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Autore: BonniWriting    17/04/2020    1 recensioni
I personaggi cambiano (di solito).
In medias res.
Genere: Drammatico, Fluff, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Silvia picchiettava con il piede una delle gambe del tavolino a cui era seduta e controllava lo schermo del suo cellulare ogni trenta secondi in attesa di una risposta ad un messaggio che aveva inviato quarantacinque minuti prima.
 
Dove sei? Io sono già seduta che ti aspetto, muoviti! 
 
Ma siccome non aveva ancora ricevuto alcuna risposta, Silvia stava cominciando ad insospettirsi.
Pensare che la sua amica fosse per l’ennesima volta in ritardo perché non si era preparata in tempo per uscire ad incontrarla le faceva montare solo rabbia.
Non può essere ogni volta in ritardo. Non può, non dopo l’ultima volta.
 
Come al solito, però, Silvia non riusciva a rimanere arrabbiata nei confronti di Erica per più di cinque minuti consecutivi: la rabbia, come sempre, scemava quasi subito.
Soprattutto quel pomeriggio, dato che, inspiegabilmente, Silvia non poteva fare a meno di pensare che forse, proprio quella volta, il ritardo della sua amica fosse determinato dal fatto che le fosse successo qualcosa di grave.
Per questo motivo decise infine di chiamarla.
Avrebbe potuto benissimo farlo prima, ma negli ultimi tempi Erica l’aveva ammonita di non farlo perché, come le aveva spiegato con particolare enfasi, sarebbe stato controproducente per entrambe: ricevere chiamate pressanti quando era già per strada avrebbe messo addosso ad Erica ancora più ansia e, Silvia lo sa bene, quando Erica è ansiosa tende a velocizzare tutto ciò che sta facendo ma con il rischio di commettere solo dei casini, tra cui arrivare ancora di più in ritardo, cosa che Silvia voleva evitare che accadesse per il proprio interesse.
Tuttavia, in quel momento, Silvia percepiva una spiacevole sensazione di apprensione e, mentre accostava il suo cellulare all’orecchio e aspettava che Erica prendesse la chiamata, pregò che fosse tutto a posto.
Dai, rispondimi.
 
Sfortunatamente, nello stesso istante in cui Erica rispose al telefono, qualcuno dalla voce profonda e maschile la chiamò in lontananza. D’istinto, Silvia mosse la testa prima a destra e poi a sinistra per capire chi fosse la persona che l’aveva chiamata, ma non scorse nessuno che le fosse famigliare.
- Silvia?
Erica sembrava leggermente preoccupata.
- Sto arrivando, lo giuro, è che ho beccato un traffico pazzesco e l’autista dell’autobus non si dà una svegliata!
L’amica fece una brevissima pausa, poi continuò, non rivolgendosi questa volta a Silvia, che intanto scorse qualcuno, tra la folla, che la immobilizzò sul posto.
- Scusi? Si, esatto lei! Non può andare un po’ più veloce? Avrei un appuntamento, con la mia migliore amica.
Erica si stava rivolgendo all’autista dell’autobus.
- Lo so che sta piovendo. Lo vedo, grazie, ma lei sta andando troppo piano!
Lei non poteva rendersene conto ma le sue parole erano diventate nient’altro che una confusa musichetta di sottofondo alla scena che si parava davanti agli occhi increduli di Silvia, la quale si sbrigò a chiudere la chiamata con un semplice – Ti aspetto – continuando, a suo malgrado, a fissare la figura alta e snella che stava camminando nella sua direzione.
Improvvisamente terrorizzata, l’unico pensiero che Silvia riusciva ad elaborare era uno solo.
Oh mio Dio, no.
 
- Ciao.
La persona che aveva urlato il suo nome dal fondo di una piccola piazza semi vuota ormai era in piedi davanti a Silvia e, dopo averla salutata con un tono morbido e caldo, fece una brevissima pausa, quasi con l’intento di lasciare tempo alla ragazza che aveva di fronte di riprendersi dallo stupore il quale era impossibile non leggerle in volto.
Concluse poi il saluto semplicemente pronunciando il suo nome e fu proprio questo a riportare Silvia velocemente alla realtà.
- Ciao.
Il saluto le uscì strozzato.
Con sorpresa, Silvia si rese conto di avere la gola improvvisamente secca, anche se da poco aveva bevuto un sorso di tè freddo al limone dal bicchiere di fronte a lei. In aggiunta, aveva cominciato a sudare sotto le ascelle, a causa dell’agitazione che le stritolava lo stomaco e il cuore.
La pioggia e la dolce frescura non erano abbastanza per raffreddare la pelle accaldata delle sue guance e, anche se indossava una leggera camicetta senza maniche e una gonna color crema sopra al ginocchio, Silvia percepiva un caldo insopportabile.
Si schiarì la voce per poter continuare.
- Alessandro.
Lui la guardò negli occhi e timidamente, quasi incerto se fosse la cosa giusta da fare.
Silvia ricambiò nervosamente il sorriso, pensò di farlo per educazione nei suoi confronti, nient’altro.
Dopo un po’ parlarono entrambi nello stesso momento e ciò fece avvampare le guance di Silvia ancora di più.
- Allora…
Si interruppero bruscamente e seguì una breve risata imbarazzata da parte di Alessandro, il quale, poi, continuò.
- Stavo passando proprio in quella via laggiù, per caso ho dato un occhio alla piazza e mi sembrava di averti vista seduta ad un tavolino.
Alessandro si passò una mano tra i capelli ricci, scuri e bagnati e poggiò l’altra sul fianco.
Anche se in quel momento era nervoso, ad un occhio superficiale sarebbe apparso l’esatto contrario.
Come sempre, d’altronde.
 
La mente di Silvia cominciò a divagare per un tempo che sembrò lunghissimo.
Ricordò il momento in cui lei e Alessandro diventarono amici, migliori amici, in prima superiore.
Non accadde perché frequentavano lo stesso liceo, probabilmente non si sarebbero mai nemmeno parlati considerando che erano stati in classi diverse.
Si erano sempre scambiati occhiate e saluti formali fin da bambini, poiché le famiglie si conoscevano, ma mai parlati per davvero, non avevano mai mostrato interesse l’uno verso l’altro fin quando, in prima superiore, Alessandro decise di iscriversi all’Istituto musicale della loro città che Silvia frequentava fin da piccolissima.
Era consuetudine ogni sei mesi circa organizzare i saggi d’Istituto al Teatro Grande della città e loro due furono scelti per preparare un pezzo e suonarlo allo spettacolo di Natale.
Cominciò tutto con le ore di prove, nella stessa piccola aula dell’Istituto che dava sul cortile interno.
Durante la prima prova di metà ottobre si presentarono ufficialmente.
- Ciao, io sono Alessandro.
- Ciao, io sono Silvia.
Silenzio.
- Iniziamo?
- Ah, sì, certo.
Lui suonava il pianoforte in modo sublime, risultato di precedenti lezioni prese da diversi maestri privati.
Lei era la violoncellista più brava del suo Istituto e si sentiva tanto incompresa quanto il suo strumento.
Insieme fecero scintille allo spettacolo di Natale. Sul palco, avevano dimostrato di essere in sintonia.
Silvia. Spartito. Silvia. Silvia. Silvia. Spartito.
Spartito. Alessandro. Spartito. Alessandro. Alessandro.
Quel concerto rese chiare due cose importanti per ciò che accadde dopo.
La prima: Silvia ed Alessandro erano diventati amici stretti.
La seconda: uno dei due, di lì a poco, avrebbe desiderato qualcosa in più; senza essere ricambiato.
 
- Ho provato a chiamarti per vedere se fossi veramente tu e quando ti ho vista girare la testa di scatto per vedere chi ti avesse chiamata ho avuto la conferma.
Lo sguardo dolce di Alessandro penetrava nel cuore di Silvia come una freccia appuntita e lei sentì così tanto male che dovette incollare gli occhi su un piccolo vaso di fiorellini poggiato sul tavolino di fianco al suo.
Deglutì e si sforzo di ridere un po’, senza ottimi risultati.
- Hai sempre avuto una vista da falco.
Silvia non sapeva assolutamente cosa dire. Sebbene desiderasse fuggire dal lui, la sua mente, in completo subbuglio, cominciò furiosamente a pensare a qualcosa da poter aggiungere per non far cadere nel vuoto la conversazione appena cominciata. 
Alessandro l’aveva capita al volo, poiché la conosceva bene, e proseguì prontamente, accompagnando le sue parole con un sorriso genuino.
- Si, beh, è uno dei pochi talenti che la natura mi ha donato.
Pochi secondi di silenzio non bastarono a Silvia per contenersi.
Le sue labbra si mossero da sole, schioccando e da esse uscì uno sbuffo leggermente irritato.
- Sai bene che non è così.
Fu un attimo.
Accadde proprio ciò che Silvia voleva che non accadesse: un silenzio gelido calò tra di loro, rendendo ancora più difficile guardarsi negli occhi.
Stupida.
 
Alessandro sospirò pesantemente, la sua lieve allegria ora era sparita quasi del tutto.
- Posso sedermi?
Silvia non rispose per alcuni instanti, non ci riusciva.
Cosa gli dico?
 
- Non starò qui a lungo, te lo prometto.
Gli occhi lucidi di Silvia trafissero i suoi e Alessandro cercò di nascondere velocemente quanto quella espressione sul volto di lei gli facesse male.
- Per favore. 
Il respiro le si bloccò nei polmoni.
Era inutile tanto. Sapeva bene che non avrebbe dovuto permettergli di sedersi e lasciare che le parlasse, ma era più forte di lei. Dentro di sé, accesso e bruciante, vi era ancora il bisogno di lui.
Aveva provato a spegnerlo, ma quel momento più che mai fu una secchiata d’acqua gelata che le ricordava che tutti i suoi sforzi non erano valsi un bel niente.
Silvia voleva che lui si sedesse al tavolino con lei.
Silvia voleva trascorrere l’intero pomeriggio con lui.
Silvia voleva lui, ancora e nonostante ciò che era successo.
Non ci posso credere.
 
- Okay.
Mentre lui, evidentemente sollevato, prendeva posto davanti a lei, Silvia espirò tutta l’aria che aveva ansiosamente trattenuto e cercò di rilassarsi il più possibile.
Tuttavia, la sua schiena era troppo dritta e rigidamente appoggiata allo schienale della sedia; le gambe accavallate tremavano leggermente; le sue mani erano intrecciate tra di loro e premute in grembo.
Il suo corpo comunicava cose che Silvia avrebbe voluto nascondere.
Alessandro, al contrario, sembrava rilassato. I suoi gomiti erano poggiati sul tavolino, le mani si toccavano leggermente; le sue spalle erano sporte in avanti verso di lei e curve.
Anche il corpo di Alessandro indicava chiaramente qualcosa: voleva esserle vicino.
Era ormai da troppo tempo, secondo lui, che erano distanti e Alessandro non riusciva a sopportare quella situazione, non più. Sentiva il bisogno fisico di doverglielo dire e quel momento gli parve il più adatto per farlo.
Soprattutto poiché Silvia dal quel fatidico giorno aveva bloccato il suo numero di telefono, il suo contatto su WhatsApp, il suo profilo su Instagram e non rispondeva alle e-mail che Alessandro le aveva inviato.
Quando Silvia tornò a guardarlo negli occhi, lui sentì di poter cominciare.
- Vorrei solo parlare con te. Anzi, vorrei che tu mi parlassi.
 
Silvia si aspettava queste parole, infatti non batté ciglio, ma temette di poter far trapelare troppe emozioni da un momento all’altro e voleva evitare ciò con tutta sé stessa.
Fece due respiri profondi e lenti.
Si sistemò una ciocca di capelli mossi dietro l’orecchio destro e gli diede il via libera.
- Va bene.
Mantieni il controllo, Silvia. Respira e mantieni il controllo.
 
- Ti ascolto.
  
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