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Autore: ImDoinMe_Mir    21/04/2020    0 recensioni
Harry e Louis erano il "noi" perfetto ma impronunciabile, un plurale scontato e tanto inevitabile quanto proibito.
Ed è così straziante quanto i loro battiti e i loro pensieri rimangano sintonizzati, incuranti degli anni che passano, dei chilometri che li dividono. E davvero, non dovrebbero lasciare che accada. Non dovrebbero sciogliersi di fronte alla forza di quell'amore, ancora.
Non dovrebbero perché Louis ha un figlio e Harry una dignità; entrambi hanno una carriera, una reputazione e chiunque potrebbe vederli, ma è tutto troppo.
Harry è così stanco, così esausto di combattere quel sentimento che lo corrode da anni, e gli occhi di Louis sono ancora così blu ed Harry ci trova l'estate più bella che abbia mai ammirato.
E Louis è a pezzi, reso fragile da quell'amore che non può smettere di provare, e gli occhi di Harry sono ancora così verdi e Louis ci trova la speranza più autentica che abbia mai avuto l'audacia di provare.
Ed è così destabilizzante il modo in cui lì, da soli, non sanno più cosa fare, perché ora che Niall non c'è non possono fingere di voler parlare della band. Non possono perché sono loro e nulla basterebbe mai, se non il loro amore.
Genere: Angst, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson, Niall Horan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Of Hot Chocolate and Red Sweaters - Prima Parte

«Anche tu vai benissimo, sempre. Benone. Il migliore di tutti.»
 
 
 
 
 

"Senti, Lottie, alla mia età penso di sapere come vada addobbato un albero di Natale, e grazie tante!" ripete Louis per quella che sembra la decima volta del pomeriggio.

Se ci fosse chiunque al posto di sua sorella, il malcapitato glisserebbe seccatamente sul suo tono polemico e lo aiuterebbe a disporre le decorazioni natalizie sul grazioso abete che entrambi hanno trasportato nel salotto qualche ora fa - per la cronaca, no, l'età e l'esperienza di Louis non gli conferiscono le abilità necessarie a concludere la "missione", come l'aveva denominata: sta facendo un disastro. Lottie invece, che oltre agli occhi blu ha ereditato da lui anche la vena litigiosa, si siede con aria pretenziosa sul divanetto di pelle di fronte al fratello e incrocia le gambe fasciate da un pantalone caldo e comodo, sfidandolo con le sopracciglia inarcate. 
Louis ricambia l'espressione e per poco non si fa cadere addosso il puntale a forma di stella cometa. La ragazza a stento trattiene una risata e si alza per andare a controllare che nel patio il vento non abbia soffiato via la neve artificiale. Bella idea quella di spargerla all'inizio, grazie Louis.

La verità è che entrambi sono molto nervosi. Decorare la casa dai Tomlinson è sempre stata una cosa da fare tutti assieme, un momento per chiudere fuori la porta lo stress e la pressione e ritrovarsi tutti davanti a tazze fumanti e ridicoli pigiami di colori improponibili. Quest'anno, però, è andata diversamente. Louis è stato impegnato fino all'ultimo con la promo per Walls, Lottie ha lavorato sodo per la nuova collaborazione e le gemelle sono state sommerse dallo studio. Probabilmente però, la ragione più sincera - e meno discussa - è l'assenza di Fizzy, il dolce e perfetto collante per i loro caratteri contrastanti.

Per farsi perdonare, i due fratelli maggiori hanno organizzato alle gemelle e a Ernie e Dottie delle giornate divertimento con i rispettivi padri e hanno comprato l'intero reparto decorazioni di un negozio vicino casa di Louis, per far loro una sorpresa quando sarebbero tornati lì per cena. In realtà c'era anche in ballo il regalo anticipato che Louis aveva preparato, una giornata tutta per loro in una pista di pattinaggio che aveva affittato interamente, così che la tensione si allentasse e la paura delle foto diventasse paura di cadere con il viso sul ghiaccio.

Lottie, dal giardino, inizia a cantare Jingle Bells a squarciagola, e Louis ride mentre si unisce a lei ondeggiando maldestramente i fianchi. Lei ride forte; è bello sapere di essere una di quelle poche e fortunate persone che riescono ancora a vedere la sua natura infantile ed esuberante sotto la sottile barba incolta e la facciata da uomo tutto d'un pezzo - o cattivo ragazzo, a seconda di come il giornalista di gossip del giorno provi a fare scalpore -. Continuano a cantare finché le loro gole non bruciano, e Louis con molto piacere si allontana da quell'abbozzo di albero per preparare del tè ad entrambi.

Sperano davvero tanto che vada tutto bene.


 

Quando Lottie torna in salotto per misurare i danni del tornado che suo fratello di fatto è, si trova sorpresa nel guardare un pavimento completamente sgombro e il tavolo ripieno di cibo dall'aspetto squisito. Subito un'espressione sospettosa si fa largo sul suo viso abbronzato, perché si può decisamente dire che Louis non abbia la più pallida idea neanche di dove si trovi la cucina.

Il suddetto fa il suo ingresso con il cellulare all'orecchio e la sua solita parlantina dall'accento marcato mentre evidentemente chiacchiera amichevolmente con Stan. Strano. Lottie era convinta avessero litigato, in realtà, siccome non vedeva il ragazzo in giro da parecchi mesi. Più volte aveva provato a parlarne con il fratello, il quale però era sempre riuscito ad evitare l'argomento, e lei dopo un po' aveva smesso di insistere. Ora però la sua curiosità si è di nuovo accesa, vivida come le lucine dell'albero che brilla tranquillamente con una canzone di Michael Bublè di sottofondo.

Qualche minuto dopo, Louis conclude la chiamata promettendo a Stan che si sarebbero visti presto. Lottie sa che quella, come tante altre, è una promessa vacua. Il ragazzo non lo fa di proposito, davvero, è sempre il primo ad offrire sostegno ed ha sempre avuto consapevolezza del valore del tempo speso con chi si ama, ma non sta vivendo uno dei suoi periodi migliori - nessuno di loro lo sta facendo, in realtà - e in genere tende a chiudersi a riccio in queste situazioni. Ostinatamente, si convince di dover risolvere i propri problemi per conto suo, e inizia a isolarsi dal mondo; sbatte le porte in faccia a chi cerca di aiutarlo e inventa mille scuse, una meno credibile di un'altra, per vedere il meno possibile chi lo circonda.

Tutti gli vogliono un gran bene, eppure nessuno è mai riuscito a contrastare il suo modo di fare. Tranne forse un paio di persone. Ed entrambe non sono lì.
Riflettendo, però, anche Fizzy ci riusciva, oltre alla mamma e ad Harry.

Fizzy era insistente, petulante: insomma, i geni di Louis avevano preso il sopravvento in lei fin da quando era una bambina piccola e decisa, con gli occhi di chi vuole conquistare il mondo. E invece il mondo aveva avuto la meglio su di lei.
Fizzy era capace di minacciare Louis, dicendogli che avrebbe dormito al freddo fuori la sua porta finché non le avrebbe aperto; in questo modo, dopo pochi minuti, si trovava suo fratello davanti, avvolto da una felpa e con un paio d'occhiaie infinite.

Scuotendo la testa come se questo aiuti a scacciare via i ricordi, Lottie punta gli occhioni azzurri sulla figura del fratello, ora impegnato a escogitare comicamente un modo per posizionare il puntale al suo posto. Louis ha tante belle virtù, sicuramente, ma ecco- l'altezza non è proprio tra quelle. Infatti saltella in maniera ridicola, cercando in tutti i modi di arrivare alla punta dell'abete, per poi arrendersi e borbottare un "Lo metterà Dan quando arriva con le ragazze". Lottie ridacchia nella sua mano coperta dal maglione, e gli porge una tazza di tè - è la terza del pomeriggio? Louis è abbastanza sicuro lo sia. Il tè è peggio dell'alcohol.

"Allora" prova la ragazza, incrociando le gambe e portando un plaid a coprirle. Non continua a parlare e Louis con calma gira il liquido ambra, senza zuccherarlo. Prova ad accostarlo alle labbra, ma è troppo caldo e gli si scotta la lingua. Mentre fa un tentativo di rinfrescarsela boccheggiando in modo ambiguo, rivolge alla sorella un'occhiata confusa, per esortarla a finire la frase. "Dico. Te e Stan".
Louis annuisce con le sopracciglia corrugate. "Me e Stan cosa, precisamente?"
"Ah, non so, pensavo me lo dicessi tu". Lottie usa un asso nella manica, che le ha insegnato Anne qualche anno fa. Inizia a prendere, il più disinvoltamente possibile, lo zucchero dal barattolo colorato e ne riempie un cucchiaino, per poi riversarlo nella sua tazza. Anne diceva sempre che meno fissi la persona che vuoi si apra, meno quella si sentirà sotto interrogatorio. Lottie ha sempre pensato funzionasse, almeno finché il fratello non le prende un polso per fermare i suoi movimenti e le chiede di spiegarsi meglio. "E dai," sbuffa leggermente "sono mesi che non vi sentite decentemente. Non parliamo di vedervi, poi. Lui è venuto al funerale e poi poof, scomparso nel nulla. Ha qualche problema?".
"Non può essere che, semplicemente, abbiamo deciso di allontanarci un po'?"
"Era il tuo migliore amico, Lou. Stiamo parlando di Stanley!"

Louis sembra in difficoltà. Continua a passare nervosamente le dita tra i ciuffi castani che gli incorniciano il viso stanco - il suo viso è sempre stanco, ormai - e evita in tutti i modi di guardarla direttamente. Sembra voglia aprirsi, comunque, quando rilassa impercettibilmente le spalle contro lo schienale della poltrona di pelle e assume un atteggiamento quasi accondiscendente. "Lui non-" inizia "Lui non è fatto per questa vita, Lots. A lui pesava starmi dietro, in un certo senso, e io non riuscivo a reggerlo. Abbiamo solo deciso di vedere come sarebbe stato se ci fossimo allontanati un po'."

"Uno schifo" sentenzia Lottie a bassa voce. Lei non è ceca, lei vede. Vede le occhiaie, le notti insonni, le tazze sporche nel lavandino e le bottiglie vuote fuori il balcone. I loro portacenere sono sempre vuoti, ma solo perché Louis ha quella strana mania di disfarsi il più velocemente possibile del mozzicone di ogni sigaretta che consuma. Ripudia vederli tutti insieme. Gli ricorda quanto sia debole.

"Uno schifo" conferma lui, prima che un silenzio strano cada su di loro come la neve sui prati più rigogliosi.

Forse è proprio così. Forse tutti loro, tutti i Tomlinson, sono bellissimi fiori colorati e pieni di vita, che però stanno appassendo a causa della troppa neve precipitatagli addosso.
Se nessuno la porta via, se nessun sole si accende per scioglierla, la neve uccide tutto. Tutti i fiori.
















 

I primi ad arrivare sono Mark e le gemelle, che entrano in casa con i nasi arrossati per il freddo ma tre sorrisi identici e bellissimi sui loro volti - Louis non ricorda l'ultima volta che ha visto Daisy e Phoebe struccate, comunque, e gli piacerebbe se si sentissero più libere di non rispecchiare l'immagine di celebrità ideale.
Tutti i fratelli Tomlinson assomigliano in modo impressionante alla loro mamma, Jay, eppure nelle gemelle c'è sempre stato qualcosa che porta inevitabilmente a pensare al loro padre. Forse la forma degli occhi, la mitezza all'interno di essi, ma qualcosa definitivamente c'è.

Daisy ride forte alla vista dei dolci che Louis e Lottie hanno disposto artisticamente - non è vero, è una disposizione piuttosto casuale, ma perché precisarlo? -, e c'è una luce nuova a colorare il blu delle sue iridi, mentre Phoebe si accascia drammaticamente sul pavimento gridando: "E tutto questo è per noi, cari fratelli? Quanta è la vostra generosità!", scatenando così l'ilarità generale.

Entrambe rubano qualche pasticcino quando pensano di non essere notate, con lo stesso sguardo furbo di quando credevano di rubare pacchetti di caramelle dal Tesco sotto casa a Doncaster. Johannah in realtà spendeva tre sterline ogni volta, ma si limitava a guardarle con un sorriso in volto, un po' affettuoso e un po' divertito dalla loro assoluta certezza di essere ladre pericolosissime. Le gemelle Tomlinson: il terrore di tutti i supermercati poco costosi. Lottie poi le accompagna di sopra per far sì che si cambino con vestiti asciutti; sono state infatti infradiciate da una replica del diluvio universale.

Louis si accorge con qualche minuto di ritardo di essere rimasto solo con Mark. Si schiarisce nervosamente la gola e fa un sorrisetto imbarazzato; già per questo l'uomo dovrebbe vincere un premio o qualcosa del genere, perché mettere a disagio Louis è così difficile che le persone a conoscenza di quella sua espressione possono essere contate sulle dita di una mano.

"Allora, Louis" comincia Mark con una luce speranzosa negli occhi, "come vanno le cose? La promo dell'album è già organizzata?" chiede mentre finge di occuparsi dei piatti.
Il quasi trentenne sorride all'impacciato tentativo di comunicazione e decide di assecondare il suo (primo) patrigno: "Certo, Mark. A te, invece? Tutto ok con il lavoro?".
"Sì, grazie per avermelo chiesto"
"Ma di nulla"

Un silenzio a dir poco imbarazzato appesantisce l'atmosfera, il cervello di Louis lavora freneticamente alla ricerca di un argomento sicuro di conversazione sul quale ripiegare. Proprio mentre uno dei neuroni propone di buttarsi sulla cena con un commento casuale - o buttarsi direttamente dal piano di sopra-, Mark mormora: "Penso che potrebbe esserci utile parlare un po'.".
"Parlare di..." lascia in sospeso il ragazzo. Non crede che sia una buona idea. Già aprirsi con Lottie è parecchio difficile, se poi ora ci si mette anche lui a volerlo psicanalizzare Louis è sicuro: scoppierà presto.
"Ascolta, Lou" Mark si siede sul divano, protendendo però il busto nella sua direzione. Cattura con pacatezza gli occhi nei suoi, infondendogli una calma che da troppo tempo non prova. Respira profondamente e sembra voglia iniziare un lungo discorso, che sfocia poi in un inaspettato "Ti voglio bene". E, ok.

Louis respira lentamente; è tanto tempo che non se lo sente dire da qualcuno diverso da Lottie o dalle gemelle. Alza gli occhi azzurri e contempla il viso dell'uomo che l'ha cresciuto con affetto inimitabile, l'uomo che ha sopportato i suoi capricci e le sue pretese da bambino di cinque anni che voleva un padre supereroe. Ripensa a tutto ciò che quel coraggioso uomo ha fatto per lui e sente con chiarezza il ringraziamento che combatte furiosamente per uscire. Stringe le mani tra loro e butta fuori quelle piccole paroline, che valgono come l'universo: "Ti voglio bene anch'io". Un sorriso timido gli piega le guance incavate, dalle quali sgorga una risata bonaria quando Mark si sporge e lo avvolge in un abbraccio più che impacciato.

Louis si concede qualche minuto di tregua, tra quelle braccia calde e forti. Un tempo erano anche familiari, ora non possono più essere definite tali, ma potrebbero tornare ad esserlo. Rilassa la linea tesa delle spalle, come quando espira una boccata di fumo dalle sue preziose sigarette, lascia uscire l'aria trattenuta male nei polmoni e ne espira di fresca. I riscaldamenti la saturano un po' ma è carino sentirsi avvolti dal torpore e dall'atmosfera natalizia. Il ragazzo non può vederlo, ma stretto a lui Mark si è sciolto in un sorriso tenero, che gli addolcisce con naturalezza le piccole rughe sparse per il volto.

Da dietro di loro, Lottie li guarda con gli occhi chiari pieni di affetto. Si abbraccia lo stomaco e batte silenziosamente un piede a terra, come faceva Jay, per evitare che le piccole perline accumulatesi sotto le iridi scivolino liberamente lacerando la maschera fatta di fondotinta che la protegge dal resto del mondo. Sente che se dovesse crollare ora, non riuscirebbe più a raccogliere i pezzi. Alza lo sguardo e ringrazia tacitamente sua madre, per averle donato la famiglia più strana e stupenda che chiunque abbia mai avuto. Ringrazia sua sorella per averle insegnato come guardare la vita da diversi punti di vista, e allo stesso tempo il suo cuore emette un grido straziante e inudibile perché avrebbe preferito rimanere ignaro ma avere il bene più prezioso accanto: sua sorella.
Lottie ha imparato che, per non cadere in pezzi ma allo stesso tempo non vivere con il tabù della mamma e di Fizzy, a dedicar loro quei piccoli momenti della giornata. Quando era fuori per delle compere e le veniva in mente di dover chiamare la sorella perché "la nuova collezione ti starebbe benissimo", "ho visto quel gelato che ti piaceva", oppure "ti ho preso una cosa che mi ricordava te" - quella è la preferita di Louis -, ricordando improvvisamente di non poter chiamare nessuno, si ferma. Si prende del tempo per riflettere e si oppone all'impulso di piangere, dedicando quel momento della giornata alla sua adorata Fizzy.

Il campanello suona, interrompendo il flusso pericolante dei suoi pensieri, e come se fosse appena arrivata dal piano di sopra "Vado io!" esclama saltellando. Fa appena in tempo ad asciugarsi un paio di lacrime sfuggite al suo controllo prima che un paio di testoline chiare le si attacchino alle gambe con un grido entusiasta, mentre un Dan sfinito le si presenta davanti agli occhi canticchiando un "Buonasera Gente!". Le si accosta poi all'orecchio, sussurrando "Ora te li accolli tu, Lots, io sono esausto"; si precipita in casa al caldo gettando la sciarpa in un angolo casuale del salotto, e apre le braccia in direzione di Daisy che gli sta correndo incontro. Si abbracciano e sfrecciano in cucina, sicuramente per rubare qualche snack e raccontarsi la proprio giornata.

Fanno sempre così, quando si vedono, e se non riescono a farlo si chiamano ogni paio di giorni e parlano per ore. Sono entrambi molto rumorosi e hanno una personalità ingombrante, difficile da ignorare, sebbene Daisy sia leggermente più timida e introversa della sua gemella, molto simile a Louis.

Mark inizia ad apparecchiare la tavola mentre Louis invece si reca sul retro con la scusa di controllare la neve artificiale. Per la prima volta da tipo- mesi, si concede di pensare alla relazione tra Mark e Johannah e, guardando i suoi modi dalla finestra, ricorda perché lei l'aveva scelto. Mark non è ingombrante.
Lui sa darti i tuoi spazi, sa quando è il momento di sigillare le labbra e lasciare a tutti la libertà che si meritano. Nelle discussioni è sempre quello più pacato, e Louis è abbastanza sicuro riuscirebbe a calmare anche un neonato se volesse.
Spesso si era domandato perché la mamma avesse dovuto passare attraverso così tanto dolore prima di trovare l'amore della sua vita in Dan, ma ora che osserva la sua stupenda famiglia allargata dall'esterno, si dice che forse è semplicemente così che doveva andare. Forse l'aveva deciso un'entità superiore o il dio in cui Jay credeva o il fato o altre cavolate simili. Può darsi.

Senza che se ne accorga, un piccolo sorriso gli increspa le labbra e si ritrova a sorridere al cielo come un povero idiota, stringendosi nella felpa.

Non sa bene come succeda, in realtà, ma il suo piccolo sorriso si trasforma in lacrime. I suoi pensieri viaggiano dalla mamma a Fizzy, a Harry, alla sua famiglia, all'album e al tour dell'anno che sta per iniziare. E lui è felice, davvero sta bene.
Solo che non è così. Solo che ora piange, forte, rannicchiato contro una parete - ah divertente - di casa sua con una mano sulla bocca per non farsi sentire e i singhiozzi a scuotergli violentemente la schiena, il corpo che già tremava per il freddo.
Lui sta bene, ma piange. Lui è felice, ma ora sente come se un vuoto gli stesse divorando l'anima.

E all'improvviso una risata dal sapore amaro gli squarcia le corde vocali, perché seriamente, come può sopportarsi?

Perché questo è Louis. Un piccolo grande casino che in qualche modo straordinario e sconosciuto era riuscito a sfuggire dalla tranquilla monotonia della piccola Doncaster.

Era un diciottenne con la risata contagiosa che era entrato a x-Factor con gli occhi blu pieni di speranza e ne era uscito con tre fratelli e l'amore della sua vita. 
Era un ventenne che era entrato in un mondo disgustoso troppo presto e sentiva tutte le responsabilità sulle proprie spalle, ma comunque era disposto a donare gioia al mondo con il suo dolcissimo sorriso.
Era un ventiduenne che teneva per mano una sconosciuta per strada e veniva continuamente accecato dai flash dei paparazzi affamati di scatti, quando voleva che l'unica luce ad inondargli il viso fosse quella di due occhi verdi come la speranza.
Era un venticinquenne che agli occhi del mondo stava fremendo per avere un bambino, quando invece il bambino era lui, che piangeva ogni notte di nascosto soffrendo la mancanza di sua madre.
È un ventisettenne scomparso dai social, che cerca di occuparsi della propria famiglia in modo imbarazzante quando Dio, il cielo o qualsiasi altra entità superiore gli ha strappato Fizzy dalle braccia.

Louis è questo. 
Un cantante insicuro in modo assurdo e che ci ha impiegato anni a comprendere di poter raggiungere i propri obbiettivi. 
Un uomo che non ha la più pallida idea di cosa voglia.
O meglio, ovviamente lo sa, ma non può averlo.

Louis è un casino, davvero. Ma è un casino sempre sorridente, che odia il contatto fisico ma è sempre pronto a dare un abbraccio a chi ne ha bisogno. È un disastro con troppi maglioni macchiati dai pennarelli di Ernie e Dottie e ha tutti i colori nei suoi occhi, anche se sembrano soltanto blu.
È un piccolo girasole in un mondo di finte orchidee, è il sole e la luna e le stelle e una persona stupenda e piena di difetti.

È Louis.

















 

I see it's written, it's all over his face

Comfortable silence is so overrated

Why won't you ever say what you want to say?

Even my phone misses your call, by the way

- Harry, "From The Dining Table"
 

La cena va meglio di come Louis e Lottie si aspettassero. Hanno mangiato letteralmente tutto ciò che il primogenito aveva ordinato - quindi i loro corpi sono sul punto di esplodere - e hanno parlato tutto il tempo. È stato incredibilmente piacevole trascorrere una serata tutti insieme senza che calasse alcun silenzio imbarazzante o che il gelo si stendesse come un velo pietoso e intoccabile, come sempre più spesso succede tra i fratelli Tomlinson.
La verità è che Louis semplicemente non sa più come rapportarsi con la propria famiglia, a volte. Dopo tutto ciò che è successo non si capacita del motivo per cui i suoi fratelli, soprattutto Lottie e le gemelle, possano ancora guardarlo con gli stessi occhi di qualche anno fa. I loro occhi brillano, quando si posano su di lui: è il loro eroe, la loro stella guida, è sempre stato così.

Solo che, da un po', Louis è seriamente convinto di non meritare tutta quel'ammirazione, non da loro che conoscono tutte le sue fragilità, i difetti, gli spifferi di debolezza che la corazza lascia intravedere.

Il piano di Louis e Lottie per farsi perdonare, comunque, è stato un successo. Dopo qualche ora Dan saluta tutti quanti dicendo di avere un'importante riunione di lavoro l'indomani e di dovere quindi urgentemente andare a letto. Ernie e Doris lo seguono, salutando prima tutti i loro fratelli con un sonoro bacio sulla guancia. Prima di varcare la soglia d'ingresso, Dottie grida a voce alta: "Chiunque parli con Babbo Natale, gli dica che ho bisogno di una nuova bambola!". Lottie ride forte e sale le scale per rispondere alla telefonata della sua migliore amica.

Le gemelle e Mark aiutano Louis a sparecchiare, in silenzio. Le spalle del ragazzo non sono troppo tese, dopo lo sfogo prima di cena sente solo l'impellente necessità di raggomitolarsi tra le coperte e guardare un film, magari, o addormentarsi direttamente.
"Allora rimanete qui?" chiede a Phoebe e Daisy il padre per la decima volta, e loro ridendo gli ripetono che sì, si comporteranno bene e domani studieranno, come promesso. "Be', allora ciao, piccole" le saluta affettuosamente, prima di avvicinarsi titubante a Louis. "Buonanotte, ragazzo" lo abbraccia, inaspettatamente. Louis si sente avvolto dal calore del maglione di Mark e dalla sua colonia, mischiata all'odore del vino e del freddo che ricopre Londra - il freddo ha un odore? Louis si è ubriacato senza accorgersene?

Mark sorride ancora, provando a non apparire troppo commosso e fallendo miseramente. Quando è fuori casa e Louis sta controllando uno dei mille tasti della lavastoviglie - ce l'ha da qualcosa come due anni e ancora non sa come farla funzionare, per la cronaca -, Phoebe fa rumore con la sedia strisciandola sul pavimento.

"Hai bisogno di qualcosa, Phee?" chiede dandole ancora le spalle.
"Grazie per aver notato con tanta attenzione la mia presenza, fratello" lo deride Daisy.
Una specie di buffo fuoriesce dalla bocca di Louis, mentre "Lascialo in pace, è il peso degli anni che avanza" le da man forte Phoebe.
"Siete rimaste qui per deridere me? Volete seriamente rendere il vostro miserabile fratello vittima di tali angherie? Siete degli esseri spregevoli!" si getta sulle gemelle, raggiungendo con le dita dove riesce, torturandole con il solletico. La sua peggiore arma.
"Metti fine a-" Daisy urla, senza riuscire a completare la frase per colpa delle risate. Espira e continua: "-questo massacro!".
Louis sale su una sedia, poggiandosi un pugno sul fianco. "Super Tommo è qui!" grida a pieni polmoni. Subito dopo prova ad adottare una di quelle pose fighe che gli eroi assumono sempre al cinema, ma nel tendere il braccio colpisce il naso di Phoebe, che si accascia a terra dolorante battendo la testa sulla tavola.

"Smettetela di fare casino!" giunge l'urlo esasperato - ma, in fondo, un po' divertito - di Lottie dal piano di sopra.

Louis si piega verso la sorella, allungandosi per abbracciarla e aiutarla a sedersi. "Tutto bene, tesoro? Esce del sangue?" domanda, toccando piano il naso della ragazza. Lei ha qualche lacrima sulle guance e geme dal dolore, ma è evidente non si sia fatta nulla di troppo grave. "Daisy, per favore, prendi un po' di ghiaccio".
La ragazza esegue, porgendogli la confezione e scrutando preoccupata la gemella. Le si siede accanto e chiede: "Ti fa tanto male?".
"Secondo te?" risponde lei, ma non c'è malizia né acidità nella sua voce. Al che Daisy controbatte: "Oh cielo, è ancora tra di noi, questo sarcasmo potrebbe sopravvivere a qualsiasi cosa".

Louis mormora qualcosa sul fatto che il ghiaccio non è necessario. Si alza per riporlo nel freezer e, nel farlo, non si accorge dello sguardo d'intesa che le due gemelle si scambiano. "Allora, Lou" inizia Phoebe, e quando è sicura di avere la sua attenzione, continua "c'è un concerto a Manchester, il prossimo anno; dovrebbe essere verso aprile se ricordo bene. Suona questa band indie e, davvero, dovresti ascoltarli, sono stupendi!". Daisy annuisce in assenso.
"Vi piacerebbe andarci? Chiamo qualcuno e prenoto i biglietti, ok? Non c'è alcun problema, lo sapete che quando è possibile fare qualcosa io sono sempre disponibile, non abbiate paura di-" attacca Louis, parlando a macchinetta in modo così veloce da non distinguere le parole.
Divertita, Daisy lo interrompe: "Certo, Lou, lo sappiamo, grazie di tutto. Il punto è un altro". Guarda Phoebe, e oh, c'è decisamente qualcosa che non va, perché quello è lo sguardo da ora-parli-tu-io-ho-già-detto-abbastanza.
Titubante, l'altra gemella conclude la richiesta: "Ecco, ci piacerebbe se ci accompagnassi tu, Lou".

Silenzio.

Ci piacerebbe se ci accompagnassi tu, Lou.

Diamine, come ha fatto ad essere così stupido? Come ha potuto anche solo lontanamente pensare che alle sue sorelle sarebbe bastata qualche coccola occasionale e tanti regali?
Loro hanno bisogno di lui come persona, e la parte peggiore è che lui ne è anche perfettamente consapevole. Ha soltanto preferito archiviarlo, come un'informazione di poco conto, per fingere di non sapere quale fosse il modo migliore di far sentire la propria vicinanza.

Con un groppo in gola, abbozza un sorriso che ha l'aspetto decisamente stanco, e le rassicura - ha passato una vita a farlo, sicuramente può riuscirci anche ora, seppure senta che ogni minima certezza gli stia precipitando addosso : "Certo ragazze. Domani datemi i dettagli, così prenoto tre biglietti e mi tengo libero per quel giorno". Facendo come se dovesse mettere in ordine le stoviglie, consiglia loro di andare a letto e augura la buona notte ad entrambe baciando i loro capelli, che sono morbidi e profumano di una strana combinazione di cocco e marshmallows.

Appena sono fuori, si aggrappa al piano cottura come se ne andasse della propria vita, e sospira profondamente. "Te la sei cavata bene" gli assicura la voce di Lottie, entrata in cucina avvolta da un pigiama di pail molto invitante.
"Mi sono comportato da coglione, non é così?" chiede Louis e un po' fa male la familiaritá della sensazione che prova nel farlo. Succede sempre, commette sempre gli stessi errori. É sempre stato incorregibile, fin da ragazzino, ma sente che crescendo non se lo può più permettere.
"Nessuno puó incolparti, Lou." Lottie sembra obiettiva, ora. Il suo scopo non é tanto confortarlo, quanto fargli capire come stanno le cose. "Abbiamo sofferto tutti a modo nostro, e per natura ci siamo lasciati liberi a vicenda di affrontare la cosa come meglio credevamo. Ma va bene, Lou, sul serio. Ti amano e lo sanno che le ami anche tu. Lo sappiamo. C'é un motivo se per loro sei un eroe-".
Louis la interrompe, bruscamente, ancora di spalle con la schiena tesa. "Che cazzo stai dicendo..." il tono è duro, non ammette repliche; il ragazzo si volta, implorandola con gli occhi di non proseguire. La consapevolezza di non meritare quelle parole fa più male di qualsiasi altra cosa.

Può quasi percepire i frantumi della propria autostima scricchiolare sotto i piedi. Lottie ci danza sopra, cauta, la voce dolcissima che accompagna calma il suo volteggiare su quelle scheggie acuminate e pericolose.
"Lou" chiama, avvolgendogli le guance con le mani perfettamente curate. Lui quasi si scosta, raggelato dal terrore puro di affrontare quella conversazione. "Lou, non-".

No.
No, Lottie non può- non può piangere, dio.
Lei non può assistere al crollo di Louis e piangere, nel frattempo, perché ció non deve avere influenza sulla sua vita.

Ma Lottie piange. Gli sta davanti in tutta la sua forza mentre pesanti lacrime calde le scottano gli zigomi, finalmente liberi da ogni cosmetico, e sembra fiera. Di se stessa, della propria sofferenza, di quella cicatrice aperta il cui bruciore ogni tanto fa lacrimare gli occhi.
Lottie piange, però continua a lottare. Litiga furiosamente i singhiozzi per riuscire ad accozzare qualche parola insieme. "Tu- tu non hai la minima idea di quanto tu mi inspiri, ogni dannato giorno della mia vita. E" si ferma, respira e riprende "e tu non, cioè non credo che tu sappia come ti vediamo noi, sai? Perché sei così forte, e vai avanti nonostante tutto, e per noi sei così importante- per me lo sei. Ma tu non lo vedi, continui a non vederlo e non so cosa darei per farlo entrare nella tua testa-" non si capisce più cosa sta cercando di dire.

Louis è solo sbalordito davanti al fiume di lacrime e parole scollegate della sorella, che ora non sembra più tanto aperta riguardo il proprio dolore. Chiude le spalle e si porta le mani al viso, un pianto disperato prorompe dalla sua anima in fuga. Louis ce l'ha un'anima almeno?

"E- e il tuo talento, dovresti vederti quando canti sul palco, tu-" continua a farfugliare confusamente, ma sembra una bambina. É quello che é.
Una piccola creatura con troppo peso sulle spalle.

Louis la avvolge in un abbraccio disordinato, stringendo al limite del possibile. Sente il tremolio del respiro della ragazza infrangersi contro la sua felpa nonostante lei non voglia, e inizia ad accarezzarle piano i capelli quando i singhiozzi non accennano a diminuire. Un singulto gli scuote il corpo intero e rimane intrappolato in gola dove, con la nausea a bussare fastidiosamente, Louis lo ricaccia indietro a forza.
Rimangono così per diverso tempo. Le gemelle al piano di sopra sono terribilmente silenziose, e sebbene la grandezza della casa di Louis faccia sperare che non si siano accorte di nulla e siano semplicemente andate a dormire, un piccolo dubbio sguscia nella mente del ragazzo.

"Tesoro" mormora Louis, appoggiando con tenerezza le labbra sulla tempia di lei, muovendo le dita in larghi cerchi sui suoi fianchi. "Ti amo, Lots. Ok? Vi amo, on smetterò mai di farlo", perché sarebbe come smettere di respirare.
Non lo dice, ma le parole sono lì sulla punta della sua lingua.
Lottie tira su con il naso, esausta: "Anch'io ti amo, Lou.". Strofina lentamente il naso nella piega del suo collo. "Mi dispiace se a volte sono aggressiva, o distante. Ma è il mio modo di andare avanti, non è semplice per me, tu lo sai com'è...". Parla con lentezza, il sonno ad appesantirle le palpebre, la voce impastata.
"Lo so, tesoro. Va bene così. Nessuno ti chiede di più, stai andando benissimo"
"Anche tu" annuisce lei. Onestamente è adorabile, con quell'aria spaesata e infantile che la fa apparire un po' ubriaca. "Anche tu vai benissimo, sempre. Benone. Il migliore di tutti.".
Louis ridacchia sulla sua spalla, poi si stacca gentilmente. "Ora, signorina, il migliore di tutti le chiede di andare a dormire e sognare tante cose belle.".
"Ok, Lou. Notte" Lottie si avvicina, gli lascia un bacio veloce sulla guancia e, quando si allontana, lo guarda intensamente negli occhi.

È meravigliosa. La forza risplende nel blu dei suoi occhi e Louis sa che potranno farcela.
Ce la fanno sempre.

















 

"Quando devi andare da Niall?" chiede Lottie, farcendo il pancake con della cioccolata spalmabile. Lo passa a Daisy, accasciata sul tavolo della cucina a occhi chiusi.
"Ricordami perché ci siamo svegliati tutti così presto?" mormora la ragazza, guardando con occhi golosi la propria colazione. Louis le porge anche un po' di latte caldo, prima di immergere il filtro di tè nero nell'acqua della tazza che ha davanti.
"Io e Lots dobbiamo uscire e tu e tua sorella avete promesso a Mark che studierete" le ricorda, allungando le braccia per recuperare una confezione di biscotti al cioccolato dall'ultimo ripiano. Ne mordicchia uno mentre risponde a Lottie: "L'appuntamento è per domani pomeriggio, tesoro.".
"Ok" sospira lei, stropicciandosi velocemente gli occhi chiari contornati da occhiaie poco profonde. A quanto pare neanche lei ha dormito granché la notte scorsa. "Ma Phoebe?" indaga confusa, mentre impila maldestramente i pancake uno sull'altro e li pone al centro della tavola. "Vado a chiamarla" annuncia, trascinandosi svogliatamente su per le scale e gridando: "Pheebs! Scendi, dai, c'è tanto da fare oggi!".

Louis si siede ridacchiando, evita accuratamente il barattolo dello zucchero e comincia a sorseggiare il suo tè con tranquillità. Daisy giocherella annoiata con l'elastico che ha al polso e mangia con lentezza, sbadigliando di tanto in tanto.

"Sono contenta che tu ti veda con Niall" esordisce la ragazzina ad un certo punto, portando con cautela gli occhi sul fratello.
Lui la guarda intenerito, balbettando un' "Anch'io" a bassa voce.

Subito dopo una Phoebe agitata fa il proprio ingresso in cucina, fiondandosi verso la sorella per sventolarle il cellulare sotto al naso.
Daisy sgrana gli occhi, un rossore le colora le guance e un suono indefinito le lascia le labbra.
Guarda scioccata la gemella, che invece ha un ghigno divertito sulla bocca e un'espressione dolce e entusiasta negli occhi.

La complicità invade i volti di entrambe e Daisy scatta in piedi, scusandosi con il fratello. "Ora dobbiamo andare!" esclamano a voce alta.

"La colazione!" grida loro dietro Louis, ricevendo un "Dopo!" sincronizzato come risposta.

Lottie, che li aveva raggiunto pochi minuti prima, lo guarda con quella che sembra compassione mista a qualcos'altro. Lo sta deridendo?
"Cos'hanno?" Louis è curioso, lo ammette. Corruga le sopracciglia mentre invece la ragazza si apre in una risata.
"Sinceramente non saprei, Lou, sarà successo qualcosa con quel ragazzo che piace a Day".
"Ragazzo?" il maggiore è scioccato. Non riesce a immaginare le sue bambine con un individuo di sesso maschile. "Ma hanno quindic'anni!" protesta vivacemente.
"Eh, Lou. Tu cosa facevi a quindici anni?" controbatte la sorella, e ciò sembra dare a Louis da riflettere perché non dà più segno di voler continuare la conversazione.



















 

La folla di Londra è rassicurante, sinceramente quasi in modo ridicolo. È assurdo come un'improbabile e fittizia familiarità dipinga e amalgami i visi di chiunque Louis incontri per quelle vie impossibili da percorrere.

Lui e Lottie sono in giro da qualche ora, in cerca del regalo perfetto per le gemelle ed Ernie e Dottie. Hanno visitato diversi negozi di giocattoli e cosmetici, senza successo però, e ora Lottie sembra quasi assorbita dalla frenesia delle compere e dei regali che ha da fare per le sue migliori amiche. Louis è abbastanza sicuro che ad un certo punto semplicemente lo abbandonerà ad un angolo qualsiasi, come un cagnolino sperduto, e continuerà il proprio giro tranquillamente. Quell'ipotesi, in realtà, non è neanche tanto improbabile dato l'enorme numero di persone che ha avuto la loro stessa brillante idea di uscire quella mattina.
Il sole pare intenzionato a riscaldare i loro cuori per un po', infatti nessuna nube incombe dall'orizzonte - oops, ora sicuramente verrà a piovere, vero? Louis è un asso nel chiamarsi le sfortune da solo.

Lottie lo prende per il polso, per evitare di confondersi tra le persone ammucchiate e irritate - c'è un traffico snervante - e lo trascina a forza dentro un negozietto particolare, caratteristico.
Gli scaffali sono stracolmi di libri, ma non sembra una libreria vera e propria, perché i tomi sono quasi consumati. Risentono del tempo e della polvere, forse anche di tutte le mani frettolose, attente, interessate che li hanno sfogliati e hanno adocchiato le loro pagine.

C'è una magia nei libri usati, Louis l'ha sempre pensato. Forse è affascinante anche soltanto il pensiero che abbiano avuto una sorta di vita precedente, tra le mani di un'altra persona così diversa dal prossimo possessore.

A stonare con l'ambiente pittoresco e con i mandala le cui piume svolazzano qua e là, c'è un uomo sulla trentina, alla cassa, con una sigaretta in bocca e due profonde occhiaie attorno agli occhi. Mormora un saluto e non stacca gli occhi dal libro che sta leggendo, stracciato e senza copertina.
Sgattaiolando verso un angolo, Louis osserva rapito la singolare disposizione dei piccoli volumi di filosofia e arte.
Non è mai stato un grande lettore, soprattutto di queste materie, ma deve ammettere che è ammaliante starsene lì, di fronte a quella forma di vita, con una musica terribilmente hippie in sottofondo. L'unica cosa giusta suggerita dall'atmosfera sembra essere arraffare il primo libricino che gli capita sotto gli occhi e leggerlo con attenzione.

E Louis lo fa.

Non è mai stato accompagnato dalla dea bendata più di tanto, - certo, se escludiamo la sua fama mondiale -, quindi il primo autore a toccargli è Murakami. Ah-ah, divertente.

Lui però mantiene la promessa e si appoggia ad un mobiletto scricchiolante. "La fine del mondo e il paese delle meraviglie" recita il titolo. Louis prende un respiro, cerca un briciolo di coraggio tra le pieghe del suo cuore e inizia a sfogliare piano le pagine. I fogli producono un suono terribilmente rilassante che sembra soffiare in modo delicate nel cervello di Louis, cancellando ogni pensiero, coerente o meno. Finalmente si ferma su una pagina, accarezzandone la fine con i polpastrelli.
 

Avrei voluto mettermi a piangere forte ma non potevo. Non avevo più l'età per versare lacrime, avevo fatto troppe esperienze. Esiste anche questo al mondo, la tristezza di non poter piangere a calde lacrime. E' una di quelle cose che non si può spiegare a nessuno, e anche se si potesse, nessuno la capirebbe. E' una tristezza che non può prendere forma, si accumula quietamente nel cuore come la neve in una notte senza vento.
 

Le parole colpiscono Louis, insinuandosi nell'inchiostro dei suoi splendidi tatuaggi e penetrando sottopelle. Un brivido freddo gli percorre la colonna vertebrale, e i suoi occhi continuano a divorare righe dopo righe, affamati, quasi frenetici.
 

La realtà era qualcosa di molle e pesante come la sabbia, chiuso in una scatola di cartone, impossibile da afferrare.
 

Le spalle minute iniziano a tremare. Forse questa è semplicemente l'agonia che precede la morte, quella condizione di perdita di controllo su se stessi e sull'ambiente circostante che manda ogni neurone in panico.

Chiude di scatto il libro, come se fosse bollente, e con un solo movimento lo rificca prepotentemente nello scaffale da cui l'aveva altrettanto velocemente estratto. Da qualche parte nel suo cervello la voce di Lottie riecheggia, chiamando il suo nome a ripetizione, e Louis si risveglia dal suo bizzarro strato di trance. Afferra il libro accanto al volume che conteneva le frasi responsabili del suo momento e, senza neanche avere il tempo di mettere bene a fuoco "1Q84" lo consegna al trentenne ambiguo alla cassa, la cui sigaretta ormai consumata giace da qualche parte ai suoi piedi.
A questo punto dovrebbero essere abbastanza per quel giorno le coincidenze difficilmente interpretabili, e invece dal retrobottega esce una vecchina avvolta in un ampio scialle glitterato, con un cipiglio scuro che si scioglie appena intravede Louis. L'anziana signora occhieggia con un piccolo ghigno - i denti giallognoli quasi stridono tra loro, e a Louis dispiace di cuore dirlo, ma quell'espressione è ripugnante - e prende il suo polso quando fa per pagare. La sua bocca rugosa si piega nuovamente in un macabro sorriso che fa rizzare i capelli al ragazzo, mentre si rifiuta di accettare i suoi soldi. Non dice nulla, si limita a emettere strani suoni dalla gola e scuotere la testa con foga.

Alla fine, il cassiere-trentenne si stufa dell'intero teatrino e sbotta con acidità: "Ascolta, amico, non ti lascerà pagare, quindi o posi il libro oppure te ne vai. Grazie e arrivederci.".

Indignato, Louis raggiunge la sorella sulla soglia del negozietto. Lottie sta inviando messaggi a qualcuno riguardo uno sconto natalizio della sua collezione di trucchi, ma solleva ugualmente lo sguardo preoccupato sui suoi occhi provati. Forse il maggiore dovrebbe riprendere lezioni di recitazione, gli tornerebbero sicuramente utili.
La ragazza propone di tornare a casa perché si sta avvicinando l'ora di pranzo, e suggerisce come regalo alle gemelle uno spettacolo teatrale. L'unica cosa che Louis riesce a fare è annuire apaticamente e, se Lottie conosce bene suo fratello, sa di aver fatto una scelta saggia nel non commentare.


















 

Il pranzo trascorre tranquillamente. Mangiano qualcosa di veloce e subito Daisy e Phoebe salutano i propri fratelli accampando la scusa dello studio, mentre in realtà salgono le scale ridacchiando e sicuramente chiameranno qualche amica una volta arrivate al piano di sopra.

"Siete sicure di non volervi farvi accompagnare? Guarda che non è un disturbo, basta semplicemente partire un po' prima e chiamare Niall per posticipare di poco l'appuntamento" ricorda Louis alla sorella, intenta a caricare la lavastoviglie, di ultima generazione. Nel diverso tempo che Louis ha abitato quest'appartamento, non ha usato granché i fornelli, per essere onesti; quando ospita la propria famiglia però, Lottie provvede affinché si cibino di cose quantomeno apparentemente salutari.
La ragazza lo ringrazia sorridendo: "Grazie, Lou, ma non preoccuparti. Ci fermiamo da Ronnie per strada, te la ricordi? Così faccio una pausa e torno a guidare riposata.".
"Il nonno sarà felice di vederti" commenta lui con un pizzico di nostalgia a velargli la limpidezza degli occhi azzurri. Quasi non riesce a sentire il piccolo "Lo so" sussurrato malinconicamente da Lottie. 

Dieci minuti dopo, Louis si trova stravaccato sul suo materasso morbido e matrimoniale. Rotola per un po' tra le lenzuola fresche - fin troppo, considerato il gelo che riveste Londra dal centro ai vicoli più stretti e periferici - canticchiando una vecchia canzone nel retro della gola, la testa leggera.
Poi, però, ricorda il piccolo volume che giace sulla sua scrivania, chiuso. In maniera infantile, quando si precipita a recuperarlo, si giustifica dicendosi che se fosse rimasto lì anche soltanto qualche ora in più non l'avrebbe più ritrovato, siccome sarebbe stato sicuramente sommerso dalle montagne di vestiti e cianfrusaglie ammucchiate in disordine. La camera di Louis è un disastro, fra parentesi, yup.

Incrocia le gambe e, come incantato, tiene fra di esse il libro. Non lo sfoglia, né legge l'introduzione. Semplicemente se ne sta lì, immobile, a contemplarlo analizzandone ogni dettaglio. Nota che la copertina ha una graziosa orecchia - graziosa? Le orecchie delle pagine sono irritanti! - in basso a sinistra, e ci sono diversi segni di penna nera e matita cancellata frettolosamente.
Di nuovo, apre una pagina a caso, questa volta però senza tuffarsi nel fiume di parole. Si immerge tra le righe fitte con lentezza, tastando il territorio, come a voler misurare il dolore che gli sarà inflitto di lì a poco.
 

La maggior parte delle persone non cerca verità che si possono dimostrare. La verità, in molti casi, come ha detto lei, comporta sofferenza. E quasi nessuno vuole soffrire. Quello di cui le persone hanno bisogno è una storia bella e piacevole, che renda la loro esistenza almeno un po' più significativa.
 

Eccola. La prima coltellata gli affonda nel petto. Piano piano il pugnale affonda, punta a raggiungere il cuore, ma la sua corazza è ancora lì, sfilacciata e con parecchie crepe, ma resiste, coprendo coraggiosamente il suo punto più vulnerabile.
 

 Amare qualcuno dal profondo del cuore è comunque una grande consolazione.
Anche se si è soli e non si riesce a stare con quella persona.

 

Eppure non sembrava così. A volte mancava persino l'aria, quando quella persona era lontana. A volte il mondo sembrava infetto, malato; le cose belle si macchiavano dell'oscurità che il mondo senza Harry assicurava.
 

Anche se uno riesce a da una gabbia, non finirà col ritrovarsi in un'altra, solo più grande?
 

Le mura si sgretolano, il cuore sanguina e il sangue sono le lacrime calde - e allo stesso tempo gelide - che gli solcano le guance come se fossero un pericoloso acido che vuole incidere cicatrici sul suo viso. 

Il cuore sembra pulsare dal dolore e, a meno che non stia avendo un infarto, è biologicamente impossibile. 

Si rifugia sotto le coperte, premendo con troppa violenta i polpastrelli contro la bocca, allo scopo di soffocare i singhiozzi prepotenti che gli stanno dilaniando lentamente l'anima e ogni briciolo di razionalità rimasta.

È in momenti come questo che desidera ardentemente che sua mamma sia ancora qui. Vorrebbe solo un abbraccio, uno di quelli che sono così forti da far sembrare che ti stiano spaccando la cassa toracica.

Il vago pensiero dell'appuntamento con Niall lo sfiora ma, al momento, è troppo occupato. Piange ancora, asciugandosi freneticamente le lacrime, e si raggomitola su se stesso. Si impone di non perdere il controllo.

Può farcela. Andrà tutto bene.

 







 
   
 
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