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Autore: ShannaInLuv    19/04/2020    3 recensioni
Son passati sei anni da quando Bakugou Katsuki è partito, improvvisamente. Sei anni che nessuno lo vede, lo sente... si hanno sue notizie solo attraverso le imprese eroiche del telegiornale. Eppure, nonostante tutto, Bakugou è tornato: la notizia dell'incidente mortale di Red Riot è arrivata fino all'America. Ma non è solo per quello: alcuni fantasmi del passato andavano eliminati.
( Dal prologo)
«Come stai?»
Come aveva immaginato, Bakugou sbuffò, ringhiando tra i denti. Voltò il capo, guardando la pigra pioggia che cadeva sui marciapiedi, fuori dal bar.
«Non fare domande del cazzo. Cosa vuoi, Todoroki?»
«Il matrimonio di Midoriya e Uraraka.»
TodoMomo| IzuOcha Kacchako | altre possibili ship.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Momo Yaoyorozu, Ochako Uraraka, Shouto Todoroki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I like to think that we had it all
We drew a map to a better place
But on that road I took a fall

Oh, baby, why did you run away?
(Maps; Marron 5 )


3. I'm following the map that leads to you.

 

Tokyo, 3 Aprile; Ospedale degli Eroi. Mattina.

 

Katsuki era stato mezz'ora a litigare con gli inservienti e gli infermieri di quel reparto, finchè anche lui dovette arrendersi e aspettare in sala d'aspetto. Che significava che non poteva entrare quando gli pareva? Che doveva aspettare un orario, perfino lui, l'eroe numero tre, per vedere il suo amico!

Aveva poi sbraitato - ancora -, a quell'infermiera troppo vecchia per capirci qualcosa, che lui era il numero tre, solo perchè aveva volutamente lasciato il trono a quei due deficenti e che, in America, era considerato il numero uno – questo non era propriamente vero, ma quella vecchia che ne poteva sapere?

Quindi, un po' incazzato – più del solito – di dover aspettare  ancora un'ora prima che le visite ai pazienti iniziassero, si buttò nella sala d'attesa insolitamente vuota.

Quaranta minuti più tardi – un tempo davvero troppo lungo, in cui aveva ignorato le riviste buttate sul tavolo, non mancando di notare che  in copertina  di Heroes Magazine era stampata la faccia del Bastardo a metà nella sua solita espressione apatica. Quando decise che era davvero troppo quell'attesa – e quella visione del Bastardo che lo fissava, quasi accusattorio, mentre le parole «Chiama Deku.» aleggiavano nella sua testa fino allo sfinimento – decise di andarsi a prendere del caffè ai distributori automatici, nel piano sottostante.


Non era mai stato un amante del caffè, ma continuando la sua cariera da eroe, tra turni improvvisati, lunghi ed estenuanti, una tazza amara di caffè era tutto quello che migliorava un po' il suo sfinimento. E poi, dopo aver sorvolato l'Oceano pacifico, il jet-leg – e Todoroki – , la stanchezza non lo aveva fatto dormire così bene, quella notte.
Assaporò il caffè che non era davverò un granchè, ma che in quel momento era come se provenisse dalla miglior tavola calda del mondo; socchiuse gli occhi beandosi del sapore amaro che gli restava appiccicato sulla lingua. Dopodichè, appallottolò malamente il bicchierino di plastica lanciandolo nel cestino, facendo dietro front per tornare al piano superiore, quando una voce lo paralizzò.

«Kirishima-san dovrebbe essere nella 205.»

Non potè non riconoscere quell'assurda voce gracidante: d'altronde ci aveva condiviso tre anni di Accademia, un dormitorio e alcune vicende mortali, provenire dal corridoio su cui affacciava la sala relax dove erano collocati i distributori e, immediatamente, decise che non voleva che la fonte di quella voce lo vedesse.
Si appiattì contro il muro che faceva ad angolo, ben nascosto dal corridoio, osservando la figura che aveva riconosciuto: Asui Tsuyu, nei panni della supereroina Froppy, stava oltrepassando la sala Relax per inboccare le scale e, stando a quando aveva detto, salire al piano superiore per andare a trovare Kirishima.

Un allarme suonò nella mente di Bakugou: dove c'era Froppy – sia per esigenze lavorative che per amicizia – c'era anche Uravity.
Decisamente, la fortuna non era dalle sue parti e, in un attacco di ansia molto poco eroico, il grande Ground Zero decise di restare nascosto in quella stanzetta , aspettando che Asui e Ochaco Uraraka se ne andassero.

Non aveva di certo voglia di restare a conversare con gli ex compagni della A, pensò, tentando di giustificare la sua azione. 
Lui, che aveva paura, di incontrare due vecchie compagne di accademia.. - no si corresse immediatamente, non era paura... semplicemente non aveva voglia di invischiarsi in conversazioni inutili.

«Invece hai proprio paura.» gli mormorò la vocina interiore che, inaspettatamente, aveva preso il tono di voce diretto e pacato e l'aspetto di quel Bastardo a metà. Oltretutto, perchè l'immagine della sua coscienza doveva essere proprio Todoroki Shouto?

A confermare le sue aspettative, fu la sagoma di Uraraka Ochaco, a passargli davanti gli occhi ,seguendo Asui , stretta – fin troppo – nel suo costume da Uravity. Il costume della ragazza non era cambiato granchè dai tempi dell'Accademia, ma le sue forme decisamente sì: era proprio come la ricordava, formosa, solare e... bellissima.
Cercò di chiarire a sé stesso che rivedere Uraraka – spiandola,quasi – non gli sorviva nessun effetto, eppure, il respiro che, inizialmente ra mancato, e ora affannava, gli confermava tutt'altro.

 

«Spero che stia meglio...» sussurrò allora Ochaco, la sua voce carezzevole come al solito. Ricordò immediatamente la sua bontà di mettere sempre al primo posto gli altri e poi sé stessa – peccato che, con lui, sei anni prima, non era stato così.
Non sentì nemmeno ciò che Asui Tsuyu aveva risposto ad Ochaco, tanto era, improvvisamente, immerso nel passato, rimproverandosi subito dopo.

Da quando Bakugou Katsuki era diventato sentimentalista?

Rammendò a sé stesso di essere lì unicamente per Eijirou, e non per rivangare accadimenti che pensava di aver chiuso sei anni prima, o per chiacchierare allegramente – quando mai l'aveva fatto lui, poi – con i suoi ex amici – che era pure un'esagerazione,visto che sopportava a malapena quegli individui – ; decise quindi, che avrebbe aspettato che le due ragazze andassero via, per non incappare in imprevisti sgradevoli.

La gola gli arse e il desiderio di fumarsi una sigaretta lo colpì immediatamente, come mai in vita sua. Sgusciando fuori dalla porta senza essere visto, attraversò l'intero corridoio fino a trovarsi davanti alla porta di uscite d'emergenza; la aprì senza pensarci due volte e si ritrovò con i gomiti appoggiato sulla balaustra.
Accese la sigaretta, che durò ben poco, aspirando in fretta e con smania. Possibile che rivedere una persona insignificante gli portasse tanto stress?
Davvero riusciva a far condizionare in quel modo da nascondersi, sgusciare via e poi fumarsi una, due – aveva appena acceso la terza, nel giro di dieci minuti – sigarette?

Sono così debole? Pensò Katsuki tra sé e sé.

«Ka-kacchan... che... che ci fai qui

No, deciamente, non era il suo giorno fortunato.

 

Katsuki paralizzò sul posto, quasi non avendo il coraggio di voltarsi. Quella voce, quella sgradevole, nauseante, traditrice voce. Era sopreso, il nerd di merda, di vederlo lì. E perchè? Mica tutti gli edifici del mondo erano glorificati a nome Deku – che poi, aveva scelto quel nome da spazzatura per essere l'eroe numero uno? - né, tantomeno, non poteva di certo ignorare che sarebbe andato a trovare Kirishima – il suo amico, colui che non lo aveva mai pugnalato alle spalle – .

Con un estremo sforzo, e dopo aver preso una boccata di sigaretta d'incoraggiamento, si voltò verso Midoriya Izuku; era fermo sulla porta, con una sigaretta e un'accendino in mano, e gli occhioni verdi spalancati. Anche dopo sei anni, Midoriya non aveva imparato a vestirsi – una blanda t-shirt e un paio di bermuda – e , sopratutto, le sue fastidiosissime lentiggini da nerd erano ancora lì; non sembrava cresciuto nemmeno un po'.
I suoi occhi, lo sapeva -e non tentò nemmeno di nasconderlo – erano infuocati dalla rabbia e sentiva le vene sopra alla fronte palpitare più che mai. Digrignò i denti, lanciandogli un'occhiata spezzante. «Fumi? Tu?» e prese a ridere istericamente, come se sottolinerare quel dettaglio lo facesse sentire meglio.

Midoriya battè gli occhi e per un attimo sembrò imbarazzato, nascondendo la sigaretta e l'accendino dentro a una tasca dei bermuda. Portò la mano libera a grattarsi i capelli, come lo aveva visto fare un milione di volte quando era nervoso o imbarazzato.
«Ehm, sì... ho iniziato da poco, sai... è un periodo un po' stressante.»
Katsuki emise un verso spezzante tra i denti, abbassando leggermente lo sguardo, cogliendo al volo a cosa Deku si riferisse: il matrimonio di cui Bastardo a metà lo aveva informato.

Non disse nulla, non aveva voglia, e così mosse un passo per dirigersi verso l'uscita; anche se Deku rimaneva ancora impalato lì davanti, lo avrebbe volentieri spostato con una ponderosa spallata, senza sé e senza ma.

Midoriya inspirò, come a prender coraggio di parlare, e disse: «Sono contento tu sia qua, Kacchan. »
Katsuki si fermò, troppo vicino a lui, e alzò lo sguardo. Quelle parole lo nausearono... era contento, ma davvero? Che andasse al diavolo.

«E chiama  Deku Adesso, no, proprio no... non era il momento che la fastidiosissima voce di Todoroki Shouto gli tornasse in mente. Aveva già Midoriya davanti, e avere la combo degli idioti non era il massimo.

«Figurati.» inclinò il capo. «Spostati, mer-Deku

Se c'era una cosa che aveva sempre ammirato in Midoriya Izuku, era la tenacia: nonostante fosse un fallito nato... in ogni occasione, ogni volta riusciva a mantenere i piedi saldi sulle sue decisioni e determinazioni. Però adesso no, adesso voleva solo spaccargli la faccia ed andare via. La sua patetica tenacia, contro di lui, non funzionava più.

«Serebbero contenti anche gli altri di rivederti-» iniziò, venendo bruscamente interrotto da Bakugou.
«Beh, io no-» tagliò corto passandogli vicino e scostandolo malamente. «Sono qui solo per Kirishima.» volle chiarire, in caso ancora la faccenda non fosse stata abbastanza chiara ai suoi occhi.

Mentre aprì la porta per tornare dentro, Midoriya lo bloccò un ultima volta:

«So che non ci hai perdonato, ma Ochaco...» la sua voce tremò, e il cuore di Bakugou fece una capriola mortale. «... lei ci sta male. Le piacerebbe rivederti...»

Katsuki fremette, cercando di nascondere il sentimento che stava prepotentemente uscendo fuori, e disse solo, prima di tirare dritto fino alla stanza di Kirishima e non voltarsi più:

«Che Faccia-Tonda ci stia male non è un problema mio.»


***

Tokyo, 3 Aprile. Uffici Todoroki. Pranzo.

 

La mattinata era volata, sembravano passati soltanto dieci minuti che si era seduta nel suo ufficio a compilare e sistemare quei documenti, ed invece era già ora di pranzo. Naturalmente, non se ne sarebbe nemmeno accorta se Ochaco non le avesse scritto venti minuti prima, per confermare il pranzo tra loro due.
Le rispose se potevano rimandare – quei documenti sembravano non finire mai! - e Ochaco aveva accettato di buon grado, approfittandone anche lei per sistemare gli inviti del matrimonio.

Così, Yaoyoruzu Momo si era gettata di nuovo a capofitto nel lavoro – cosa che, ultimamente, faceva fin troppo spesso –, sperando che quella giornata passasse in fretta.
I giorni di pattuglia per lei erano rari, preferiva restare in ufficio e controllare che tutto andasse al meglio. Non fraintendiamoci, lei adorava essere un'eroina e quando ce n'era bisogno era la prima a spalleggiare Todoroki e Midoriya nel loro lavoro. Tuttavia, essendo – appunto – Todoroki, colui che rappresentava l'azienda, ed essendo questa dotata di numerosi agenti, Momo se ne restava in ufficio – e anche perchè, essendo l'assistente personale del Capo doveva in qualche modo essere il cervello e dirigere tutto.

Soprendentemente, Enji Todoroki aveva visto questa cosa di buon occhio; ci teneva moltissimo che il suo virtuoso figlio scalasse la vetta del successo e dell'eroismo e, quando aveva saputo che lei – imparandola a conoscere e dopo tante critiche – era l'unica, oltre a Deku, di cui Todoroki si fidasse veramente, alla fine aveva accettato. E ancora, non era rimasto deluso dalla gestione dell'agenzia.
Perciò Momo proprio non se la sentiva a deludere Enji Todoroki e cercava di smaltire più scartoffie possibili per conto di Shouto.
Che poi, le si mettessero in mezzo anche i sentimenti, questa era una cosa ovvia. Che Momo cercasse di dare il meglio, per dimostrare a Shouto quanto ci tenesse, era assurdamente vero.

Tuttavia, nonostante la situazione, Shouto Todoroki aveva numerose volte elogiato le sue capacità e il suo lavoro, sottolineando che lei era una parte fondamentale per l'agenzia e che senza di lei sarebbe presto finito a fondo.
Nonostante quelle parole la rendevano assai felice – sin dal primo anno d'Accademia si era impegnata al massimo e, con il suo intelletto superiore alla media, era riuscita a spiccare – c'erà qualcos'altro che Momo si aspettava di sentirsi dire. Eppure quelle parole – che in qualche modo lei fosse importante anche per la vita di Todoroki – non erano mai arrivate.

Non credeva davvero – nonostante quello che Kyoka e Mina avessero detto – che lui si stava approfittando di lei, quanto più che avesse paura di un cambiamento. Non poteva davvero credere quel ragazzo non provasse nulla – oltre l'attrazione – per lei...
In qualche modo, voleva ancora giustificarlo, nonostante il suo cuore stesse sanguinando già da un po', chiedendo di più.

Aveva sempre immaginato di sposarsi di qualche importante figlio di Eroe – come funzionava in una famiglia come la sua, ovviamente – e di innamorarsi, di avere una posizione e una vita felice. Eppure, per ironia della sorte, Shouto Todoroki era tutto quello che voleva, ma non poteva averlo.

Come se il fato leggesse nella sua mente, il cellulare vibrò e gli occhi pensierosi di Momo si spostarono sullo schermo: era un messaggio di Todoroki.

 

Pranziamo assieme?


Solo quella frase – una frase banale, che già aveva sentito altre volte – le fece battere forte il cuore. Rispose in fretta, digitando un:

 

“Certo, verso che ora?”
 

“Ti passo a prendere tra un'ora. Dobbiamo discutere di alcune faccende lavorative.”

 

Certamente, per quale altro assurdo motivo avrebbero dovuto pranzare insieme se non per lavoro?

Sospirò, non prendendosi nemmeno la briga di rispondere. Conoscendolo, non avrebbe nemmeno badato a quel fatto.

 

«Ehm, Yaoyoruzu-san?» una testa rosata sbucò fuori dalla porta, timidamente. Era una tirocinante della UA, della sezione C. Nonostante tutti le avessero detto di avere più confidenza, si ostinava a chiamare tutti con -san e, Todoroki, con -sama.

«Chiamami, Momo, Ami-chan.» brontolò, sorridendo.
Ami annuì e arrossì, e poi. «Uhm, Momo-san, ci sono dei fiori per te.»
Momo battè gli occhi. «Dei... fiori?» e, senza indulgiare oltre, si affacciò oltre la porta dell'ufficio, dove un enorme bouquet di fiori – margherite, fiori di loto, girasoli e rose – era appoggiato a terra.

Chi mai avrebbe potuto mandarle dei fiori così vistosi?

La sua mente scartò Todoroki – per innumerevoli motivi – e si domandò chi, visto che non conosceva molti ragazzi single – quasi tutti gli ex membri della sezione A erano felicemente fidanzati, avesse potuto inviarle quel dono così vistoso.

«C'è anche un b-biglietto, Momo-san.» e Ami le porse una lettera.

Momo la afferrò, titubante. La busta sembrava elegante e il cartoncino all'interno lo era ancora di più. Roba da ricchi, ridacchiò.
Incuriosita, lo lesse immediatamente:

Yaoyoruzu-chan! E' passato molto tempo da quando ci siamo visti l'ultima volta. Oggi torno a Tokyo per qualche giorno, ti va un caffè? Ti lascio il mio numero!

E congratulazioni per il posto di lavoro! E' fantastico!

Inasa Yoarashi.”

 

Rilesse il messaggio, un po' sorpresa che un vecchio compagno di agenzia la ricontattasse così all'improvviso. Ma ne era felice: nonostante i loro due licei erano rivali, quando si ritrovarono a lavorare insieme alla stessa agenzia, gomito a gomito, si erano ritrovati sempre bene. Inasa era energico e una buona compagnia.

 

Si domandò cosa ne pensasse Shouto.


AngolinoAutrice(?)
Eccomi qui! Sono abbastanza ispirata - e in verità ho paura di scordare delle dettagliate scene che ho in mente - e non ho nemmeno nulla da fare, data questa quarantena... quindi ecco il terzo capitolo!
Allora, inizio con una piccola premessa: visto che interpreto il personaggio di Bakugou - e Todoroki - uno che non si esprime molto ( parlando di sentimenti), mi sono immaginata come potrebbe essere il loro flusso di pensieri e... devo ammettere che è davvero diffcile ^.^'' Sto cercando di mantenerli IC il più possibile, nonostante questa sia una storia "futura" e che i loro caratteri potrebbero cambiare radicalmente all'interno della serie.
Detto ciò, è ovvio che Bakugou cerca di mentire perdino a sè stesso, tramite gli sproloqui - e mi piace di aver inserito Todoroki come voce della coscienza ahaah. In realtà, del fatto che Todoroki appare come "la vocina" c'è anche un motivo, secondo il mio cervello... ma non ve lo spiegherò adesso, magari cercherò di inserirlo nella storia.
Pooi, voglio anche chiarire che Momo non ha mai parlato chiaramente con Todoroki - quindi non è che lui l'ha semplicemente ignorata facendo lo s*** - e sicuramente non hanno mai parlato della cosa, anche se Todoroki s'immagina che Momo è un po' infelice.... vedremo cosa farà il nostro Shouto <.<
E, per quanto io ami Todoroki, SI!, ho dovuto inserire "qualcuno" che gli metta i bastoni tra le ruote eheeh...
Approfittando del fatto che ho deciso di farne una mini-long, sto allungando il brodo più del previsto, sorry! Amo dilungarmi in queste cose di suspence. E comunque, se i capitoli son troppo lunghi, ditemelo che magari li accorciò un po'.
Ps. La canzone ci azzecca sia per Bakugou, che per la questione TodoMomo!
Detto questo voglio ringraziare chi ha letto lo scorso capitoli ( ho corretto gli errori di battituta - scusate) e chi leggerà questo.
Me ne vado, altrimenti faccio uno spazio autore più lungo del capitolo!
Plus Ultra,Shanna!

 
   
 
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