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Autore: _DeepSound_    22/04/2020    0 recensioni
Tutto ha inizio da un caso inquietante e Kaede, una giovane senza quirk, si interessa fin troppo a quel caso, finendone coinvolta, scoprendo che è solo l'inizio di qualcosa di peggiore che porta la sua firma: Drem Rue
Genere: Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Prima di entrare in aula, Kaede andò in sala professori a chiedere qualche foglio, visto che i suoi quaderni erano ormai rovinati, per poi dirigersi in aula.
Quando si sedette al suo posto ed aprì lo zaino notò che tra le sue cose mancava il diario. Era più che certa di averlo portato con sé, visto che avrebbe dovuto gettarlo, anche se alla fine le era mancato il coraggio di farlo. Che lo avesse perso quando era caduta “accidentalmente”?
Iniziò a pensare attentamente alla mattinata e si ricordò che Sawada glielo avesse raccolto, ma lei non lo aveva preso.
A quella constatazione Kaede si morse nervosamente il labbro,
Ancora quel ragazzo! Ad una prima impressione non sembrava il tipo di persona che gettava gli oggetti altrui, soprattutto perché sapeva a chi appartenesse, ed era quasi certa che l’avrebbe cercata per riconsegnarglielo.
Poi le sorse un dubbio: e se lo leggesse?
Era così persa nei suoi pensieri che quasi non sentì la sua insegnante chiamarla durante l’appello e rispose in ritardo, ma fortunatamente nessuno ci aveva fatto caso.
Nessuno faceva mai troppo caso a lei, forse anche per questo che non aveva mai avuto troppi problemi per la sua mancanza di quirk. Meno la notavano, meno la infastidivano.
A quei pensieri sospirò seccata: non doveva pensare a cose tanto inutili, ma a come recuperare il diario.
Ora come ora poteva soltanto sperare che non lo aprisse. In fondo era soltanto un innocuo diario di una ragazzina e poi, anche se lo avesse aperto, dubitava fortemente che avrebbe capito di cosa si trattasse. Rise interiormente, pensando a come sembrassero le ultime parole famose.
Decise di non pensarci troppo, anche perché sarebbe stato inutile arrovellarsi il cervello, pensando a cosa sarebbe potuto succedere: alla fine delle lezioni lo avrebbe cercato per recuperare il diario e, infine, gettarlo. A quel pensiero Kaede riuscì a concentrarsi sulla lezione, prendendo anche appunti per tenere impegnata la mente.
Durante la pausa pranzo Kaede decise di andare a prendersi qualcosa ai distributori, volendo evitare il caos della mensa o della coda al chioschetto.
Come immaginava non c’era nessuno, così riuscì a prendere velocemente un tramezzino, ma quando stava per andarsene si sentì spingere contro il muro. Kaede chiuse gli occhi per lo spavento e quando li aprì si trovò di fronte Sawada con lo sguardo carico di rabbia e le mani bollenti sulle sue braccia, probabilmente a causa del suo quirk.
Deglutì un paio di volte a vuoto, cercando di calmarsi, ma era terrorizzata dall’altro, visibilmente più forte di lei.
-Cosa vuoi?- chiese, cercando di nascondere il tremore della voce.
-Cos’è quel diario?- disse Rei furioso, mentre un odore fastidioso gli riempiva le narici.
A quel punto il ragazzo la lasciò, notando di aver scottato la sua kohai con il suo quirk. Si era talmente alterato da aver perso il controllo.
Quando Kaede fu libera le sue gambe cedettero, facendola scivolare lentamente lungo il muro, finendo col sedersi a terra, con il battito accelerato e gli occhi che le pizzicavano.
Rei provò ad allungare una mano, adesso semplicemente calda, alla ragazza per aiutarla ad alzarsi, ma questa sobbalzò.
-Scusami, non volevo scottarti.- disse con sguardo basso, visibilmente dispiaciuto, per poi passarsi una mano tra i capelli. -È solo che...quel diario.-
-Diario? Quindi lo hai davvero tu.- affermò Kaede sottovoce, più a se stessa che all’altro.
-Perché ci sono i nomi di...- si interruppe, sentendo la bocca farsi secca. -lo sai di chi sono.-
-Come hai fatto a capirlo?-
Kaede fece quella domanda guardandolo fisso negli occhi, ma Rei distolse immediatamente lo sguardo mentre si mordeva le labbra.
Dalla reazione dell’altro, Kaede capì immediatamente che non avrebbe ricevuto nessuna risposta dall’altro e, da come aveva reagito, ipotizzava che lo aveva capito perché conosceva personalmente uno dei nomi su quella lista.
Una parte di lei avrebbe voluto alzarsi e scappare via da lì, lasciando nascosto tutto, ma qualcosa la stava fermando. Forse era stato l’interesse dell’altro a quella storia o più semplicemente aveva davvero bisogno di parlarne a qualcuno.
-Vuoi sapere la verità?- disse Kaede, rompendo il silenzio che era calato tra loro. -Da quando si sono accumulati i casi non faccio altro che tormentarmi e chiedermi il perché.-
-Il perché di cosa?-
-Il perché di tutto: perché tutti questi suicidi? Perché soltanto in un’area ristretta?- si fermò, non avendo il coraggio di dire l’ultimo suo perché.
Il più importante.
-Perché suicidarsi?- disse sottovoce Sawada, mentre Kaede annuì in risposta.
-Ho pensato che informandomi avrei ricevuto una risposta, ma nulla. Lo so che è stupido, ma sento la necessità di rispondere a queste domande.- affermò Kaede, stringendo i pugni fino a far sbiancare le nocche.
-Vorresti indagare?-
A quella domanda le scappò una mezza risata senza emozioni.
Era vero: il suo desiderio era quello di poter scavare a fondo in quella faccenda fino a trovare una risposta, ma cosa poteva mai fare lei in più rispetto alla polizia?
Era soltanto una mocciosa delle medie con un interesse morboso per un caso a dir poco inquietante.
-Lo trovi così ridicolo?- chiese ad un tratto Sawada, abbassandosi per portarsi alla sua altezza per guardarla negli occhi.
Per la prima volta Kaede si sentì in imbarazzo nel guardare qualcuno negli occhi: non era abituata ad avere qualcuno così vicino a lei e si sorprese nel notare quanto fossero neri gli occhi dell’altro.
-Devo davvero risponderti?-
Entrambi sentirono la campanella suonare, ma nessuno dei due era intenzionato ad abbandonare quella discussione. Rei si guardò intorno con aria abbastanza sospetta, per poi posare di nuovo lo sguardo sull’altra.
-Mio padre ci sta lavorando ed ho letto del caso con il suo pc.- sussurrò, probabilmente temendo che qualcuno potesse ascoltarli.
-Cosa?- esclamò Kaede, sconvolta dalla confessione, e si trattenne a stento dal dirgli che fosse un deficiente.
Il ragazzo le fece segno di abbassare la voce.
-Perché lo hai fatto e soprattutto perché lo hai detto ad un’estranea?-
-Perché su quel diario c’è qualcosa che negli appunti di mio padre non c’era. Hai fatto molti più collegamenti di quelli che c’erano in quei file.- spiegò, prendendo il diario da sotto la camicia, dove lo aveva nascosto fino ad ora.
Sotto lo sguardo scioccato della ragazza, Rei aprì con disinvoltura il diario e le indicò diversi nomi sottolineati con lo stesso colore.
-Soltanto nove persone non sono sottolineati o evidenziati, quindi credo che siano gli unici a cui non hai trovato collegamenti con altre persone, mentre tutti gli altri li hanno.-
-Ma sono solo collegamenti parziali, non sono tutti completamente collegati agli altri, ma ancora non capisco tutto ciò che c’entra.-
-Non ricordo i nomi di ogni vittima, ma sono sicuro che fossero appena una ventina i nomi collegati.- esclamò il ragazzo, continuando ad agitare il diario.
Kaede, ripreso il controllo di sé, glielo strappò dalle mani e lo chiuse di scatto, non volendo leggere ancora quei nomi.
-Il fattore di stress. I colori stavano ad indicare la stessa causa.-
-Come hai fatto a scoprire certe cose?- esclamò Rei, afferrandola per le braccia, ma quando sentì un lamento di dolore si ricordò delle scottature che aveva causato alla ragazza.
-Ciò che non ho trovato sui giornali l’ho trovato analizzando i loro social.- disse Kaede, alzandosi dal pavimento e nascondendosi sotto la maglia il diario. -Dal numero che mi hai detto direi che hanno collegato tra loro soltanto le vittime senza quirk, o comunque con quirk deboli. Penso che dovremmo rientrare in aula: sono passati meno di cinque minuti dal suono della campanella, basterà usare la scusa del bagno per giustificare il ritardo.-
-Ma io...- cercò di dire Rei, per poi essere interrotto dall’altra.
-2403, quarto vagone.-
Detto ciò Kaede se ne andò, lasciando il senpai a bocca aperta.
Non si sarebbe mai aspettato un primo giorno così strano, ma l’incontro con Kaede sembrava voluto dal destino.
Sentì le proprie guance colorirsi leggermente, imbarazzato da ciò che aveva pensato: aveva appena avuto un’idea che sembrava quasi una dichiarazione d’amore, anche se lui pensava alla coincidenza di aver incontrato qualcuno che avesse preso a cuore quel caso come suo padre...e come lui, anche se lo aveva fatto soltanto quando lo aveva coinvolto personalmente.
Momo Takeshima, 20 anni.
Era grazie a quell’appunto che era riuscito a capire cosa effettivamente fosse quel diario, anche se vederla ridotta ad un semplice appunto, lungo meno di una riga, lo aveva ferito.
Come poteva una persona che aveva fatto così tanto per lui essere ridotto ad un semplice nome tra tanti altri?
Sapeva bene che quella ragazza non aveva fatto nulla di male. Aveva semplicemente scritto tutto ciò che sapeva in modo schematico e di immediata comprensione per lei.
Quello che davvero lo incuriosiva però era il perché fosse così interessata a quel caso.
Mettere alla prova la sua intelligenza? Poco probabile, visto che era palese che era la prima volta che faceva una cosa del genere, visto che le prime pagine erano state strappate ed in alcune pagine c’erano segni di matita non cancellati bene.
Un suo caro era stata una delle vittime? Non aveva notato nessun appunto che avrebbe potuto fargli capire una cosa del genere, anzi dubitava fortemente che avrebbe potuto essere tanto schematica in quel caso.
Qualsiasi sia la sua ragione dietro quell’interesse Rei aveva capito che quella ragazza era molto sveglia, visto tutte le informazioni che era riuscito a raccogliere. I collegamenti che aveva trovato potevano benissimo essere dei buchi nell’acqua, ma aveva fatto un ottimo lavoro di ricerca per averli trovati...sempre se fossero stati veri quei dati.
Si parla pur sempre di ricerche su internet, quindi potevano benissimo essere informazioni false o sbagliate quelle che aveva trovato.
-Scusi, cosa ci fa lei ancora fuori dall’aula?-
A quella domanda Rei sobbalzò.
Era talmente preso dai suoi pensieri che non aveva notato l’insegnante nel corridoio, senza contare che aveva persino sbagliato direzione, visto che la sua aula era dall’altra parte.
-Scusi sensei, è solo che ero andato in bagno durante la pausa pranzo e non ricordo più dov’è la mia aula.- mentì Rei, sperando di ingannare l’insegnante.
L’uomo l’osservò attentamente, cercando di capire se mentisse, ma, non riconoscendo lo studente e sapendo dell’arrivo di un nuovo studente, gli credette.
-Ti accompagno io. In che aula sei?-
-3-D.- disse, per poi mordersi la guancia per non tirare un agognato sospiro di sollievo.
Fortunatamente il suo insegnante non si irritò molto nel vederlo entrare in aula con dieci minuti di ritardo, ma gli consigliò di chiedere a qualcuno della classe di aspettarlo fin quando non si fosse ambientato.
Rei sorrise gentilmente ed annuì, per poi perdersi nei suoi pensieri.
Non seguì per nulla le lezioni pomeridiane, troppo preso da tutta quella strana situazione, per poi ricordarsi di ciò che era successo prima.
Rivolse i palmi delle mani verso l’alto ed iniziò ad osservarle.
Come aveva potuto perdere il controllo del suo quirk in quel modo? Aveva bruciato la sua kohai senza rendersene conto.
Lei non aveva emesso un singolo lamento e, se non fosse stato per l’odore di carne bruciata, probabilmente le avrebbe causato due ustioni gravi.
Non le aveva chiesto nemmeno come stesse o controllato le sue braccia, perché era certo di averla ustionata.
“Chissà se si presenterà davvero alla stazione o era solo un pretesto per andarsene.” pensò, per poi notare che mancavano pochi minuti alla fine delle lezioni.
Il suo vicino di banco gli chiese se volesse andare con lui ed altri compagni ad un locale vicino la scuola, ma rifiutò gentilmente l’invito.
Omise volontariamente il motivo, visto che la kohai le aveva fatto capire di non voler avere a che fare con lui e dopo l’incidente di prima era sorpreso che gli avesse detto di incontrarsi. Forse voleva capire se lui potesse dargli qualche informazione utile, di cui lei non era a conoscenza.
Nonostante il suo rifiuto i compagni insistettero sull’accompagnarlo in stazione, così da mostrargli una scorciatoia per la stazione: in effetti ci aveva messo la metà del tempo ad arrivare.
Dopo essersi salutati, Rei si diresse al tabellone degli orari, cercando il codice del treno che le aveva indicato: aveva molte meno fermate di quello che aveva preso quella mattina, ma in compenso ci metteva meno tempo.
Aveva ancora un po’ di tempo prima dell’arrivo del treno, così si diresse verso i distributori per prendersi una bevanda, ma quando notò che sulla banchina c’era già la kohai, seduta da sola con gli auricolari nelle orecchie preferì andare direttamente da lei.
Avvicinandosi notò che aveva gli occhi chiusi, cosa che non aveva notato da lontano, visto che la lunga frangetta nera li nascondeva parzialmente.
Nonostante fosse completamente da sola Kaede sembrava tranquilla, perfettamente a suo agio, mentre si godeva la musica che proveniva dalle cuffie che, ora che si era avvicinato poteva percepire un po’.
Approfittando della sua distrazione, Rei iniziò a guardare le sue braccia e notò che aveva indossato un cardigan, probabilmente per nascondere le ustioni. Quando fu annunciato il loro treno, Kaede aprì finalmente gli occhi e si alzò, per poi sgranare leggermente gli occhi nel notare che il senpai era lì a fissarla.
-Ti fa male?- chiese Rei mortificato.
In un primo momento Kaede sembrò non capire, ma vedendo lo sguardo dell’altro fisso sul suo braccio capì di cosa stesse parlando.
-Non è nulla. So che non l’ha fatto apposta, Sawada-senpai.- disse lei, togliendosi gli auricolari per poi sistemarli con attenzione nella borsa.
Le persone sulla banchina pian piano aumentarono e le loro chiacchiere riempirono il silenzio che c’era tra i due ragazzi. Rei la sentì trattenere un lamento quando un passante le aveva colpito il braccio, seppur non fosse stato per nulla forte.
Quando il treno arrivò e le porte si aprirono, Rei afferrò Kaede per il polso ed entrò rapidamente, per poi farla mettere contro una parete del treno e mettersi davanti, così da non farla urtare da qualcuno.
-Potresti lasciarmi adesso?-
-Scusa.- disse semplicemente Rei, lasciandole il polso con le guance leggermente arrossate.
-Cos’altro volevi dirmi?-
-Dritta al punto.- sussurrò il senpai, ma l’altra non lo sentì visto il baccano sul treno.
In realtà non sapeva nemmeno lui cosa volesse dirle, forse voleva soltanto sapere tutto ciò che aveva scoperto e poi, chissà, cercare di informare suo padre.
-Visto che non parli tu lo faccio io.- esclamò ad un tratto la ragazza. -Ciò che ti ha alterato è lo stesso motivo per cui hai cambiato scuola?-
A quella domanda sentì un leggero sfrigolio dalla sua mano: stava perdendo di nuovo il controllo del suo quirk, così iniziò a fare respiri profondi per tranquillizzarsi e riprendere il controllo di sé.
-Sei fin troppo sveglia.-
Si avvisa i signori passeggeri che il treno è arrivato al capolinea. Si prega ai signori viaggiatori di non lasciare i propri oggetti sul mezzo e...”
Quando uno dei passeggeri colpì Rei quasi non diede una testata al muro di fronte e Kaede fece un piccolo sbuffo che fece abbassare lo sguardo al ragazzo: la kohai seriosa stava cercando di trattenere una piccola risata.
Scesi dal treno Kaede chiese al senpai dove dovesse andare e, scoperto che l’altro doveva prendere la sua stessa linea, gli disse il treno da prendere, consigliandogli anche qualche valida alternativa in caso di problemi.
-Visto che abbiamo tempo potremmo andare a prenderci qualcosa da bere ai distributori?- chiese Rei, mentre l’altra lo guardava con aria spaesata. -Ti devo almeno una bevanda, dopo oggi.-
Non riusciva davvero a capire come potesse cambiare umore tanto facilmente l’altro, ma soprattutto perché si fosse impuntato così tanto con lei, una persona che saltava poco all’occhio.
Non ricevendo nessuna risposta, Rei l’afferrò per un polso e trascinarla ai distributori vicino alla fine della banchina e si mise ad osservare con attenzione le varie bibite.
Durante l’attesa della scelta dell’altro, Kaede iniziò a guardarsi intorno notando una studentessa delle medie, probabilmente sua coetanea, che aveva lo sguardo perso nel vuoto e le pupille dilatate che faceva qualche passo tremante, avvicinandosi al bordo della banchina. Non capiva nemmeno lei perché le fosse saltata all’occhio quella ragazza, visto che la stazione era affollatissima.
Treno in transito sul binario 3. Allontanarsi dalla linea gialla.”
Successe tutto in fretta: la ragazza aveva superato la linea di sicurezza, per poi prendere un respiro profondo ad occhi chiusi. Kaede ebbe una bruttissima sensazione e, senza pensarci, corse verso la ragazza, ignorando il dolore per lo scontro con le altre persone per farsi spazio tra la folla. La vide mentre si lasciava cadere in avanti, ma riuscì ad afferrarle il braccio in tempo e trascinarla verso di sé, facendo cadere entrambe sulla banchina.
Sentì il suono del treno che passava sui binari e, fin quando non se ne andò, Kaede tenne il braccio dell’altra, mentre il suo battito non accennava a rallentare.
-Cosa ti è passato per la testa?- urlò Kaede irritata.
Nonostante la ragazza avesse gli occhi rivolti verso Kaede, in realtà aveva lo sguardo perso nel vuoto ed il respiro tranquillo. Le persone lì vicino ignorarono completamente la scena, come se tutto ciò non li riguardasse. A quella reazione Tamaki sentì un forte disgusto verso tutte quelle persone.
Approfittando di quel momento di distrazione, la ragazza l’allontanò con un calcio, cercando nuovamente di buttarsi sulle rotaie, ma Kaede riuscì a fermarla saltandole addosso, così da sovrastarla ed impedirle di fare stupidaggini.
-Tamaki.- disse Sawada, raggiungendola.
Quando Kaede abbassò lo sguardo verso l’altra notò che aveva aperto la bocca ed aveva cacciato fuori la lingua e, temendo il peggio, mise una mano davanti alla bocca, impedendole di mordersi la lingua.
Nonostante ciò la ragazza continuò a stringere forte coi denti, facendo sibilare Kaede dal dolore.
-Che succede?-
-Vuole mordersi la lingua.-
-Ho un’idea.-sussurrò Rei, mettendosi di fronte alle due ragazze.
Si mise in ginocchio, per poi posare le mani ai lati del viso della ragazza a terra, senza toccarlo, e produsse per qualche secondo delle fiammelle.
 
La ragazza svenne quasi all’istante e Rei si spostò, mettendosi le mani in tasca per nascondere il fatto di aver usato in pubblico e senza permesso il proprio quirk.
-Che succede qui?- disse uno dei due addetti alla sicurezza arrivati lì, notando che Tamaki era ancora sulla sconosciuta.
-L-la ragazza.- balbettò una donna anziata, indicando la studentessa svenuta. -Stava cercando di buttarsi sulle rotaie, ma lei l’hai fermata.-
-Ehi signorina, come ti chiami?- chiese gentilmente il secondo addetto, aiutandola ad alzarsi, mentre il suo collega immobilizzò le braccia dell’aspirante suicida.
Nonostante l’uomo cercasse la sua attenzione, lo sguardo di Kaede era fisso su quella ragazza, cercando di capire cosa fosse appena successo. Ancora lo vedeva lo sguardo perso nel vuoto e le pupille talmente dilatate da rendere l’iride una linea sottile, rivedeva lei che si lasciava cadere davanti al treno, che cercava di mordersi la lingua.
Sembrava una sua coetanea, ben vestita e pettinata.
Cosa l’aveva spinta a comportarsi così?
-Tamaki.-
A stento aveva sentito l’agente chiamarla ed in quel momento non riusciva a spiegarsi come facesse a conoscere il suo nome.
-La mano.- disse senza pensarci, abbassando lo sguardo su di esso.
Il morso continuava a sanguinare e, per qualche strana ragione, sentiva gli arti formicolare e per poco non cadde all’indietro se non fosse stato per l’agente che l’aveva sorretta, mentre Rei gli aveva portato una sedia.
Sawada, ecco chi gli aveva detto il suo nome.
-Non preoccuparti: è l’adrenalina che ti ha causato questo tremore.- spiegò l’agente, porgendole una tazza di tè caldo, per poi ritirarsi in un’altra stanza.
Da quando non erano più sulla banchina?
-Dove sono?-
-Mentre eri confusa ti abbiamo portato nell’ufficio degli addetti alla sicurezza.- spiegò Sawada, mentre posava la borsa della ragazza, ancora un po’ sporca di fango, vicino alla sedia. -Dev’essere stato un bello shock.-
-Oggi non è proprio la mia giornata.- disse Kaede, cercando di sdrammatizzare e non pensare a ciò che era successo poco fa. -Non è che sei tu a portare sfiga?-
-Cosa vorresti dire con questo?- chiese Rei, fingendosi offeso. -Che miglioramento: adesso fai anche delle battute?- concluse con tono divertito, sorridendole.
Prima che potesse rispondere, l’agente tornò nella stanza seguito da un infermiere in divisa da ambulanza.
Dopo aver dato un’occhiata alla ferita le fece alzare la manica della maglia, per poi iniziare a disinfettarla con cura.
-Fortunatamente non è nulla di grave, anche se deve aver fatto parecchio male.- disse cordialmente l’infermiere. -Come vorrei che i miei pazienti fossero tutti tranquilli come te.-
-Grazie.- rispose Kaede in imbarazzo, non sapendo che dire.
Mentre l’infermiere le bendava con cura la mano, Tamaki non riuscì a trattenersi dal fare qualche domanda.
-Come sta?-
-Mi spiace, ma non posso risponderti.- rispose l’uomo, scuotendo la testa. -È una tua amica? Devi tenere molto a lei per...-
-No, non l’ho mai vista.-
A quella risposta i due uomini rimasero un attimo sorpresi. Erano convinti che si conoscessero, visto la reazione di Kaede.
-Allora hai un futuro da eroe.-
Sapeva bene di non avere nessuna possibilità di diventarlo e forse era per quello che non aveva mai desiderato diventarlo. In realtà non aveva mai sentito un briciolo di invidia verso le altre persone che possedevano un quirk: semplicemente a lei non era mai interessato ne averne uno, ne diventare un eroe.
Il suo silenzio però sembrava essere stato preso per una risposta affermativa, così i due uomini continuarono a parlare, complimentandosi con lei dicendole che avrebbe avuto ottime possibilità di diventarlo.
L’unica cosa che lei voleva è capire cosa diamine stesse succedendo.
Era preoccupata per quella ragazza e si chiedeva se il suo comportamento era legato agli altri casi avvenuti in zona.
Improvvisamente la porta dell’ufficio si spalancò ed entrò un uomo dall’aria rispettabile ed autoritaria, vestito con un completo senza cravatta, facendo sobbalzare i presenti.
-Chi è lei?- chiese l’agente, nascondendo l’irritazione dovuta a quella mancanza di educazione.
-Sono il tenente Sawada Kou.- disse mostrando il distintivo. -Mi hanno chiamato dicendo che mio figlio era qui.-
Rei fece un cenno con la mano al padre in segno di saluto, per poi tenere lo sguardo abbassato, come se aspettasse un rimprovero. Kaede osservò con attenzione i due Sawada e dubitava fortemente che il tenente fosse lì per sgridare il figlio, come il senpai temeva, ma che fosse corso lì temendo che gli fosse capitato qualcosa.
Sentendo che l’uomo aveva un grado di parentela con uno dei ragazzini coinvolti, l’astio dell’agente svanì ed anzi fu molto lieto di spiegare ciò che era successo pochi minuti fa.
La preoccupazione del tenente era visibile sul suo volto, ma quando sentì tutto il racconto lo vide distendersi, sollevato che non fosse successo nulla di grave.
-Ed i genitori della ragazza?- chiese il tenente, indicando Tamaki.
-Fino a poco fa era sotto shock, non ero ancora riuscito a chiedergli il loro numero.- disse l’agente, un po’ teso.
-Sono fuori città, ma se non mi credete posso darvi il loro numero.-
-E come fai in questi giorni?- domandò il signor Sawada, preoccupato per la ragazza. -Vai da altri parenti?-
-Non conosco altri parenti, ma in questi casi ho la vicina di casa che viene a controllare se sto bene.- raccontò Kaede, ma quando le chiesero se potesse venirla a prendere lei negò. -Ha una gamba rotta.-
-Dammi il numero dei tuoi.- disse il tenente.
Dopo aver parlato con suo padre un paio di minuti, Kou passò il cellulare all’agente che gli raccontò tutto l’accaduto. Prima di interrompere la chiamata però l’agente passò il telefono alla ragazza, dicendo che suo padre voleva dirle qualcosa.
-Quando torniamo non raccontare nulla alla mamma, okay Kaede?-
-Si, non preoccuparti.- disse, per poi agganciare.
Non si sorprendeva della richiesta del padre e francamente aveva già pensato anche lei di tenerlo nascosto a sua madre, un po’ troppo protettiva nei suoi riguardi.
-Bene ragazzina, ora tu vieni con noi.-
-Che?-
-Tuo padre mi ha dato il permesso di farti uscire da qui e portarti a casa. Non preferisci viaggiare in auto, invece che in treno?-
-Che domanda inutile: anche se rispondessi no dovrei lo stesso venire con voi.- rispose Kaede, per poi abbassarsi per prendere la borsa, ma Rei fu più veloce di lei e la portò al posto suo.
Ancora non riusciva a capire perché si era preso il disturbo di accompagnarla a casa il tenente, visto che era una sconosciuta. Poi, ripensandoci, Kaede elaborò qualche possibilità:
Credeva che fosse amica del figlio? Visto quanto fosse socievole lui poteva anche essere. Deformazione professionale? Probabile, visto che era della polizia.
Indagine?
Kaede si fermò per qualche secondo, mentre i due Sawada erano qualche passo davanti a lei, vicino all’auto dell’uomo. Come aveva fatto a non capirlo subito?
Il senpai gli aveva detto che sapeva qualcosa di quei suicidi perché aveva visto gli appunti del padre.
-Tamaki-san salga.- disse il tenente, mentre si accomodava al posto di guida.
Salì in auto, sul sedile posteriore, mentre Rei posava le borse nel cofano dell’auto per poi sedersi sul sedile davanti.
Lei non si sorprese nel notare che non era una volante, visto che Sawada era di grado elevato e non di pattuglia. Ripensandoci aveva mostrato il distintivo all’agente, ma non riusciva a ricordare cosa ci fosse scritto sopra.
-Dev’essere stato scioccante ciò che è successo prima.- esordì il tenente, senza voltarsi.
-Si, anche se non mi aspettavo che Tamaki corresse a fermarla.- raccontò Rei con entusiasmo. -Si è fatta persino mordere quando la ragazza ha tentato di mordersi la lingua.-
-Un atteggiamento degno di un futuro eroe.-
Kaede non rispose e spostò lo sguardo sul finestrino.
Aveva soltanto agito d’istinto. L’unica cosa che pensava era di fermarla e capire il perché lo stesse facendo. Lo aveva fatto soltanto perché era un pericolo per se stessa.
Se ci fosse stato un villain o un criminale armato non avrebbe fatto nulla, ben sapendo che il suo intervento sarebbe stato inutile o, peggio ancora, avrebbe aggravato la situazione.
-O forse avevi notato qualcosa prima che provasse a suicidarsi?-
A quella domanda Kaede si voltò nuovamente, notando che erano fermi ad un semaforo rosso ed il tenente la stava guardando dallo specchietto retrovisore.
-Dalla tua reazione direi proprio di si.-
-Posso farle prima io una domanda prima di rispondere?-
-Fa pure.-
-Di che squadra della polizia fa parte?-
A quella domanda il tenente rimase sorpreso, per poi scoppiare a ridere.
-Sei davvero una ragazzina interessante, Tamaki Kaede. Non tutti avrebbero fatto una domanda del genere.- rispose divertito, prestando nuovamente attenzione alla strada. -QC.-
-Squadra per il controllo dei quirk.- mormorò Kaede. -Perché è interessato ad un caso del genere?-
-Mi sembra ovvio: è coinvolto mio figlio.-
-Non mi sembra un motivo valido, visto che non gli è successo nulla, senza contare che lui è l’unico agente arrivato alla stazione ferroviaria: strano che non sia arrivato nessun detective per interrogarmi, visto il collegamento agli altri casi.-
-Sei una ragazzina acuta per la tua età. Comunque non sbagli: sono il detective che si occupa del caso, ora potresti rispondermi?-
-Si, mi scusi.- disse Kaede, abbassando lo sguardo, in imbarazzo per il suo comportamento.
A quella frase Sawada trattenne una risata.
Quella ragazzina era molto particolare: molto acuta e sfrontata, per poi scusarsi per la maleducazione.
-Avevo notato che aveva un atteggiamento strano.-
-In che senso?- chiese Rei, girandosi verso la ragazza, mentre il padre gli faceva segno di far silenzio.
-Sembrava confusa e le sue pupille erano parecchio dilatate, come quelle dei gatti di notte.- spiegò Kaede, mentre cercava di ricordare quanti più dettagli. -Però c’era anche un’altra cosa strana: sembrava atletica, ma sono riuscita a bloccarla senza troppe difficoltà.-
-Pensavo che fosse merito del tuo quirk. Forse è stata l’adrenalina.- ipotizzò Rei.
-Ma lo stesso discorso dovrebbe valere anche per lei, ma per qualche strana ragione sembrava troppo calma.- affermò Kaede.
-Potresti spiegarti meglio?- chiese il tenente, incuriosito.
Sawada era molto sorpreso: nonostante la giovane età, il caos e la situazione stressante Tamaki-san aveva notato tantissimi dettagli. Delle pupille dilatate ne era a conoscenza, visto che non era il primo caso dove il suicida era stato visto poco prima, ma nessuno mai lo aveva definito calmo.
-Se qualcuno ti aggredisce dovresti agitarti e la frequenza cardiaca aumenta. Invece lei aveva il respiro normale ed il battito sembrava regolare, almeno prima che mi mordesse. Non aveva nemmeno sudato.-
-Sai controllare il battito?- chiese Rei meravigliato.
-No, ma quando le ho stretto il braccio i battiti sembravano molto più lenti dei miei.-
-Dovevo aspettarmelo che avresti notato così tanti dettagli, soprattutto dopo aver letto il tuo diario.-
-Sawada-senpai non dovrebbe parlare di cose che non la riguardano.- disse Kaede con tono irritato.
-Ora mi dai di nuovo del lei?- chiese Rei, sospirando. -E comunque se non volevi che leggessi il diario dei casi avresti dovuto evitare di portarlo con te, Tamaki.-
-Dovevo soltanto buttarlo e smettila di prenderti tutta questa confidenza con me.-
-Di cosa state parlando?-domandò il tenente, notando l’agitazione della ragazza.
Sembrava che volesse nascondere qualcosa su quel diario.
-Ha degli appunti riguardo il caso su cui stai lavorando.- rispose Rei.
A quella risposta l’uomo parcheggiò l’auto al primo posto libero, per poi togliersi la cintura e voltarsi verso Tamaki, porgendo la mano nella sua direzione.
-Mostramelo.- disse con freddezza, facendo intimorire Tamaki.
-È dentro la borsa.-
Un po’ intimorita dal tono severo dell’uomo, Kaede scese dall’auto per prendere dal cofano la borsa, per poi rientrare in auto e porgergli il diario. Non sapeva come avrebbe potuto reagire l’uomo, così si appoggiò con la schiena alla portiera, come a voler tenere quanta più distanza con quell’uomo. In fondo era già stata attaccata dal figlio a causa di quello stesso diario.
Nonostante il timore però Kaede rimase in auto ed iniziò ad osservare l’uomo, notando che stava leggendo in religioso silenzio il contenuto. Quando alzò lo sguardo per guardarla, gli occhi del tenente presero una lieve sfumatura blu, quasi impercepibile, probabilmente a causa dell’attivazione del suo quirk.
-Cosa significano questi colori?- chiese, riferendosi probabilmente alle sue sottolineature.
-Stress.- rispose con voce tremante, ma lo sguardo del tenente gli fece capire che quella risposta non gli bastava. -Abusi domestici, mobbing, depressione e così via. Ad ogni fattore di stress ho dato un colore diverso.-
-Come hai fatto ad avere queste informazioni? Hai usato un quirk o...-
-Internet.- lo interruppe Kaede, ancora intimorita dalla sua reazione. -Ho cercato sui vari social, anche quelli più vecchi e meno usati, per cercare quante più informazioni. A volte ho controllato persino quello delle persone più vicine a loro.-
-Perché lo hai fatto?-
-Volevo soltanto smettere di pensarci troppo ed ho pensato che informandomi di più ci sarei riuscita, ma nulla.- disse, abbassando la testa e mettendosi le mani tra i capelli.
-Va bene così.- sussurrò il tenente, poggiando una mano sulla testa, cercando di farla calmare. -Non hai fatto nulla di male.-
-No?- chiese, alzando un po’ la testa.
Vide che il tenente non era per nulla arrabbiato, anzi sembrava solo preoccupato per lei ed aveva nuovamente gli occhi neri, come quelli del figlio.
-No, ma dovresti trovarti un hobby più allegro.-
Dopo quella frase ripresero in viaggio, questa volta in religioso silenzio.
Rei avrebbe voluto dire qualcosa, ma Kaede sembrava troppo turbata e suo padre sembrava avere qualche senso di colpa, probabilmente per come aveva messo sotto pressione la ragazza.
Arrivati sotto casa della ragazza, il tenente la fermò un attimo, per poi frugare nelle sue tasche.
-Se ti viene in mente qualcos’altro sull’incidente questo è il mio numero.- disse, porgendogli il biglietto da visita.
Kaede annuì e lo prese, per poi guardare il diario, indecisa se chiederlo indietro o meno. Alla fine tirò un sospiro e scese dalla macchina, ignorandolo bellamente.
Infondo la sua idea iniziale era proprio di liberarsene, almeno adesso sapeva che fine abbia fatto, senza chiedermi chi l’avrebbe trovato.
Quando Kaede scese dall’auto, Rei ruppe finalmente il silenzio.
-Vuoi controllare le informazioni di Tamaki, vero?-
-Chi ti dice che già non le avessi?- ribatté il padre, tenendo gli occhi fissi sulla strada.
-Il fatto che tu abbia risposto ad una domanda con un’altra domanda.-
-Farò finta di credere che sia questo il motivo e che tu non abbia guardato i miei appunti.- rispose il tenente, per poi lanciare uno sguardo sul figlio. -Dovresti smetterla di pensare tanto a quello che è successo a Momo: non è stata colpa tua.-

 

   
 
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