Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Evali    17/04/2020    1 recensioni
Spin off che scaverà in profondità nei personaggi di Rhaegar Targaryen e Lyanna Stark; un'ipotesi, o meglio, una mia versione, di come potrebbero essere andate le cose al tempo, una storia che non tratterà strettamente solo l'amore scoppiato tra i due, ma anche l'intero contesto in cui il nostro eroe e la nostra eroina vivevano, nonché gli anni del regno del Re Folle. Potrebbe esserci qualche piccola modifica rispetto alle informazioni rivelate nei libri.
Appartenente ad una saga, ma non è necessario aver letto le altre due storie per iniziarla.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aerys II Targaryen, Arthur Dayne, Elia Martell, Lyanna Stark, Rhaegar Targaryen
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Il tuo tempo è terminato
 
- Sveglia, dormigliona! Lyanna! Vuoi alzarti da questo letto??
Quella voce familiare che interrompeva il suo meraviglioso sogno le faceva venire maggiormente voglia di  restare sotto le coperte e rimanerci per tutta la giornata.
La giovane lupa si coprì la testa col cuscino, grugnendo.
- Sei  irrecuperabile – commentò una seconda voce, più adulta della prima.
- Stavo facendo un bel sogno, Ned. Possa l’inverno del Nord congelarti gli arti – farfugliò pulendosi la saliva che la macchiava dalle labbra al mento con la federa del cuscino.
- E in cosa consisterebbe questo bel sogno, cara sorella?? – intervenne una terza voce. – Fammi indovinare: per caso stavi fantasticando sul forestiero con il quale sei stata a parlare quasi per tutto il tempo?
Lyanna scattò seduta, facendo precipitare il cuscino a terra, da qualche parte.
- Allora non era solo un sogno …? – sussurrò sconvolta.
I suoi tre fratelli che la fissavano sembravano un quadro: il piccolo Benjen era seduto sul bordo del letto di fianco a lei, intento a guardarla con i suoi grandi occhi vivaci in aspettazione; Ned se ne stava in fondo, con la schiena adagiata alla porta a braccia conserte; mentre Brandon ovviamente invadeva quasi totalmente il suo campo visivo, rimanendo con un ginocchio piegato poiché aveva un piede poggiato sul fondo del letto, le mani puntate sui fianchi e un sorriso di scherno che faceva assumere al suo viso un’aria ancor più supponente e snervante per il sistema nervoso dell’unica figlia di Rickard Stark.
Tre giovani lupi che la guardavano come se potessero sondarla da capo a piedi e capire in quale punto attaccarla per farne una preda.
Forse il sogno di ogni lady presente ad Harrenhal, ma non il suo.
- Allora, cos’è successo ieri sera? Bran ci ha raccontato qualcosa – iniziò Ned, facendole perdere ogni speranza di avere almeno lui come spalla e complice.
- Che ore sono? – domandò la giovane lupa posando lo sguardo sulla finestrella dell’accampamento per capire qualche informazione dal colore del cielo.
- Chi è dunque, questo forestiero? – continuò Ned.
- Bran dice che pendevi dalle sue labbra – cominciò anche Benjen.
- Se vi ha già detto tutto Bran, per quale motivo me lo state chiedendo??
- Come potevi pendere dalle sue labbra se non ti ha nemmeno rivelato il suo volto? – chiese perplesso Ned.
- Ma ovviamente solo perché “la sua voce sembrava quella di una divinità e il suo modo di atteggiarsi è qualcosa di mai visto prima” – rispose Brandon imitando la voce di sua sorella.
- Maledetto bastardo, ci hai spiati?! – lo accusò Lyanna alzandosi in piedi, recuperando il cuscino e lanciandoglielo.
- No, tonta, io me ne sono stato sempre per i fatti miei con i miei amici. Queste smancerie non hai fatto che ripetermele durante tutto il tragitto di ritorno negli accampamenti, quando eri troppo stordita dal vino che hai bevuto, per formulare un discorso sensato, e ho dovuto portarti in braccio fino a qui.
Lo sai che sei diventata più pesante di un mulo, a proposito? – le rispose il primogenito Stark, per poi rifarsi serio e rivolgerle uno sguardo di accusa. – Non avevi detto che non avresti provato a bere neanche un goccio di vino?
Che sarebbe successo se ti avesse trovata un maiale di quelli che frequenta spesso il tuo promesso sposo, e che non si sarebbe fatto problemi a metterti le mani addosso mentre io non potevo difenderti?
Ti rendi conto di cosa hai rischiato?
- Era solo un goccio, Brandon. E non ero in compagnia di un maniaco, perciò non hai di che preoccuparti.
Potete lasciarmi respirare ora? Ve lo chiedo per cortesia.
Siete peggio delle septe pettegole.
- Dì un po’, quel tipo ti ha proprio dato alla testa, eh? – insistette Brandon, tornando provocatorio. – Chissà cosa ha detto per ridurti in questo stato.
- Non c’è nessuno stato! – sbottò la giovane lupa fronteggiandolo dal basso della sua statura. – Puoi fare l’uomo vissuto e l’arrogante quanto ti pare, ma non sei l’unico a credere di sapere come va il mondo! E ora fatti da parte!
Brandon non si mosse dalla sua posizione, continuando a scrutarla attento.
- Vuoi rivederlo. Te lo leggo negli occhi – disse dopo una lunga pausa.
- Non leggi proprio niente tu, Brandon.
Mi lasci sola, per favore?
- Credevi davvero di essertelo solo immaginato?
Lyanna abbassò lo sguardo, stringendo i pugni, cercando di mantenere la calma.
- Metà delle tue ancelle sono ad Approdo, quelle che sono venute qui sono in giro a farsi notare da qualche giovane cavaliere; se lo dicessi alla mamma saresti morta; inoltre non conosci quasi nessuna delle altre lady, eccetto Catelyn, ma non credo tu sia così legata a lei da parlarle di tali faccende.
Ti rimane solo una cosa da fare, ossia aprirti con noi, se non vuoi tenerti tutto dentro e scoppiare – intervenne Ned in tono pacato, avvicinandosi.
- Che accidenti ho fatto di male per meritarmi tre fratelli maschi?? – si lamentò la giovane lupa tirandosi i capelli e digrignando i denti frustrata, andando a risedersi sul letto.
- D’accordo.
Se volessi rivederlo sarebbe un grande problema? – sussurrò arrendendosi.
 - Dipende dai motivi per i quali vorresti rivederlo. Ricorda di essere promessa a Robert – la ammonì Ned.
- Cos’è adesso lo chiami anche per nome? Siete così in confidenza voi due?? – lo canzonò Brandon.
- Ma se lo rivedessi come faresti a capire che è lui? – le domandò innocentemente Benjen. – Insomma, non era tutto coperto?
- Lo riconoscerei – rispose Lyanna senza esitazione. – Il suo aspetto non è essenziale per riconoscerlo, credetemi. Lui ha quel qualcosa che … non riesco a definirlo, ma non ho mai visto qualcosa del genere in nessun altro.
Il suo tono, il suo modo di porsi, il suo linguaggio, i suoi silenzi.
- Per gli dèi, Lya – commentò Brandon sorpreso. – Sei cotta. A puntino.
- Perché devi interpretare tutto in termini di amore eros??
Non potrei essere semplicemente attratta intellettualmente ed emotivamente da qualcuno? Sarebbe così strano se un uomo e una donna si trovassero bene insieme senza secondi fini??
- Mi verrebbe da dire che, se ciò accadesse, sarebbe solo perché uno dei due, o entrambi, hanno differenti gusti – rispose Brandon.
- Che cosa vuoi dire? – domandò innocentemente Benjen.
- Tuo fratello si riferisce a uomini a cui piacciono gli uomini e a donne a cui piacciono le donne, Ben, fattelo spiegare meglio da lui, dato che ha tanto voglia di parlarne – rispose pungentemente Lyanna, beccandosi uno sguardo fulminante da Brandon.
- Esistono uomini a cui piacciono gli uomini e donne a cui piacciono le donne …? – domandò il più piccolo dei lupi allibito.
- Ecco, hai visto cos’hai fatto?? Gli hai rovinato l’infanzia! – si lamentò Brandon.
- Se fosse vissuto a Dorne, tale “tendenza” sarebbe considerata la norma per lui.
- E tu che ne sai di Dorne, eh?
- Aileen conosceva un’ancella che ha servito a Dorne per un periodo – rispose Lyanna ponendo le braccia conserte. – Mi ha raccontato alcune cose.
- Ma sentila! Adesso ha cominciato a farsi raccontare le oscenità che fanno a Dorne dalla sua ancella.
- La moglie del principe ereditario è di Dorne – commentò Benjen.
- Possiamo tornare al punto? – li riprese Ned.
- Ad ogni modo, non nego che la maggior parte della suggestione che mi ha provocato l’incontro con quel forestiero potrebbe essere data solo dal vino.
D’altronde, ho ricordi sfocati di lui, tanto da averlo scambiato per un sogno – cercò di minimizzare Lyanna.
- E allora perché vorresti rivederlo?
- Per accertarmi di non essermelo davvero sognato.
- E se ti accertassi che esiste veramente e che pendi dalle sue labbra anche da lucida, che succederebbe a quel punto?
Calò il silenzio nella tenda.
- Non lo so, Bran.
Se passo del tempo con lui solo a conversare non vi sarebbe nulla di male, no?
- Dici così solo per non rinnegare tutto ciò che ci hai sempre detto fino all’esaurimento: “io non sposerò mai nessuno”, “io non mi innamorerò mai”, “non vado dietro a queste cose”, “non proverò attrazione per nessun uomo sulla faccia della Terra”, “le smancerie romantiche mi fanno vomitare”, “non sarò mai come quelle lady che sbavano dietro al loro spasimante” eccetera eccetera – la prese in giro Brandon.
- Brandon mi stai seriamente facendo saltare i nervi ora.
Ti ho appena detto che non mi attrae in quel senso.
Come potrebbe piacermi qualcuno che non posso vedere in volto?
- Fila come ragionamento – commentò Ned. – Dunque, ritornerai nella locanda? Da sola? – continuò.
- Immagino non mi lascereste mai tornare lì da sola – rispose Lyanna, avendo paura di guardare i loro volti in quel momento.
- Ti ha scoperto?
- Cosa?
- Ha scoperto che sei una ragazza? – le domandò Brandon ora più serio.
- No, non credo.
- Se riuscirai a mantenere la tua copertura, potrai rivederlo. Sempre se tornerà in quella locanda. Il tuo interesse verso di lui potrebbe non essere corrisposto.
- Sono certa che non sia corrisposto. Devo essere sembrata un ragazzino stupido e sciatto ai suoi occhi – commentò ella sconsolata. – Tuttavia, sono sicura che tornerà.
- Come fai a saperlo?
- Perché un’indovina gli ha letto la mano e ha detto che tornerà nella locanda per ricevere delle risposte – disse con assoluta certezza.
- Così sei sleale però.
- Non è giocare sporco, ma giocare d’anticipo, Ned – precisò la giovane lupa.
- E se non dovesse tornare stasera stessa ma tra una settimana? Cosa puoi saperne?
- Vale la pena tentare.
Allora? Chi mi accompagna? – domandò sbattendo innocentemente le lunghe ciglia nere. – Avanti, giuro che ci scambierò solo due parole, poi me ne andrò.
- D’accordo, ti accompagno io. D’altronde, Robert mi ha chiesto di bere qualcosa con lui una di queste sere – acconsentì Ned. – Lo spingerò verso una locanda vicina a quella in cui ti troverai tu, in modo che non rischi di vederti e riconoscerti travestita da ragazzo. Tempo un’ora e torno a prenderti.
- Oh, Ned – gli disse Lyanna rivolgendogli un sorriso a settantadue denti. – Come farei senza di te?
 
Quella mattinata stava andando nel peggiore dei modi.
Arthur se lo sentiva. Se lo sentiva che, presto o tardi, sarebbe dovuto intervenire.
Lo capiva dal sopracciglio pericolosamente alzato di Rhaegar mentre guardava e ascoltava suo padre, il re dei sette regni, parlare e mangiare la colazione che lord e lady Whent avevano fatto preparare per la famiglia reale.
- Insomma, non pensate sia ironico?? – ripeté Aerys con la sua voce roca, infilando voracemente le mani magrissime e le unghie lunghe dentro le deliziose pietanze disposte sui numerosi vassoi a loro disposizione, deturpandole e contaminandole. – Non è ironico che, secoli fa, il nostro antenato Aegon il Conquistatore abbia volato fino a questo pezzo di terra dimenticato dagli dèi in groppa a Balerion il Terrore Nero, distruggendo a fiammate il “monumentale” castello costruito con tanta fatica da Harren il Nero, per poi bruciare tutta la sua famiglia?? Insomma, ora ci servono da mangiare, ci puliscono il didietro, ci imboccano e ci trattano come dèi scesi in terra!! – esclamò il re ridendo e gracchiando di gusto, tossendo raucamente mentre si portava alla bocca pezzi di cibo stretti tra le sue mani scheletriche, trangugiandoli senza grazia.
Rhaegar continuava a fissarlo in silenzio, non toccando cibo, mentre il sangue gli ribolliva nelle vene e la sua pace mentale finiva sciolta nelle fiamme che sentiva scoppiettargli dentro.
Elia se ne stava a mangiare educatamente e il più silenziosamente possibile accanto a suo marito, con la testa bassa. La alzava solamente per sporgersi verso la piccola Rhaenys e pulirle la boccuccia con un tovagliolo di seta.
La tensione nell’aria era più grossa e ingombrante dei teschi di drago nella Fortezza Rossa, e Arthur la sentiva pizzicargli addosso mentre osservava la scena a distanza, accanto ad una delle altre guardie presenti nell’enorme salone.
La mano sinistra di Rhaegar si ripiegò a pugno, il sopracciglio destro si alzò ancor di più, e la sua mascella si strinse, lasciandone intravedere il lieve movimento da fuori. – Ripetetemi per quale motivo questa mattina avete deciso di unirvi a noi per la colazione, al contrario delle precedenti, padre – lo interruppe, non riuscendo più a trattenersi, attendendo che suo padre alzasse gli occhi viola e contornati dalle profonde e nere occhiaie su di lui.
A ciò, Aerys alzò il volto per guardare suo figlio e rivolgergli un sorriso pregno di sfiducia, provocazione e viscidume. – Ovviamente per recuperare almeno un po’ del tempo perduto, figlio mio. Per passare del tempo con voi. Per che altro potrei averlo fatto?
Rhaegar strinse le dita sulla forchetta ancora immacolata, quasi stritolandola.
- Piuttosto, voi non avete toccato cibo, Rhaegar. Non vorrete deperirvi prima del torneo, figliolo. Mangiate qualcosa, avanti.
- Ha ragione, non hai mangiato nulla. Non hai fame? – cercò di riportarlo alla realtà Elia poggiandogli la mano delicata e calda sul braccio.
- Ora no, cara. Forse più tardi – si sforzò di risponderle in tono calmo e naturale, voltandosi a guardarla.
- Ma come! Con tutto questo ben di Dio! – esclamò il re portandosi alla bocca una manciata di pasticcio alle fragole sgretolato, con la stessa foga e rozzezza che avrebbe utilizzato una delle bestie di cui teneva tanto premurosamente i teschi ad Approdo, se solo fosse stata ancora in vita.
Rhaenys lo guardò esterrefatta.
- Amore, finisci la tua focaccia al miele – la riscosse amorevolmente Elia porgendole la forchettina.
Dopo qualche istante, una delle ancelle giunse nella tavolata, rompendo la tensione.
La bellissima ragazza dai capelli dorati si avvicinò al posto del re per versare del latte nel suo bicchiere rimasto vuoto.
Mentre ella si accingeva a fare ciò con una precisione maniacale, Aerys si voltò a guardarla, squadrandola con i suoi sudici occhi in grado di denudarla al solo posarsi su di lei.
Quando la ragazza terminò di versare il latte e ripose la caraffa in posizione eretta, facendo per allontanarsi servizievolmente dal tavolo, un goccio di latte cadde disgraziatamente sulla tovaglia, accanto alla mano del re, macchiandola.
- Oh, perdonatemi, Vostra Maestà – si scusò rispettosamente la fanciulla.
- Non fa niente – la rassicurò Elia, notando che Aerys continuava a guardarla senza dire nulla.
- Sì, non fa niente – ripeté la voce roca del re, mentre le sue labbra contornate da rughe si piegavano in un sorriso. – Inginocchiati.
A tale ordine, la ragazza sbiancò. – Come, Maestà …? – balbettò.
- Se non sei sorda, e mi auguro tu non lo sia, hai udito bene. Non farmelo ripetere – disse perentorio.
A ciò, la ragazza posò la caraffa a terra e fece come gli era stato ordinato, ponendosi a carponi sul pavimento freddo, tremando mentre attendeva nuove direttive.
- Perché stai tremando?
- Non sto tremando, Maestà – si affrettò a rispondere ella, tremando ancor più visibilmente.
- Se non smetti di tremare immediatamente ti ordinerò di spogliarti nuda e di versarti tutta la caraffa di latte addosso – disse fingendosi schifato, per poi alzare il volto e puntare lo sguardo divertito su suo figlio. – Per quale motivo gli Whent ci fanno servire da delle cagne insignificanti?
- Lasciatela in pace – gli chiese Rhaegar, cercando di rimanere calmo.
- Perché dovrei?
- Puoi alzarti – disse Rhaegar rivolgendosi alla ragazza inginocchiata a terra.
- Sì, alzati pure, sporca puttana. D’altronde, mio figlio è talmente in anticipo con i tempi, che si sta già abituando a dare ordini al mio posto, nonostante io sia ancora il re e lui non abbia uno straccio di autorità – commentò pungente il re, restando con gli occhi fissi sul principe.
A ciò, la ragazza si alzò in piedi, mantenendo lo sguardo basso.
- Puoi andare – le diede il permesso Rhaegar.
- Lei resta qui fin quando lo decido io – ribatté Aerys.
- Ho detto che può andare – ripeté il Principe drago verso suo padre, per poi tornare a rivolgersi alla povera ancella. – Non vi saranno conseguenze, non preoccuparti, vai.
A tali parole, la fanciulla alzò il volto mortificato per guardare il principe. – Non fa niente. Davvero, non fa niente, posso rimanere qui come richiede il re, mio principe … – balbettò.
- “Posso rimanere qui come richiede il re, mio principe” – la imitò Aerys scoppiando in una grassa risata. – Ma l’avete sentita?? Si può essere più gatte morte di così?! – continuò il re fissandola sprezzante. – A me non hai rivolto neanche uno sguardo da quando sei entrata in questo salone. Lui, invece, lo guardi. Non aspettavi altro che guardarlo, non è vero??
- Smettetela – gli intimò Rhaegar. – Vi siete divertito abbastanza stamattina.
- Ma tu guarda quanta audacia! Te lo sei mangiato con gli occhi persino davanti a sua moglie, la futura regina dei sette regni!!
Quanta indecenza! – esclamò ancora Aerys. - Avanti, guardalo ancora!
So che vuoi guardarlo, so che vorresti che ti sbattesse al muro per l’intera nottata, facendoti urlare come una capra!
- Per gli dèi, ponete fine a questo scempio! – esclamò il principe.
- Guardalo! – urlò Aerys afferrando il volto della fanciulla e alzandolo nuovamente in direzione di Rhaegar.
Delle calde lacrime rigarono le guance della ragazza, bagnando le unghie del re, il quale la lasciò immediatamente andare, come disgustato.
- Vattene ora.
Vattene subito – le ordinò, vedendola correre via dal salone in fretta e furia.
Elia non spiccicò una parola, restando a testa bassa, cercando di non incrociare gli occhi del re.
- Vuoi parlare di argomenti seri, Rhaegar? – domandò improvvisamente Aerys, evitando ogni convenevole.
- Sì, mi piacerebbe, padre – rispose l’interpellato rivolgendogli un’occhiata raggelante di puro odio. – Vorrei sapere perché non hai fatto venire ad Harrenhal mia madre e mio fratello, se mi è possibile.
- Oh, sapevo che avresti voluto farmi questa domanda da quando siamo arrivati! – esclamò Aerys ridendo.
- Dunque? Sto aspettando una risposta.
- Perché avevo voglia di farli rimanere ad Approdo del re, protetti a casa loro.
E poi, e poi tua madre non fa altro che parlare di te! Quella donna è asfissiante! Non ne posso più di sentirla parlare di te e di quanto avrebbe voluto rivederti!
- Dunque, le hai vietato di venire qui appositamente per non permetterle di vedermi, capisco – rispose Rhaegar ridendo di nervosismo. – E mio fratello, invece? Per quale motivo hai deciso di segregare nella Fortezza Rossa anche Viserys?
- Oh, Rhaegar, quel bambino deve ancora farsi perdonare per essere nato maschio – rispose sprezzante, facendo quasi strozzare Elia con l’acqua che aveva appena bevuto.
La principessa tossì il più compostamente possibile, ponendosi un palmo sul petto e l’altro davanti alla bocca.
- Tutto bene, cara? – le domandò Aerys velenoso. - Ho forse detto qualcosa che ti ha infastidito? Ti infastidisce sapere che se il ventre di mia moglie fosse stato in grado di mettere al mondo una femmina, ora tu non ti ritroveresti seduta lì, con mio nipote in grembo, inondata da agiatezze che non meriti e …
- Chiudi quella bocca – lo interruppe Rhaegar parlando tra i denti, con un tono che fece calare il silenzio nel salone e provocò la pelle d’oca ad Arthur.
In tutti gli anni che conosceva il Principe drago, la Spada dell’Alba non l’aveva mai udito utilizzare quel tono di voce.
Sapeva che se lo teneva in serbo per occasioni speciali. Quelle che avrebbero richiesto che il drago in lui uscisse fuori, rivelandosi.
Gli occhi del principe erano fiamme divoranti puntate sulla figura di suo padre in tutta la loro devastante potenza.
Nonostante tutto, Aerys ne sembrava quasi totalmente immune.
L’unico essere al mondo a rimanerne immune.
- Portate immediatamente via di qui mia figlia e mia moglie – ordinò il principe alle guardie, senza staccare gli occhi dal re.
A ciò, alcune guardie si avvicinarono alla principessa dorniana e alla principessina, venendo tuttavia bloccate dalla voce di Aerys. – Io sono il re, e non voglio che mia nipote lasci la sala.
- Portatele via. Ora – ripeté Rhaegar in tono molto più autoritario di quello utilizzato da suo padre.
- Cos’è, vuoi vedere se questi poveri uomini sceglierebbero se dare retta al loro re o al futuro erede al trono?? – lo sfidò Aerys gracchiando estremamente divertito dalla situazione.
In assenza di altre direttive, gli uomini che si erano mossi in direzione delle principesse ripresero il loro cammino, mettendo in pratica gli ordini del principe, accompagnando la giovane donna e la bambina fuori dal salone.
- Volevi rimanere solo con me, figliolo?
Era questo che volevi? – chiese improvvisamente Aerys accavallando le gambe e inclinando la testa mentre continuava a guardare suo figlio.
Le punte dei capelli argentei secchi come paglia calpestata sfiorarono la sua spalla ossuta in quel movimento.
- Che cosa vuoi da me? – gli domandò Rhaegar in tutta calma.
- Potrei rivolgerti la stessa domanda. Per quale motivo siamo in questo luogo, Rhaegar?
- Dovresti tornare nelle tue stanze a riposare e a distendere i nervi, padre.
- Cos’è, ho offeso e umiliato la tua dolce e sporca cagna dorniana?
- Se pensi di offendermi ancora con questi scadenti e spiccioli mezzucci, ti avverto che non raggiungerai il tuo proposito.
- Ma guardati: indubbiamente splendido, accecante in tutta la tua tronfia eleganza, nella raggiante aura che ti avvolge da capo a piedi.
Il popolo ti amerà, figliolo – sussurrò con sdegno.
A ciò, spazientito, Rhaegar fece sbattere i palmi delle mani sul tavolo, alzandosi in piedi, per poi prendere a camminare intorno alla tavolata e raggiungere suo padre.
- Un tal bruto gesto è per caso provenuto da te?! Non credo ai miei occhi! Allora sai essere bestiale anche tu quando vuoi! Sono piacevolmente meravigliato! Sì, avvicinati, figlio mio! Avvicinati a me! È da così tanto che non abbiamo un confronto faccia a faccia, da padre e figlio e non da re e suddito! Vieni a me! – esclamò delirando, alzandosi in piedi a sua volta per andargli incontro.
Aerys sorrise infido guardando Rhaegar dal basso, a causa dei centimetri d’altezza che li distanziavano. Allungò una mano scheletrica e la poggiò sulla guancia del giovane principe, accarezzandola quasi premurosamente mentre quest’ultimo le penetrava da parte a parte con la sua furia latente.
La mano continuò il suo percorso fin quando non arrivò sotto le mascelle del principe. Lì si fermò, il pollice si distanziò dalle altre dita, posizionandosi in modo da sbucare dalla parte sinistra del volto, mentre le altre quattro risalirono dalla destra, inglobando le mascelle in una morsa stretta. Le unghie graffiarono e si puntarono in quella pelle tesa e marmorea che, un tempo, era stata anche la sua. – Cosa si deve fare per avere un momento di riservatezza col proprio figlio? – biascicò il re.
Rhaegar si sottrasse schifato e stizzito da quella presa artigliante, spostando improvvisamente il viso verso destra, di scatto.
A ciò, Aerys sorrise di rabbia. – Devi ancora imparare a stare al tuo posto, figliolo.
Ormai sei quasi un adulto. Quanto ci metterai a comprenderlo …? Quando io ti tocco, tu devi rimanere fermo e lasciarmi fare. Quando io ti ordino qualcosa, tu devi metterlo in pratica in silenzio, senza fiatare, senza lamentarti. Quando io ti chiedo di eseguire, tu esegui.
- Attento, padre. I tempi in cui potevi permetterti tanto con me sono passati da un po’. Io so bene qual è il mio posto. Sei tu a non sapere quale sia il tuo – gli intimò facendo tremare Aerys per la ferocia che si stava trattenendo dentro.
Quest’ultimo alzò una mano per lanciargli un poderoso schiaffo in volto, ma la sua azione venne immediatamente intercettata dal principe, il quale lo afferrò per il polso e lo strinse prima che potesse colpirlo.
A ciò, una calca di uomini armati, alcuni in soccorso del principe e altri del re, si disposero dietro i due, in una situazione paradossale nella quale non sapevano esattamente come agire, dato che, in ogni caso, si trovavano ad essere accorsi per difendere un membro della famiglia reale da un altro membro della famiglia reale.
Aerys rise per la bizzarra situazione. – Oh, Rhaegar, come siamo finiti a non poterci permettere una sana discussione senza venire immediatamente accerchiati da un ammasso di ciarlatani in armatura??
- Da un po’, padre – rispose Rhaegar non accennando a voler lasciar andare il polso di suo padre dalla presa d’acciaio alla quale lo stava sottoponendo.
Aerys rise ancora, poi spostò lo sguardo esattamente alle spalle di Rhaegar, da cui svettava la figura di Arthur Dayne con Alba sguainata, in tutta la sua imponenza.
- Oh, Arthur, eccoti in suo aiuto, come sempre.
Da quanto tempo è che va avanti questa storia?
Da quanto gli stai dietro scodinzolando, tenendo a distanza chiunque voglia avvicinarglisi?
Da fin troppo suppongo, no? Pensavo che prima o poi avresti mollato la presa, e invece no, eccoti ancora qui.
Ancora a fare il cagnolino di mio figlio, senza ricevere mai la ricompensa che meriti da parte sua.
Povero Arthur, hai tutta la mia compassione.
Continua a perseverare, mi raccomando – lo derise il re folle, non risparmiandosi neanche un po’.
Credeva che quelle parole potessero toccare la Spada dell’Alba.
Arthur rise tra sé, compatendo quell’uomo finito più di quanto questo potesse compatire lui.
- Ma, d’altronde, come biasimarlo? Come biasimare questi uomini, figlio mio? Morirebbero tra le fiamme per te. Tutti quanti.
Questo è quello che riesci a fare – gli sussurrò con un contorto compiacimento dipinto su quel volto consunto macchiato perennemente da una smorfia di cattiveria.
Rhaegar strinse ancor di più le dita sul polso ossuto dell’individuo che lo aveva messo al mondo, mossa che fece agitare gli uomini venuti in difesa di suo padre, i quali gli si avvicinarono con l’intenzione di allontanarlo dal sovrano.
Ma Arthur e i cavalieri venuti in soccorso di Rhaegar non erano da meno, e intercettando i movimenti dei loro colleghi, li imitarono, per impedire al loro principe di venire raggiunto.
Ma prima che potessero farlo, Aerys agì per loro, alzando la voce in un comando perentorio.
– Non azzardatevi a sfiorare mio figlio.
Gli uomini si gelarono sul posto, arrestando ogni movimento.
- Non azzardatevi. Lurida feccia – ripeté il re. – Lasciateci soli. Ora.
A ciò, anche Rhaegar diede il permesso ai suoi di abbandonare il salone, per lasciare il re e suo figlio completamente soli, questa volta.
Una volta isolati totalmente da ogni presenza, Rhaegar si avvicinò maggiormente a suo padre, poggiando la mano sul suo collo e accostando la bocca al suo orecchio, in modo che ciò che stava per dirgli potesse giungergli dritto nel timpano.
Mentre egli fece ciò, Aerys si aggrappò letteralmente con le unghie al suo busto, stringendo come se volesse perforargli il costato, costringendolo a trattenere una smorfia di dolore.
Ignorando quelle presenze asfissianti addosso, Rhaegar soffiò nell’orecchio del re dei sette regni. – Il tuo tempo è terminato. Preparati a scendere da quel trono o vi morirai sopra, bruciato.
 
Era quasi un’ora che Lyanna attendeva seduta su quel tavolo vuoto, conciata allo stesso modo in cui era conciata la sera precedente, quando aveva conosciuto Calen.
I suoi fratelli avevano ragione.
Nessuno le garantiva che quel ragazzo sarebbe tornato la sera seguente, né che avrebbe avuto piacere di scambiare nuovamente due parole con lei, sempre se fosse davvero esistito.
Non sapeva neanche il motivo di tanta voglia di rivederlo.
Certo, a parte quella gita alla locanda, non c’erano tanti altri modi per svagarsi nei giorni prima dell’iniziazione e dell’inizio del torneo.
I cavalieri si allenavano, ma alle donne, ovviamente, non era permesso fare lo stesso per puro gusto di farlo.
Dunque le lady giunte ad Harrenhal erano costrette ad occupare il loro tempo bevendo del the insieme o facendo delle lunghe passeggiate per la città, se non volevano rimanere l’intera giornata negli accampamenti.
Sbuffò mentre poggiava il mento al palmo della mano, riconoscendo quanto fosse stata stupida l’idea di credere che lo avrebbe rincontrato quella sera, casualmente, solo perché una donna delirante gli aveva detto che sarebbe tornato.
Tuttavia, non era male restarsene seduta per conto suo ad osservare i vari soggetti che mettevano piede nella locanda.
Vi erano personalità di tutti i tipi, anche se, ovviamente, quel luogo pullulava maggiormente di giovani cavalieri presuntuosi e pieni di sé.
Guardò di sottecchi un gruppetto di scudieri prendere di mira un ragazzino che sembrava addirittura più giovane di lei.
Nel notare come lo stessero prepotentemente spintonando e aggredendo anche a parole, la giovane lupa non riuscì a trattenersi e scattò in piedi.
Raggiunse a falcate il gruppetto, sentendo la paura di affrontarli scemare via insieme all’avanzare della rabbia che la alimentava.
La prepotenza e l’insolenza non riusciva proprio a tollerarla.
- Allora, crannogmen, cos’hai da dirci?? – sbraitò uno degli scudieri. – Non credevo che l’essere alti quanto un cane di piccola taglia pregiudicasse anche il non saper parlare! – aggiunse spingendo il povero malcapitato, facendogli sbattere il fondoschiena contro uno dei tavolini.
- Ehi, voi! – richiamò la loro attenzione la giovane lupa, arrochendo la voce quanto le fu possibile.
I tre alzarono il volto su di lei, guardandola in cagnesco. – Che vuoi tu??
- Lasciatelo stare immediatamente.
- Perché, altrimenti che fai, viso da bambola?? – la prese in giro uno di loro avvicinandosi a lei e torreggiandola con la sua altezza.
- Volete davvero abbassarvi a fare a botte con un povero crannogmen e un “viso da bambola”? – li sfidò furbescamente Lyanna.
A ciò, l’orgoglio dello scudiero emerse in tutta la sua preponderanza. – Non ne varrebbe la pena – disse facendo per allontanarsi.
- John, ma l’hai sentito?? Sta solo provando a sfidarci!
Non l’avrai vinta così facilmente, piccolo bastardo! – si mise alla carica un altro del gruppetto, scagliandosi su di lei e sganciandole un pugno in faccia.
La giovane lupa perse l’equilibrio a causa della potenza di quel colpo.
Dannata forza bruta maschile.
Dannato corpo da donna.
Sputò a terra la saliva acidula che le era salita in gola, ringoiando giù la restante, per poi rialzarsi in piedi.
Se solo avesse avuto una maledetta arma tra le mani li avrebbe fatti tremare e scappare con la coda tra le gambe tutti e tre.
- Riesci ancora ad alzarti in piedi?? Per gli dèi, hai la pelle dura!
- Vuol dire che non l’hai colpito abbastanza forte, Al!
Ma prima che un altro di loro riuscisse a colpirla di nuovo, Lyanna prese la rincorsa e si fiondò su uno di loro, saltandogli addosso e cominciando a graffiare, a scalciare e a mordere come un vero lupo selvaggio.
Se solo sua madre l’avesse vista, sarebbe morta di crepacuore.
- John, toglimelo di dosso subito! – si lamentò terrorizzato lo scudiero che stava subendo i violenti attacchi fisici della giovane lupa a cavalcioni su di lui, riparandosi con le mani dai morsi e dagli schiaffi.
- Ora non fai più il duro, eh?! – lo derise Lyanna, venendo trascinata via dagli altri due scudieri, i quali aiutarono il loro amico a rialzarsi e la guardarono esterrefatti e inquietati insieme.
- È meglio che ce ne andiamo di qui. Quello lì è totalmente pazzo … - commentò uno di loro, avviandosi verso l’uscita della locanda, seguito dagli altri.
Lyanna li guardò uscire vittoriosa, mentre il dolore del pugno sul viso cominciava a farsi sentire sempre più distintamente.
- Se non ci metterete del ghiaccio vi verrà un occhio nero – le disse il ragazzino che aveva coraggiosamente soccorso, spiccicando parola per la prima volta.
Lo osservò per un istante, notando che, nonostante fosse più basso di lei e sembrasse minuto, il suo volto esprimeva una serietà quasi comica, e i suoi grandi occhi scuri come la zazzera di capelli scompigliati che aveva in testa, le ispiravano molta simpatia, senza alcuna motivazione in particolare.
- Come vi chiamate? – gli chiese sorridendogli.
- Howland. Howland Reed.
- Reed come i Reed dell’Incollatura. Quindi siete davvero un crannogmen.
- E voi? Chi siete?
- Mi chiamo Doen – gli rispose regalandogli un altro sincero sorriso.
- Grazie per avermi difeso, Doen – le disse abbassando lo sguardo timidamente. – Si divertono sempre a scherzare sulla mia statura.
- Anche se si divertono, voi non dovete permettere che vi trattino in questo modo.
- Lo so, avete ragione. Non succederà più – le garantì con convinzione, rialzando il viso.
- Come mai siete in questa locanda, Howland?
- Ho accompagnato alcuni amici che mi hanno lasciato indietro. E voi?
La giovane lupa alzò le spalle. – Aspettavo qualcuno. Credevo di aspettare qualcuno, in realtà – rispose guardandosi per l’ennesima volta intorno. – Ma, a quanto pare, rimarrò qui da solo.
- Venite, vi accompagno dalla locandiera per farvi mettere del ghiaccio sull’occhio.
Siete troppo temerario, Doen – gli disse Howland avviandosi verso il bancone.
- Poco fa non mi stavate ringraziando per avervi difeso? – rispose fintamente offesa Lyanna.
- Sì, ma dovete imparare a capire quando il nemico che avete davanti è troppo numeroso e impossibile da battere.
- Vale comunque la pena provarci – rispose facendo voltare Howland verso di lei.
 
Il principe drago varcò nuovamente l’entrata di quella locanda visitata già la sera prima, indeciso fino all’ultimo se cedere e ascoltare le parole di quella indovina, le quali gli avevano garantito che avrebbe trovato delle risposte in quel luogo.
Le allucinazioni non gli avevano dato tregua neanche quel giorno, forse anche per colpa della tremenda mattinata che aveva trascorso.
Si massaggiò la tempia coperta dall’ingombrante cappuccio, mentre la stanchezza piombava su di lui improvvisamente.
Forse avrebbe fatto meglio a mettersi a letto e a tornare in quella locanda il giorno seguente.
Se ne convinse maggiormente quando, guardandosi intorno, non riuscì ad individuare la figura dell’indovina.
Tuttavia, forse sarebbe arrivata più tardi, forse avrebbe solo dovuto attendere un po’ all’interno di quelle affollate quattro mura pregne di un odore a dir poco stantio.
Dannò se stesso per tali decisioni prese all’ultimo momento, solo per seguire quella folle ossessione irrazionale, per assecondare il volere di quegli incubi, le ombre di profezie che non volevano lasciargli alcuna tregua.
Individuò un tavolo libero e si diresse verso di esso, ma, poco prima di raggiungerlo, venne attirato da una voce familiare proveniente dal bancone.
Non ricordava dove l’avesse già udita, perciò alzò la testa per vedere da chi provenisse, realizzando non appena individuò la figura di quel ragazzino invadente che aveva conosciuto la sera prima, intento a lamentarsi con la locandiera di avergli dato un sacchetto di ghiaccio già mezzo sciolto.
Si era quasi dimenticato di quel popolano fastidiosamente curioso e spavaldo.
Rhaegar sorrise mentre si avvicinava al bancone e lo vedeva sbraitare contro la locandiera scocciata.
- Ma insomma, che cosa stai cercando esattamente, piccolo disgraziato, eh?? Questa non è la bottega di un Gran Maestro! Se cerchi delle cure mediche, faresti meglio a smammare via! – esclamò la donna.
- Non sto chiedendo niente di tutto questo! Ho chiesto solo un po’ di ghiaccio per il dolore all’occhio, e voi mi avete dato dell’acqua tiepida! Cosa dovrei farci con dell’acqua tiepida?? Infilarmela nell’occhio sperando che abbia qualche effetto magico??
- Doen? Che ci fate qui anche stasera? – lo richiamò il principe, vedendolo voltarsi immediatamente verso di lui, in uno scatto che quasi lo spaventò.
Il ragazzino spalancò totalmente i suoi occhi chiari, i quali sembravano ancora più tondi e grandi ora, fissandolo come se fosse stato una visione.
- Doen? Tutto bene? – tentò di risvegliarlo da quello stato di trance, poggiandogli una mano sulla spalla minuta.
A ciò, il ragazzino puntò lo sguardo sulle sue dita che avevano sfiorato la propria spalla, le quali si erano allontanate quasi subito.
- Voi siete qui – pronunciò semplicemente il popolano, con un filo di voce. – Voi siete tornato qui, Calen – ripeté.
- Sì. Ma non pensavo di ritrovare anche voi – gli rispose. – Come mai avete deciso di tornare?
Lo vide deglutire visibilmente e cercare di riprendersi da quella sorta di strana sorpresa disarmante che lo aveva colto nel rivederlo. – Io … io sono tornato per accompagnare un amico.
- Ah sì? E dov’è il vostro amico ora?
- Se ne è andato poco fa – rispose poggiandosi involontariamente le dita sull’occhio destro, il quale stava pian piano assumendo una colorazione violacea.
- Che cosa avete fatto al viso?
- Nulla. Mi sono ritrovato in mezzo ad una rissa. Per difendere il mio amico – rispose il popolano abbassando la voce.
- Siete uno che attacca briga facilmente?
- Non particolarmente. Ad ogni modo, non vogliono darmi del ghiaccio per attutire il dolore.
- Fatemi vedere – gli disse il principe avvicinandosi di qualche passo e abbassandosi il minimo indispensabile per controllare la gravità del danno, per quanto gli fosse possibile da sotto il cappuccio.
Si accorse che, alla sua vicinanza, il ragazzino aveva distolto vistosamente lo sguardo, puntando le iridi di ghiaccio ovunque riuscisse, tranne che su di lui.
-Non è grave. Lo zigomo e l’occhio vi si scuriranno di sicuro, ma nel giro di qualche giorno torneranno come prima, suppongo – lo rassicurò, riallontanandosi. – Spero non abbiate alcun appuntamento galante nel frattempo – aggiunse ironizzando un po’ per smorzare quello strano disagio che sembrava aver colto il popolano.
Quest’ultimo sorrise un po’ impacciato, continuando a guardare altrove.
- Cercate la donna di ieri? L’indovina? – gli domandò dopo un po’.
- Sì. L’avete vista? – gli chiese il principe prendendo posto accanto a lui, davanti al bancone.
- No. Immaginavo sareste tornato per lei – rispose Doen bevendo un sorso da un boccale.
- Noto che avete preso gusto nel bere vino.
- È acqua, in realtà – lo informò mostrandogli il contenuto del bicchiere. – Ne avevo abbastanza di quel disgustoso obbrobrio per il palato. E poi, oggi volevo rimanere lucido – aggiunse il ragazzino, voltando finalmente il viso a guardarlo.
- Già, immagino. Ieri sera non lo eravate affatto – commentò Rhaegar al ricordo, accorgendosi poi che Doen avesse iniziato ad osservarlo assorto.
- Perché mi guardate così? – gli chiese spontaneamente.
- Per nulla in particolare. È che avevo paura di avere i ricordi troppo confusi da ieri sera. Invece, sorprendentemente, mi sto rendendo conto che la mia memoria di voi è impeccabile.
Il principe non seppe se dover rimanere sorpreso da ciò.
Sapeva solo che quella sera Doen sembrava diverso rispetto al giorno precedente.
- Io invece oggi ne ho bisogno – commentò dopo qualche istante, facendo segno alla locandiera di portargli un boccale.
A ciò, gli occhi di Doen lo sondarono nuovamente. – Giornata difficile? – gli chiese semplicemente.
- Mattinata difficile – rispose il principe sospirando impercettibilmente.
- Ecco a te, tesoro – gli disse la locandiera poggiando dinnanzi a lui un boccale mezzo pieno, da cui Rhaegar bevve solo qualche sorso, sovrappensiero.
- Mi dispiace.
- Oh, non dispiacetevi – gli rispose il principe accennando un disilluso sorriso. – Mi fa piacere aver ritrovato una faccia conosciuta con cui scambiare quattro chiacchiere – gli confessò.
- Qualcuno che non conosce assolutamente nulla di voi – aggiunse Doen.
- Già.
- Siete qui ad Harrenhal per partecipare al torneo?
Quella domanda lo spiazzò in un primo momento.
- Sì – rispose il principe guardandolo di sottecchi. – Anche voi?
Doen sembrò esitare poco prima di rispondere con fierezza. – Sì. Parteciperò anche io.
- Dunque ci rivedremo lì.
- Sì, ci rivedremo lì – confermò Doen sorridendo felice. – Dunque anche voi siete un combattente. Non vedo l’ora di vedere cosa sapete fare sul campo.
Rhaegar sorrise in risposta. – Vale lo stesso per me – disse chiudendo gli occhi mentre una strana melodia canticchiata da qualcuno giunse alle sue orecchie. – Questa l’ho già sentita … - sussurrò godendosela.
- Cosa?
- Non la sentite anche voi? Qualcuno sta cantando qualcosa.
Doen negò con la testa, per poi abbassare lo sguardo. – Devo confessarvi qualcosa, Calen.
- Vi ascolto.
- Io sono tornato qui stasera sperando di rincontrarvi – confessò il popolano, sorprendendo il principe, il quale accennò un sorriso lusingato.
- Vi è piaciuto a tal punto parlare con me? Non credevo di essere molto di compagnia, a dire il vero.
- In realtà sì. Mi rasserena e mi affascina ascoltarvi.
A ciò, Rhaegar prese a scrutare il giovane popolano.
Solo in quel momento si accorse di quanto fossero delicati i tratti del suo volto.
Le labbra erano piccole e carnose, le guance grandi e tonde, gli occhioni chiari erano contornati da ciglia lunghissime e scure, persino la forma delle sopracciglia e del viso denotavano una femminilità troppo accentuata per un ragazzo, nonostante i gesti e i modi di fare lo facevano sembrare più selvaggio di qualsiasi fanciulla avesse incontrato.
I dubbi del principe sul sesso del popolano si fecero preponderanti.
Tuttavia, se così fosse stato, era evidente che la ragazza non voleva che egli lo scoprisse, perciò decise di agire discretamente.
Sarebbe bastato un attimo per ricevere conferma alle sue supposizioni, senza far allarmare o sconvolgere Doen.
- Non so se ve ne siete accorto, ma ho visto quella ragazza laggiù guardarvi con insistenza da quando è entrata – mentì il principe, non appena individuò una fanciulla all’interno della locanda.
La popolana era sicuramente entrata per accompagnare qualcuno dei ragazzi con i quali faceva gruppetto al tavolo, dato che aveva la vita avvinghiata da due braccia diverse e rideva spensierata mentre quasi tutti la corteggiavano rozzamente.
In realtà, ella probabilmente non aveva nemmeno notato Doen; tuttavia, il principe sapeva bene di risultare parecchio convincente quando mentiva.
- Cosa …? – sibilò Doen quasi strozzandosi con l’acqua che stava per ingoiare.
- Ho detto che quella ragazza laggiù si è voltata più volte per guardarvi – ripeté rivolgendogli un mezzo sorriso.
A ciò, Doen si voltò a guardarla, ma, non appena la individuò, si rigirò nuovamente. - Vi sbagliate. Sicuramente stava guardando voi, non me – rispose con certezza.
- Me? Per quale motivo dovrebbe guardare un uomo coperto da capo a piedi, e non un bel ragazzo come voi?
Gli bastò quella frase, pronunciata con un tono neanche lontanamente provocante, a far arrossire quella che oramai aveva quasi la certezza fosse una ragazza.
Tuttavia, l’ultima parola non era detta.
Sarebbe comunque rimasto con il dubbio, ma ciò non gli importava, fin quando quella giovane e strana popolana non fosse andata in visibilio nell’accorgersi di essersi tradita da sola.
In fondo, ora che ci rifletteva, anche a lui piaceva parlare con lei.
Quella calma senza tempo; quell’atmosfera innocente e impregnata di una strana dolcezza; quella sensazione di sospensione e di tranquillità, lontana da tutti i suoi doveri, dalle maschere che era costretto ad indossare a corte, dal peso dei suoi obblighi, dai suoi incubi consumanti. Gli piaceva.
Gli piaceva e lo faceva sentire normale.
Per questo quella ragazza cominciò a stargli simpatica, nonostante, forse, il merito di tutto ciò non fosse proprio suo, ma del fatto che si fosse presentato a lei come un individuo senza nome, senza volto e senza passato.
Un altro dettaglio abbastanza evidente che giunse alla mente del principe, fu che ella, senza dubbio, non avesse mai avuto alcun’esperienza con un uomo.
Se l’effetto che le provocava era quello che osservava dinnanzi ai suoi occhi, più che palese, avrebbe dovuto provare a metterla a suo agio, cercando di non fare nulla che potesse sedurla ulteriormente, in alcun modo involontario.
D’altronde, se solo uno degli uomini presenti nella locanda fosse stato abbastanza lucido da scorgere quello che pareva un ragazzino, arrossire vistosamente dinnanzi ad un altro ragazzo, probabilmente sarebbe stata presa di mira.
All’interno dei sette regni, fatta eccezione per Dorne, quella particolare tendenza, soprattutto da parte degli uomini, non era mai stata molto accettata.
Al principe era già capitato di vedere uomini o anche ragazzi della sua età che non credeva avessero determinati gusti, venire pesantemente discriminati a causa di quell’aspetto della loro natura che non riuscivano a sopprimere.
Oberyn spesso prendeva tutto ciò come uno scherzo, mentre Arthur, nonostante non avesse mai manifestato gusti simili, sembrava aver maturato una sorta di rifiuto maniacale verso tale tendenza, tanto da evitarla come una malattia.
Per tale motivo, se volevano trascorrere altro tempo a parlare spensieratamente di tutto e di niente, evadendo dalle loro vite abituali, Rhaegar avrebbe dovuto mostrare attenzione a quel dettaglio che emergeva platealmente dal volto, dai modi e dall’atteggiamento della ragazza nel momento in cui ella si trovava dinnanzi a lui.
- A cosa state pensando? – gli domandò Doen vedendolo immerso nelle sue considerazioni.
- A nulla.
- Sentite ancora quella melodia?
- No, ora non più.
- Ad ogni modo, non fraintendetemi, ma anche se quella ragazza stesse davvero guardando me, non mi interesserebbe approfittarne.
- Come mai?
- Perché non sono interessato – disse Doen alzando lo sguardo, combattendo la timidezza che le suscitava quell’argomento. – E poi, non sono tipo che deturperebbe con tale leggerezza la virtù di una donna.
A quelle parole, Rhaegar si lasciò andare ad una risata, per poi risponderle. – Doen, nel farvi notare gli sguardi di quella ragazza, non intendevo spingervi a deturpare la sua virtù, ovviamente. Neanche io sono quel tipo di uomo – chiarì. – Era solamente un modo per aiutarvi a combattere la riservatezza, per conoscerla, nel caso foste stato interessato.
- Non so come comportarmi con le ragazze – parò il colpo Doen, mettendo su quel solito e buffo accenno di broncio.
La paradossalità di quella situazione fece sorridere ancora il giovane principe.
- Volete un aiuto? – gli venne spontaneo domandarglielo.
- Un aiuto in cosa?
- Era un modo per chiedermi qualche consiglio?
- No, assolutamente no – si affrettò a dire Doen con impeto, per poi riprendere contegno un attimo dopo. – Cioè, intendevo dire che, posso imparare anche da solo, facendo esperienza da solo.
- D’accordo, d’accordo, non agitatevi – le rispose il principe rassicurandola.
- Voi state cercando qualcuno, invece? – domandò poco dopo Doen.
- Con “cercando qualcuno” intendete chiedermi se vorrei fare la corte ad una donna di questa locanda?
- Non proprio in questi termini, ma sì.
A ciò, Rhaegar si voltò a guardarla. – No. Sono già impegnato.
Nell’osservare il viso della ragazza, notò che tale risposta la destabilizzò un po’, ma non quanto temesse.
- Vorrei ritrovare anche io la veggente di ieri, ora che ci penso – riprese a parlare Doen dopo qualche attimo di silenzio. – Piacerebbe anche a me farmi leggere la mano. Non l’ho mai fatto, sarei curioso di sapere qualcosa sul mio futuro.
- Forse è un bene che questa sera non l’abbiamo incontrata – commentò inaspettatamente il principe.
- Ma come? Non eravate tornato qui appositamente per rivederla?
Rhaegar abbassò lo sguardo sulle dita delle proprie mani strette tra loro, ricordando le parole di quella donna. – Sì, è vero. Ma forse non è ancora tempo. Questa sera non voglio pensarci. Non voglio pensare a nulla.
 
 
 
 
   
 
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