mente locale. Prima o poi ne sarebbero venuti a capo.
 
“Ehi ma… Dove sono tutti? Non percepisco nessuna forza spirituale. Neanche la vostra, a dire il vero”.
“Porca miseria” – aveva urlato Trunks – “Anche tu hai perso i poteri, non è vero?”.
“Come sarebbe a dire perso i poteri? Sì… È come se avessi corso per una settimana di fila senza mai fermarmi… Mi fa male tutto… Ma… Io non posso aver perso i miei poteri”.
 
Gohan si era concentrato, cercando di calmarsi e di richiamare a sé la sua forza spirituale. E, alla fine c’era riuscito, ma subito si era accorto di essere come una pila quasi del tutto esaurita, e il fiatone era stato la conseguenza meno grave di quel vano tentativo, visto che un fiotto di sangue improvviso aveva iniziato a colare dal suo naso.
 
“Gohan!” – Goten era accorso a salvare suo fratello, spaventato a morte e incapace di fare altro se non tamponargli il naso con la manica del suo giubbotto.
“Porca miseria! Questo sangue è un fiume in piena! Sembra una cascata!”.
 
Trunks non aveva perso tempo e aveva estratto il fazzoletto dalla tasca, sostituendolo alla manica ormai zuppa di Goten.
 
“Grazie ragazzi… Mi gira da morire la testa”.
“Figliolo, resta sdraiato! Vegeta, torniamo indietro, per favore”.
“Tsk. Non darmi ordini. E guarda dietro il sedile della quinta fila… Dovrebbe esserci una cassetta del pronto soccorso!”.
 
 
“Che diamine sta succedendo? Prima sembravano essere tutti spariti, poi abbiamo avuto questo colpo di fortuna e ora il ragazzo si sente male. E poi perché Bulma è sparita e Chichi è ancora qui? Non è giusto… Bulma… Dove sei?”.
 
“Papà… Dobbiamo fare presto. Ti prego. Non voglio che succedano cose brutte, e poi… Chichi non mi sembra molto in forma”.
 
Il piccolo si era avvicinato al padre e aveva pronunciato quelle parole sottovoce. Aveva preferito concedere alla famiglia Son un momento di intimità, ma quello di cui si era accorto non gli era piaciuto affatto. Chichi era sempre più pallida e Gohan non la smetteva di sanguinare. Ora che lo guardava bene, neanche Goten gli sembrava in salute.
 
“Non capisco che cosa stia succedendo”.
 
Avrebbe voluto dare a suo figlio parole di conforto, dirgli che sarebbe andato tutto bene, che presto sarebbe tornato tutto come prima. Avrebbe voluto urlargli contro dicendogli che avrebbe dovuto provare ancora una volta a volare, avrebbe dovuto imporlo a lui e a Goten, ma che ne avrebbe ricavato? Niente. Lui non sapeva niente, non poteva fare niente se non pilotare quello stupido coso come un comune essere umano e sperare di non aver fatto troppo tardi. Perché cavolo, l’unica cosa che voleva era perdere qualcun altro. E proprio non capiva perché gli stessero tutti così tanto a cuore.
Cercando di mostrarsi fiero e vigoroso come sempre, Vegeta aveva mantenuto il suo ostinato silenzio, continuando imperterrito a puntare verso la Capsule Corporation. Dovevano salvare Chichi, dovevano curare Gohan e dovevano fare in fretta.
Il principe temeva, in cuor suo, che il peggio dovesse ancora arrivare.
 
Oggi…

Gli faceva male la testa per quanto aveva pianto. Si era svegliato di colpo, non ricordando neppure di essersi addormentato e scoprendo di essere rimasto da solo in casa. Aveva provato a chiamare per nome gli abitanti di quella casa, aveva urlato disperatamente, chiamando Trunks e Vegeta così tante volte e con tanta intensità da rimanere senza voce e, paradossalmente, anche senza energie. Non aveva idea di cosa fosse successo: sapeva solo di essersi addormentato, a un certo punto, e di essersi destato con addosso una stanchezza che aveva provato una sola volta, prima di allora. Perché era solo? Perché lo avevano lasciato in casa nel bel mezzo della notte ed erano andati via? Perché nessuno gli voleva più bene?
Aveva pianto quando la porta d’ingresso si era aperta. Aveva singhiozzato ancora più forte quando quella sagoma familiare era riaffiorata. Il terrore lo aveva paralizzato quando si era reso conto che quello alla porta fosse proprio lui.
 
“NOOOOOO! NON FARMI DEL MALE! NOOOOO!”.
“SVEGLIATI, RAGAZZO! SVEGLIATI!”.
 
Solo quando aveva aperto gli occhi e si era ritrovato accanto un Vegeta allarmato si era reso conto di aver fatto un sogno terrificante. Si era messo seduto e senza neanche riflettere si era lanciato al collo dell’unico padre che avesse mai avuto per davvero, stringendolo e piangendo a dirotto nell’incavo della sua spalla.
Vegeta aveva esitato, spiazzato, ma poi aveva chiuso gli occhi e aveva lasciato che una mano viaggiasse da sola sino al capo del piccolo che aveva accolto nella sua casa e nella sua vita, consolandolo come solo un padre era capace di fare.
 
Continua…


Chiedo umilmente perdono per il ritardo. Non so voi, ma sto avendo più cose da fare ora che sono in quarantena rispetto a prima. Sto seguendo dei corsi on-line, organizzo giochi di ruolo tramite Skype e tramite Zoom sto allenando alcuni amici! Per di più, con mio padre e mia sorella ci siamo messi a restaurare una vecchia cassapanca e non vi dico. XD
Ma torniamo a noi!
Hanno trovato Chichi e Gohan! Meno male… Però “qualquadra non cosa”. E quando mai? XD
A presto!
Un bacino
Cleo

 
   
 
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