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Autore: KikiShadow93    24/04/2020    4 recensioni
Lui è resuscitato senza sapere né come né grazie a chi e, dopo attente considerazioni, ha deciso di provare ad integrarsi a sua volta sulla Terra.
Lei, per scappare dal proprio passato e per provare a salvaguardare il proprio futuro, decide di fuggire in città.

Lui è cresciuto tra i guerrieri, nell’odio e nel rancore, ed ha sviluppato un forte senso di inferiorità.

Lei è cresciuta tra i reietti, nella paura e nella violenza, arrivando quasi a perdere la speranza di poter avere una vita felice.

Sono diversi eppure incredibilmente simili, ed entrambi sono inconsapevoli pedine di un disegno molto più grande.


[Radish prende spunto da DBR&R; Post Cell Game; Possibile OOC]

Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Radish
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La vita secondo Radish'
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Avvertenza❌: presenti scene di delirio puro, siete avvertiti. Non mi assumo alcuna responsabilità per i danni celebrali che potrebbero sorgere.
Linguaggio a tratti scurrile, ma con lui è inevitabile.

Prima di iniziare, un grazie di cuore a Celeste98, _Cramisi_ e Chimera__ per aver recensito lo scorso capitolo e anche a tutte le persone che leggono silenziosamente 💛

 

𝟙𝟞. 𝒞𝑜𝓂𝑒 𝓃𝒶𝓈𝒸𝑜𝓃𝒹𝑒𝓇𝑒 𝒾𝓁 𝒮𝑜𝓁𝑒 𝒾𝓃 𝒸𝒾𝑒𝓁𝑜
 


Ha perso il conto dei brutti momenti che ha vissuto nell’arco di trentasei anni di vita, davvero, ma è certo che questo li batta tutti quanti, dal primo all’ultimo. È pure convinto che se anche li sommasse, non raggiungerebbe il livello di dolore che sta provando da quattro giorni.
Non riesce a credere di aver fatto una cosa tanto stupida. Eppure anche di cose stupide ne ha fatte a bizzeffe, ma questa…
Si sente un deficiente, un completo deficiente che non ha assolutamente idea di come tornare indietro senza passare per un debole e perdere la faccia.
Era arrabbiato, furioso, ferito nel cuore e nell’orgoglio, ed è esploso. Si è pentito delle cose che le ha detto un istante dopo averle dette, ma non aveva il coraggio di rigirarsi e dirle “dai, andiamo a casa che ne parliamo meglio”. Voleva che lei lo inseguisse, che lo cercasse anche sul maledetto ghiacciaio dove si era rifugiato e gli dicesse che era dispiaciuta e che non voleva perderlo. Ma lei non ha emesso un fiato, figurarsi se ha provato a raggiungerlo.
Col senno di poi, andare su quel ghiacciaio a congelarsi fin nelle ossa fino all’alba nell’attesa di vederla correre da lui con le lacrime agli occhi è stata un’idea davvero pessima.
C’era una colonia, sotto di lui. All’inizio non l’aveva notata, ubriaco di dolore, rabbia e rimorso, nella mente i suoi occhi ambrati pieni di dolore e lacrime pronte a sgorgare, ma poi quel ragliare* insistente lo ha costretto ad abbassare lo sguardo ed eccola, una colonia di maledettissimi pinguini imperatore. Se ne stavano lì, ciondolando come degli idioti e a gridare per ritrovare il proprio nido.
Li ha odiati. Li ha odiati davvero perché gli hanno fatto rivivere la giornata al luna park e al bioparco, gli hanno fatto rivivere quella strana notte in cui Sherry gli ha detto di averlo involontariamente scelto come compagno.
Si è sentito morire e le guance sono diventate improvvisamente umide, mandando al Diavolo pure il suo maledetto orgoglio da Saiyan. Si è domandato se fosse ancora tale, perché un Saiyan che perde l’orgoglio certo non può più definirsi tale. E lui se ne stava su un ghiacciaio a guardare degli stupidi pinguini mentre frignava per una donna. Se suo padre fosse stato ancora vivo, lo avrebbe ripudiato all’istante.
È rimasto su quel maledetto ghiacciaio per un tempo che gli è sembrato infinito mentre fissava i pinguini, poi un raggio di luce gli ha colpito gli occhi accecandolo per qualche istante. Si è ritrovato costretto a coprirsi con un braccio per poter essere di nuovo in grado di vedere… non lo avesse mai fatto: due pinguini imperatore maledetti si erano allontanati dalla colonia, arrampicandosi Dio solo sa come su un’escrescenza del ghiacciaio, e in quel momento erano investiti in pieno da quella luce calda mentre tenevano le teste unite a formare una figura oscenamente simile ad un cuore.
Ha allungato una mano di lato, alla sua destra, ed ha liberato un fascio di energia che ha distrutto una montagna ad una ventina di chilometri di distanza, terrorizzando le povere bestie. Non le ha sfiorate però, anche se probabilmente diverse sono morte di crepacuore.
Quella certo non è stata la parte peggiore, assolutamente.
Dopo essersi lasciato andare ad una disperazione mai provata prima, durante il quale ha davvero pianto lacrime amare nel rendersi conto di aver perso forse definitivamente l’unica cosa bella che gli sia mai capitata in vita sua, ha pensato che, forse forse, poteva anche compiere l’immane sforzo di andare a chiederle scusa. In fondo è lui che si è comportato come uno stronzo, è lui che non le ha dato assolutamente modo di controbattere perché troppo codardo dal riuscire ad affrontare una vera conversazione. Il minimo che poteva fare, dal momento che la rivoleva al suo fianco, era quanto meno provare a chiederle scusa e chiarire con calma tutta la faccenda. In fondo, si è detto, abbiamo solo litigato. Se ne parliamo, tutto torna al suo posto. Lo disse anche la vecchia: io devo essere quello adulto e devo farle capire cosa voglio.
Erano ormai le undici di sera quando si è diretto a casa sua.
Non voleva affrontare Bree, però. L’idea di quella psicopatica rompiballe che gli urlava contro e gli impediva di entrare in casa finché non la colpiva gli era insopportabile. Se lo avesse fatto, in fondo, in che modo sarebbe mai riuscito a parlarle e a convincerla a perdonare il suo scivolone?
Si è così diretto verso la sua finestra, ma prima che potesse avvicinarsi abbastanza ed essere visto, ha notato un qualcosa che gli ha dilaniato il cuore e l’anima: River se ne stava davanti alla finestra chiusa, pronto ad accostare le tende, un semplice asciugamano appuntato precariamente in vita, l’espressione stanca di chi ha appena finito una maratona.
Non sa dire con esattezza dopo quanto tempo se ne sia andato e neanche dove. Ha un vuoto terribile di quella notte. Sa che è andato in giro senza una meta fino all’alba, chiuso nel suo dolore. Non riusciva a togliersi dalla mente l’idea che Sherry, la sua Sherry, lo avesse già rimpiazzato, veloce come se non fosse neanche mai esistito. Non ci voleva credere, ma River era lì, nella sua stanza, praticamente nudo e con un’aria troppo stanca.
Da quel momento in poi, è rimasto come sospeso in un limbo per due giorni. Non saprebbe dire con esattezza cosa abbia fatto e dove sia stato, troppo preso dai suoi pensieri per poterci badare, sa solo che Piccolo era sempre nei dintorni ma che non ha mai provato a parlargli. Gli ha fatto piacere la sua presenza, lo ha fatto sentire un po’ meno solo, e solo adesso, dopo quattro giorni insonni e di digiuno, ha deciso di tornarsene a casa sua.
Sua. Solo sua.
Lei non c’è più ad aspettarlo, non c’è più a trafficare ai fornelli e bestemmiare perché ha fame e la roba cuoce troppo lentamente.
«Hai presente tutte quelle persone che dicono che si rilassano a cucinare? Ecco, io no! Io se cucino è perché voglio mangiare subito e qui invece non cuoce un cazzo!»
È rimasto sulla porta per qualche minuto, stranito. Non gli era mai sembrato tanto gelido il suo appartamento, anzi era convinto che, tutto sommato, fosse pure un bel posto. Aveva la sua privacy, poteva starsene sdraiato sul letto per ore a rimuginare su tutto ciò che aveva fatto nella vita, sui suoi incubi, sul fatto di essere tornato in vita senza che nessuno avesse invocato quel drago magico, sul fatto che, alla fine, non gli avesse detto poi così male. Certo, qualcosa sembrava volerlo tenere incatenato sulla Terra, all’inizio contro la sua volontà, ma su questo ha sorvolato velocemente.
Non appena ha aperto la porta, invece, gli è sembrato che lì dentro fosse ancora più freddo che sul ghiacciaio, che le pareti volessero soffocarlo. Si è sentito a disagio, davvero, ma dove altro poteva andare? A leccarsi le ferite da Vegeta e a sentire le sue cattiverie perché si strugge per una donna che conosce da poco più di un mese? Da Chichi a sentire i suoi consigli inutili e i suoi discorsi smielati sull’amore? Da Piccolo che non ne sa un cazzo di quell’argomento e lo guarderebbe come se fosse scemo?
Avrebbe voluto che ci fosse suo fratello. Non che lui avrebbe potuto dargli dei consigli o simili, figurarsi, però gli sarebbe stato vicino e lo avrebbe aiutato a modo suo. Un po’ come gli altri, in fondo, ma sarebbe stato diverso col suo fratellino: lo ha perdonato dopo aver provato a rapire suo figlio perché, un anno dopo, lo ha difeso da Nappa, perché ha combattuto oltre ogni limite al suo fianco su Namek… lo ha perdonato e basta. Gli ha dato una seconda possibilità, senza pensarci troppo. A conti fatti, lo avrebbe anche lasciato andare durante il loro combattimento.
Sì, avrebbe voluto suo fratello in quel momento, ma suo fratello è morto.
È entrato con passo un poco indeciso e strascicato, dirigendosi stancamente verso il bagno. Aveva un bisogno disperatissimo di una doccia calda e poi di buttarsi a letto per una dormita rigenerante. In fondo ha perso, quel cane maledetto se l’è ripresa, tanto vale dormirci sopra e poi riprendere con la sua normale routine. Per quanto il suo sia un desiderio folle ed egoistico, una bella minaccia per il pianeta sarebbe proprio ideale adesso, lo distrarrebbe alla perfezione e, chissà, magari avrebbe modo di rivedere pure quella faccia da schiaffi di suo fratello. Certo, nel suo stato probabilmente ci lascerebbe la pelle, ma le Sfere esistono anche per porre rimedio ad inconvenienti del genere. Il cagnaccio però resterebbe morto… oh sì, resterebbe mortissimo!
Quando però è entrato in camera, ha sentito una tale fitta al cuore che si è trovato costretto a sorreggersi allo stipite.
Il letto è schifosamente vuoto, freddo… e per un istante lui l’ha rivista lì, in ginocchio sul materasso completamente nuda, la folta coda nera e bianca che ondeggiava lentamente alle sue spalle, un collare di cuoio nero attorno al collo pallido attaccato ad una catena d’acciaio che ondeggiava nella sua mano.
«Facciamo un gioco?»
Non l’avrebbe più vista così, non avrebbe più toccato la sua pelle, non l’avrebbe più stretta a sé e lei non lo avrebbe più baciato quasi con disperata riconoscenza dopo averla fatta venire.
Si è però costretto a buttare quei ricordi da una parte, il più lontano possibile, e si è trascinato stancamente sotto la doccia.
Adesso, mentre il getto caldo tenta disperatamente di fargli sciogliere un po’ i muscoli delle spalle, non può far altro che pensare e ripensare. Ci prova a tenere la mente lontana dall’argomento, ci prova a non pensare che ha rovinato tutto per una scemenza e che lei si è fatta consolare da un uomo che non ha fatto altro che tradirla per anni, ci prova a non pensare che non avrà più tutte le sue dolci attenzioni, che non scherzeranno più insieme e che i loro sforzi sono stati tutti vanificati in un secondo… ci prova, ma non ci riesce.

Perché non hai provato a fermarmi? Perché ti sei arresa e sei rimasta in silenzio? Perché mi hai lasciato solo? Sai che quando mi arrabbio sul serio non capisco più niente… dai, sai benissimo che non avrei mai voluto lasciarti davvero!
Avresti dovuto urlarmi di rimanere…
Ma sai cosa? Non ce l'ho veramente con te per questo. No, io ce l'ho con me stesso perché senza te intorno non riesco più a ragionare. Credevo che queste stronzate succedessero solo nei romanzetti rosa che di tanto in tanto ti ho visto leggere mentre mi aspettavi a casa, a quei bravi cavalieri dalle splendenti armature che perdono la testa per la bella e dolce principessa. Invece è successo anche a me, uno dei peggiori uomini in circolazione, un uomo che conquistava pianeti e commetteva atrocità innominabili senza pensarci… un Saiyan che ha perso la testa per una psicotica e violenta giovane donna che si trasforma nella versione gigante di Balto. Mi hai ridotto ad un fantoccio con i tuoi occhioni maledetti. Spero che tu ne sia felice, maledetta stronza!
Non lo trovi assurdo? In fondo da quanto ci conosciamo? Poco più di un mese, dannazione! Niente! E quanto siamo stati insieme? Spiegami come hai fatto in così poco tempo a ridurmi in questo stato. Spiegami perché non riesco a toglierti dalla mia mente neanche se m’impegno con tutto me stesso... e dimmi perché vale solo per me. La cosa peggiore, anche più di aver visto quel maledetto cane borioso nella tua stanza, è che non voglio far altro che tornare indietro, che tu torni ad essere mia. Ma non so come farlo! Con che faccia posso presentarmi da te, dopo averti ferita? Ti avevo detto che non lo avrei mai fatto…
Cosa devo fare per farti tornare da me? Possiamo riuscire a farlo funzionare di nuovo, credimi! Guarda quello stronzo di Vegeta e Bulma… guarda mio fratello che non c’è mai e Chichi che gli perdona tutto! Sono felici, loro! Hanno avuto una valanga di casini com’è normale che sia, ma sono felici! Guardali e dimmi perché per noi dovrebbe essere diverso.
Cercami. Cercami e guardami negli occhi, lascia che ti dica come stanno le cose, lasciami spiegare e lasciami riprovare.
Tu mi vuoi ancora. Lo so, ne sono sicuro perché, cazzo, so cosa ci è successo anche se te dici che è impossibile, lo so perché mi hai scelto tra tutta la tua gente! Per quanto questo mi spaventi a morte ed un poco mi scocci pure, sono pronto a rimettermi in gioco per te e a tentare il tutto per tutto. Torniamo indietro, riprendiamo da dove abbiamo interrotto. Se mi dai una possibilità, una sola, posso farlo nel modo giusto, credimi.

Sai cosa succederà, altrimenti? Che tu sceglierai di condividere la tua vita con quel bastardo che non farà altro che tradirti, io continuerò a saltare di letto in letto e, alla fine, rimpiangeremo per sempre ciò che non ci siamo detti.
Si friziona con foga i capelli e poi li lega in una coda bassa. Guardandosi allo specchio nota delle occhiaie mostruose, ma prima di andarsene a letto è necessaria una capatina in cucina per un po’ di acqua fresca e qualcosa da mettere al volo sotto ai denti.
Si fissa un asciugamano in vita e, sempre con passo svogliato e strascicato, si dirige verso la cucina. C’erano ancora dei piatti nel lavello, li aveva lasciati per farla innervosire e invece adesso faranno innervosire solo lui.
«Ciao!»
«CAZZO!»
Salta come un gatto, rigirandosi fulmineo verso quella voce allegra e terribilmente familiare. Gli occhi si sgranano all’inverosimile quando abbracciano la figura di Mordecai, seduto a gambe incrociate sull’isola della cucina, un grosso bicchiere di carta giallo e azzurro in mano ed una cannuccia rossa stretta tra le labbra tese in un sorriso. Lo guarda con aria divertita ed infantile e Radish davvero non può fare a meno di domandarsi come abbia fatto ad entrare senza farsi sentire e anche come mai non si sia reso conto della sua presenza. Mi stai fottendo il cervello, Sherry…
Si sforza con tutto sé stesso di ritrovare la solita spacconeria e, dopo essersi fissato maggiormente l’asciugamano sui fianchi, lo avvicina a grandi falcate con cipiglio alterato.
«Che cosa ci fai qui?!»
«Bevo il mio milkshake.» Ovvio, palese. Perché glielo ha chiesto?
Radish lo guarda con aria spersa per qualche istante, domandandosi pure se sappia o meno cosa sia successo tra lui e la sua amica, ma decide di pensare prima di tutto alle cose importanti: perché è lì?!
«Sì, questo lo vedo ma-» Il suono fastidiosissimo della cannuccia che raschia in fondo al bicchiere in cerca di altro liquido lo interrompe duramente, facendogli stringere i pugni fino a far sbiancare le nocche. Quando finalmente quel suono sgradevole cessa, la sua espressione cambia di colpo, divenendo indecifrabile. Pure lui non sa bene cosa provare di fronte a quel faccino falsamente innocente.
«Hai finito?»
«Adesso sì.» Getta con noncuranza il bicchiere vuoto nel lavandino alle proprie spalle, facendo così saltare il coperchio e schizzando le varie superfici di goccioline giallognole.
Radish guarda quello schifo, poi Mordecai, poi di nuovo lo schifo e poi di nuovo Mordecai. Non sa cosa dire, davvero. Si poteva aspettare di tutto ma non certo che lui gli si presentasse in casa.
«Sono così stanco che non riesco neanche ad insultarti.» Sbuffa mentre si massaggia le tempie, trascinando i piedi sul pavimento mentre si dirige verso il frigorifero per prendersi un sorso di acqua gelata. Il cibo dovrà aspettare che quello schizzato se ne vada, sennò impiegherebbe troppi secondi in più a cercarlo e, lo sa, ci metterebbe pure le sue zampacce.
«La banana è il mio gusto preferito!»
Lo guarda ancora, Radish, domandandosi se c’è o ci fa.
Ha visto un numero incredibile di razze diverse nella sua vita, ha conosciuto un’infinità di creature e mai nessuna, neanche una, gli trasmetteva le sue strane vibrazioni. Sensazioni confuse, tra il panico e l’allegria più brillante, un miscuglio che lo lascia senza parole.
«Ti ho portato un regalo di benvenuto nel branco!» Esclama il più giovane, accennando con un sorriso al pacchetto mal incartato che ha lasciato sul divano. È più che consapevole che un gesto simile lo porterà al linciaggio generale, ma è sicuro di poter contare sulle sue lacrime di coccodrillo, sulla protezione di tutte le ragazze che lo venerano neanche fosse la personificazione del Dio dell’amore e del sesso e, soprattutto, su quella di Fern. La sua Mammazzilla disposta a massacrare di calci nel culo chiunque pensi di torcergli un capello perché lui, spinto da un bizzarro senso di altruismo, ha deciso di ficcare il naso dove proprio non avrebbe mai dovuto ficcarlo.
«Non faccio parte del branco. Ora sparisci.» Prende la bottiglietta dell’acqua e se ne va di nuovo in camera sua, deciso non solo ad ignorare la sua presenza ma soprattutto a dormire fino all’indomani mattina.
«Certo che ne fai parte!» Il lupo non demorde, non è nelle sue corde. Salta giù dall’isola e trotta verso la porta chiusa a chiave e per qualche secondo la fissa domandandosi se davvero il Saiyan pensa che questo possa fermarlo.
Si inginocchia e, con l’ausilio dei suoi attrezzi da scassinatore e senza alcuna difficoltà, fa di nuovo aprire la serratura. Si ritrova così con gli occhi dell’uomo che lo fissano quasi volesse incenerirlo con la forza dello sguardo e rimane immobile, non sbattendo le palpebre manco per sbaglio mentre continua a fissarlo tra l’annoiato e il canzonatorio.
Molla la presa, Radish, decisamente poco propenso ai suoi giochetti. Così, con la voglia di piangersi l’anima dal corpo per il fastidio creato dalla presenza dello Spettro in un momento del genere, ributta la testa sul cuscino. Ma, purtroppo per lui, il peggio deve ancora arrivare, Mordecai non ha scalfito neanche la superficie, ma comincia volentieri a farlo quando rompe l’atmosfera artica della stanza con un ignorantissimo: «Ti ho finito la birra, ricomprala.»
Lo guarda con un sorrisetto infantile che gli si apre sul volto, soddisfatto dalla consapevolezza di aver attirato di nuovo la sua attenzione come un bambino capriccioso.
Sospira forte, Radish, poco avvezzo sia a queste scemenze che ai bambini, e con l’omicidio negli occhi allunga una mano verso il comodino, il lupo che lo osserva come i piccioni fissano la donna delle briciole, e con una precisione impressionante gli lancia addosso la fredda bottiglietta dell’acqua.
Ma Mordecai è un tipo attento, è veloce, e non gli ci vuole niente per schivare il colpo e far sì che l’oggetto si schianti alle sue spalle, praticamente esplodendo e bagnando tutto quanto.
«Tieni, apri il mio regalo!» Glielo lancia addosso, come farebbe con i suoi fratelli. Beh, con i suoi fratelli si lancia principalmente insulti, coltelli e oggetti incandescenti, ma c’è sempre lo stesso affetto dietro.
Radish, però, non muove un muscolo per afferrarlo e se lo lascia cadere sull’addome, decisissimo ad ignorarlo. In realtà è curioso da morire di vedere cosa Diavolo possa aver escogitato quell’esagitato che adesso fruga tra la sua roba in cerca di qualcosa da fregargli, ma non vuole dargli soddisfazioni. In fondo si è intrufolato in casa sua, in qualche modo deve pur pagargliela.
Però poi arriva, micidiale un po’ come la sua bottiglietta un minuto prima, l’assurda consapevolezza che la presenza dell’esuberante Spettro lo sta distraendo dal proprio dolore. Gli verrebbe da strapparsi la faccia e ridurla in coriandoli, adesso, perché proprio non vorrebbe essergli grato di un bel niente, ma non può negare che sia bello riuscire a respirare senza avere la sensazione di inalare del fumo tossico e gelido ad ogni respiro.
«Si può sapere che sei venuto a fare?»
«Mi pare ovvio: ti ho portato il regalo.» Non lo guarda neanche, troppo preso ad osserva la sua giacca di pelle nera. Ne ha una anche lui. Anzi, no: ne aveva una anche lui, ma Dio solo sa da chi l’ha lasciata. Dovrebbe rifare un impegnativo giro di letti per ritrovarla ed ora non è esattamente dell’umore adatto.
«Sai che non stiamo più insieme, vero?» Borbotta Radish, faticando come non mai nell’ammetterlo ad alta voce. Rende tutto davvero troppo reale.
«Cazzo, siete due bambini!» Sbotta ridacchiando il lupo, gli occhioni brillanti che si posano sulla sua figura. Non ha paura di lui, neanche un po’. In realtà Mordecai ha sempre avuto una percezione tanto ampia e forse distorta delle cose da non riuscire mai a spaventarsi davvero di qualcosa. Lo turba Jäger, certo, ma non lo spaventa particolarmente. Tutt’al più lo fa incazzare, ecco.
«Se tutti si piantassero come voi solo per una minuscola lite del cazzo, allora sarebbe inutile cominciare un qualsiasi tipo di relazione. Non trovi?»
Mordecai sa essere odioso in un modo intollerabile, a volte. E lo fa in modo totalmente inconsapevole, perché ha la maledetta capacità di metterti davanti a delle scomode verità che tu cercavi disperatamente di ignorare.
Ha ragione. Vaffanculo, questo Labradoodle ha ragione! 
«Sarà come dici tu.» Biascica in risposta, gli occhi neri puntati con insistenza sul soffitto quasi vi fosse impressa la verità sull’origine di tutto il creato. Non lo vuole guardare, non vuole vedere quegli occhi caramello che lo fissano con aria divertita e strafottente, sarebbe troppo per il suo orgoglio ferito.
«Sempre.» Ovvio, palese. Perché la gente continua a dubitare di lui? «Dai, infilati qualcosa e andiamo a fare un giro. Ti voglio dire una cosa che proprio non dovrei dirti. Per me è troppo un rischio stare qui: è bene portare il culo all’Alibi!»
«Sparisci.» Prende il cuscino accanto alla sua testa, il suo cuscino, e se lo preme in faccia. Fingersi morto con gli Spettri è inutile, sentirebbero il tuo cuore che continua a battere malgrado la più totale immobilità, quindi tanto vale uccidersi sul serio.
«E dai zio, vieni. Che ti costa?» Lo afferra per un piede e tira, gli occhi accesi dall’entusiasmo. Se fosse su quattro zampe, starebbe scodinzolando così forte da creare un tornado e, probabilmente, gli avrebbe staccato il piede nel tirarlo per farlo scendere. È sempre stato un poco irruente, Mordecai.
«Ho sonno.»
«Dormirai da morto.» La cosa sconcertante, alla fine, è che per quanto sia evidentemente un pazzoide, sa darti delle risposte secche maledettamente giuste anche quando vuole solo giocare… e ti ci mette pure nel sacco, ti ci fa involontariamente riflettere per qualche istante.
Radish però, malgrado tutto il suo essere gli urli disperatamente di seguire quello schizzato e di farsi dire quella scomoda verità, non vuole muovere il suo bel fondoschiena dal letto. Vuole dormire, vuole ricaricarsi un po’ prima di ricominciare a macinare idee su idee per come riprendersi la sua donna e sbalzare definitivamente quel sacco di pulci psudo-albino lontano dai piedi, il tutto senza rimetterci la faccia e farle pensare che sia stata unicamente lei a pregare di farlo.
«Vabbè, fa’ come credi. Di certo non sarò io a rimetterci.» Cinguetta allegro mentre, dopo essersi infilato gli occhiali da sole, s’incammina verso la porta. Non è affatto turbato dal suo rifiuto, se lo aspettava alla grande.
Non appena Radish sente la porta sbattere e l’aura del cane rognoso allontanarsi da lì, prende con mano incerta il pacchetto incartato alla meno peggio e lo apre. Non è sicuro del perché lo stia facendo, sa bene che potrebbe essere quanto di più controproducente si possa mai immaginare, ma non è riuscito a trattenersi.
L’ha incartato alla rovescia, quel demente. E Radish è stato così demente da non rendersi conto di averlo aperto in modo sbagliato, fissando così per qualche istante il retro di una cornice. Una cornice fatta evidentemente a mano con pezzi di legno grezzo che, e questo gli duole davvero ammetterlo, non gli sembra niente male. Chi l’avrebbe mai detto che il Labradoodle avesse talento?
Rigirandosi l’oggetto tra le mani, vede che sul vetro è stato attaccato con un pezzetto di scotch un foglietto. La dedica non è semplicissima da decifrare a causa della calligrafia indecente, neanche l’avesse scritta con la sinistra - la destra, nel suo caso - mentre era sbronzo, ma alla fine ci riesce:

NON LEGGERE LA PROSSIMA FRASE!
DAVVERO, È UN CASINO FOTTUTO!
SMETTILA!


Sei un ribelle. Mi piaci! ♡

Sì, Mordecai ha problemi. Problemi grandissimi, diagnosticatili e incurabili, ma è allegro, fa ridere. Non si fa problemi di alcun genere, fa tutto quello che può rendere felice gli altri e, soprattutto, sé stesso. Fargli un regalo lo avrebbe reso felice, per questo lo ha fatto. Forse avrebbe reso un poco felice anche il Saiyan, quindi tanto meglio.
Adesso, dopo aver decifrato quelle parole, Radish si abbandona ad un lieve sorrisetto appena percettibile. Forse, ma proprio forse, Mordecai potrebbe andargli a genio.
Peccato solo che poi decide di sollevare quel biglietto.
Una semplice fotografia che gli fa un male incredibile. Sa anche quando è stata scattata e da chi. Il cuore gli si stringe di nuovo, le budella si aggrovigliano e la sensazione di essere pugnalato dritto allo stomaco diventa insopportabile.
Le fiammelle di venticinque candeline rosa illuminano i loro volti, lei gli stringe un braccio attorno al collo mentre gli sorride. E pure lui sorride, seminascosto dietro al suo volto. Le sue braccia spariscono sotto al tavolo, le stringono i fianchi mentre sta seduta sulle sue gambe. Erano così felici in quel momento. Gli sembra passata una vita… e gli sembra di sentire ancora il suo profumo nelle narici.
Radish è sempre stato un uomo orgoglioso e da una risolutezza di ferro, capacissimo di togliersi senza particolare sforzo da situazioni pericolose e letali, ma adesso, divorato dalla curiosità, vacilla pericolosamente. È ferito e vuole rimanere in quello stato di autocommiserazione, odio e rabbia ancora per un po’. Ma la verità è che non ci riesce perché la curiosità di sapere cosa Diavolo abbia da dirgli quella bestiaccia logorroica se lo sta divorando ferocemente. Quindi, da Saiyan orgoglioso e con una risolutezza di ferro, si lascia trascinare malamente e al Diavolo tutto quanto.
Si veste così velocemente da non essere neanche sicuro di essersi messo le mutande e si lancia fuori dalla finestra per rintracciarlo, rendendosi conto che no, non è andato da nessuna parte: se ne sta tutto tranquillo ad aspettarlo davanti al palazzo.
Quando poi lo vede, nota che si sta fumando in tutta calma una sigaretta mentre rimane poggiato sul cofano di una bella auto da corsa di un brillantissimo arancione e dalla silhouette elegante e aggressiva col tettuccio aperto.
Lo sta fissando, quel cane maledetto, e ghigna con aria insopportabilmente vittoriosa.
«Sei più lento di una donna a cambiarti!» Gli urla divertito mentre si avvicina alla portiera per montare, senza neanche aspettare una sua risposta. Sapeva benissimo che lo avrebbe raggiunto, il battito del suo cuore parlava per lui.
«Forza, sali!»
Radish non vorrebbe. Davvero, vorrebbe sfasciare quella magnifica auto indubbiamente rubata con un pugno, insultarlo malamente, tornarsene in casa e buttarsi a pesce nel letto. Invece apre la portiera e si siede sul sedile di pelle nera.
Non fa in tempo a dire una parola che il motore ruggisce furiosamente quando viene messo in moto e, non appena Mordecai fa retromarcia per uscire dal parcheggio improvvisato, sente il lamento acuto di qualcuno che è stato preso in pieno col paraurti.
«E LEVATI DAL CAZZO!»
Non ci crede, Radish. Davvero non ci crede che abbia pure avuto il coraggio di incazzarsi dopo averlo preso in pieno. Non ci crede e per questo si lascia andare ad una risata strozzata, per poi abbandonarsi sul sedile.
In che casino mi sono messo?!
«Allora, cosa mi dovevi dire?» Via il dente via il dolore, così dicono. Ma Mordecai è come un parassita che ti mangia piano piano, che ti consuma e solo una volta raggiunto il punto desiderato ti dà il colpo finale. Un piccolo, enorme sadico con il sorriso luminoso ed ingenuo di un bambino.
«Te lo dico dopo. Goditi il momento!»
Non è mai stato un tipo che si gode particolarmente il momento, Radish. È cresciuto in mezzo ai guerrieri, ha combattuto battaglie incredibili sin da bambino, ha razziato e distrutto… poi ha cominciato a combattere contro enormi minacce per il pianeta e a frequentare persone che mai avrebbe pensato di frequentare fino a sei anni prima. In tutto quel tempo, comunque, non si è mai goduto il momento, troppo preso a rimuginare sul fatto che è nato guerriero di infimo livello, che è stato riportato in vita da un perfetto nessuno senza un motivo e, infine, che non è all’altezza né di suo fratello né di quell’altezzoso di Vegeta.
Non si è mai abbandonato sul sedile di un’auto rubata con il vento che gli scompigliava i capelli, non ha mai ascoltato distrattamente canzoni pop che tutto sommato potrebbero pure piacergli, non si è mai lasciato quasi rapire da uno psicotipatico che guida come una scimmia lobotomizzata.
Tutto sommato, però, deve ammettere che non è poi troppo male.
Lascia vagare distrattamente lo sguardo su tutte le persone che sorpassano, ride quando sente gli altri automobilisti suonare disperatamente il clacson mentre li insultano per aver bucato lo stop o il semaforo rosso e sente un discretissimo fastidio nel vedere le coppiette felici che passeggiano mano nella mano. Non che lui lo facesse, con Sherry, ma la loro felicità da innamorati è intollerabile.
Mordecai pare capirlo al volo e per questo molla il volante dopo avergli dato una veloce pacca sulla spalla. Ignora il suo insulto colorito mentre si allunga col busto sui minuscoli sedili posteriori per afferrare un barattolo di vernice azzurra che apre usando i micidiali artigli.
«Sta’ a vedere!» Urla pieno di entusiasmo prima di lanciare la micidiale arma sui passanti, inondandoli di azzurro. Spera con tutto sé stesso che prendano il numero di targa e s’incazzino col povero disgraziato che, essendo in vacanza, non ha idea di non avere più la macchina. Un’adorabile birba, il dolce Mordy.
Radish ride della sua bravata, lo guarda mentre si ricompone e si pulisce le dita su una maglietta abbandonata sul sedile posteriore. Dandoci una velocissima occhiata, si accorge che ci ha seminato di tutto, incluse un paio di pistole e due piedi di porco. Il dubbio, adesso, gli sorge spontaneo.
«Dove stiamo andando?»
«All’Alibi.» Ovvio, palese. Perché chiederlo? Lui verso quell’ora va sempre all’Alibi, se è nei pressi della città. Ultimamente succede sempre più spesso e la sua Tatiana ne è entusiasta: con lui e gli altri tre schizzati nei dintorni, gli avventori del bar si astengono dal fare casini, consapevoli della loro incredibile forza, della loro resistenza e del fatto che tendano ad esplodere per un niente di fatto.
Radish decide saggiamente di non indagare oltre. Che voglia andare a rapinare quel posto o voglia fare una qualsiasi altra cosa gli è completamente indifferente. Per quanto difficile da ammettere con sé stesso, gli basta rimanere in sua compagnia perché lo sta facendo sorprendentemente respirare.
«Perché hai decapitato un panda?» Domanda dopo aver notato gli orrendi tatuaggi sul braccio destro. Sembrano un qualcosa disegnato da un bambino di quattro anni tanto sono brutti.
«Perché è la creatura più odiosa del creato. Davvero, è un povero coglione che sta provando in tutti i modi ad estinguersi, ma la razza umana glielo sta impedendo. Se non fosse per il semplice fatto che tentando di salvare loro l’uomo sta involontariamente salvando parte dell’ambiente e tante altre specie delle quali non gliene fotte una sega, li aiuterei volentieri a morire dolorosamente.»
«Non ti facevo ambientalista.» Questo è l’unico commento che esce dalle labbra del Saiyan, incapace di capire davvero la persona che ha di fianco. Se un secondo gli pare un pazzo schizofrenico, l’attimo dopo riesce a dargli l’idea di essere sì un pazzo schizofrenico, ma anche piuttosto intelligente, sicuramente furbo e quasi profondo. 
«Mi interessano gli animali e ci tengo a non far cadere in merda il pianeta in cui vivo. È tanto assurdo?» La sincerità con la quale butta lì le proprie risposte, per Radish, è incredibile. Non ha mai conosciuto nessuno così e, per un istante, pensa con dolore che gli sarebbe piaciuto che anche Sherry fosse così sincera e schietta con lui.
«E quello sgorbio, invece?» Domanda dopo un paio di secondi, alludendo all’altra cosa che si è disegnato in modo permanente sulla pelle.
«Quello è un bradipo.»
«Avrei detto tante cose, ma certo non un bradipo.» Gli scappa un lieve sorriso e, dopo aver pensato per un paio di secondi se la risposta poteva interessargli o meno, si lascia andare «E perché ha una spada conficcata in testa?»
«Perché mi fanno incazzare, oltre che schifo.» Ovvio, palese, c’è anche da chiederlo? «Tralasciando il fatto che quando sono bagnati sono il peggiore degli incubi mai concepiti nella storia dell’Universo, hai idea di quanto sono stronzi? Una volta ero uscito con una ragazza, avevo dodici anni e lo ricordo bene perché un’ora dopo ho inzuppato per la prima volta, e vidi questo piccolo stronzo passare in tutta calma sulla testa di un’anaconda come se fosse una cagata qualsiasi. Il biscione poi non l’ha neppure mangiato! È rimasto di sasso e come me lo fissava senza capire se il suo fosse coraggio, menefreghismo o se fosse semplicemente un coglione… ma una cosa è certa: quella bestia fa schifo, tanto che io non ho il coraggio di mangiarmelo.»
«Cos’è questo affare?» Non riesce quasi a parlare per quanto ride, gli fanno male gli addominali e i muscoli facciali e la testa pare essere sul punto di scoppiare da un momento all’altro, ma non gli importa. La sua voce allegra e i suoi discorsi assurdi lo divertono troppo per smettere, motivo per cui ha chiesto spiegazioni anche sulla piccola ampolla che ha attaccato allo specchietto retrovisore, dentro alla quale c’è un piccolo insettino.
«Questa merdina è il nemico naturale della specie umana fin dai suoi albori… è tipo una collega della zanzara, quella grandissima putt-» Troppo preso dalle proprie offese contro la piccola cimice dei letti, non si era davvero accorto del passante che camminava beato sulle strisce pedonali mentre lui curvava, picchiandolo in pieno con lo specchietto. Volta di scatto la testa e lo guarda mentre gli urla dietro e lo insulta, facendo semplicemente spallucce: «Ops… beh, non avevo mai detto che lo facevo passare.»
Tiene le mani sul volto nel tentativo di frenare le risate e, un poco, per evitare che la calotta cranica esploda come un petardo. È sfinito, davvero, ma non trova un vero motivo per cui dovrebbe allontanare il mentecatto al suo fianco.
«Per curiosità, qual era il tuo regalo? Sempre ammesso che non fosse quello di fine serata perché, ehi, bella cagata.» Ecco, magari un motivo adesso potrebbe anche averlo trovato.
«Cos’è questa ossessione per i regali?»
«A chi non piacciono? Inoltre sono molto curioso per natura, quindi… qual era?»
Non vorrebbe dirglielo, davvero. Si vergognava come un cane solo all’idea di esporlo a lei, temendo un suo sonoro e doloroso rifiuto. Per qualche ragione che però non capisce assolutamente, trovandosi costretto ad imputare la colpa a quel sorriso infantile e quegli occhi brillanti e schifosamente sinceri, glielo rivela: «Volevo chiederle di venire a vivere con me.»
«Cosa?!»
Sbandano pericolosamente, le altre macchine fanno tutto ciò che possono per evitarli, e Radish si allunga di scatto sul volante momentaneamente abbandonato. Potesse prenderebbe pure possesso dei pedali, dal momento che Mordecai pare essere totalmente all’oscuro della presenza del freno.
«Tieni gli occhi sulla strada, idiota!»
Ci vogliono una decina di secondi di puro silenzio ricolmo di disagio prima che il lupo si decida a riprendere la parola. Ha analizzato le sue parole così a lungo non perché la trovi una cattiva idea in sé, ma perché non riusciva ad immaginarsi nei suoi panni. La sua relazione più lunga è stata a tredici anni con Sherry, dopo tutto, e non è durata più di qualche mese… la convivenza non l’ha neanche mai presa in considerazione.
«Stai dicendo sul serio?»
«Perché no?»
«La conosci soltanto da un mese! Io ho un vecchio cartone di uova, nel mio frigo, che conosco da molto più tempo!»
«Vuoi dire che avrei commesso un errore?»
Sospira forte, Mordecai, gli occhi che saettano da una parte all’altra. Sta cercando qualcosa di interessante, qualcosa che li possa intrattenere per un po’, ma la situazione attorno a loro è incredibilmente piatta.
«Non necessariamente, no… però voglio sicuramente dire che sei svitato tanto quanto noi!»
Sorride, Radish, dovendo ammettere che sì, con la testa ormai non ci sta più di tanto… e sa benissimo anche a chi dare la colpa del suo incredibile cambiamento!
«Tu l’hai mai fatto?» Gli domanda con un poco di timidezza, non essendo avvezzo a certi discorsi. In fondo loro due hanno avuto stili di vita totalmente differenti, è normale che reagiscano in modi tanto diversi: uno conquistava pianeti, non aveva una famiglia e passava tutto il suo tempo con due individui che lo disprezzavano e che lui disprezzava a sua volta; l’altro, pur essendo rimasto orfano che aveva tre anni, si è ritrovato con tre fratelli che lo adorano e che adora, con una donna umana che li ha cresciuti con amore come se fossero figli suoi, circondato da amici, divertimento, lotte e donne. Due esistenze totalmente opposte che, malgrado tutto, possono incontrarsi e funzionare.
«Convivere, intendi? Oh, no. La monogamia non fa per me, mi annoio troppo facilmente, ho un bisogno costante di nuovi stimoli. Grazie a Dio questo non comprende anche le amicizie, sennò sarei solo come un cane! Comunque non per questo non sarebbe dovuta andare bene a voi.» È una macchinetta quando parla e nessun argomento lo mette mai a disagio, Radish si sente quasi stordito di tanto in tanto.
«Sai… quando gli Spettri decidono davvero di condividere la vita con qualcuno, che sia questo uno Spettro, un essere umano, una mucca o una forchetta… lo fanno sul serio. E per sempre.»
«Fiocco di Neve la tradiva sempre, no? Da quel che ho capito, poi, anche suo padre ha avuto altri bastardi negli anni, pur essendo sposato.»
«I Re spesso fanno ciò che ritengono più opportuno, soprattutto se questo implica diffondere i propri geni. Mezcal era un grandissimo stronzo, ha fatto fuori tutti i suoi bastardi non appena sono venuti al mondo perché non erano abbastanza per lui. Greywind e sua moglie, invece, stanno insieme da non so quanto tempo, ma non si sono mai amati: lei voleva essere Regina, lui voleva i figli che lei avrebbe potuto dargli. Hanno sancito un’unione basata sul rispetto reciproco e nel frattempo ognuno si è fatto gli affari propri. Lei ha una relazione stabile da circa vent’anni anni con un suo grande amico… li ha presentati lui, consapevole che si sarebbero piaciuti. Pure River, probabilmente, avrebbe smesso di fare lo stronzo se lei avesse accettato di farsi mordere… Dio solo sa quante volte glielo ha proposto. Per fartela breve, comunque: ognuno fa ciò che ritiene migliore per sé e se tu sei convinto che per voi sarebbe stato un bene convivere… beh, perché no?»
Lo guarda sbalordito. Per quanto si stia sforzando - aumentandosi pure il mal di testa - non riesce ad inquadrarlo. Un attimo prima gli dà una determinata impressione, quello dopo tutt’altra. Pare inoltre essere ben consapevole di ciò che lo circonda, pare avere una vasta rete di amicizie e conoscenze varie, e pare pure essere in qualche modo ambivalente per quanto riguarda questioni delicate che espone con la massima calma.
No, non riesce proprio a capirlo.
«Tu parli troppo.»
«Ahhh! Non ne hai idea!» Gira il volante e schiaccia il freno, dando prova di sapere della sua esistenza ma di usarlo malissimo dal momento che inchiodano davanti ad un parchimetro.
Vorrebbe strozzarlo, adesso. Vorrebbe strozzarlo con la coda e, al tempo stesso, fargli ingoiare il volante per fargli capire che no!, non si guida così. Ma, alla fine, a cosa servirebbe? Se ha capito una cosa, è che la maggior parte delle parole gli entrano da un orecchio e gli escono dall’altro alla stessa velocità. Se deve imporsi su di lui, o almeno provarci, è meglio che sia per qualcosa di serio.
«Eccoci arrivati: in questa bettola fanno le donuts migliori del mondo!»
L’Alibi è uno squallido locale di periferia dove gli arredi sono quasi fatiscenti e non c’è nessun servizio al tavolo, ma dove la birra è incredibilmente buona malgrado sia decisamente molto economica. Pure i clienti abituali, in genere, non sono proprio il tipo di persona che vorresti seduta al tuo fianco sull’autobus, sia per l’aspetto truce e trasandato sia per il forte odore di alcol e sudore che emana la loro pelle. Però, tutto sommato, non è male stare lì dentro: per quanto l’odore non sia dei migliori, si può comunque respirare un’aria familiare, tutti si conoscono e scherzano tra loro, i proprietari interagiscono animatamente con tutti e danno consigli e aiuti quando possono, e i Quattro sono sempre stati i benvenuti sin da quando non avevano decisamente l’età per bere.
Radish si sente a proprio agio lì dentro, nessuno lo fissa come se fosse un fenomeno da baraccone per via dei muscoli troppo sviluppati e dei capelli eccessivamente lunghi. L’unica persona che gli ha rivolto uno sguardo incuriosito è la tracagnotta co-proprietaria del locale, che saluta il ragazzo al suo fianco allargando le braccia come se volesse abbracciarlo.
«Tatiana, luce dei miei occhi!»
«Mordecai, bellissimo Don Giovanni da strapazzo! Puntuale come sempre: le donuts sono quasi pronte.» Sorride di nuovo ad entrambi e posa con forza due boccali di birra sul bancone pieno di incisioni più o meno volgari, bevute che erano destinate ad altri clienti che però non hanno avuto niente da dire a riguardo. Tutti quelli che bazzicano spesso per l’Alibi sanno che è bene non togliere mai niente dalle zampacce di Mordecai: potrebbe spaccarti una sedia sulla schiena alla stessa velocità con la quale sputerebbe per terra.
«Un bel carico, siamo in due oggi.» Si scola una lunga sorsata di birra tutto in un fiato sotto lo sguardo attento del Saiyan, che però non fa in tempo a parlare che il lupo riprende: «E due bottiglie di tequila, così scendono meglio.»
«Ma quanto Diavolo bevi?!»
«C’è chi lo chiama alcolismo… io lo chiamo crossfit per il fegato!»  Se solo ripensa a tutte le sfuriate di Fern, quasi gli viene da poggiare la birra e dire a Tatiana di lasciar stare la tequila. Quasi. Perché per quanto Fern sia stata brava nel tirarli su e nel frenarli, lui è sempre stato un gradino sopra agli altri in quanto ad esuberanza e non ha mai davvero capito che doveva lasciar stare tutta quella robaccia. Ricorda ancora bene quando, a quindici anni, festeggiarono un capodanno decisamente assurdo dove alla fine piangevano alcol tanto ne avevano in corpo. Mentre Fern ballava in salotto con il compagno del tempo - uno dei pochi che non hanno odiato e fatto scappare a gambe levate -, loro facevano baldoria fuori casa, tra canne, alcolici vari e fuochi d’artificio sia rubati che artigianali. Lui era ridotto in uno stato davvero imbarazzante, roba che aveva attaccato briga anche con un albero che, secondo la sua versione dei fatti, li stava importunando con barzellette oscene per poi collassare sul pavimento del capanno tipo in coma etilico. La mattina dopo rimasero tutti sbalorditi nel vederlo fare colazione con latte e cognac come se niente fosse mai successo. Avevano fatto le spie, però, e Fern cominciò a sbatacchiare tra loro i coperchi delle pentole vicino alla sua testa per fargli capire che no, non doveva bere così tanto. Per l’insopportabile dolore alla testa vomitò pure i reni e poi, con una calma disarmante, si piazzò davanti alla TV a guardare violentissimi film di sgozzamenti.
Radish, che proprio non ha voglia di dirgli che la sua non è una motivazione valida per spaccarsi di alcol, lascia vagare pigramente lo sguardo per il locale. Si domanda se cominciando a bazzicare da quelle parti avrà la possibilità di incontrarla casualmente, ma poi si ricorda del suo olfatto. La dura consapevolezza che non potrà mai far passare un loro incontro come un qualcosa di totalmente casuale lo urta all’inverosimile, ma per sua fortuna questa fastidiosa sensazione dura poco dal momento che i suoi occhi non possono fare a meno di notare un enorme pene gocciolante finemente inciso vicino alla porta d’ingresso. Si domanda per un istante come abbia fatto a non notarlo subito, ma pensa bene che sia meglio chiedere perché sia lì. E sa pure a chi chiederlo: «Opera vostra?»
«Mh? Ah, sì. Dopo aver sbiellato le gengive ad un povero testa di cazzo, io e Maddy abbiamo deciso di fare un disegno. In realtà io l’ho deciso, Maddy mi ha convinto a non farci anche una bocca di fianco.»
Non è per niente sorpreso. Ma proprio zero. Tutt’al più è un poco dispiaciuto per non aver potuto partecipare a quella che, se lo immagina benissimo, deve essere stata una serata interessante.
«Stasera posso venire con te al Neon? Ti aiuto a tirare su un po’ di grana!» Sbotta Mordecai, gli occhi accesi da sin troppo entusiasmo.
Per il Saiyan è un’offerta assai allettante, deve ammetterlo. Non si diverte mai durante quegli squallidi incontri nella gabbia, battersi con questo scalmanato dovrebbe essere un minimo divertente dal momento che, per quanto possa spezzargli le ossa a furia di pugni, non si farebbe certo tirare giù. Beh, non fin quando non troverà qualcos’altro da fare per lui più divertente, ovviamente.
Ma per quanto vorrebbe dirgli che sì, può anche accompagnarlo, è costretto a declinare la sua offerta, notando con un certo divertimento che ha messo su un broncio degno di un bambino alla quale sono state negate le caramelle.
«Perché?»
«C’è la Luna Piena.»
«E allora? Ahhh, già. Sei una scimmia mannara. Pazzesco eh, voi lo trasmettete geneticamente e non col morso, al contrario di quella feccia malata… siete strani!»
«Ah, noi siamo strani?!»
Si guardano per un paio di secondi negli occhi e poi si lasciano andare ad una risata. Mordecai lo trova simpatico, gli piace e lo ha scelto come maschio dominante all’interno del branco ed è quindi ben disposto a seguirlo e a sottostare - più o meno - ai suoi ordini. Radish, seppur si sorprenda da solo nel pensarlo, lo trova interessante, lo aiuta a non pensare e riesce a farlo sorridere anche in un momento in cui vorrebbe solo stare isolato dal mondo a piangersi addosso per essere riuscito a perdere tutto in un secondo.
«Perché non mi racconti un po’ di Giannamaria mentre aspettiamo? Sai, Sherry ha schermato buona parte dei ricordi che ti riguardano, così da non farci ficcare il naso nel tuo passato.»
«Di chi?!» Ignora deliberatamente la seconda informazione, che dentro non solo lo sta facendo vacillare pericolosamente, ma lo sta pure straziando. Non aveva mai preso in considerazione che anche loro avrebbero potuto vedere tutto ciò che lo riguarda, tanto meno aveva mai preso in considerazione che lei lo avrebbe difeso dai loro sguardi invadenti.
«Giannamaria!» Ovvio, palese. Perché non riesce a capire a chi si riferisce? È così evidente.
«Dovrei sapere di chi stai parlando?»
«Ma sì dai, il tizio basso con le corna, il rossetto viola e il pisello che gli esce dalla spina dorsale!»
Ride. Ride come non credeva di poter ridere con qualcuno all’infuori di Sherry.
Questo Spettro è fuori di testa come nessuno, riuscirebbe a togliersi dai casini solo grazie alla sua linguaccia e, davvero, Radish adesso vorrebbe solo correre da Sherry per dirgli che ha trovato un amico e che lei è stata una stronza a non averglielo presentato prima. Vorrebbe anche correre nell’aldilà con quell’esuberante bestia per farlo conoscere a suo fratello. Secondo lui si divertirebbero un sacco tutti assieme, anche perché il suo caro fratellino probabilmente non riuscirebbe a seguire tutti i suoi deliri e finirebbe con l’essere preso brutalmente ed inconsapevolmente in giro.
«Si chiamava Freezer e quella era una coda.» Ammette dopo essere riuscito a calmarsi, decidendo che sì, anche lui può concedersi una birra adesso. Non c’è niente di male a bere con un amico, no?
«Tsk, lo dici te.» Radish potrebbe anche portarlo al cospetto di Freezer e Re Cold e farsi aiutare da entrambi a spiegargli che quella è una dannatissima coda, non lo scrollerebbero mai dalla sua ferrea convinzione.
«Secondo me, comunque, era un demente. Diciamolo, eri deboluccio, invece di metterti a combattere avrebbe dovuto metterti all’ufficio vendite: con la tua abilità nel fottere la gente a parole avresti potuto spillare un sacco di soldi all'acquirente planetario di turno!» Radish non riesce neanche ad arrabbiarsi, non ne è in grado. Perché lo ha capito, almeno un po’: per quanto si diverta a sparare a zero su tutto e tutti compreso sé stesso, non è davvero cattivo, non vuole ferire. Quando l’intento è quello, la sua espressione è diversa, l’ha capito ricordandosi dei suoi atteggiamenti la sera del compleanno.
Sta giocando, adesso, come farebbe con i suoi fratelli adottivi. E lo sta facendo con lui, un uomo che potrebbe ucciderlo con il minimo sforzo e che conosce a malapena. In ogni caso, poi, non può fare a meno di ammettere che ha fegato da vendere.
«E comunque sei stato un coglione: invece di combattere seriamente al pieno delle sue capacità, ti sei messo a cazzeggiare come uno stronzo!»
«Non ti pare di essere un po’ volgare?» Scherza, cercando così di spostare la sua attenzione su un nuovo argomento. Ci riesce pure in realtà, peccato che l’abbia inconsapevolmente spostata su una specie di campo minato.
«Ah, io?! Ciccio, ho visto te e quell’altra depravata quando scopate! So cosa vi dite!» Quasi lo urla, ma non gli importa. Il massimo che possono capire le persone presenti è che è un guardone, non certo che ha bevuto il sangue di una donna e ha visto cose davvero troppo intime.
«A proposito di questo: complimenti! Non solo per le performance degne sia di nota che di applauso, ma anche per essere riuscito a scoparti quel bel culetto!»
Questo no, non glielo può passare.

«Gli Spettri imparano velocemente se si ha la volontà e la pazienza di far capire loro quello che si vuole,
ma in caso contrario rimangono confusi su ciò che è nuovo e agiscono esclusivamente come farebbero tra di loro.»

In meno di una frazione di secondo gli sembra di risentire le lontane parole di Fern, dette lo stesso giorno in cui la loro assurda relazione è iniziata. Gli sembra di sentirle e per questo allunga velocemente un braccio, lo afferra per la nuca e gli fracassa la testa sul bancone intagliato con estrema violenza. Sente il rumore del naso che si spezza, insieme ai suoi lamenti e, ne è sicuro, un guaito.
Quando il minore rialza la testa, le mani tenute sul viso grondante di sangue, Radish si sente come sollevato. La sensazione poi aumenta pure quando incrocia i suoi occhi, adesso curiosamente attenti e maturi, ed annuisce appena, indice che ha recepito il messaggio.
«AHH CAZZO!» Urla lamentoso mentre si raddrizza il setto nasale con un colpo secco. Per un secondo si domanda quante volte se lo sia frantumato, ma decide saggiamente di non provare neanche a ricordarle. Sarebbe un lavoro davvero troppo lungo e noioso.
Si ricompone in meno di cinque secondi, tornando allegro e spensierato come prima del colpo.
«Tornando al discorso di prima, potrei anche provare a non dire le parolacce, ma l’alternativa quale sarebbe? Accipicchia, perdindirindina, acciderboli? Non credo proprio, cazzo
Si sente meglio, Radish. Si sta distraendo tantissimo, ha spaccato la faccia al moccioso che pensava di poter dire porcate sulla sua Sherry, ha in qualche modo impartito una lezione al più duro del Quartetto e adesso, ne è sicuro, ricominceranno a cazzeggiare come due adolescenti spensierati come poco prima.
«Grazie Tati!» Cinguetta allegro Mordecai mentre le lascia i soldi sul banco prima di prendersi le buste ed alzarsi come una molla. «Forza, andiamo. Mi è venuta fame!»


Mordecai non sta mai zitto, e questo per Radish ormai è chiaro.
Così com’è chiaro anche che è capacissimo di bere l’alcol del deodorante se gli gira male. Glielo ha detto lui con una calma decisamente invidiabile.
Gli ha detto pure, con la stessa calma, che lui e i suoi fratelli entrano ed escono nelle dipendenze con la stessa frequenza e facilità alla quale una persona normale si cambia le mutande, e che questo non è mai risultato un problema per nessuno. Sono creature piuttosto abitudinarie, gli Spettri, spingerli a cambiare la propria indole e le proprie abitudini, per quanto queste possano essere sbagliate, non è semplice e lo fanno mal volentieri a meno che non ci sia di mezzo qualcuno.
Subito dopo aver ammiccato in sua direzione e aver sorriso tutto soddisfatto, ha stappato con i denti una bottiglia di tequila e gli ha mostrato quando è bravo a guidare con le ginocchia. Lo avrebbe volentieri soffocato ficcandogli la bottiglia in gola, ma era davvero stanco e voleva quelle donuts dall’odore tanto invitante. Non mangia da quattro giorni, in fondo, ha così fame che potrebbe mangiarsi pure il lupo se non fosse per la consapevolezza che sarebbe davvero indigesto.
Sono arrivati, non senza forzare pericolosamente la bella auto con la fiancata adesso rigatissima, su uno spiazzo in cima ad una collina. Una collina davvero alta, praticamente la salita era in verticale e la macchina stava per esplodere tanto faticava a raggiungere la meta. Ma al lupo non fregava niente, voleva vedere il tramonto seduto sul cofano e voleva farlo proprio da lì. Radish non gli ha detto niente. Sarebbe stato stupido e controproducente, così è rimasto concentrato sul proprio mal di testa nella speranza che diminuisse un poco.
Poi Mordecai ha parcheggiato ed è sceso, spogliandosi senza remore di fronte al Saiyan. Mentre uno non era del tutto a proprio agio nel vederlo sfilarsi i boxer, l’altro era quanto più indifferente possibile: rimangono nudi come mamma li ha fatti ogni volta che mutano e, in realtà, se portano i vestiti è solo perché si sono lasciati influenzare dagli esseri umani.
Quando poi ha mutato, Radish ha notato un paio di cosette che davvero lo hanno sorpreso: primo, lui è davvero molto più grosso di Sherry, ad occhio gli è sembrato quasi tre metri al garrese ed ha un poco faticato ad immaginarselo su due zampe; secondo, il suo pelo è decisamente più lungo rispetto a quello di Sherry, tanto che se lo avesse visto così senza sapere di chi si trattasse non avrebbe saputo dire se si trattava di un esemplare maschio o femmina, poiché i genitali sono coperti dal vello; terzo, attorno al collo ha una lunga e folta criniera simile a quella dei leoni che a Sherry decisamente manca.
Non ha fatto in tempo ad urlargli di tornare su due zampe per dargli spiegazioni che la bestia è sfrecciata giù dalla collina, le lunghissime zampe che si muovevano veloci e leggere, il manto color castagna che ondeggiava nel vento. Una creatura magnifica, decisamente.
Ora è rimasto solo con i propri pensieri, la canzone mash-up
Stayin' in Black  di sottofondo. Si sente una schifezza senza la vicinanza dell’eccentrico Spettro, ritrovandosi a pensare che avrebbe voluto essere su quel cofano con lei, che avrebbe voluto infastidirla perché si mangiava tutte quelle deliziose donuts per poi trascinarla sul proprio bacino per farla sua ancora e ancora.
Sei una stronza, sei il nodo in gola che non va giù, sei tutto ciò che riesce a farmi male dentro, sei una paranoica violenta sempre incazzata col mondo ma che si sforza di vedere il buono che può esserci e ne sorride, una sadica che gode nel far del male al prossimo e... Dio, mi mandi fuori di testa! Non sei come le altre con cui sono stato: tu non bevi le mie stronzate, non ti fai mettere i piedi in testa e non abbassi la cresta! Tu t’incazzi e mi tieni a bada come nessuno.
Lo vuoi capire che ti voglio al mio fianco, sempre? Ti voglio così come sei, stronza, impulsiva e combattiva, con i capelli arruffati e le mie maglie usate come vestiti, sporca di sangue e terra quando torni da una battuta di caccia e con un insulto sempre sulla punta della lingua.
E ti voglio soprattutto perché tu sei una guerriera… una per la quale vale la pena dannarsi.
Ma forse non c’è più tempo per dirti che, in fondo, sei l’unica cosa che davvero vorrei.

«Se hai finito le donuts, giuro che ti fotto a morte!»
Abbassa pigramente lo sguardo, ricomponendosi come meglio può per mascherare la propria tristezza mentre lo Spettro lo raggiunge trotterellando. È allegro e sporco di sangue sul petto e sul mento, ma per Radish non è certo un problema. Ha visto troppe volte Sherry tornare a casa in quelle condizioni per stupirsi.
«Ti piacerebbe, ammettilo.»
«Come l’hai capito?» Rimane serio, quasi shockato, per un paio di secondi mentre si rimette boxer e pantaloni, per poi abbandonarsi ad una risata divertita di fronte allo sguardo un poco scocciato del maggiore. Lo raggiunge sul cofano della macchina e, dopo aver dato un bel morso ad una donuts con la glassa al limone, riprende con le sue chiacchiere: «Scherzo. Sono profondamente etero, malgrado spesso abbia limonato con Micah. Ma quello è un gioco, non c’è attrazione da parte di nessuno dei due. Major non faceva troppe distinzioni nelle ammucchiate, almeno fino a qualche anno fa.»
Annuisce distrattamente, mentre continua ad osservare il circondario. Si sente stranamente meglio ora che è di nuovo al suo fianco, come se la sua devastante compagnia riuscisse davvero ad allontanare tutti i suoi pensieri. Beh, più o meno, perché c’è un dettaglio che proprio non l’ha fatto stare tranquillo in quella mezz’ora di solitudine.
«Il tuo telefono non ha fatto altro che vibrare.» Butta lì con noncuranza, osservandolo di sottecchi mentre lo vede allungarsi verso l’interno della macchina per recuperare l’oggetto in questione «Ci sono problemi?»
«No. Questo non è il telefono che uso con gli altri. Serve solo per le ragazze con cui mi sento… mi mandano sempre un sacco di foto porno.»
Con la coda dell’occhio nota che ci sono davvero tante chat sullo schermo, tantissimi nomi e un numero imbarazzante di fotografie di tette… e non capisce. Davvero non capisce come questo lupo tutto pepe possa avere un tale successo col gentil sesso. Certo, si rende conto che oggettivamente sia un bell’uomo, ma non al punto da avere una simile schiera di donne ai propri piedi. La verità pura e semplice è che nessuno lo sa, neanche lui: lui attacca a chiacchierare con le ragazze che gli possono interessare, si mostra per quello che è, ovvero un giovane uomo prestante e ferocemente vivace, e loro cedono. Saranno gli occhioni color caramello, i muscoli d’acciaio sotto la pelle abbronzata e la statura elevatissima, il sorriso allegro, dolce e sincero, l’odore della sua pelle che per chiunque ricorda quello dei biscotti, saranno le battute stupide o le sue follie… beh, qualsiasi cosa sia, funziona. A Mordecai, alla fin fine, basta questo.
«Come fai a star dietro a tutte?» Domanda infine Radish, che davvero non riesce a concepire neanche questo fatto. Già stare dietro a Sherry non gli è risultato facile, figurarsi avere più donne per le mani: sarebbe impazzito!
«Sono estremamente socievole, parlo molto e risulto simpatico. Quando mi sento solo, ne chiamo qualcuna per passare un po’ di tempo in compagnia.»
«E a loro sta bene?»
«Sanno di non poter avere di più da me.» Ed è vero: Mordecai è estremamente chiaro con ognuna di loro prima di portarsela a letto e non va fino in fondo se il messaggio non è stato recepito.
«Mi godo a pieno la mia natura: non posso ammalarmi, non posso danneggiarmi… perché non abusare di sostanze che mi divertono? Perché non andare a letto con chi mi aggrada, dal momento che non posso prendere malattie e neanche trasmetterle?»
«Quanti bastardi hai seminato per il mondo?»
«Nessuno, a meno che non me lo abbiano tenuto nascosto. Sto molto attento ed ho una scorta di preservativi infinita. Quando sono troppo fatto, poi, vado solo con quelle che mi danno il culo. Se non fossi sempre stato sveglio e attento, adesso Sherry si starebbe prendendo cura dei miei figli.»
Cala un silenzio gelido tra loro due. Radish sapeva benissimo della loro infantile relazione, del fatto che hanno condiviso il letto in diverse occasioni pure negli anni seguenti, ma non ci aveva davvero dato troppo peso durante la giornata. In realtà, non aveva dato peso a tante cose, come al fatto di averlo seguito perché voleva parlargli di qualcosa di importante, cosa che invece non ha fatto.
«Era vergine quando è venuta con me.»
Allunga di nuovo il braccio per afferrargli i capelli corti sulla nuca e strattonarlo all’indietro, portandosi vicino al suo viso con aria minacciosa: «Ti spacco di nuovo la faccia?»
«Non voglio farti incazzare, tranquillo. Mi sei simpatico. L’ho detto perché volevo sapere se a te ha detto qualcosa su Jäger.»
Radish lo lascia andare con un gesto stizzito, mettendosi poi seduto a gambe incrociate. Si passa una mano tra i capelli, sospirando con frustrazione. Non mi ha parlato della sua famiglia e secondo te mi veniva a dire una cosa del genere? Quanto cazzo sei stupido, maledetto Labradoodle?!
«No.»
«Mh… sai, io ho i miei sospetti eh, ma non ho mai capito davvero. L’imene delle nostre femmine non si rimargina una volta rotto e ricordo che con me sanguinò parecchio e—»
«Senti, non ne voglio parlare, okay?!»
«Okay.» Alza le mani in segno di resa e giusto un secondo dopo scatta in ginocchio e si rigira, piegandosi all’interno della macchina per alzare il volume della radio.
«Ahhh! Questa sì, che è una bella canzone.» Volta giusto un istante lo sguardo per incrociare quello sorpreso e di nuovo burbero del Saiyan, scattando poi in piedi come una molla per cominciare a cantare a pieni polmoni: «Then I kiss your eyes
And thank God we're together!
I just want to stay with you in this moment forever
Forever and ever!!!»

I don't want to miss a thing… quante volte l’avranno cantata a squarciagola da ragazzini? Quante volte si sono arrampicati sul tetto al tramonto, tenendo Fern ben stretta tra le braccia, e con una bella birra ghiacciata in mano si sono messi a cantare in coro? Gli mancano quei momenti. Era tutto così dannatamente semplice, allora…
«Non ti facevo un sentimentale.» Lo prende in giro Radish mentre lo ritira giù a sedere, sorprendendosi nel vederlo irrigidirsi quasi si fosse offeso.
«Ehi, io sono una persona molto sensibile.»
«Tu?»
«Te scherzi, ma a undici anni rubai la macchina a Fern e investii un cane sulla statale. Sono stato male per una settimana!»
«Perché hai investito un cane?»
«No, del cane non me ne fregava un cazzo, ma il radiatore mi è costato una cifra!»
«Ah beh, questa sì che è sensibilità.»
«Ti conviene impararla, sai? È una delle sue canzoni preferite.» Butta lì prima di bere un sorso di tequila, calmo e rilassato come se gli avesse chiesto semplicemente l’ora. È troppo ormai che aspetta il momento adatto per tirar fuori l’argomento, e adesso gli sembra finalmente giunto. L’unica cosa da fare è trovare il modo di rivelare quelle informazioni e riuscire comunque a divertirsi un po’. Devo spingerlo a cedere! Forza Mord, sei bravo con queste stronzate.
«E perché dovrebbe interessarmi?»
«Perché ti si stringe il cuore solo se la pensi e stavi per strapparmi la lingua a mani nude perché ti ho ricordato che ci sono stato a letto.» Ah! Lo sento il tuo odore, sai? Sento anche il tuo cuore adesso. Sei triste. Sei mortificato e distrutto dentro. Non devi vergognartene, sai? Ci vuole coraggio anche per queste cose, per piangere per una donna. Non è sinonimo di debolezza, grosso coglione.
«Non ha alcuna importanza.»
«Certo che ne ha. Cazzo, sei o non sei un fottuto guerriero alieno che conquistava pianeti?! Adesso molli tutto perché non ti ha raccontato della sua famiglia di merda che la massacrava di botte un giorno sì e l’altro il doppio? Una famiglia che l’affamava? Una famiglia che l’ha disprezzata sempre, evitandole delle umiliazioni solo quando uccideva chi per loro era fastidioso? Davvero te la sei presa perché non te ne ha parlato? Ti facevo meglio di così.»
«No, stronzo. Lascio stare perché se la fa di nuovo con la Regina dei Ghiacci.»
Adesso è Mordecai quello preso davvero in contropiede. La conversazione stava prendendo la piega che voleva, lo stava spingendo nella direzione desiderata, e ora lui se ne esce con un qualcosa di decisamente nuovo e assurdo. Sher e Riv? Davvero? QUANDO?! Sono sempre stato in mezzo ai piedi!
«Semmai la Regina del Mare, amico, il ghiaccio appartiene a lei. Ma a parte questo: che cazzo stai a dire?!»
Dio solo sa quanto Radish si stia disprezzando in questo momento. Sta parlando di scemenze personali con lui, si sta mettendo a nudo come farebbe un terrestre o un cagnaccio come loro cresciuto nella bambagia e nell’alcol. Non è da Saiyan, per niente, eppure non riesce a fermarsi, qualcosa dentro lo sta spingendo prepotentemente a continuare la conversazione.
«L’ho visto nella sua stanza, un paio di sere fa. Stava tirando le tende ed indossava solo un asciugamano. Vuoi forse dirmi che stavano giocando a carte?»
Sei un coglione. Un coglione immenso che non ha il coraggio di affrontare delle piccole scaramucce ma che si tira in mezzo ai peggio deliri di sangue e violenza senza battere ciglio… un po’ come lei, penso. CHE C’È CHE NON VA CON VOI DUE?! Poi quello pazzo sono io.
«Siamo tutti in casa sua, ultimamente. Tutti. Anche gente che non le ha mai parlato.» Anche questa informazione la butta lì come se fosse una scemenza incredibile. Avrebbe potuto dirgli tutto e subito, avrebbe potuto risparmiargli un sacco di cose… ma non sarebbe stato altrettanto divertente.
«Cos’è, le vostre feste si protraggono per settimane?»
«Non proprio.» Si gratta distrattamente il mento mentre sta in silenzio per qualche secondo, così da lasciarlo crogiolare nell’impazienza e nella curiosità. Gli pare quasi di sentirlo sfrigolare, tipo le patatine fritte nell’olio bollente.
«Diciamo che siamo rimasti a controllare lo sviluppo degli eventi dopo un regalo inatteso e decisamente poco gradito… penso fosse addirittura peggiore del tuo!»
«Che vuoi dire?»
Aspetta ancora, lo fissa dritto negli occhi con aria mortalmente seria. Radish non può fare a meno di impensierirsi di fronte a questo cambiamento tanto bizzarro per un soggetto simile, e subito la mente corre ad immaginare gli scenari peggiori. Scenari che, alla fin fine, non sono troppo sbagliati.
«Che se l’è vista brutta. Davvero brutta. Se non fosse arrivato River a pararle il culo, forse adesso il mansueto ed adorabile Re del Nord la starebbe violentando a ripetizione.»
«Che cazzo aspettavi a dirmelo?!» Il lupo scrolla le spalle con nonchalance, come se effettivamente non gli avesse detto una cosa capace di ribaltare completamente la situazione e spingerlo ad andare da lei a gambe levate.
Radish, dal canto suo, potrebbe renderlo diversamente vivo, ma non lo fa. In realtà non fa in tempo a fare niente perché prima che possa rizzarsi in piedi Modecai lo afferra per un braccio, sorridendogli con aria complice.
«Aspetta, idiota! Ti ci porto io, così ti tolgo il branco dai piedi.»
Con un agile balzo si riportano entrambi sui sedili della decappottabile, il cuore di Radish che batte così forte da stordirlo. Vuole vedere come sta, capire cosa le sia successo e anche farsi dire chi è stato a farle del male e come trovarlo. Fanculo le loro maledette leggi: qualcuno deve versare del sangue!
Mentre scendono come dei pazzi dalla collina, con la macchina che pare urlare loro di rallentare e di evitare le buche perché le sospensioni sono ormai andate, Mordecai ci tiene a ribadirgli un piccolo ma vitale concetto: «Non gliela dà, tranquillo. Tu le hai completamente fottuto il cervello!»

Avrebbe potuto ignorare le parole di Mordecai e volare a casa di Sherry in pochi minuti. Avrebbe potuto, certo, ma non l’ha voluto fare.
Era consapevolissimo che gli avrebbero messo i bastoni tra le ruote non appena si fossero resi conto della sua presenza e lui non avrebbe potuto toglierseli dai piedi a modo suo senza rimetterci pesantemente. Non a livello fisico, ovviamente, ma probabilmente lo avrebbe preferito di gran lunga… soprattutto se poi a curargli le ferite ci fosse stata lei.
No, non poteva rischiare di peggiorare una situazione già di per sé molto delicata.
Il tachimetro è rimasto costante sui centoquaranta chilometri orari. Si è sorpreso, Radish, nel notare quanto lo Spettro sia stato capace di dominare ferocemente la strada, sfrecciando tra una macchina e l’altra con facilità mentre i comuni mortali si facevano da parte per lasciarli passare. Malgrado tutto, se l’è goduta un sacco.
Potrebbe abituarsi a questo stile di vita, davvero. Peccato solo che Mordecai decida di inchiodare di punto in bianco. Se i riflessi del Saiyan non fossero tanto buoni, avrebbe stampato il viso contro il cruscotto.
«Eccoci a destinazione, Capitano
Radish non lo ascolta neanche, preferendo dirigersi di corsa verso il portone. Anche stavolta la sua impazienza gli ha impedito di rendersi conto che, seppur buttandola lì quasi per scherzo, Mordecai lo ha etichettato in modo molto importante: nella loro gerarchia infatti c’è il Re sopra a tutti - o la Regina, nel loro caso -, il Beta è il suo braccio destro e poi c’è il Capitano della guardia, che ha giusto meno potere decisionale del Beta ma che ha la possibilità - l’onore, se si è un Purosangue della Tana - di guidare l’esercito in battaglia e la responsabilità di addestrare i combattenti migliori. Si tratta sempre di un Cacciatore di incredibile forza e ferocia, difficilmente si sopravvive alla sua furia in combattimento.
Secondo il modesto parere di Mordecai, adesso esistono ufficialmente due Re, una Regina, due Beta e tre Capitani… resta da eleggere il terzo Beta e poi le fazioni saranno perfettamente schierate.
Mentre i due salgono i gradini della lunga scalinata che avrebbe bisogno di un po’ di manutenzione, sentono alle loro spalle il richiamo alterato di Major. Mordecai spinge semplicemente Radish con un colpo secco contro la schiena, deciso più che mai ad ignorare i rimproveri del fratello, e con un secondo spintone deciso spalanca malamente la porta.
I vari Spettri che bivaccano nell’appartamento rimangono in un primo momento come congelati di fronte alla visione di Radish, folgorati dalla forza distruttiva che emana, ma poi decidono di provare a difendere la loro Regina ferita. Certo, sanno in partenza che se quello vuole passare lo farà e loro non avranno alcuna voce in capitolo, non dal momento che si rendono conto che potrebbe spappolargli la testa con una sberla, ma l’istinto gli impone di farlo.
«Mordecai, per la puttana!, cosa cazzo fai?!»
«Ma sei diventato scemo tutto in un colpo?!»
«Dannazione! Che ti è saltato in mente?!»
«Possibile che non ti si può lasciare solo un paio d’ore?! Cazzo, i miei figli sono più responsabili!»
«Fatevi i cazzi vostri!» Abbaia con rabbia il Cacciatore, spintonando di prepotenza Radish e frapponendosi subito dopo tra lui e i vari Spettri che stanno snudando le zanne. Gli dispiacerebbe distruggere l’appartamento alla povera e paziente Mimì, ma se vogliono lo scontro è prontissimo a bagnarsi il muso nel sangue.
Radish, dopo un attimo di smarrimento di fronte a quell’appartamento sempre ordinato e tirato a lucido ridotto ad una specie di macelleria clandestina con vestiti e pupazzi sparsi su buona parte del pavimento, si dirige a grandi falcate verso la piccola camera di Sherry e certo non gli viene in mente di bussare prima di spalancare la porta.
River la sta stringendo. La tiene ferma con un braccio attorno alla vita e con l’altra mano le tiene il mento alzato.
Sherry è confusa, lo tiene debolmente a distanza e pare sul punto di rimettere.
Radish non ci capisce più un cazzo, a stento riesce a vedere nitidamente, ma le parole escono chiaramente dalle sue labbra: «Sei morto.»




*Il pinguino imperatore non ha un nido fisso e per individuare il suo o la sua partner e il suo pulcino all'interno della colonia utilizza dei richiami sonori: in tal caso si dice che raglia o grida.


ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ed eccomi di nuovo qui! I capitoli continuano ad ammassarsi velocemente e io fremo ogni giorno dalla voglia di continuare a pubblicare a ruota libera! La quarantena mi fa bene o male?🤔

Ci tengo a precisare un piccolo ma vitale punto prima di cominciare con gli sproloqui: il comportamento tanto espansivo di Radish nei confronti di Mordecai non è casuale, non lo ha già accettato nella propria vita perché non ha di meglio da fare. Ma questo, forse, era pure ovvio!

E ora Mordecai… chi lo capisce è bravo. Le scene che lo riguardano mi vengono da sole, non ci penso neanche. Ogni sua battuta è totalmente spontanea come lui, ogni gesto mi viene in mente mentre sto scrivendo. Non c’è mai niente di sicuro con lui. Sapevo solo che volevo che ci mettesse le zampe e che in qualche modo lo spingesse ad agire, ma tutto il resto è zompato fuori da solo. E mi piace. È esagerato, è vero, però mi piace lo stesso. Spero che possa in qualche modo piacere pure a voi!

Ah, come per il fatto dell’amicizia tra Radish e Mordecai, della fiducia che si sono dati senza pensarci troppo, vale anche per il fatto che il nostro caro capellone non sia capace di separarsi da lei. E lei da lui.
Non ce la possono fare, per quanto magari a volte possano desiderarlo. Sarebbe come tagliarsi un braccio senza motivo: doloroso, stupido e decisamente non necessario.
In più per lui è impensabile che qualcuno le faccia del male, un po’ come Vegeta che prova ad attaccare Beerus perché questi tira una pizza a Bulma… stessa cosa, con la differenza che Radish non sa chi andare ad attaccare.
Ma ora un qualcuno sulla quale sfogare un poco della sua frustrazione ce l’ha… e sta pure facendo qualcosa di incredibilmente stupido.
🙃

Per quanto mi piacerebbe davvero dire che anche il prossimo capitolo sarà gettato un po’ nel delirio come questo, devo dirvi subito di NO. Il prossimo capitolo è un qualcosa che mi ha fatto davvero male al cuore e che, se non fosse necessario per scoprire tante cose, preferirei non pubblicare mai.
Beh, a questo punto direi che ci sentiamo presto col capitolo del male!
Un bacione
Kiki🤙🏻


Ps: chi prende la citazione? ⛵

  
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