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Autore: Babbo Dark    25/04/2020    4 recensioni
Cross-Over "La Bella e la Bestia/Teen Wolf", ovviamente Sterek!
Mieczyslaw Stilinski non è un Omega tutti gli altri, sogna una vita di avventure lontano dalla piccola cittadina di Beacon Hills; etichettato come strambo, Mieczyslaw vive le sue giornate nella più odiosa quotidianità tra il fornaio che vende il pane, la sua amata libreria e le attenzioni non richieste di Theo. La sua vita, però, cambia drasticamente quando si ritrova costretto a barattare la sua libertà in cambio di quella del padre; il ragazzo, quindi, si ritroverà ospite in un castello incantato con la compagnia dei servi, trasformati in oggetti, e di un mostro. Ma se da tutto ciò, andando oltre le apparenze, la Bestia si rivelasse ben diversa da quello che si vede?
Genere: Avventura, Erotico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Il branco, Stiles Stilinski, Theo Raeken
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sterek in Disney... '
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Note iniziali: salve gente e un caloroso benvenuto a tutti quanti!

Raga, questo capitolo è praticamente eterno… Diciannove pagine di fluff (più o meno) tra Stiles e Derek, una roba che ve dico levateve! Ok, ok… Non sono effettivamente diciannove (visto che ci sarà una piccola parte iniziale dedicata a Theo e Noah) ma siamo comunque lì…

Finalmente arrivano le due scene che state aspettando con trepidazione e nonostante mi abbiano fatto penare (lo giuro, sembrava quasi impossibile scriverle) devo dire che sono abbastanza soddisfatto del risultato ottenuto (poi casomai scopro che hanno fatto schifo a tutti quanti…)

Finalmente la natura animalesca di Theo verrà a galla e come ho detto più volte si inizierà a notare il “rovescio della medaglia” per questo personaggio; Noah mi fa pena, l’ho proprio trattato male in questa storia… Sono un mostro!

E va beh…

Non credo di avere altro da aggiungere, perciò ci leggiamo di sotto e io vi auguro una buona lettura.
 

Babbo Dark
 
 
Melissa
 



 
Little Red Riding Hood and the Cursed Wolf
Capitolo X - Libertà

 
 
 

La neve iniziò a cadere fiocamente sui tetti delle case, imbiancando tutto ciò su cui si posava, permettendo all’umore di tutti di migliorare a causa del panorama che poco a poco mutava, creando splendidi arazzi luminosi che ridisegnavano i contorni delle case; nonostante dicembre fosse iniziato da poco più di una settimana, Beacon Hills si stava preparando per accogliere il nuovo anno con il giusto stile, costringendo gli Omega di famiglia a delle folli corse per accaparrarsi una quantità di cibo spropositata.

In quel clima di allegria, però, stonava terribilmente la furia di Theo che, amareggiato sempre di più per la situazione che stava vivendo, aveva iniziato a rintanarsi nella propria stanza al fine di evitare comportamenti avventati che avrebbero minato la sua credibilità; le bestie che cacciava sembravano essere sparite nel nulla e le giornate passate per i boschi erano diventate ben presto infruttuose, peggiorando notevolmente l’umore dell’Alpha. A peggiorare quella precaria situazione giunse anche il calore dei giovani Omega che saturò l’aria della cittadina con una quantità inimmaginabile di ferormoni, costringendo Theo a rinchiudersi in casa per sfogare la propria libido in solitudine o, più raramente, con Donovan; il Beta, infatti, divenne il principale protagonista della furia dell’amico, subendo insulti e vessazioni, ma nonostante intuisse che di lì a poco l’intera situazione sarebbe sprofondata nella tragedia decise di ignorare il tutto, preferendo incolpare l’assenza degli Stilinski e quindi l’impossibilità, da parte di Theo, di poter mettere le mani sull’Omega che aveva scelto.

Non erano sporadiche le esplosioni di furia dell’Alpha il quale, preso com’era nel lancio di qualsiasi oggetto gli capitasse a tiro, non si lasciava mai sfuggire i peggio insulti rivolti al ragazzo che diceva di amare; tra quegli sproloqui non mancavano mai le invettive verso quello che, inizialmente, era stato definito come un piano geniale e privo di falle. Theo aveva investito tutti i suoi risparmi in quell’idea e ora l’Omega era sparito dalla circolazione, costringendo il ragazzo a rubare sempre più di frequente dalle casse della taverna; Raphael si era fatto pagare prima ancora che il piano potesse decollare e, nonostante Theo e Donovan avessero tentato di parlargli e riprendersi i soldi, il medico minacciava costantemente di diagnosticargli la pazzia e rinchiuderli in manicomio.

La prospettiva di perdere la propria immagine li faceva desistere ogni volta, costringendo Theo a sfogare la sua rabbia in altri modi; le risse nella taverna e il sesso sembravano donargli un attimo di sollievo ma non ci voleva molto che la furia ritornasse a padroneggiare nel suo animo. Dal canto suo, Donovan cercava di fare qualsiasi cosa affinché l’umore dell’amico migliorasse ma ogni suo tentativo non sortiva l’effetto sperato e alla fine fu lo stesso Theo a minacciarlo di smettere perché, altrimenti, lo avrebbe umiliato in pubblica piazza.

Quando l’ennesimo boccale di birra si schiantò contro la parete in legno della propria stanza, Theo urlò con tutto il fiato che aveva in corpo e prese a calciare i pochi mobili sopravvissuti alla sua furia; Donovan, silenziosamente, lo osservava marciare nervosamente avanti e indietro in mezzo alla spazzatura che negli ultimi giorni l’Alpha aveva accumulato sul pavimento, incurante della sua nudità e soprattutto degli effetti che la fredda aria di dicembre gli provocava.

Fu mentre Theo afferrava il proprio comodino per scagliarlo contro il muro che a Donovan venne l’idea, maledicendosi subito dopo per non averci pensato prima.
 
 

«Cerchiamo in casa!» disse il Beta non appena il mobile crollò sotto il suo stesso peso, a seguito dello schianto; l’Alpha lo folgorò con lo sguardo e strinse i pugni con una tale forza da far scricchiolare le ossa, facendo deglutire rumorosamente l’amico «Senti… So che… Beh… Quei pazzi non… Ecco… Non si sono più visti…» balbettò Donovan roteando una mano in aria mentre l’altra, placidamente, era nascosta nelle tasche dei pantaloni; lo sguardo che si rifiutava d’incontrare quello di Theo ma preferiva concentrarsi sul pavimento in legno «Ma… Ma…» disse non appena percepì l’Alpha avvicinarglisi «Forse troviamo qualche indizio su dove si siano cacciati, no?» chiese trovando finalmente il coraggio di guardare l’altro in volto; Theo parve bloccarsi a quelle parole, troppo peso a ragionarci sopra per poter fare qualche cosa, e poco a poco un ghigno vittorioso lo tirò le labbra, facendo sospirare rumorosamente il Beta.

«Donovan, amico mio, hai avuto un’idea geniale.» sussurrò maleficamente Theo prima di afferrare degli indumenti abbastanza pesanti e i propri stivali «Law non può essere sparito nel nulla e io intendo trovarlo e rapirlo, se necessario!» disse mentre s’infilava un maglione giallo sopra il petto tonico e sporco di sperma secco «Inoltre deve star vivendo il proprio calore, se sono fortunato lo trovo prima che finisca e mi legherò a lui!» esclamò vittorioso mentre usciva dalla propria stanza, seguito immediatamente dall’altro.
 
 

La città sembrava deserta, complice l’ora di pranzo, e per i due non fu difficile camminare nella neve ghiacciata fino a raggiungere casa Stilinski; attorno all’abitazione aleggiava un tanfo mortale, segno che le bestie d’allevamento erano decedute da tempo, ma Theo ignorò ogni cosa. Non ci volle molto per sfondare nuovamente la porta di casa ma, ad attenderli, trovarono un dito di polvere su ogni superficie e lo schifoso odore di chiuso; Donovan arricciò il naso, infastidito da tutto ciò, ma Theo corse su per le scale ed entrò nella prima camera che incontrò, quella di Noah.

Il letto era sfatto e nello spazio posto tra questo e i comodini si trovava una fitta rete di ragnatele, al cui interno primeggiavano i bozzoli con le uova di ragno; l’Alpha avanzò direttamente verso l’armadio e lo spalancò prima d’iniziare a rovistarvi all’interno, strappando e gettando a terra tutto ciò che conteneva. Nulla fu risparmiato e perfino gli abiti di Claudia Stilinski, che il suo Alpha aveva preservato con cura, vennero gettati rudemente contro il pavimento polveroso; una volta appurato che nel mobile non c’era nulla di significativo, Theo passò in rassegna i comodini e il comò, strappando i cassetti e vuotandoli disordinatamente sul letto prima d’iniziare a setacciare attentamente in quel groviglio di biancheria.

Alla fine, ringhiando frustrato, l’Alpha afferrò una scatola di legno finemente intagliata e la aprì, rivelando due anelli di legame in oro e argento; messi in tasca, e gettato la scatola a terra, Theo si diresse a passo spedito verso la camera dell’Omega, pronto a metterla a soqquadro, ma non appena posò la propria mano contro la maniglia la voce di Donovan lo distrasse, costringendolo a tornare al piano di sotto.

Sospirando, e sperando che l’amico avesse scoperto qualche cosa d’interessante, Theo scese rapidamente le scale e sollevò un sopracciglio nell’osservare il caos che regnava in ogni dove; il Beta non si era risparmiato, aveva aperto tutti gli sportelli e i cassetti per poi rovistarvi all’interno, facendo cadere qualsiasi cosa gli desse fastidio. Cocci di ceramica e vetro riempivano il pavimento, i quali scricchiolarono non appena gli stivali di Theo li calpestarono, e appena entrò in cucina notò l’amico intento a leggere attentamente delle lettere mentre si trovava seduto a tavolo.
 
 

«Le ha scritte Law…» disse Donovan non appena Theo posò rabbiosamente i palmi contro il tavolo; l’Alpha sollevò un sopracciglio e attese, pazientemente, che l’amico gli riassumesse il tutto perché lui non aveva alcuna voglia di sedersi e leggere le stronzate che, ne era certo, fossero state scritte dall’Omega «A quanto pare si trova in un castello, è ospite di un certo Derek e sta bene; chiede se anche il pazzo Stilinski sta bene, lo supplica di farsi dare notizie e… Oh!» esclamò Donovan mentre leggeva l’ultima missiva giunta dal ragazzo «Sta trovando il coraggio di chiedere a questo tizio se Stilinski può andare a trovarlo…» disse prima d’incrociare lo sguardo di Theo.

«Non c’è altro?!» domandò l’Alpha percependo il sangue ribollirgli nelle vene a causa della furia e della gelosia provata nei confronti di questo Derek, la sola idea dell’Omega legato a qualcuno che non fosse lui lo faceva andare in bestia, trasformandolo in un mostro; Donovan, però, scosse il capo e sospirò.

«Però…» sussurrò dopo qualche attimo il Beta mentre Theo, tentando di calmarsi, aveva iniziato a camminare nervosamente avanti e indietro «Law è ospite…» disse con fare pensieroso «Se gli diciamo che il pazzo sta malissimo, è tipo in fin di vita, e gli ordinassimo di tornare? Casomai firmiamo la lettera come Noah.» propose con nonchalance.

«Prendi carta e penna, Donovan.» ordinò Theo.
 
 

Ci volle più di quanto ipotizzato per recuperare il tutto, visto il caos che avevano causato in quasi tutta la casa, ma alla fine il Beta si sedette nuovamente al tavolo e iniziò a scrivere una breve lettera inserendo, più volte, nuove frottole riguardanti la salute dell’inventore; alla fine, usando una delle buste precedentemente aperte, i due scrissero “Per Law” sulla carta prima di lasciarla sul tavolo per poi abbandonare l’abitazione.

L’animo di Theo nuovamente euforico.
 
 

***
 

 
Un urlo disumano lo costrinse a spalancare gli occhi, ritrovandosi nuovamente a fissare le sbarre in metallo che da tempo lo tenevano imprigionato in quella fredda prigione; Noah sbuffò e si alzò maldestramente da terra, cercando di non cadere a causa delle spesse catene sparse sul pavimento, e si avvicinò verso il corridoio. L’Alpha si rifiutava di credere che lui, un uomo giusto che aveva sempre pensato al lavoro e alla famiglia, fosse stato incarcerato con l’accusa di furto eppure, nonostante tutto, quella dannatissima guardia lo aveva arrestato e sbattuto in cella senza troppe cerimonie; a nulla valsero le sue suppliche, né i disperati tentativi di quest’ultimo di spiegare la situazione del suo bambino, visto che i giudici lo avevano condannato a settantacinque giorni di carcere per scontare la pena.

Ringraziando la sua buona stella, visto che l’assenza di crimini regressi aveva alleggerito notevolmente la pena, Noah attese pazientemente che qualcuno passasse davanti la sua cella affinché potesse dirgli, non dopo numerosi insulti, quanto mancasse alla sua liberazione; tossendo rumorosamente e sputando un grumo di catarro che gli stava rendendo difficoltosa la respirazione, l’Alpha afferrò le sbarre e attese. Il tempo pareva aver rallentato immediatamente la sua corsa e il torace dell’uomo iniziò a dolergli a causa degli strattoni continui ma necessari causati da quella bronchite che non voleva saperne di abbandonarlo ma alla fine, con sua somma gioia, percepì il clangore provocato dalle armature in movimento e non ci volle molto prima che un paio di secondini gli si avvicinassero; prima che Noah potesse aprir bocca, però, la guardia gli ordinò di allontanarsi e poggiare la schiena contro il muro, le mani alte e le gambe divaricate.

La chiave venne infilata nella toppa e girata un paio di volte prima che la porta della cella si aprisse con un sinistro clangore metallico.
 
 

«Stilinski, sei libero.» disse una guardia avvicinandosi all’uomo per liberarlo dalle catene «Sparisci da qui e non farti più vedere, altrimenti ti taglieremo la testa.» lo minacciò mentre l’ultima catena cadeva pesantemente al suolo «HAI CAPITO?!» sbraitò quando si rese conto che l’Alpha non aveva mosso un muscolo.

«Sì, signore.» sussurrò Noah mentre si massaggiava i polsi «Grazie, signore…» aggiunse prima d’incamminarsi verso l’uscita, scortato dalle due guardie.
 
 

Quando la luce del Sole gli colpì il volto, l’Alpha si costrinse a chiudere gli occhi ma alla fine, privato di tutti i suoi averi e delle medicine che il dottor Gerard gli aveva dato, Noah s’incamminò immediatamente verso la strada che l’avrebbe portato, nel giro di un paio d’ore, al limitare della foresta; il viaggio fu saturato dal nervosismo dell’uomo, che procedette a testa bassa e le braccia incrociate al fine di evitare nuove accuse infondate visto che, a causa della polmonite e dell’arresto, aveva perso fin troppo tempo.

L’Alpha si chiese come stesse il figlio, se fosse ancora vivo oppure se quel mostro avesse approfittato di lui a causa del calore; macabre immagini gli riempirono la mente ma Noah si costrinse a mantenere un’andatura costante onde evitare che, come l’altra volta, qualche guardia potesse scambiare il suo scatto come un’ammissione di colpa. Alla fine, spostandosi attentamente tra la folla che camminava per la strada principale, Noah giunse finalmente alle porte che delimitavano la città e da lì, non appena mise piede fuori, prese un profondo respiro e scattò; l’aria ghiacciata parve tagliargli la pelle e i polmoni iniziarono a bruciargli immediatamente mentre la tosse peggiorò, costringendolo a eseguire ampie boccate d’aria per evitare di soffocare.

I piedi arrivarono a sfiorare il terreno e per poco l’uomo non cadde al suolo a causa della neve ma alla fine, rallentando appena per evitare di venire investito da una carrozza, Noah giunse al limitare della foresta e, preso un profondo respiro, si addentrò.

Il freddo s’intensificò immediatamente e l’Alpha fu costretto ad appoggiarsi a un albero per poter recuperare il fiato rotto a intervalli dalla tosse; ci volle più di quanto previsto per rimettersi in piedi ma alla fine, maledicendo la sua età e l’assenza di movimento nell’ultimo periodo, riprese a camminare nella speranza di potersi orientare adeguatamente in quel labirinto di neve e alberi.

La marcia durò tutta la mattinava e più volte gli echi degli ululati lo costrinsero ad accelerare il passo ma poi, nel bel mezzo del panorama, spuntò un vecchio palo di legno su cui qualcuno, anni prima, aveva appeso dei cartelli; Noah scoppiò in lacrime quando lo riconobbe, ricordando perfettamente la prima volta che lo vide, ma la stanchezza lo costrinse ad appoggiarvisi contro per poter recuperare le forze. Un alito di vento particolarmente freddo lo fece rabbrividire da capo a piedi, arrivando a fargli battere i denti, ma non demorse e riprese ad avanzare; l’immagine di suo figlio intento a leggere, o a ridere spensierato gli diede l’energia necessaria per proseguire nella sua impresa.

Noah camminò a lungo, cercando di ricordare ogni minimo dettaglio di quella caotica nottata, e accolse con un sospiro il tramonto del Sole; il cielo si oscurò e un vento gelido iniziò a frustarlo violentemente mentre la neve, trasformata in proiettili dal gelo, lo colpiva con tutta la sua forza e quasi non si accorse del burrone che di lì a poco lo avrebbe fatto precipitare per alcuni metri verso una vallata. Mentre perdeva i sensi, e chiedeva perdono alla moglie per non essere riuscito a salvare il figlio, Noah percepì il nitrito di un cavallo subito seguito da una voce famigliare e tanto a lungo desiderata.

Poi fu solo buio…
 
 
***
 
 

Stiles aprì pigramente gli occhi, scontrandosi con il soffitto in pietra adornato dagli affreschi che oramai conosceva come le sue stesse mani e sospirò di sollievo, percependo nuovamente il controllo sul proprio corpo ormai libero da quella sensazione di caldo e lussuria che lo avevano oppresso per più di una settimana; scaraventando le lenzuola sul pavimento ghiacciato e alzandosi di scatto da quel letto che lo aveva visto sussurrare e urlare più volte il nome di un certo Alpha, Stiles camminò rapidamente verso la finestra e la spalancò, permettendo all’aria pulita di eliminare ogni odore di lussuria che permeava la stanza.

Il vento fresco che lo colpì in pieno venne accolto con un sorriso soddisfatto, il sudore sulla sua pelle si raffreddò immediatamente permettendogli di bearsi di quei brividi che gli stavano scuotendo il corpo; alla fine, temendo di ammalarsi, Stiles chiuse la finestra e recuperò il lenzuolo prima di tirare la corda e attendere l’arrivo della servitù. Non ci volle molto prima che un euforico Peter giungesse nella sua stanza, un enorme sorriso a distendergli le labbra cerose e le sopracciglia ben sollevate; Stiles non disse nulla, visto che il candelabro lo aveva appena avvisato che la vasca da bagno era stata riempita d’acqua e sapone, e il ragazzo si limitò a salutarlo mentre usciva dalla stanza.

Il bagno lo rigenerò da capo a piedi, strappandogli fin troppi sorrisi beati, e dopo più di un’ora a mollo decise di uscire e asciugarsi per poi vestirsi con gli indumenti che Lydia aveva preparato per lui; incurante di qualsiasi rimprovero da parte di Derek, visto che l’Alpha gli aveva comunicato tramite Melissa che avrebbe passato quella settimana rinchiuso nell’ala ovest, Stiles si stiracchiò a dovere e sorrise genuinamente. L’unica cosa che amava del calore erano le sensazioni che gli lasciava, una pace interiore e un benessere che raramente percepiva e che venivano amplificate dal lungo bagno che si concedeva ogni volta.

Fece colazione da solo, visto che l’Alpha aveva già mangiato e voleva aspettare qualche ora in più prima di incontrarlo, e non appena vide Alan camminare lentamente per il castello, e riprendere i colleghi che non pulivano adeguatamente, si alzò da tavola e gli corse incontro; nell’animo del ragazzo nacque la speranza di aver ricevuto almeno una risposta da parte del padre ma, non appena osservò lo sguardo dispiaciuto dell’orologio, un sospiro amaro abbandonò le sue labbra.

Suo padre non gli aveva risposto, a nessuna lettera, e il dubbio di essere stato dimenticato dal primo Alpha a cui si fosse mai legato s’insinuò prepotentemente nel suo petto, scacciando la pace del post-calore e costringendolo a indossare la sua mantella rossa; voleva uscire a camminare con Roscoe per il giardino, beandosi dell’aria pulita e sperando di poter calmare il proprio animo. Purtroppo lo scricchiolio della neve sotto le suole delle sue scarpe fornì solamente un blando accompagnamento ai suoi pensieri e, nonostante il cinguettio degli uccellini e il calore del Sole, il suo umore non migliorò affatto; al suo fianco, Roscoe camminava placidamente, ignaro del tumulto interiore che imperversava nell’animo del suo padrone.

Il ragazzo, impegnato com’era in quell’oceano di pensieri cupi, non si accorse di due iridi smeraldine che lo fissavano preoccupatamente dal balcone della sala principale; lì, appoggiato contro il muretto decorato, Derek respirava l’aria fresca di dicembre nella speranza che riuscisse a fargli capire cosa stesse pensando quel piccolo Omega che gli aveva stravolto l’esistenza. Purtroppo, complici la distanza e il cappuccio che il ragazzo si ostinava a tenere abbassato sul volto, l’Alpha non riusciva a vedere molto e con un sospiro fin troppo rumoroso abbassò la testa; la creatura ignorò l’arrivo di Alan e Peter, accorsi per informarlo che il pranzo era quasi pronto, e solo in quel momento gli occhi di Derek si posarono sulle lunghe cicatrici rosee che primeggiavano sul suo manto scuro.

Il ricordo di quella sera lo schiaffeggiò con prepotenza, obbligandolo a ripensare a tutto il tempo trascorso in compagnia con l’umano nonché i cambiamenti che aveva apportato alla propria routinne; ora mangiava come un normale essere umano, grazie a delle posate forgiate appositamente per lui, senza contare che le sue grazie erano sempre coperte da degli abiti. Inoltre, il suo umore era notevolmente migliorato grazie alla vicinanza di Stiles e, nonostante alcune volte si lasciasse sfuggire dei ringhi minacciosi, Derek ammise a se stesso che non sarebbe mai riuscito a immaginarsi in quel modo così umano, non dopo la maledizione; quel ragazzo aveva fatto tanto per lui e l’Alpha, venendo a conoscenza della motivazione che aveva spinto il più piccolo a chiudersi in quel bozzolo di silenzio e dolore, percepì il proprio petto contrarsi dolorosamente.
 
 

«Voglio fare qualche cosa per lui…» borbottò improvvisamente Derek, facendo sussultare i due servi che, silenziosamente, avevano iniziato a osservare il giovane passeggiare pigramente per i giardini «Ma cosa?» chiese rivolgendosi ad Alan che sospirò rumorosamente.

«Ora siete più uomo che bestia, aspetto a parte, non credo che possiate migliorare ulteriormente.» rispose tranquillamente l’orologio mentre roteava un braccio legnoso in direzione del proprio padrone «Addirittura avete richiesto dei mobili nuovi per la vostra stanza e avete permesso al nostro ospite di visitare l’ala ovest; ci sarebbero anche le classiche cose come fiori e cioccolatini, promesse che non manterrete…» Derek sbuffò sonoramente e corrucciò le sopracciglia, concordando tristemente con il servo «L’ultimo cambiamento da effettuare sarebbe proprio il ritornare umani.» Peter sbuffò sentendo il tono superiore dell’altro e saltò elegantemente sul muretto per poi rivolgere lo sguardo al collega.

«Serve qualcosa di romantico e stupefacente!» lo riprese con tono aspro prima di fissare lo sguardo in quello intristito e preoccupato della creatura «Umm… Fatemi pensare, Padrone…» disse iniziando a saltellare lentamente avanti e indietro, percorrendo pochi centimetri ogni volta «Ci sono!» esclamò euforico mentre l’Alpha s’inchinava per poter udire meglio le sue parole.
 
 
 
Mezz’ora dopo, Derek raggiunse l’Omega ancora intento a camminare per il giardino e ne attirò l’attenzione, costringendolo a fermarsi; Stiles, infatti, abbassò il cappuccio e fissò i propri occhi castani in quelli verdi dell’altro, percependo il proprio stomaco torcersi piacevolmente davanti a quello sguardo festoso. Un piccolo sorriso tirò le labbra dell’umano mentre la coda di Derek, armatosi di vita propria, iniziò a scodinzolare allegra, spargendo la neve fresca a destra e sinistra; non ci volle molto prima che Stiles si lasciasse convincere a rientrare nel castello, visto che Derek aveva puntato sulla sua curiosità, e così i due si recarono insieme a legare Roscoe nelle stalle per poi camminare lentamente e silenziosamente uno accanto all’altro verso il castello.

Ignorando l’invitante profumo che proveniva dalle cucine, Derek lo accompagnò per le scalinate fino a raggiungere il terzo piano del castello per poi proseguire dritti per il corridoio di sinistra; nel completo silenzio, Stiles si ricordò della prima volta che fece una cosa simile ma in quell’occasione un burbero Derek lo stava accompagnando alla propria stanza mentre in quel momento, mal trattenendo l’entusiasmo, l’Alpha continuava a smorzare ogni sua domanda con un semplice ‘È una sorpresa!’.

Alla fine, svoltando a destra, il ragazzo si ritrovò davanti a una porta bianca perfettamente lucidata le cui maniglie avevano la forma di due teste di lupo e così, mordendosi le labbra per la curiosità, Stiles attese che Derek incrociasse il suo sguardo e mettesse su la sua miglior espressione felice; l’Alpha, però, indugiò fin troppo sulle labbra torturate dell’altro e, con una delicatezza che non credeva di avere, gli afferrò il mento con una zampa e iniziò a carezzargli il labbro inferiore con il pollice. Quel contatto, per quanto intimo ed effimero, costrinsero Stiles a socchiudere la bocca ma questo non bastò per impedire a Derek di smettere con i propri movimenti; l’Alpha non si perse il delizioso rossore che imporporò le guance di Stiles mentre le labbra, ormai rese rosse e lucide, gli fecero desiderare come non mai di avere una bocca per poterlo baciare.

Scuotendosi da quei pensieri, Derek deglutì e tolse le mani prima di farle strusciare delicatamente contro il maglione del ragazzo per poi afferrargli saldamente le mani.
 
 

«Chiudi gli occhi, Stiles…» gli sussurrò dolcemente ma, notando lo sguardo scettico che l’Omega gli rivolse, una risatina gli fuggì dalla gola «È una sorpresa, lo sai…» il ragazzo sospirò teatralmente ma ubbidì e solo in quel momento Derek, nel modo meno maturo possibile, tirò fuori la lingua e iniziò a fargli delle boccacce per poter verificare che l’altro avesse effettivamente ubbidito; soddisfatto del risultato ottenuto, l’Alpha abbassò le maniglie e spalancò le porte prima di afferrargli nuovamente le mani per poi trascinarlo all’interno di quella stanza.

«Ora posso aprirli?» chiese Stiles quando percepì la calda presa di Derek sparire.

«Ancora un attimo!» rispose la creatura mentre apriva le tende, permettendo alla luce di penetrare in ogni angolo della grande stanza; Derek, terminata la sua opera, iniziò a saltellare sul posto e si portò le grandi zampe davanti al torace prima di sussurrare un euforico «Ora…» e Stiles ubbidì.
 
 

Le iridi castane si puntarono sull’enorme vetrata che dava direttamente sul giardino ma poi, vittime della curiosità, si spostarono rapidamente da ogni lato costringendo il ragazzo a sgranare sempre di più gli occhi; lì, davanti a lui, si trovava una delle più grandi biblioteche che avesse mai visto.

Gli scaffali si alzavano fino a sfiorare il soffitto, le mensole ricolme di volumi di ogni colore e dimensione; un’ampia scalinata abbracciava le pareti e si alzava fino a raggiungere i gli scaffali più alti mentre delle scale a pioli in metallo erano state delicatamente poggiate contro le mensole, permettendo a chiunque volesse di poter recuperare qualsiasi libro volesse.

Stiles girò più volte su se stesso, le labbra finalmente tirate da un sorriso genuino che non aveva nulla di triste mentre gli occhi, implacabili, saettavano da una parte all’altra; prima che potesse pensarlo, le sue gambe si mossero automaticamente e il ragazzo si ritrovò a correre da una parte all’altra dell’immensa biblioteca.
 
 

«Non ho mai visto tanti libri in vita mia!» esclamò euforico Stiles mentre si accingeva a cercare il suo libro preferito tra tutti i volumi accuratamente stipati.

«Ti… Piace?» domandò cautamente Derek mentre gli si avvicinava lentamente.

«Se mi piace?!» chiese retoricamente Stiles, ancora impegnato nella sua ricerca «La adoro! Grazie, Derek, davvero grazie mille!» disse incrociando finalmente il loro sguardo e permettendo al cuore dell’Alpha di saltare un paio di battiti, facendo nascere nella sua mente un nuovo desiderio… ‘Vorrei che tu rimanessi qui per sempre, maledizione o non…’.

«È tua…» gli sussurrò invece e, non appena Stiles lo guardò, quel desiderio tornò prepotentemente a riecheggiargli nel cuore; l’Omega dimenticò immediatamente la propria ricerca e corse verso la creatura, saltandogli praticamente addosso e stringendogli le braccia al collo. Una sequela di ‘Grazie!’ abbandonò le labbra dell’umano ma Derek, per una volta da quando aveva iniziato quella sequela di cambiamenti, decise di essere egoista e avvicinò il naso al collo scoperto del ragazzo, annusando a pieni polmoni il suo dolce odore; un nuovo ringhio abbandonò la gola dell’Alpha ma questa volta, invece che voler minacciare qualcuno o spaventarlo, sembrava quasi che la creatura stesse facendo le fusa.

«Derek, è meravigliosa!» esclamò Stiles una volta che fu rimesso a terra «Oh, avevo proprio bisogno di una cosa del genere…» sussurrò portandosi le mani sul petto, il sorriso non gli aveva ancora abbandonato il volto.

«C’è… Beh… C’è… C’è un’altra cosa…» balbettò l’Alpha mentre si portava una zampa dietro la nuca, grattandosi grossolanamente la pelliccia; Stiles, però, si voltò di scatto e gli sorrise prima di posare le mani sul suo petto, percependo distintamente il battito accelerato della creatura «Questa sera, se vuoi, ti va di venire a cena? Con… Me?» chiese imbarazzato al massimo, facendo sollevare entrambe le sopracciglia del ragazzo.

«Perché ieri sera con chi ho cenato?» gli rispose ridacchiando Stiles, incurante della tensione che sembrava bloccare ogni fibra dell’Alpha «Derek?» chiese dopo qualche attimo per poi allontanarsi, notando come la creatura sembrasse in preda alla vergogna più pura e, improvvisamente, Stiles comprese «È un appuntamento?» Derek annuì seccamente e deglutì rumorosamente; l’Omega, a quella rivelazione, spalancò la bocca e sollevò di scatto le sopracciglia prima di far scricchiolare rumorosamente le nocche della mano destra. Derek, l’unico Alpha decente che avesse conosciuto dopo suo padre, gli stava chiedendo un appuntamento e per un attimo la mente dell’umano gli disse che quella prigionia poteva anche essere descritta come una lunghissima presentazione di legame; la gola gli si seccò e Stiles abbassò il volto, impreparato a quella richiesta. Certo, lui era veramente interessato al vero Derek ed erano diventati degli amici ma erano pronti per andare avanti? A diventare qualcosa di più?

«Dimentica tutto, fa come se…»

«Facciamo alle venti?»
 
 

Parlarono nello stesso momento per poi immobilizzarsi, lo sguardo di uno perso in quello dell’altro, e poco alla volta una sonora risata riecheggiò nei loro petti; improvvisamente, tutta la tensione che si era accumulata tra loro svanì e Stiles non si perse l’espressione euforica che parve increspare il volto dell’Alpha e, prima che se ne rendesse conto, si ritrovò a stringere quel petto massiccio coperto da una semplice camicia di lino bianca. Non ci volle molto prima che due enormi zampe tremanti si posassero sulle sue spalle e, non appena quello strano abbraccio si concluse, l’Omega sospirò beato; quella stretta lo faceva sentire al sicuro, protetto, e quando Derek posò il naso umido tra i suoi capelli si sentì al settimo cielo. Finalmente felice da quando aveva aperto gli occhi quella mattina.
 
 

 
***
 
 

Dopo aver pranzato, ed essersi rinchiusi nella libreria, Stiles e Derek si salutarono nel modo più impacciato possibile prima di dirigersi al bagno per potersi preparare adeguatamente e, nonostante il ‘Mi occuperò di tutto io, Signorino!’ esclamato da un’esuberante Lydia, il ragazzo si sentiva tremendamente agitato tant’è che più volte fece cadere a terra la spazzola per la schiena e alla fine, sbuffando sonoramente, permise a Matt di occuparsi del bagno; lanciando uno sguardo oltre la tenda posta a metà stanza, l’Omega sospirò notando l’altra vasca vuota. Gli mancavano i ringhi della creatura e le chiacchiere che scambiava con lui ma Derek era stato chiaro: si sarebbero preparati in due ale separate del castello e solo alla fine si sarebbero incontrati sulla scalinata principale, pronti per iniziare il loro primo appuntamento.

Una volta pulito e sistemato, Stiles si diresse spedito nella propria stanza dove, ad attenderlo, trovò numerosi appendiabiti e lì, poggiato contro il morbido piumone, l’abito da sera più bello che avesse mai visto; la stoffa color crema, ornata di pizzi e merletti, era messa in risalto dal piccolo foulard bianco e da una camicia lavorata dello stesso colore. Ovunque vi erano dei fiorellini azzurri che spiccavano sul tessuto mentre i pantaloni presentavano un motivo damascato che mescolava alla perfezione crema e azzurro; un laccetto nero, abbandonato in disparte accanto all’abito, era perfettamente abbinato alle scarpe tirate a lucido poste ai piedi del letto.

Deglutendo rumorosamente e sorridendo come non mai, Stiles accarezzò la stoffa e rabbrividì quando ne saggiò la morbidezza, desiderando con tutto sé stesso di mantenere un atteggiamento decoroso onde evitare di sporcare inevitabilmente quel capo d’abbigliamento; un sospiro emozionato abbandonò le sue labbra mentre il telo, che fino ad allora aveva coperto le sue grazie, veniva abbandonato al suolo. Impacciato come non mai, il ragazzo iniziò a vestirsi percependo il proprio cuore battere all’impazzata, emozionato e spaventato per l’imminente serata.
 



 


 
***
 
 


Peter roteò gli occhi nell’udire l’ennesimo ringhio del suo padrone e incrociò le sottili braccia d’ottone contro il manico prima di sospirare rumorosamente visto che, come un bambino troppo cresciuto e peloso, l’Alpha continuava a dimenarsi nella piccola vasca da bagno ricolma d’acqua che, ormai, era sparsa sul lucido pavimento; sbuffando nuovamente, il candelabro sollevò un sopracciglio quando Derek, sollevandosi dalla vasca, iniziò a scuotersi violentemente da capo a piedi per togliere l’acqua in eccesso, peggiorando inesorabilmente le condizioni del piccolo bagno.

Come se nulla fosse, la creatura uscì e s’incamminò verso gli altri servitori, pronti ad asciugarlo adeguatamente, e Peter non si perse il modo impacciato con cui l’Alpha continuava a specchiarsi.
 
 

«Ditemi, Padrone, questa sera sarà speciale?» domandò il candelabro mentre saltellava verso la creatura; Derek, però, lo fissò confuso e tornò a fissare la propria immagine riflessa prima di sospirare rumorosamente.

«Certo che è speciale…» sussurrò prima di sollevare le zampe anteriori per permettere agli appendiabiti di continuare il processo di asciugatura.

«Lo amate?» Derek sgranò gli occhi e spalancò la bocca, del tutto impreparato a quella domanda; era innegabile che provasse dei forti sentimenti nei confronti dell’umano, qualcosa che mai prima di quel momento aveva provato, ma l’Alpha si chiese se quel dolce calore all’altezza del petto fosse riconducibile all’amore. D’altronde, lui cosa ne sapeva di quell’argomento? Era stato maledetto proprio a causa della sua incapacità di amare e la sua mente gli chiese se tutto quello che stava facendo fosse solamente frutto della convivenza forzata, sottolineando malignamente che forse nessuno dei due avrebbe prestato attenzione all’altro in circostanze diverse; ma poi, però, l’immagine sorridente di Stiles gli attraversò le iridi e senza volerlo la coda iniziò a oscillare mentre il cuore, finalmente, ordinava alla sua nemica di zittirsi «Lo amate.» concluse per lui il candelabro, ottenendo un piccolo accenno del capo in risposta «Glielo direte?» chiese ancora mentre un sorriso genuino gli tirava le labbra.

«Ma come?» sussurrò Derek prima di passarsi stancamente una zampa sul volto, il suo solito coraggio era sparito nel nulla e lui, nonostante tutto, per un attimo desiderò poter annullare tutto; quella prospettiva, però, gli fece formicolare spiacevolmente lo stomaco costringendolo a scuotere il capo e tornare a fissare il proprio servo «Che gli dico?» domandò appoggiandosi al lavandino con tutto il suo peso.

«Allora…» disse Peter con nonchalance «Dopo cena lo porterete fuori e gli mostrerete le stelle, allora gli direte “Ti amo!” e con un po’ di fortuna sarete ricambiato!» Derek sollevò un sopracciglio e sbuffò, tornando a rimirare la propria immagine.

«Sì…» borbottò dopo qualche attimo «Io gli dirò… Gli dirò…» un guaito gli abbandonò la gola nello stesso istante in cui le grosse zampe si posarono rudemente sul suo volto «Non posso farlo…» sussurrò disperato, facendo sospirare rumorosamente il candelabro.
 
 
Alla fine, la preparazione di Derek richiese più tempo del previsto sia a causa dell’umore nero della creatura che del folto pelo che, nonostante tutto l’impegno della servitù, non riuscì ad assumere un aspetto dignitoso e regale ma alla fine entrò nelle proprie stanze e sgranò gli occhi; lì, ad avvolgere un manichino, si trovava il suo abito. La giacca blu, ornata con cuciture dorate, era posta sopra una camicia bianca e un panciotto color senape e al di sotto un paio di pantaloni neri; intento a vestirsi, Derek immaginò l’abito che avrebbe indossato Stiles stupendosi non poco quando si rese conto che, con qualsiasi cosa addosso, l’Omega sarebbe stato splendido…
 

 



 
***
 
 
È una storia, sai
Vera più che mai…
Solo amici e poi uno dice un “noi”…
Tutto cambia già…
 
 

Stiles sgranò gli occhi quando osservò le numerose candele che illuminavano il salone principale e sorrise nell’osservare le lunghe tende blu che, dal finestrone, avvolgevano le mura e le scale come un dolce abbraccio di velluto; guardandosi un attimo alle spalle, notando come Lydia e Alan gli sorridessero dolcemente, il ragazzo avanzò nel suo abito color crema e iniziò a scendere le scale mentre un sincero sorriso gli tirava le labbra e lì, in piedi sul pianerottolo che portava all’ala ovest, c’era Derek… La creatura lo osservava con gli occhi sgranati, vestito con un completo blu che risaltava sul suo manto scuro come la pece e Stiles lo trovò bellissimo; come lui, anche l’Alpha si guardò alle spalle e deglutì rumorosamente prima di iniziare la discesa.

E nel bel mezzo del pianerottolo, vestiti con gli abiti più sfarzosi che avessero mai visto, i loro occhi s’incontrarono; se qualcuno fosse stato presente in quel momento, nel vedere quell’incontro silenzioso, avrebbe pianto nel notare come i due ragazzi si fossero persi nel contemplare lo sguardo dell’altro. Qualcuno avrebbe visto l’amore nascere tra i loro piedi e avvolgerli dolcemente, legando le loro anime in un intreccio unico e solo loro; neanche quando s’inchinarono leggermente, come desiderava la tradizione, quell’atmosfera svanì e non appena le loro mani si strinsero una scintilla si propagò nel castello, riverberando negli animi di tutti gli abitanti e facendoli sospirare rumorosamente perché in quella sala, in quella serata, il loro padrone aveva imparato ad amare…
 
 

 
È una realtà che spaventa un po’!
Una poesia piena di perché e di verità…
 

 
La cena procedette lentamente tra le varie portate che Chris aveva preparato e, almeno in apparenza, tutta la sala era rotta solamente dallo stridio delle posate contro la ceramica; Alan, Peter e Melissa, posti in disparte per evitare di intromettersi eccessivamente, continuavano a lanciarsi degli sguardi intristiti visto che, a differenza di quanto ipotizzato, i due ragazzi non avevano aperto bocca da quando si erano incontrati sulle scale. Non un commento sugli abiti, sulla cena o sul tempo. Niente di niente. L’orologio sbuffò sonoramente e scosse appena il capo, maledicendo se stesso per non aver impedito al collega di aver elaborato il piano, ma poi Peter attirò la sua attenzione e lo costrinse a sollevare lo sguardo verso i due e solo allora, stupendosi per la sua stupidità, Alan notò. Stiles e Derek, nonostante i movimenti attorno al tavolo e la presenza degli appendiabiti intenti a suonare i violini, non avevano smesso un attimo di guardarsi di sottecchi, sussultando di tanto in tanto quando quelle occhiate venivano ricambiate; in quelle occasioni un genuino sorriso si dipingeva sulle labbra del ragazzo, mentre un delicato rossore gli imporporava le guance, ma per Derek le reazioni erano diverse… La creatura oscillava la coda con forza, le orecchie ben tese e, se fosse possibile, i tre servi si convinsero che la lingua del loro padrone starebbe penzolando allegramente al lato delle fauci spalancate.

Quel momento d’idillio fu però interrotto dal cambio della musica che passò da un tenue e rilassante motivo di accompagnamento alla cena a una vera e propria canzone da sala; nessuno si stupì, quindi, quando Stiles si alzò da tavolo e raggiunse Derek, esortandolo a sollevarsi e seguirlo nella sala da ballo finalmente riaperta al pubblico.

Lì, sistemato in un angolo appartato, primeggiava un meraviglioso pianoforte a coda; non fu difficile per i tre servi entrare di straforo nella stanza e sistemarsi sullo strumento musicale, gli sguardi incollati ai due ragazzi che passeggiavano tranquillamente per la sala.
 
 

 
Ti sorprenderà…
Come il Sole a est…

Quando sale su e spalanca il blu…
Dell’immensità!
 
 

Un risolino abbandonò le labbra di Peter quando notò il modo impacciato con cui il suo padrone stringeva le mani del ragazzo e, il candelabro poté giurarci, le guance della creatura si colorirono di rosso quando l’altra zampa afferrò delicatamente il fianco delicato dell’umano; Stiles, dal canto suo, sorrise nei confronti di Derek che, fattosi coraggio, gli leccò dolcemente una guancia nivea e quando la musica del piano accompagnò i violini i due iniziarono a danzare per la sala, incuranti del mondo esterno e della servitù che li stava guardando.

Piedi e zampe si muovevano armoniosamente contro il lucido pavimento della sala e nonostante tutto, i loro sguardi non riuscivano a staccarsi l’uno dall’altro; la stretta di Derek aumentò appena, desideroso di poter far sentire all’altro il tumulto emotivo che provava nel proprio petto, ma Stiles gli sorrise e appoggiò la testa contro il suo petto.

Ormai le danze sembravano essersi fermate, visto che i due rimasero immobili a oscillare pigramente sul posto e neanche si accorsero delle luci soffuse che le candele sprigionavano, le quali conferivano all’atmosfera una magia surreale e romantica; eppure, nonostante la musica che scemava nota dopo nota, nessuno si rese conto delle due anime che ripresero a ballare dolcemente per la sala, in un valzer tutto loro che avrebbe sfidato il tempo e lo spazio, il giorno e la notte, la vita e la morte. Tutto pur di rimanere insieme a ballare.
 
 

 
Stessa melodia…
Nuova armonia…
Semplice magia…
Che ti cambierà, ti riscalderà…
 
 

«Sei bellissimo…» ruppe il silenzio Derek prima di carezzare dolcemente la guancia del ragazzo, gioendo di quel contatto così effimero; Stiles, dal canto suo, si poggiò maggiormente contro il caldo palmo dell’altro e sorrise emozionato, innamorato.

«Anche tu…» sussurrò in risposta prima di bloccarsi, il cuore scosso da un fremito di passione che non sembrava volerlo abbandonare; qualcosa nello sguardo di Derek mutò, venendo acceso da qualcosa di diverso, unico, che l’Alpha era convinto di non provare mai.

«Posso baciarti, Stiles?» sussurrò improvvisamente la creatura e Stiles, sussultando, si rese conto che , desiderava ardentemente poter condividere con quella creatura bizzarra ma non mostruosa il suo primo bacio, gli era servito del tempo e un attacco di lupi per capirlo ma alla fine Stiles trovò il vero Derek; deglutendo sonoramente, si umettò le labbra e annuì.
 
 

I corpi si fermarono, i cuori preferirono proseguire la loro corsa forsennata, e poco a poco i loro volti si avvicinarono; Stiles percepì il calore dell’Alpha e desiderò perdersi in esso, farsi avvolgere da quelle forti braccia per tutto il resto della vita. Derek, invece, fu inebriato del meraviglioso odore dell’Omega, desiderando con tutto se stesso di poterlo percepire a ogni risveglio della sua vita…

Le palpebre calarono lentamente sugli occhi mentre i due si avvicinavano ancor di più e alla fine, simili al battito d’ali di una farfalla appena nata, le labbra di Stiles si posarono sulla calda pelliccia di Derek mentre la lingua di quest’ultimo saggiava dolcemente quella pelle tanto bramata.
 
 

 
Quando sembra che non succeda più…
Ti riporta via, come la marea, la felicità…
 
 
 

Non fu un bacio bagnato o profondo, un semplice sfregamento di labbra contro pelliccia con, ogni tanto, la calda lingua della creatura che lo carezzava; senza volerlo, quei tocchi si ripeterono più volte mentre gli abiti venivano stropicciati dal loro abbraccio. Il fiato caldo di Derek gli carezzò il volto, solleticandoglielo, e Stiles sollevò appena le palpebre, scontrandosi con la cosa più bella che avesse mai visto; gli occhi dell’Alpha erano lucidi, appena velati da un accenno di lussuria, ma così chiari e magnetici da strappargli il respiro.
 
 

 
Ti riporta via, come la marea, la felicità…
 
 

Lentamente i loro volti si staccarono, facendogli scorrere uno spiacevole brivido lungo la schiena, e nonostante il loro bacio non fosse stato nulla di eclatante, viste le difficoltà anatomiche, a entrambi mancava il fiato; le guance di Stiles erano rosse come le ciliegie più mature, le orecchie di Derek bollenti, ma ciò che catturò maggiormente l’attenzione dell’altro era lo sguardo reso liquido, brillante e seducente da quel gesto apparentemente effimero ma che, in realtà, aveva sancito l’inizio di qualcosa di molto più importante.

Deglutendo rumorosamente, Stiles si ritrovò a stringere le zampe della creatura mentre alcuni appendiabiti aprivano la grande finestra posta sul fondo della sala, attirando la loro attenzione; non ci vollero parole o richieste inutili, né sguardi dubbiosi, ma bastò solamente quella stretta alla zampa di Derek per far capire a entrambi cosa fare. Lentamente, temendo di poter rompere quel sogno romantico, i due uscirono dal castello e furono investiti dalla gelida aria di dicembre che, almeno un poco, calmò il calore che percepivano sul volto; il cielo stellato fu bellamente ignorato dai ragazzi che, a dispetto di tutto e tutti, si sedettero sulla fredda panchina in marmo e si sorrisero a vicenda con gli sguardi legati prima di sciogliere la presa tra le loro mani.

Improvvisamente, come una secchiata d’acqua gelida su un corpo bollente, giunse l’imbarazzo di quello che era appena accaduto; Stiles iniziò a grattarsi la nuca, l’attenzione immediatamente catturata dalle piante in vaso poste alla sua sinistra, mentre Derek preferiva tormentarsi la coda, gli occhi puntati distrattamente alla sala che conservava ancora il loro odore e il ricordo del loro primo bacio.

Deglutendo rumorosamente, l’Alpha sospirò e si voltò verso il ragazzo che gli sorrise immediatamente prima di ridurre l’esigua distanza presente tra loro; Stiles gli carezzò la mascella lupina prima di calare dolcemente la mano lungo la gola di Derek, fermandola poi sul suo cuore impazzito.
 
 

«Stiles…» sussurrò improvvisamente Derek, attirando su di sé l’attenzione dell’Omega che, immediatamente, sollevò lo sguardo e lo puntò in quello della creatura «Tu… Sei felice qui? Nel castello? Con… Me?» chiese l’Alpha, l’animo tormentato da una possibile negazione che, ne era certo, gli avrebbe distrutto il cuore; Stiles, però, ridacchiò e gli diede un fugace bacio contro la bocca prima di tornare ad accarezzargli la guancia.

«Sì…» disse immediatamente ma poco dopo un alone di tristezza gli invase lo sguardo, costringendolo ad abbassare leggermente il volto; un sospiro rumoroso gli riempì i polmoni mentre Derek, sopraffatto da quella visione, decise che avrebbe fatto tutto quel che era in suo potere pur di evitare che Stiles fosse triste per qualsiasi motivo al mondo. Così, dopo avergli afferrato dolcemente il mento e averlo costretto a sollevare il capo, riallacciando così i loro sguardi, parlò.

«Cosa c’è? Posso fare qualche cosa?» la domanda dell’Alpha lo lasciò spiazzato e Stiles si ritrovò ad artigliargli la giacca costosa prima di far fuggire un piccolo, disperato singhiozzo dalle proprie labbra; una lacrima solitaria abbandonò i suoi occhi e percorse placidamente la guancia, fermandosi a causa della zampa di Derek che ne frenò la corsa.

«Mio padre…» svelò il ragazzo singhiozzando ancora più forte, incurante di star mostrando il fianco all’Alpha «Oh, Derek! Sono così preoccupato per questo suo comportamento, non è dai lui ignorarmi…» sussurrò tuffando il volto contro il petto della creatura, bagnando il morbido tessuto del fazzoletto con le proprie lacrime «Vorrei tanto vederlo per qualche minuto, solo una volta, e sincerarmi che stia bene…» disse tra un singhiozzo e l’altro; Derek lo strinse con forza e sospirò rumorosamente, indeciso sul da farsi, ma all’improvviso un’idea gli balenò in mente.

«Forse c’è un modo…» disse la creatura mentre scostava delicatamente il ragazzo dal suo petto; Stiles tirò su con il naso e si asciugò le lacrime con le maniche della giacca «Vieni con me.» disse rialzandosi e rientrando nella sala da ballo.
 
 

Non ci volle molto per raggiungere l’ala ovest e, se Stiles fosse stato in uno stato emotivo più stabile, di certo non si sarebbe perso i numerosi cambiamenti che quella parte del castello aveva subito; purtroppo, però, l’Omega era troppo impegnato a trattenere i singhiozzi e le lacrime per poter osservare l’ambiente e prima che se ne rendesse conto entra entrato nella stanza di Derek, la quale assomigliava finalmente a una vera camera da letto.

I mobili rotti erano spariti, sostituiti dalla migliore mobilia che avesse mai visto, ma la sua attenzione venne catturata da un bagliore rosato, lo stesso che aveva lo attirato quella lontana notte di paura; la rosa, però, pareva pronta a morire visto che la corolla era praticamente piegata verso il basso e rimanevano solamente tre petali a quel fiore morente.
Derek, deglutendo, afferrò lo specchio posto vicino alla campana di vetro e lo passò al ragazzo che, lanciandogli uno sguardo confuso, afferrò il manico in metallo e osservò attentamente l’oggetto.
 
 

«Questo specchio magico può farti vedere ciò che vuoi, ti basta chiederglielo.» gli spiegò Derek con una calma e la dolcezza che non credeva di avere; si rifiutava di far incontrare personalmente padre e figlio, principalmente a causa della reazione paterna che per altro, ma si sentiva perfettamente pronto a raccogliere i cocchi del cuore del piccolo Omega qualora fosse stato necessario. Stiles deglutì e fissò la propria immagina riflessa prima di parlare.

«Per favore, mostrami mio padre…» lo specchio gli vibrò tra le mani mentre dei fasci verdi iniziarono a scorrere tra la montatura, distorcendo l’immagine del giovane fino a farla scomparire del tutto; Stiles sgranò gli occhi e percepì il fiato morirgli in gola mentre osservava il padre camminare per una tormenta di neve, la pelle pallida e le labbra bluastre a causa del freddo «Papà!» esclamò il ragazzo scoppiando in lacrime «È in mezzo alla neve, forse è ferito o ammalato! E io non sono con lui! Oh, padre mio…» singhiozzò portandosi lo specchio al petto, lacrime che correvano copiose sul suo volto distorto dalla tristezza; devastato dal dolore e dall’impotenza, Stiles si perse sia lo sguardo che gli rivolse Derek che la carezza donata alla campana in vetro.

«Va da lui…» sussurrò la creatura percependo la propria anima dilaniata dal dolore di quelle parole.

«Che cosa?» chiese uno sconvolto Stiles, avvinandosi di qualche passo all’Alpha che sospirò nuovamente «E il mio patto?» domandò in apprensione.

«Hai onorato il tuo debito…» gli rispose Derek cercano di calmare i singhiozzi che minavano il suo respiro «Non sei più mio prigioniero, sei libero…» disse voltandosi verso l’Omega e trovando il coraggio gli carezzargli il volto con una delicatezza surreale per una bestia come lui «Corri da lui…» disse prima di leccargli dolcemente le labbra, mozzandogli il respiro.

«Grazie! Grazie mille, molte grazie!» urlò Stiles ma, appena provò a restituirgli lo specchio, le zampe di Derek si posarono sulle sue mani e lo bloccarono.

«Tienilo…» sussurrò con lo sguardo carico di disperazione «Così potrai sempre guardare indietro e ricordarti di me…» una singola, solitaria lacrima abbandonò gli occhi di Derek a quelle parole, perdendosi in quell’oceano di pelo scuro; Stiles non riuscì a prestare più attenzione a nulla se non alle indicazioni che Derek gli fornì per trovare il padre nel minor tempo possibile e quando abbandonò l’ala ovest, Derek si affacciò la finestra e attese che l’amato abbandonasse il castello insieme al suo cuore, incurante addirittura dell’arrivo di un festoso Alan.

«Allora? Avanti, Padrone, parlate!» chiese l’orologio, incurante del tumulto interiore che gli stava distruggendo l’anima.

«L’ho lasciato andare…» sussurrò distrutto mentre iniziava a piangere, il petto scosso dai singhiozzi e il cuore che poco a poco si lacerava per quel dolore inimmaginabile che continuava a devastargli il petto.

«Beh… Certo che… COSA?!» esclamò Alan sgranando gli occhi «Perché?!» domandò rivolto alla schiena della creatura.

«Perché io… Lo amo…» rispose con naturalezza Derek mentre un singhiozzo gli mozzava il fiato.
 
 

Quando Stiles, coperto dalla mantella rossa che l’aveva visto entrare in quella nuova avventura, abbandonò il castello a cavallo del fidato Roscoe un ruggito di dolore abbandonò la gola di Derek, riecheggiando nell’aria e riverberando nei cuori di tutti coloro che ascoltarono quel grido disperato, incrinandolo a causa di quell’uomo distrutto che chiedeva aiuto; perfino la Luna, nella sua placida imperturbabilità, parve tremare sotto la potenza di quel dolore e improvvisamente tutto il mondo tacque, le orecchie rese sorde da quell’urlo che aveva fatto stramazzare Derek sul pavimento della propria stanza.
 
 


Note finali: ebbene sì, c’è anche la scena della liberazione di Stiles; devo ammettere che nel Classico il ruggito della Bestia mi ha sempre fatto piangere, me la immaginavo riversa a terra mentre piangeva e spero di aver reso almeno in parte i sentimenti provati. Nel remake c’è una canzone ma devo dire che non mi piace affatto, sarà che il personaggio è stato scritto abbastanza male o che tutto il film non mi ha fatto impazzire ma boh… Ho preferito rimanere federe al Classico Disney del ’91.

Che mi dite del capitolo? Piaciuti i Point of View di Theo e Noah? E la scena della biblioteca? E quella del ballo? Insomma, che mi dite su quest’aggiornamento? È stato di vostro gradimento oppure vi ho disilluso?

Siamo in dirittura d’arrivo gente, mancano tre capitoli all’epilogo e io non vedo l’ora!

Come sempre prima di salutarvi vorrei ringraziarvi con tutto il cuore per aver letto il precedente capitolo, un abbraccio caloroso a tutti quelli che hanno inserito la storia in una delle categorie di EFP e soprattutto vorrei ringraziare Fata_Morgana 78 e linn86 per aver recensito lo scorso capitolo. Vi adoro ragazze!

Inoltre, vorrei ringraziare tutti coloro che hanno letto quella follia di TG Wolf, quelle splendide persone che l’hanno aggiunta in una delle categorie di EFP e soprattutto un ringraziamento speciale va a iruy_99 per averla recensita. <3
 

Ci vediamo al prossimo aggiornamento!
 

Babbo Dark


 
   
 
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