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Autore: Minako_    20/04/2020    5 recensioni
Sonoko, fra il frastornato e il dubbioso, la guardò mentre lanciava occhiate nervose alla porta, per poi veder far capolino sul suo viso un rossore incontrollabile. La biondina si girò e vide Shinichi sulla porta, entrare a testa bassa e dirigersi senza guardarla al suo posto. Esausta, alzò gli occhi al cielo, prendendo posto anch’essa.

Io non li capirò mai.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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WITHOUT WORDS.
attese.
 

« Ma scherzi? ».
« No che non scherzo! ».
« Vuoi dire che ha dormito tutto il viaggio?! ».
« E’ praticamente svenuta due minuti dopo essere partiti ».
Ran aprì gli occhi, infastidita dalle voci intorno a sé. All’iniziò pensò di essere ancora in quella camera di ospedale, ma presto si rese conto che aveva di nuovo sognato ricordi lontani. Con una smorfia si sedette meglio, mentre Sonoko rideva al suo fianco.
« Ma buongiorno, siamo arrivati! », la sua voce le rimbombò per un attimo nella testa, che le pulsava incessantemente.
A quella vista, ben presto il sorriso divertito di Shinichi si affievolì, fino a scomparire.
« Perché non cominciate a scendere? Noi prendiamo i bagagli e arriviamo », per fortuna Kanazawa era l’ultima fermata. Makoto prese gentilmente il bagaglio di Sonoko, decisamente più grande di lei, e la trascinò con sé senza poche proteste.
Ran ringraziò mentalmente Makoto, e si portò una mano alla testa.
« Stai bene? ».
Trasalì, voltandosi alla sua destra. Da come era confusa quasi si era dimenticata di Shinichi al suo fianco, che ora la guardava con sguardo preoccupato. Cercò di scacciare via i brutti pensieri, e annuì con vigore: l’ultima cosa che voleva era rovinargli la giornata con le sue paturnie.
« Ma sì, certo. Ho solo un po’ di mal di testa », quello, almeno, era vero. Lui la guardò per niente convinto, e Ran se ne accorse. Sfoderò il sorriso migliore che possedesse, e si alzò di scatto.
« Forse ho dormito troppo », iniziò a prendere il proprio bagaglio, senza guardarlo più in faccia. Sapeva che, se avesse incrociato il suo sguardo, non sarebbe più riuscita a dire bugie.
Mi hai detto così tante bugie.
Sbarrò gli occhi, e in quel momento le cadde di mano la sua borsa.
Come faccio a sapere che anche i tuoi sentimenti per me non erano che questo? Una grande bugia?!
« Ran! », Shinichi prese al volo la sua borsa, mentre quest’ultima sobbalzava.
« S-scusa, che maldestra », balbettò con una risatina, prendendogli di scatto la borsa e iniziando ad avanzare verso l’uscita.
« Hai fatto un brutto sogno? », provò lui acchiappando il suo bagaglio e correndole dietro.
« Ma no, davvero », rise lei nervosa.
Per fortuna di Ran, quando mise piede fuori dal treno, una valanga umana la travolse così velocemente e così forte che dovette far leva sulle sue gambe per non cadere.
« Ran! ».
La voce di Kazuha le fece per un attimo dimenticare i suoi brutti pensieri, e di slancio rispose all’abbraccio.
Era sinceramente felice di rivederla, specialmente perché negli ultimi tempi non avevano avuto molte occasioni di stare insieme.
« Sono così contenta di stare un po’ di tempo con voi », continuò la ragazza di Osaka, staccandosi da Ran e rivolgendosi anche a Sonoko.
« Avete finito con queste smancerie! », sbuffò Shinichi, rimasto bloccato dietro Ran. Con noncuranza si fece largo, andando incontro ad Heiji e Makoto.
« A volte mi scoccia ammetterlo », replicò Sonoko con una smorfia verso Shinichi. « Ma quasi preferivo quando Ran si portava dietro il marmocchio ».
A quelle parole, Ran deglutì nervosamente, mentre Heiji lanciava occhiate veloci fra lei e Shinichi.
« Ah, Conan », ricordò con un sorriso Kazuha. « Lo senti mai, Ran? ».
« Ogni tanto », mentì lei, non senza sensi di colpa, mentre si incamminavano verso l’uscita della stazione.
Si sentiva così subdola, così a disagio a mentire alle sue migliori amiche. Non era da lei, e le costava un’immensa fatica. Tuttavia non poteva fare altrimenti, in quelle bugie erano implicate così tante persone e dei segreti così grandi che perfino dopo mesi faticava a vedere le cose con la giusta lucidità. Era stata interrogata da così tante forze dell’ordine, dopo la caduta dell’Organizzazione, che ne aveva perso il conto.
FBI, la polizia giapponese, i servizi segreti di almeno altri due paesi. E tutti gli avevano ripetuto di stare zitta, far finta che non fosse mai accaduto nulla, mentire. Non sull’Organizzazione, quella no. Il giorno dopo quel brutto e infinito giorno la notizia che Shinichi Kudo ed Heiji Hattori avevano scongiurato una delle organizzazioni malavitose più invisibili e pericolose del secolo era rimbalzata su ogni notiziario, giornale, chat online. Erano diventati così famosi che per un po’ Heiji non riuscì nemmeno ad uscire di casa, e Shinichi aveva una scorta davanti alle principali entrate dell’ospedale.
No, non su quella. Ma su i loro esperimenti, sui loro metodi.
Gente che rimpiccioliva, persone che non invecchiavano mai. Persone che sarebbero dovute essere morte da anni. Meno persone sapevano, più persone erano al sicuro da possibili piccoli nuclei rimasti in piedi.
E così si era ritrovata a fare qualcosa che non aveva mai fatto nella sua vita. Mentire.
Pensi davvero che io fossi felice di mentirti?!
Si strofinò energicamente gli occhi, scacciando via l’ennesimo flash apparso nella sua mente.
« Allora, cosa facciamo oggi? », esclamò Kazuha entusiasta, prendendola a braccetto e trascinandola fuori da lì e dai suoi ricordi.


« Lo farò stasera ».
Shinichi si voltò verso Heiji, che si era appartato con lui in un angolo per posare i bagagli nella hall dell’albergo. Notò che stava contraendo così tanto la mascella che si stupì di come quest’ultima non si stesse rompendo.
« Ottimo », ribattè sottovoce. « Hai già pensato a tutto? ».
« Sì », il suo tono era deciso.
« Bene, allora », Shinichi sorrise del suo nervosismo. « Da domani non mi tampinerai più ».
« Io almeno non ti ho mai chiesto di infilarmi in uno zaino mentre mi rimpicciolivo! ».
« Fidati, è meno impegnativo di reggerti dopo tre birre ».
« Ragazzi? », Kazuha guardò sbigottita Heiji, mentre aveva afferrato per il braccio Shinichi e lo stava strattonando con fare minaccioso. L’altro, ridacchiava sornione.
« Tutto bene? », chiese confusa.
« Sì, tutto bene », replicò Shinichi fissando l’amico. « Heiji è un po’ nervoso».
Quest’ultimo divenne di una leggera tonalità di rosa, mentre lo lasciava andare malamente.
« Nervoso? Per cosa? », indagò di nuovo Kazuha, non capendo. Ran, sentendo la discussione, lanciò un’occhiata di fuoco a Shinichi.
« Non starlo a sentire, quello scemo », borbottò allontanandosi, con la sua amica che lo rincorreva curiosa di sapere cosa stava succedendo. A quella vista, Shinichi rise ancora, per poi essere colpito da qualcosa di davvero pesante appena dietro al collo.
« Ridevi come un idiota ».
Gliela aveva già sentita pronunciare una frase del genere, tanto tempo prima. Sorrise al ricordo, mentre si massaggiava dolorante la nuca.
« Se la pensi così, non ti rivelerò cosa mi ha appena detto Heiji! », la punzecchiò, sapendo di coglierla sul vivo. Così fu, e Ran ritirò a sé la borsa con la quale lo aveva appena colpito, un lampo di curiosità negli occhi blu.
« Cosa? », lo guardò speranzosa.
« Ah, non sono più un idiota? », gli fece una smorfia divertita lui, avanzando verso l’uscita dove gli altri li stavano aspettando.
« Certo che lo sei », si affrettò a sottolineare lei.
« Allora ti lascio nella curiosità », rise lui, facendola sbuffare.
Provò a convincerlo per tutto il giorno, ma lui non diede segno di cedere. Fu così che trascorsero il primo pomeriggio, mentre tutti insieme girovagano per la città. Anche se l’aveva già visitata quando era ancora Conan, Shinichi assaporò ogni singolo momento di quella giornata. Dopo quella mattina, aveva visto Ran decisamente più serena e ogni qualvolta ridesse il suo cuore faceva un balzo, contagiando anche il suo umore.
Era sempre stato così, fra loro, da quanto poteva ricordarsene. Bastava un suo sorriso per illuminargli la giornata. Decise così di scacciare la preoccupazione per quella stessa mattina, e godersi la giornata.
Dopo un giro veloce nel centro, avevano optato per mangiare qualcosa di veloce mentre continuavano a camminare. Così presero qualcosa da mangiucchiare per strada, e Ran quasi si offese a morte quando Shinichi le rubò l’ultima polpetta di polpo dal suo stecchino con una mossa fulminea. Gli promise vendetta, che si attuò quando lei gli spalmò un po’ del suo gelato sul naso, quando lui fece per rubargliene di nuovo un po’.
A tutte queste scenette giocose fra loro, Kazuha rimase piacevolmente colpita, per non dire un po’ gelosa.
Stavano insieme, certo. L’ultima volta che l’aveva incontrata, Ran aveva ammesso che si fossero baciati, ma insieme non erano stati mai così complici come quel giorno. Si erano stuzzicati per tutto il tempo, giocando e ridendo come non li aveva mai visti fare. In realtà, come non aveva mai visto fare a lui.
Shinichi non gli era mai parso, fin dal principio, una persona molto estroversa. Anzi. A volte si stupiva di come andasse d’accordo con Heiji, decisamente più testa calda e rumoroso di lui.
Era sempre stato molto tranquillo, e non si lasciava mai andare a grandi risate o scherzi platonici. Eppure quel giorno era straordinariamente allegro come non lo aveva mai visto, aveva perfino intasato di parole Makoto il quale, diciamocelo, anche lui non spiccava per essere un grande parlatore.
Altra cosa che notò silenziosamente Kazuha, era stato il suo approccio con Ran. Certo, non che avessero fatto grandi gesti di affetto, anzi. Niente baci, niente abbracci, non si tennero per mano nemmeno una volta;  ma ad ogni movimento della ragazza lui si muoveva di conseguenza come se attratto da una calamita invisibile. Era un continuo infastidirsi a vicenda con fare giocoso, e anche questo le parve nuovo. Ogni occasione era buona per toccarsi, seppur di sfuggita e seppur scherzando, e ridacchiando sottovoce per qualcosa che capivano solo loro.
Erano così intimi che per un attimo fissò Heiji, nel suo cuore la speranza che un giorno sarebbe stato così anche per loro. Ci erano andati vicini così tante volte, che le ribolliva il sangue ogni volta che la speranza le era svanita davanti agli occhi.
Sospirò, e nel farlo incontrò gli occhi di Sonoko, che la guardavano con fare malizioso.
« Ancora niente, eh? », le sussurrò quando furono un po’ distanti dal gruppo.
Kazuha fece un sorriso senza allegria, mangiando ancora un po’ del suo gelato alla vaniglia.
« Comincio a pensare di aver immaginato qualcosa che non c’era », ammise amareggiata.
« Ma che dici! », esclamò Sonoko.
« E’ che comincio a perdere le speranze, tutto qui », alzò le spalle, le lacrime che cominciavano a pungerle gli occhi.
« Te lo scordi! ».
La voce alta di Ran le interruppe, mentre si giravano a guardare Shinichi che si era ancorato al suo braccio per mangiarsi il suo biscotto ancora golosamente custodito nella coppetta del gelato.
A quella vista, Kazuha emise un risolino.
« Loro, in compenso, mi sembrano davvero felici », disse piano a Sonoko, mentre Ran porgeva titubante il suo biscotto a Shinichi.
« Già, incredibile ma vero », Sonoko sorrise compiaciuta. E, mentre guardava Ran ritirare indietro velocemente il biscotto per poi mangiarlo in un boccone, lasciando Shinichi incredulo e deluso davanti a sé, sgranò gli occhi all’improvviso.
« Dopo dobbiamo prendere Ran da parte! », battè un pugno sul palmo della sua mano, spaventando per un attimo Kazuha.
« P-perché? », chiese questa, non capendo.
« Dobbiamo indagare », gli occhi di Sonoko si assottigliarono, mentre guardava Ran accarezzare piano la testa di uno Shinichi offeso per avergli negato il suo ultimo, prezioso biscotto.

Per metà pomeriggio decisero di accontentare Sonoko e tornare in albergo, per godersi l’enorme piscina a loro disposizione. Fu quando i ragazzi andarono a cambiarsi nei loro camerini, che Sonoko prese la palla al balzò e corse incontro a Ran, che aveva preso posto su un lettino accanto a Kazuha.
« Hey, hey », sussurrò agitata, sporgendosi verso il lettino di Ran. Quest’ultima la guardò confusa, mentre riponeva la borsa al suo fianco.
« Cosa? », chiese non capendo lo strano modo circospetto di Sonoko.
Quest’ultima si guardò intorno nervosa, per poi far cenno a Kazuha di andarsi a sedere sul suo lettino.
« Dobbiamo parlare, ORA », sentenziò, puntando un dito verso Ran.
« Di cosa? », chiese nuovamente lei, notando lo sguardo confuso di Kazuha.
« E’ da settimane che vorrei parlarti », mentre parlava sottovoce continuava a rigirarsi intorno. « Ma Kudo-kun non ti molla mai », fece una smorfia. Ran corrugò la fronte, e quando Sonoko notò che ancora non stava capendo, sbuffò.
« Allora? E’ successo altro? Qualche pomiciatina? ».
Per poco a Kazuha non andò di traverso l’acqua che stava bevendo, e Ran diventò bordeaux in faccia alla velocità della luce. Aprì la bocca, scioccata, mentre Kazuha la fissava con occhi rotondissimi.
« COSA?! », esclamò quest’ultima a voce alta, all’improvviso agitata.
« Zitte, zitte! », disse Ran scuotendo la testa, alcuni vicini di sdraio che le guardavano torvi.
« Non è successo niente, state calme! », disse ormai sull’urlo di una crisi di imbarazzo. Kazuha tornò a respirare, e Sonoko la fissò delusa.
« Ma scherzi? », disse mettendo su il muso. « Dopo il discorso di settimane fa, niente? », sbuffò, incrociando le braccia al petto.
« Ecco perché oggi eravate così appiccicosi! », gli occhi di Kazuha si illuminarono alla rivelazione.
« Già, già! Qualche settimana fa era tutta agitata perché si erano spinti un po’ oltre », rise Sonoko con sguardo malizioso. Ran affondò il viso dentro il palmo della mano.
« Io glielo ho detto di buttarsi, ma a quanto pare vivono ancora nel paesino delle fatine », concluse scuotendo la testa rammaricata.
Kazuha riguardò Ran come per volere una conferma, e lei dovette arrendersi e annuire lentamente. Nel vedere la sua silenziosa risposta, Kazuha battè le mani emozionata.
« O mio Dio, voglio i dettagli! », esclamò mettendosi a sedere più comoda. Ran cominciò a guardarsi intorno nervosa: l’idea che i ragazzi saltassero fuori da un momento all’altra la terrorizzava.
« Non c’è molto da dire », buttò lì velocemente.
« Siamo un po’ andati oltre i baci, ma siamo sempre stati interrotti », spiegò nervosa, torturandosi le mani. Kazuha ormai aveva la bocca aperta da così tanto tempo, che Ran pensò si fosse paralizzata così.
« Aspetta, aspetta, io ero rimasta a quando è successo in agenzia », Sonoko la bloccò, l’emozione negli occhi.
« E’ successo altre volte? », chiese avida di informazioni. Ran si morse un labbro.
« U-un… due », ammise con un sospiro, evitando il loro sguardo. Sonoko emise un piccolo urletto, battendo le mani. Kazuha era di una leggera sfumatura di rosso, ma non riusciva a non guardare Ran con una insolita curiosità.
« Però non avete ancora… », lasciò in sospeso la frase, in un sussurro timido. Ran negò, a disagio. Cominciava seriamente ad avere caldo.
« E cosa aspetti, dai! », sussurrò Sonoko, facendole l’occhiolino. Ran si torturò nuovamente le mani, abbassando lo sguardo.
« Non è così semplice », mormorò piano.
« Cosa succede? », nel vederla così in crisi, Sonoko smise di prenderla in giro improvvisamente.
« Non lo so, credo di avere un po’ paura, in realtà ».
Le parole le scivolarono di bocca, ma con sorpresa si ritrovò a sentirsi meglio. Forse parlarne non le avrebbe fatto così male, visto che quei dubbi a volte le tornavano in mente spesso ultimamente.
L’idea di loro due, così, insieme…  rabbrividì, seppur sotto quel sole così caldo.
« Di cosa hai paura, Ran? E’ Shinichi… ».
La voce rassicurante di Sonoko le scaldò per un attimo il cuore, e alzò il viso per fissarla. Non seppe dire il perché, ma sentì gli occhi pizzicarle.
« Lo so, lo so », disse nervosamente, la voce incrinata. « Lo so che è lui, so che non farebbe mai niente che io non voglia… o che comunque sarebbe, ecco, carino con me… », fece una paura, per riordinare le idee.
«Non è lui il problema, ma io… ho paura di deluderlo, ecco. Non lo so, forse non farei le cose giuste, forse non sarebbe come se lo immagina », ormai parlava senza sosta, le mani così stritolate che si stava fermando il sangue. Kazuha e Sonoko si guardarono smarrite per un attimo, poi quest’ultima si rivolse a lei dolcemente.
« Ran, ma sei sicura di essere, ecco… sicura? », le chiese. « A parte gli scherzi, non devi se non ti senti ».
« Sì che lo sono », rispose sicura, con convinzione. « Però è comunque un passo importante, no? ».
« Certo che lo è », finalmente Kazuha prese parola, il rossore che non abbandonava le sue gote.
« Secondo me allora le tue paure di deluderlo devi togliertele dalla testa », esclamò Sonoko, fissandola.
« Non devi nemmeno pensarci. E’ Shinichi, Ran, devi pensare solo a questo… ».
« Lui, piuttosto… », iniziò Kazuha timidamente. « Secondo te vuole? ».
« P-penso di sì », balbettò Ran, arrossendo.
« Ma certo che vuole », sbuffò Sonoko. « Penso stia solo aspettando te, ormai! ».
« Aspettando? », Ran corrugò la fronte.
« Beh, immagino di sì… aspetterà che tu faccia la prima mossa, no? Come hai detto tu, Shinichi non farebbe mai nulla per forzarti… ».
Ran aprì la bocca per ribattere, ma improvvisamente una nuova realtà le balzò in testa. Le due amiche se ne accorsero, e la incitarono con la testa per proseguire.
« Beh, ecco… una volta ci siamo interrotti perché io ero nervosa », spiegò timidamente. « Lo ha notato, e mi ha detto che era meglio lasciar perdere… ».
« Ma lui ha mai preso iniziativa per primo? », indagò Sonoko, con gli occhi ridotti a fessure.
Ran ci pensò su. Effettivamente, ogni volta, era stata lei a slanciarsi verso di lui. Sia la prima volta in agenzia, sia in biblioteca, e sia il sabato prima. Shinichi si era sempre trattenuto dall’allungare le mani, se non era lei a iniziare. Altrimenti, a parte i suoi gesti affettuosi, niente. Anche quell’ultima settimana erano rimasti soli parecchie volte, ma lui era sempre rimasto composto al suo fianco. Deglutì, fissando Sonoko, arrivando a formulare un pensiero che non avrebbe mai capito da sola.
« S-stai dicendo che lui non farà mai la prima mossa? Ma io un pomeriggio glielo ho detto che lo… ecco, che lo volevo insomma », ormai era paonazza, e Kazuha anche. Ma Sonoko ormai vestiva perfettamente i panni di un detective navigato, mentre si portava una mano al mento con fare pensieroso.
« Puoi anche averlo detto, ma se poi ti ha vista nervosa forse ha pensato che non lo fossi davvero », dedusse infine.
« Pensaci: l’unica volta in cui nessuno vi ha interrotti, sei stata tu ad agitarti. Penso che lui sia pronto, figurati, è un ragazzo e tu gli piaci da sempre. Proprio per questo ti conosce bene, e vedendoti così non vorrà forzarti, Ran ».
Quella spiegazione la spiazzò così tanto che sbarrò gli occhi.
Shinichi.
Che la capiva sempre.
Che non la forzava mai a fare qualcosa che non volesse.
Shinichi che la stava aspettando?
« Ma… ma quindi? », deglutì.
« Quindi, se sei realmente pronta, buttati tu, Ran. Per una volta sono dalla sua parte », ammise Sonoko, con un sorrisetto
 « Pensaci: non ha mai allungato le mani, quando ti ha vista agitata ha smesso. Mi costa molta fatica ammetterlo, credimi », Ran alzò gli occhi al cielo. « Ma è molto carino nei tuoi confronti ».
Lei arrossì, e Kazuha le sorrise complice.
« Sì, lo è », disse dopo un tempo infinito, pensierosa. « Però io mi vergogno, Sonoko! Non posso certo dirgli a quattr’occhi che il mio nervosismo non è dovuto a lui », arrossì.
« Ma voi due, ecco », Kazuha si schiarì la voce, in evidente imbarazzo. « Non avete mai neanche lontanamente affrontato l’argomento? », concluse paonazza.
Ran ci pensò un attimo, e dopo poco aprì la bocca agitata. Le tornò improvvisamente in mente un fatto accaduto mesi prima, che aveva cercato di dimenticare in un angolino del suo cervello. Rendendosi conto che l’amica stava pensando a qualcosa di importante, Sonoko le sventolò una mano davanti alla faccia.
« N-no, mai », mentì, cercando di scacciare il ricordo apparso nella sua testa.
« Che devo fare », affondò dopo un pò il viso nelle mani, scoraggiata.
« Una cosa ci sarebbe… », gli occhi di Sonoko brillarono diabolici.
« Potresti un po’ stuzzicarlo, e farglielo capire », la guardò maliziosa.
« E come?! », esclamò sulle spine.
« Dimenticati quell’insulso vestito blu che abbiamo comprato insieme », gesticolò improvvisamente.
« Stasera te ne do uno io! ».
« Sonoko… », la ammonì Ran, con fare minaccioso. L’amica sorrise subdola ma subito si zittì, e Ran notò che anche Kazuha al suo fianco si immobilizzò.
« Di che parlate? ».
Ran si paralizzò, mentre Shinichi con un balzo si metteva a sedere al suo fianco sul lettino. Si voltò rigida verso di lui, che la guardava a poca distanza con un bellissimo sorriso. Nel medesimo istante furono accerchiate anche da Heiji e da Makoto, che si sistemarono su alcuni lettini poco distanti. Kazuha e Sonoko si dileguarono, la prima imbarazzata e la seconda divertita, per lasciarli soli.
Ran si morse un labbro, voltandosi verso Shinichi.
Ti sta aspettando.
Lo guardò per un attimo, le parole che le rimbombavano nella testa.
E’ molto carino nei tuoi confronti.
Shinichi la guardò confuso, mentre lei rimaneva imbambolata.
« Il sole ti ha rimbambita? », le chiese sbattendo le palpebre.
« S-scemo », replicò lei scorbutica, volgendo lo sguardo altrove.
Non vorrà forzarti, Ran.
Shinichi si sentì a disagio, fissando intensamente Ran. Ultimamente era sempre molto pensierosa e silenziosa, e capirla era diventato davvero impossibile. Cercava di essere il più carino possibile con lei, ma pareva che celasse sempre qualche problema o qualche preoccupazione dietro ai sorrisi che gli rivolgeva.
Sospirò, tornando alla realtà. Da quando gli aveva ammesso dei suoi continui incubi, era diventato davvero molto paranoico, e ogni qualvolta la vedeva pensierosa temeva che potesse ripensare a qualcosa di brutto. Scosse la testa, cercando di scacciare le stesse immagini che stavano apparendo davanti ai suoi occhi.
« Dai, facciamoci un bagno », le disse, prendendola di slancio per la mano. La trascinò con sé, e rise quando vide dall’altra parte della piscina Heiji che coglieva alla sprovvista Kazuha e la spingeva malamente in acqua.
Altro che dichiararsi.
Pensò sarcastico, mentre la ragazza riemergeva e iniziava a urlargli addosso di tutto. Si fermò di scatto e si voltò per ridere insieme a Ran di quella scena, quando la vide ancora imbambolata a fissarlo, rossa in viso.
In quel momento si rese conto che di slancio l’aveva afferrata per mano, e ora era al suo fianco con un bikini decisamente non da lei. Nero, a triangolo, che lasciava ben poco spazio all’immaginazione.
Fece per dire qualcosa per rompere il ghiaccio, ma in quel momento qualcuno lo spinse così forte che di scatto strinse la mano di Ran e, mentre cadeva in piscina, la trascinò con lui.
« Sei un idiota », scosse la testa Kazuha, mentre Heiji si metteva a ridere.
Dopo poco Shinichi riaffiorò dall’acqua, tossendo furiosamente, e dopo poco anche Ran.
« Fresca l’acqua? », chiese Heiji, prendendoli in giro, ancora in piedi sul bordo. Stava ancora sorridendo beffardo, quando all’improvviso Shinichi si diede slancio con le braccia e lo ancorò per le gambe, facendogli prendere una sonora botta col sedere prima di scivolare con lui in acqua.
Heiji riemerse con un’espressione così sorpresa che tutti scoppiarono in una sonora risata, prima che Shinichi rincarasse la dose e gli mettesse due mani sulla testa, spingendolo di nuovo giù.
Heiji cominciò a gesticolare e fare bolle, e quando si sentì soddisfatto, Shinichi lo lasciò andare.
« Ma vuoi uccidermi?! », sputacchiò un po’ di acqua il ragazzo, tenendosi una mano sul petto.
« No, troppi testimoni », alzò le spalle Shinichi con noncuranza.
A quella scena, Ran rise nuovamente. E, mentre Sonoko lanciava una palla e iniziavano a giocare tutti insieme, tutte le sue preoccupazioni e ansie svanirono nel nulla. Si dimenticò per un attimo del discorso fatto con le ragazze, e di tutte le sue recenti paranoie. Per quel pomeriggio fu come se fossero tornati semplicemente amici.


Quando, infine, decisero di rientrare in Hotel per cambiarsi, Ran e Kazuha seguirono Sonoko in camera sua. Aveva riservato una camera per ognuno di loro, così che potessero sistemarsi senza problemi per la serata.
« Vieni, Ran, te lo devo assolutamente far provare! », gongolò verso l’armadio e, aprendolo, stupì le ragazze considerando quanti vestiti ci fossero.
« Ma hai intenzione di metterli tutti? », rise Kazuha, cominciando a guardarli.
« E’ che sono un po’ dubbiosa su quale mettere », Sonoko si imbronciò, cominciando a studiarli uno per uno. Poi, saltò sul posto, indicando Ran.
« Ma questo fa assolutamente al caso tuo! », sentenziò e, dopo aver rovistato un po’, prese un vestito e glielo fece ammirare alzandolo leggermente in alto.
Ran sbarrò gli occhi, arrossendo.
« Ma sei matta?! », esclamò nervosa.
« Perché? », domandò innocentemente Sonoko, mettendosi a guardarlo anche lei.
« E’ troppo, Sonoko, davvero », scosse la testa e Kazuha non riuscì a non darle torto.
« Scusa, finora coi tuoi vestiti bon ton hai rimediato qualcosa? », fece una smorfia la biondina.
« Ma dai, ma questo è… è… ».
« E’ perfetto. Shinichi non potrà davvero far finta di niente, stasera! Provalo, almeno ».
Ran sospirò, indecisa sul da farsi. Era davvero tentata di provarlo, ma era anche tremendamente insicura.
« Oh, quanto è bello questo! », la voce di Kazuha le distrasse, mentre guardavano la ragazza mentre prendeva dall’armadio un vestito rosso molto romantico.
« Puoi metterlo se vuoi! ».
« Davvero? », gli occhi di Kazuha si illuminarono.
A quella vista, Ran sorrise dolcemente. Sperò con tutto il suo cuore che quella sera Heiji si sarebbe dichiarato, voleva davvero che Kazuha finalmente vivesse il suo momento speciale.
« Allora bella addormentata », Sonoko la riportò alla realtà, mentre sventolava il vestito che aveva fra le mani.
« Lo provi, o no? ».
E, mentre per nulla convinta lo provava, e si sentiva stranamente attraente, le tornò in mente la bugia che aveva detto quel pomeriggio alle sue amiche, e all’episodio avvenuto alcuni mesi prima…

 

Cinque mesi prima.


Shinichi si stiracchiò, per poi versarsi una quantità generosa di caffè nella tazza. In lontananza, sentiva suo padre chiacchierare con sua madre, ma non riusciva a capire l’oggetto della loro discussione. Sembrava piuttosto animata, perciò alzò gli occhi al cielo.
Dopo la caduta dell’Organizzazione, erano rimasti in Giappone ancora per un po’, e da quando un mese e mezzo prima era tornato a casa dall’ospedale, sentirli battibeccare continuamente iniziava a fargli saltare i nervi. Non che non si amassero, anzi. Ma ogni occasione era buona per stuzzicarsi e discutere sottovoce, come se lui non li sentisse.
Esasperato, e con una fitta alla schiena, si toccò la medicazione che aveva intorno alla vita, sistemandosi la fasciatura sotto la camicia aperta. Maledicendosi, ripensò a quando non meno di una settimana prima, aveva voluto strafare e gli si era riaperta un po’ la ferita.
Sei un emerito idiota.
Pensò di nuovo a quando aveva voluto provare a fare qualche tiro a calcio dietro scuola. Era stata decisamente una brutta idea, e da allora la ferita era tornata a pulsare. Aveva subito disinfettato e medicato, ma aveva ancora della pelle viva che a contatto con qualsiasi tessuto gli doleva.
Con una smorfia, provò ad abbottonarsi la camicia. Non ne aveva parlato con nessuno, men che meno con i suoi genitori o con Ran. Nessuno di loro aveva approvato che tornasse a scuola così presto, ma li aveva convinti tutti, così avevano ceduto. Se avessero saputo che si era fatto male, non lo avrebbero più lasciato vivere, e già si immaginava le duemila ramanzine a cui sarebbe stato sottoposto. Bastava fare colazione con un buon caffè, e almeno due antidolorifici.
« Buongiorno, Shin-chan! », sua madre entrò in cucina con un grosso sorriso. Shinichi nascose in cartella velocemente le medicine, e la guardò. Aveva sì un bel sorriso, ma anche uno sguardo strano. Che avesse visto gli anti dolorifici?
« ‘Giorno », rispose deglutendo. Ma lei lo superò, versandosi del caffè.
Shinichi tirò un sospiro di sollievo, ringraziando che non si fosse accorta di nulla. Con ancora la testa piena di paranoie, si andò a sedere dando la schiena a sua madre. Si era appena seduto con una smorfia di dolore, quando lei si girò di scatto.
« Allora…  », iniziò con la stessa espressione indecifrabile di poco prima. « Come va? ».
« Bene », disse lui con un’alzata di spalle, mentre mangiava un pezzo di salsiccia.
« Mmm », mormorò lei giocherellando con il cucchiaino del caffè.
« E Ran? Sta bene? », continuò nervosa. Shinichi avvertì il suo disagio, ma non capendone il motivo, preferì lasciar perdere.
« Sì, certo », replicò, sperando che le medicine facessero in fretta effetto.
« Bene », Yukiko sospirò.
Rimasero per poco tempo in silenzio, poi la donna riprese la parola.
« Quindi tu e lei state bene », sentenziò dondolandosi da un piede all’altro. Shinichi a quel punto non potè più fare finta di niente, e le prestò tutta la sua attenzione.
« Di cosa vuoi parlarmi, mamma? », domandò esasperato. La conosceva bene, e saltuariamente se ne usciva con una serie di interrogatori sulla sua vita privata che avrebbe fatto impallidire l’ispettore Megure.
« Ma niente », esclamò lei piccata. « E’ che pensavo… che ora state insieme ufficialmente ».
Sentirlo pronunciare a voce alta gli sembrava ancora così strano, che Shinichi sorrise internamente. No, non era solo un sogno. Era vero.
« Già », annuì bevendo un sorso di caffè.
« Passate tanto tempo insieme… », buttò lì Yukiko.
« Come sempre », ribattè lui, mentre cercava di capire il perché di quel interrogatorio.
« Sì, beh, siete sempre stati inseparabili », mormorò Yukiko quasi soprappensiero.
« … già ».
Calò di nuovo un silenzio strano, rotto solo dal ticchettare dell’orologio appeso sopra di loro.
« Vi siete già baciati? ».
La domanda che sputò fuori Yukiko era così imbarazzante, che a Shinichi andò di traverso il caffè. Cominciò a tossire, e ad ogni colpo sentiva la schiena dolergli.
« Mamma?! », disse con voce strozzata.
« Non c’è bisogno di agitarsi! », lei anche appariva un po’ rossa in viso.
Strano anche quello. Di solito era spudorata e senza malizia come poche altre persone a quel mondo. Cosa stava nascondendo?
Shinichi bevve un sorso di acqua per cercare di riprendere a respirare normalmente, poi cercò di darsi un contegno.
« Se proprio ci tieni a saperlo, sì, ci siamo baciati », borbottò rosso in viso.
Prima le rivelava le notizie che tanto bramava, prima lo avrebbe lasciato in pace.
« Davvero? », i suoi occhi luccicarono dall’entusiasmo. « E quando?! », era estasiata.
Shinichi fece in là la colazione: gli era passata la fame.
« Una settimana fa », deglutì al pensiero. « Alla festa della fioritura dei ciliegi ».
Ora basta ti prego.
« Oh, Shin-chan », incrociò le mani, guardandolo euforica. « Ma allora sei un romanticone! E io che pensavo che fossi tonto! ».
« Grazie, mamma », alzò gli occhi al cielo. Lei gongolò ancora un po’, per poi rabbuiarsi di nuovo all’improvviso. Quel repentino cambio di umore non passò inosservato a suo figlio, che sentì un brivido lungo la schiena.
Sta tramando qualche altra domanda.
« Quindi, vi siete baciati », riprese lei tentennando.  « Solo questo? », concluse infine, chiudendo un occhio in attesa di una risposta che forse non voleva realmente avere.
Shinichi si fermò un attimo, immobilizzandosi sul posto. Chiuse con impeto gli occhi, iniziando a scuotere la testa esasperato.
« Mamma, ti prego », rispose in agonia. « Ti prego, ti supplico, non continuare », strinse convulsamente la tazza fra le dita. Divennero bianche.
« Era una domanda, Shin-chan! Devi solo dirmi sì o no! ».
« SI, MAMMA. Solo questo! », Shinichi alzò la voce, ormai paonazzo in viso e anche un po’ rabbioso.
« Ecco, ci voleva tanto?! », il tono di sua madre era altrettanto alterato, ma avvertì una punta di sollievo.
Scese un nuovo silenzio fra loro, ma a differenza di quelli precedenti, era carico di tensione.
Shinichi provò a bere nuovamente il caffè, rendendosi conto di aver contratto i muscoli e ora la schiena cominciava a pulsargli.
« E’ che fra pochi giorni io e tuo padre ripartiremo… », ricominciò lei, nuovamente alla carica.
« E vorrei parlarti prima di essere distanti, ecco ».
« Parlarmi di cosa? », fece scrocchiare le dita della mano destra, chiudendola di scatto.
« Lo sai bene, di cosa. », sbuffò lei, avvicinandosi a lui. « Prima o poi doveva arrivare questo momento. Solitamente questi discorsi si fanno a quindici anni, ma tu sei sempre stato un po’ addormentato, quindi non ho mai avuto l’esigenza di fartelo ».
Parlava così velocemente per un momento rintontì Shinichi, che cercò di mantenere la calma. Stava iniziando a sudare.
« Ho cercato di convincere tuo padre a fartelo lui, ma non ne ha voluto sapere ».
Ecco di cose discutevano poco prima. Fantastico.
« Mamma, sei molto gentile », disse sarcastico. « Ma non ne ho bisogno, grazie ».
« Non voglio certo spiegarti tutta la storia », alzò gli occhi al cielo lei. « Addormentato sì, ma a diciassette anni spero che tu sappia com- ».
« Sì, ok », la interruppe Shinichi. Sentiva le gocce di sudore bagnargli la fronte.
« E’ che volevo dirti  giusto due cosette, ecco », si schiarì la voce lei. Era a disagio, raramente l’aveva vista così. Lui provò ad attaccarla nuovamente, ma lei lo bloccò con uno sguardo fulminante.
« Ora stai lì, fermo, zitto, e mi ascolti! Non è facile nemmeno per me, dannazione! », gli puntò un dito contro, e aveva l’aria così minacciosa che lui si paralizzò sul posto. Provò a deglutire per mandare giù il groppo che aveva in gola, ma non ci riuscì.
Non poteva credere a ciò che stava per succedere.
« Allora », Yukiko si fece coraggio, e iniziò lentamente. « Voglio solo che tu sappia come comportarti », parlava lentamente, dosando bene le parole.
« Per un ragazzo è facile, ma per una ragazza », prese fiato, non riuscendo a trovare le parole. Rimase un attimo a fissare il tavolo, l’espressione confusa. Dopo un po’, e il sudore che ormai inondava uno Shinichi zitto e immobile, battè il pugno sul tavolo, cogliendolo di sorpresa e facendolo sobbalzare.
« Devi essere gentile, con lei. E’ chiaro, Shinichi? ».
Era perentoria, e non l’aveva mai vista così seria. Faceva quasi paura.
« Devi mantenere la calma, non devi forzarla a fare niente che non voglia. Devi aspettare che sia pronta ».
Fece una paura, prendendo ossigeno. Ormai non riusciva nemmeno più a guardarlo in faccia.
« Il primo consiglio era quello. Il secondo… », si grattò la tempia nervosamente. « Quando succederà, e non guardarmi così, Shinichi! », lo rimbeccò, e quando non usò il vezzeggiativo lui capì che era davvero fuori di sé.
« Perché succederà, prima  o poi, devi essere delicato ».
Ormai le orecchie di Shinichi erano bordeaux, e aveva una gran voglia di balzare in piedi e mettersi a urlare. Ma lo sguardo minaccioso di sua madre, lo fecero rimanere ancora paralizzato su quella maledetta sedia.
« Terzo e ultimo punto », alzò il terzo dito della sua mano sinistra. « Per favore, fa attenzione », sperò che l’allusione potesse essere abbastanza chiara. Si aspettò che, finito quel maledetto discorso, suo figlio annuisse almeno, o desse un segno per farle capire che aveva assimilato quelle tre importanti informazioni. Ma ciò non accadde, anzi, Shinichi pareva avere lo sguardo assente mentre fissava rosso in viso la tazza davanti a lui.
« Shinichi! Mi hai ascoltat- ».
Non terminò la frase, perché lui si ridestò dai suoi pensieri e fu il suo turno di battere un pugno sul tavolo. Sorpresa, lei lo guardò, mentre si alzava di scatto in piedi come se avesse avuto una molla sotto i piedi.
Yukiko guardò suo figlio, e lo vide per la prima volta, così terribilmente adulto. Non era più il suo Shin-chan, il suo piccolo e scorbutico bambino. Se ne era accorta realmente la prima volta quando l’aveva visto in Ospedale, il giorno in cui lo dimettevano. Vederlo nei suoi vestiti dopo così tanto tempo, uscire mano nella mano con Ran, le aveva provocato una sensazione strana. Era felicità misto a rassegnazione. Ormai era cresciuto, e stava camminando per la sua strada al fianco di una persona che non era più la sua mamma.
Quando erano tornati a casa, l’idea di loro due insieme le era ronzata nella testa per molte settimane. Sommata all’averlo visto così cresciuto, così maturo, nella sua testa si insinuò quel dubbio.
Loro due. Adulti. Insieme.
Era normale che sarebbe arrivato quel giorno, e improvvisamente si rese conto che nel momento in cui suo figlio aveva più bisogno di lei, nel bel mezzo dell’adolescenza, lo aveva lasciato solo. E si chiese se poteva fare qualcosa per rimediare, così aveva pensato di fargli quel discorso, che non le costò davvero poco sforzo. Ma ora che l’aveva fatto, sapeva che aveva fatto la cosa giusta, per quanto imbarazzante e delicato fosse.
Rinvenne dai suoi pensieri, quando notò che lui pareva quasi in collera con lei. Corrugò la fronte, indietreggiando.
« C-che c’è? », chiese titubante.
« Che c’è?! », ripetè lui scontroso. « Pensi davvero che c’era bisogno di dirmele, certe cose? ».
« M-ma io… ».
« Pensavi davvero che io potessi forzare Ran, o farle fare qualcosa che non volesse? », ormai non riusciva a trattenersi. Le parole gli fuoriuscivano senza rendersene conto, ma l’essere così profondamente imbarazzato lo stava facendo sbottare.
« Pensavi che non sarei stato gentile con lei? Va bene essere “tonto”, mamma, ma hai questa opinione di me?! », strinse le nocche.
« Ma no, Shin-chan », provò a calmarlo lei. Davvero non si aspettava una reazione del genere.
« Non intendevo dire questo. Ma so che quando sei con lei, come dire… non ragioni lucidamente… e in certi momenti, ecco, potresti non accorgerti di star esagerando… ».
Lui aprì la bocca profondamente offeso e punzecchiato in un punto delicato. La richiuse, gli occhi che emanavano scintille.
« Ti sto solo dicendo di mantenere la calma, di pensare a ciò che fai con lei », scosse energicamente la mani davanti al suo viso.
Lui sbuffò sonoramente e, nervoso, prese la cartella posta lì a fianco. Senza degnare di uno sguardo sua madre, si diresse velocemente verso l’uscita e, senza salutare, sbattè energicamente la porta alle sue spalle.
Quel fracasso incuriosì Yusaku che, dopo un attimo, fu al fianco di sua moglie, che era rimasta sotto shock.
« L’ho detto io, che non l’avrebbe presa bene », asserì dopo un po’ suo marito, con tono divertito.
« Stai zitto », sbottò Yukiko, esasperata.
« Non capisco proprio perché ti stai preoccupando tanto », continuò lui, con un’alzata di spalle, versandosi del caffè.
« Ci ha messo quindici anni per dichiararsi. Se tanto mi da tanto, ci impiegherà altrettanto per fare ciò che ti spaventa così ».
E mentre rideva della sua stessa battuta, Yusaku tornò nel suo studio con il caffè in mano, sua moglie sbigottita in piedi in cucina.

Quando quella mattina, Ran vide arrivare Shinichi sudato, nervoso e tremendamente arrabbiato, sbattè più volte le palpebre. Era strano vederlo così agitato, e quando la affiancò per camminare insieme verso scuola, si accorse che pareva stranamente rigido. Anche quando lei fece per chiedergli cosa avesse, mettendogli una mano sul braccio, lui parve aver preso la scossa al suo tocco. La guardò terrorizzato, spostandosi velocemente lontano da lei.
Ci rimase così male, che tenne per lei quella domanda che voleva fargli. Tirò indietro la mano, andando ad ancorare la maniglia della sua cartella. Quando Sonoko si unì a loro, Shinichi accelerò il passo, lasciandole sole. L’amica non se ne accorse nemmeno, ma Ran sentì gli occhi pizzicarle.
Cosa stava succedendo?
Sperò che quel suo malumore passasse con l’avanzare della mattinata, ma quando in pausa pranzo disse che non aveva fame e che sarebbe andato in palestra, Ran decise che ne aveva abbastanza. Con una scusa, si allontanò da Sonoko e si diresse come una furia fuori dalla classe. A grandi falcate percorse i corridoi che la separavano dalla palestra e, una volta davanti all’entrata, prese un grande respiro. Quando entrò, notò che le luci erano spende, e che non sentiva alcun rumore. Subito pensò che non lo avrebbe trovato lì, ma quando stava per uscire, notò due occhi che si giravano a guardare chi fosse appena entrato. Avrebbe riconosciuto quegli occhi anche a chilometri di distanza, quindi con un’espressione di disappunto incrociò le braccia.
« Venivi in palestra ad allenarti, eh? », gli disse, e la sua voce rimbombò. Riprese a camminare fino ad arrivare davanti a lui, che era seduto in prima fila, la palla da calcio fra le mani. Non si era nemmeno cambiato, notò.
« Allora? », allargò le braccia, non capendo. Era lì, seduto con quella maledetta palla fra le mani, con Ran di fronte a lui a sovrastarlo.
« Che c’è? », temporeggiò lui, con una smorfia.
« Mi hai detto che venivi qui ad allenarti! Ma se non hai neanche la tuta?! », esplose Ran, ferita nel profondo. Seppur piccola, quella bugia le stava dando un enorme fastidio.
« Mi è passata la voglia », mugugnò a mezza voce, distogliendo lo sguardo.
« Bugia numero uno ».
Shinichi sgranò gli occhi, guardando l’espressione corrucciata della sua ragazza. Lo guardava con le mani sui fianchi.
Grandioso. Sembra la mamma.
« Perché sei arrabbiato? », continuò lei impaziente, battendo un piede a terra.
« Non sono arrabbiat- ».
« Bugia numero due! », la sua voce coprì la sua. Rimbombò così forte, che pensò l’avessero sentita anche fuori.
« Ma smettila », Shinichi perse quel poco di pazienza che possedeva, e si alzò di scatto in piedi. Fece per dirigersi verso l’uscita, quando lei riprese parola.
« Avevi promesso, Shinichi ».
La voce di Ran era dura, malinconia, e delusa. Lui si fermò e, dandole ancora la schiena, si sentì puntò sul vivo.
« Niente più bugie, lo hai promesso », ripetè lei.
Messo alla strette, lui si voltò lentamente. Dopotutto, glielo aveva promesso.
« Vorrei allenarmi », cominciò controvoglia. « Ma non posso », concluse con una nota di fastidio nella voce.
Lei fece un passo verso di lui, non capendo.
« Perché non puoi? ».
« Perché, allenandomi settimana scorsa, mi sono aperto un po’ la ferita ».
Ran chiuse gli occhi, portandosi una mano al volto, esasperata.
« Non ci posso credere », mormorò.
« E il motivo per cui non te lo volevo dire, era proprio questo! La tua ramanzina! ».
Spesso battibeccavano, ma nella voce di Shinichi quel giorno poteva avvertire qualcos’altro: era davvero fuori di sé. E, mentre le parlava, poteva avvertire la sua rabbia soffocata. Non le aveva mai risposto così malamente, in tutti quegli anni.
« Va bene, calmati », replicò scocciata. Poi, dopo un attimo di tentennamento, lo guardò.
« Vuoi farmi vedere la ferita? La hai disinfettata? ».
« Non ti preoccupare », la liquidò lui velocemente. Non aveva davvero voglia di fargli vedere ciò che aveva dietro la schiena, era già troppo che glielo avesse raccontato.
« Sei arrabbiato per questo? », tentò lei, mordendosi un labbro.
« No, Ran », provò ad addolcire la sua voce, che sentiva un po’ troppo seccata. « Non è niente, davvero », concluse, con un sorriso forzato.
« Perché non puoi parlarmene? », la voce di Ran rimbombò di nuovo nella grande palestra. Si mise davanti a lui, afferrandogli un braccio. Lo avvertì molto rigido, quasi contratto. Lui alzo gli occhi al cielo.
« Ho litigato con mia madre, va bene? », sperò con tutto il cuore che quella mezza verità le bastasse. Evidentemente, era solo una mera illusione.
« Per cosa? », si impuntò lei. Shinichi si rigirò la palla fra le mani, indeciso sul da farsi. Dopo un po’, sospiro esasperato.
« E’ imbarazzante, Ran », la ammonì, sperando che così facendo lei perdesse interesse per quella storia. Ma lei non sembrava voler demordere, anzi, sbuffò spazientita.
« Cosa può esserci di così imbarazzante da non potermene parlare? Abbiamo fatto di tutto insieme, abbiamo affrontato cose più grandi di noi, insieme! », continuò esasperata. Ormai era diventata una questione di principio. Voleva a tutti i costi sapere cosa le stava nascondendo.
 « Ci siamo sempre detti tutto, anche quando eravamo solo amici! ».
« Appunto, Ran ».
Shinichi la guardò finalmente in viso, e lei notò che era arrossito. I suoi occhi quasi vibravano, mentre le sue guance si tingevano sempre di più di rosso.
« Quando eravamo amici », calcò prepotentemente su quell’ultima parola. La guardò con sguardo eloquente, sperando che lei capisse.
Ma non fu così.
« Ma cosa dici », bofonchiò. « Siamo ancora quegli stessi amici », era quasi dispiaciuta.
« No, Ran. E’ questo il fatto. Noi non siamo più quei bambini dell’asilo, né i migliori amici di appena un anno fa! ».
Staccò la presa dal suo braccio, mentre sentiva il viso in fiamme. Dannata Ran, e dannata sua testardaggine.
« Ora è diverso », borbottò, cercando di non notare troppo la delusione negli occhi della ragazza davanti a lui.
« Ora stiamo insieme », lasciò cade la palla sulla sedia dove era seduto poco prima, per poi iniziare a dondolarsi sui piedi.
« Perché deve essere diverso? », lei continuava a non capire, e, anzi, le parole di Shinichi la stavano ferendo. Non capiva davvero dove volesse andare a parare.
« Perché è diverso, Ran », sbuffò lui, allargando le braccia. « Tutto è diverso! Stando insieme, certe cose sono diventate imbarazzanti », con questa ennesima allusione pregò che la ragazza capisse a cosa si riferisse.
« Certe cose? », ripetè lei confusa.
Lui non poteva davvero credere che non stesse capendo.
Poi sarei io quello addormentato.
« Sì. Perché, a differenza di ciò che hai detto prima, noi insieme non abbiamo fatto proprio tutto! », sbottò alzando la voce e perdendo visibilmente la pazienza.
Per sua fortuna, improvvisamente vide attraversare qualcosa negli occhi di Ran, e un rossore crescente contagiò anche lei. Iniziò a boccheggiare, formando una o con la bocca.
« Mia madre stamattina mi ha fatto il terzo grado su quello  », spiegò lui velocemente, guardando altrove.
« E mi ha dato fastidio, ecco ».
Tralasciò le magiche tre informazioni che sua madre gli aveva spiegato, quello era davvero troppo. Sperò che anche con una spiegazione così misera a lei andasse bene lo stesso e, notando il suo grande imbarazzo, capì che si stava pentendo di aver insistito così tanto.
« No, beh, certo », balbettò lei nel pallone. « I-io non immaginavo una cosa del genere, altrimenti io non… », le mancava il fiato mentre sputava fuori le prima parole che le capitavano. Si sentiva così stupida. Aveva così insistito, lo aveva fatto sentire in colpa con la storia della promessa di non dirle mai più bugie, e ora avrebbe di gran lunga preferito non sapere il motivo del suo malumore.
« A-avevi ragione, è imbarazzante », sentenziò alla fine. La sua curiosità l’avrebbe spinta a chiedergli nel dettaglio che tipo di conversazione aveva avuto con sua madre, ma si guardò bene dal domandare.
« Senti, dimentichiamoci gli ultimi quindici minuti », gesticolò lui. « Davvero, non sono nemmeno più arrabbiato », non era vero, ma voleva chiudere lì la faccenda.
Lei annuì e lui fece per dirigersi verso l’uscita. Quando appoggiò la mano sulla maniglia e si voltò per vedere se lei era dietro di lui, si accorse che era rimasta ferma immobile dove l’aveva lasciata.
« Ran? », la chiamò confuso.
« C’è una cosa », iniziò all’improvviso lei dal nulla. Nella penombra, quasi non la vide. « C’è una cosa che hai detto, che non mi piace ».
Iniziava ad avere il mal di testa, e gli antidolorifici di quella mattina cominciavano a non fare più effetto. Dolorante, tornò sui suoi passi, fermandosi a poca distanza dalla ragazza.
« Cosa? », chiese confuso.
« Hai detto che non siamo più amici », sospirò. « Ma non è vero. Tu sei ancora il mio migliore amico. Solo perché ora stiamo insieme, non vuol dire che questo cancelli la nostra amicizia. Anzi, è un valore aggiunto! ».
Disse tutto d’un fiato, con voce decisa, lasciandolo un attimo imbambolato. Poi, cercando di non far caso alla schiena che cominciava a pulsare davvero troppo, fece un leggero sorriso.
« Va bene », le disse . Lei annuì con vigore.
« Sono ancora la tua migliore amica? ».
Shinichi sorrise, mentre la prendeva per mano e la trascinava fuori da lì.
« Lo sarai sempre ».

 

   
 
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