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Autore: Minako_    25/04/2020    5 recensioni
Sonoko, fra il frastornato e il dubbioso, la guardò mentre lanciava occhiate nervose alla porta, per poi veder far capolino sul suo viso un rossore incontrollabile. La biondina si girò e vide Shinichi sulla porta, entrare a testa bassa e dirigersi senza guardarla al suo posto. Esausta, alzò gli occhi al cielo, prendendo posto anch’essa.

Io non li capirò mai.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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WITHOUT WORDS.
verità.
 

« Mi sembra che vada tutto bene ».
Shinichi prestò la sua attenzione al ragazzo che aveva accanto, mentre scrutava curioso l’enorme sala nella quale erano appena entrati.
« Riguardo cosa? », domandò distratto, notando lo sfarzo e il decorazioni assolutamente pacchiane con cui Sonoko aveva allestito la location del suo compleanno.
« Beh, tutto », spiegò Heiji con una alzata di spalle.
« Da quando sei tornato normale, mi sembra che tutto sia andato al suo posto, no? ».
Shinichi sorrise piano, guardando il suo amico. Visto che il dress code di quella serata richiedeva abiti eleganti da cerimonia, si era infilato in un completo scuro che, notò, stava detestando. Lo vedeva a disagio, e continuava ad allentarsi sempre un po’ di più la cravatta intorno al collo. No, non era il genere di abbigliamento che Heiji Hattori amasse, e non si faceva problemi a darlo a vedere.
« Sì, stranamente sta andando tutto bene », confermò pensieroso.
« Il lavoro? », chiese Heiji, mentre si mettevano da un lato della sala un po’ appartati dal resto degli invitati, che stavano arrivano piano piano.
« Collaboro sempre con la centrale di polizia. Sto evitando di prendere lavori da solo o che non conosco, preferisco sempre partecipare con qualcuno », fece una smorfia.
« Sai, l’ultima volta che ho agito da solo non mi è andata molto bene ».
« No, decisamente no », rise Heiji, sbottonandosi il primo bottone della sua camicia nera.
« E l’FBI? Hai più avuto contatti con loro? », tornò improvvisamente serio. Shinichi si guardò un po’ intorno, e quando appurò che non c’erano orecchie indiscrete, iniziò a parlare sottovoce.
« Li sento ogni tanto, a quanto pare c’è ancora qualche cellula attiva. Niente di che », si affrettò ad aggiungere quando notò che Heiji aveva aggrottato la fronte.
« Piccoli nuclei che sono sopravissuti e stanno stanando uno alla volta. Poi Ai collabora ancora per via dell’antidoto ».
« Non è ancora riuscita a trovare la formula corretta? », Heiji alzò un sopracciglio.
« No, c’è sempre qualcosa che non funziona come dovrebbe. Il miglior prototipo che è riuscita a formulare è durato quarantotto ore, non di più », spiegò piano, fissando attentamente chiunque gli passasse affianco.
« Ma lei come farà? Se non trova l’antidoto, ecco », domandò l’amico confuso.
« Lei non vuole prenderlo », l’espressione di Shinichi si fece grave. « Lo sta creando per altri che ne hanno bisogno, non per lei ».
Heiji sbatté più volte gli occhi, quasi sotto shock.
« Vuoi dirmi che farà finta di essere Ai Haibara per tutta la vita? », biascicò sconvolto, iniziando a sbottonarsi anche i bottoni che aveva sui polsi, per tirarsi su le maniche.
« Non sta facendo finta, ormai », sospirò Shinichi, ma si interruppe quando un cameriere porse loro un bicchiere di vino.
« Lei ha deciso di essere Ai Haibara ».
« Ma perché? », davvero Heiji pareva non farsene una ragione, mentre beveva un sorso.
« Non ha mai avuto una vera infanzia », alzò le spalle Shinichi, d’un tratto nervoso. « Ha detto che vuole ricominciare da capo ».
Heiji parve per un momento soddisfatto della spiegazione, e scese uno strano silenzio fra loro. Solo dopo altri due lunghi sorsi, si mise a fissare Shinichi con un sorriso sbieco. Quest’ultimo se ne accorse, e lo guardò alzando un sopracciglio, come a chiedergli cosa stesse pensando.
« Se non fosse successo tutto quel casino, ora starei parlando ancora con Conan ».
Shinichi imitò il suo sorriso, scuotendo la testa come rassegnato.
« Lo so », disse solo in tono amaro. « Assurdo, vero? Gin mi ha ridotto così, e con quel proiettile mi ha fatto tornare normale », il suo sorriso non era per niente allegro.
« Hai rischiato di morire, però, per quel proiettile », puntualizzò Heiji, con un brivido lungo la schiena.
« Ho smesso di contare le volte in cui ho rischiato di morire, nell’ultimo anno », fece una smorfia, mettendosi a fissare il bicchiere perdendosi in chissà quali pensieri. Heiji si accorse del suo improvviso cambio di umore, e si pentì di aver iniziato quel discorso. Lo guardò meglio e mai come in quel momento lo vide quasi stanco.
« Dai, dai, tutto si è sistemato », gesticolò, sperando di distrarlo. « Sei riuscito perfino a sistemare le cose con Ran! Mi sembra che vada tutto bene fra voi ora, no? », disse tutto d’un fiato.
Shinichi arrossì un po’, guardandolo di sbieco.
« In realtà, non c’è mai stato un momento in cui sia andata male… », iniziò lentamente.
« Dopo aver parlato e chiarito, lei non mi ha mai fatto pesare niente », era nuovamente pensieroso, mentre guardava lontano con un sorriso storto.
« Sai, tutto ciò che ho sempre pensato… è sempre stato tutto sbagliato. Io ho sbagliato », la sua voce si fece un sussurro grave, ed Heiji lo guardò sorpreso, non osando ribattere.
« Le ho mentito per così tanto tempo per proteggerla, e poi cosa ho fatto? », rise senza allegria. « Mi sono dichiarato. Ragion per cui, quando hanno dovuto scegliere qualcuno da torturare, chi meglio della mia ragazza? ».
Heiji deglutì, lo stomaco improvvisamente chiuso.
« Loro lo sapevano. Sapevano che facendo del male a lei, ne avrebbero fatto a me ».
« Shinichi, quel proiettile era per te, non per lei. Lo hanno detto i poliziotti, Gin deve aver mirato male e- ».
Shinichi scoppiò a ridere, scuotendo le spalle come scosso da una scarica invisibile.
« Heiji, lo sai tu come lo so io. Gin non ha sbagliato un bel niente. Lui ha mirato a lei, a lei soltanto. Uccidendo Ran, avrebbe preso due piccioni con una fava. Morta lei, sapeva che sarei morto anche io, nel peggiore dei modi. Perché da un proiettile uno si riprende, magari gli rimane una bella cicatrice », si toccò d’istinto la schiena. Heiji fece una smorfia: quel pomeriggio l’aveva notata come tutti gli altri, quella evidente cicatrice sulla schiena, mentre era in costume. Nessuno aveva osato dire niente, ma non per quello Shinichi non si era accorto dei loro sguardi apprensivi addosso.
« Ci vuole tempo perché cicatrizzi, ma dimmi: come mai mi sarei ripreso dalla morte di Ran, sapendo che era solo colpa mia? ».
Heiji si zittì, pensieroso. Tutto ciò che stava dicendo, lo stava scuotendo così gravemente da lasciargli poco fiato. Gli mancava il respiro, mentre la voce di Shinichi andava avanti, così lenta e quasi rilassata, come se avesse realizzato così tante volte quelle informazioni da averle accettate e assimilate con serenità.
« La verità è che avrei dovuto lasciarla andare tempo fa ».
A Shinichi tremò un poco la voce, mentre prendeva un altro sorso di vino. Aveva la gola secca.
« Quella sera, a Londra, avrei dovuto dirle di smetterla di cercarmi, sentirmi. Che per me lei era solo un’amica, che avrebbe dovuto dimenticarmi, perché non ricambiavo i suoi sentimenti. Come Conan, sarei dovuto andare a vivere con i miei genitori e indagare con loro e l’FBI. Invece l’ho quasi sacrificata, solo per puro egoismo ».
« Smettila ora! », sbottò Heiji. « Hai ragione, forse hai sbagliato qualcosa », in realtà si rese conto che il suo amico aveva sbagliato parecchie e delicate volte, ora che glielo stava sbattendo davanti agli occhi.
« Ma cazzo, amico, hai sbaragliato l’Organizzazione criminale più pericolosa del Giappone! », i suoi occhi lanciavano scintille.
« Abbiamo, Heiji », lo corresse Shinichi, guardandolo intensamente.
« Non dovresti colpevolizzarti così », Heiji continuò imperterrito, quasi non notando ciò che aveva appena detto Shinichi.
« Invece sì », rispose l’altro sereno. « Mi è servito da lezione, Heiji. Ero solo uno stupido ragazzino pieno di sé, che si credeva migliore di tutti gli altri. E invece guarda un po’… un colpo in testa, una pastiglia e in soli dieci minuti sarei sparito nel nulla ».
Non gli aveva mai parlato così a cuore aperto, ed Heiji ne rimase colpito nel profondo. Perfino quando si era risvegliato in ospedale e avevano discusso della faccenda, non si era aperto così. Probabilmente perché era ancora troppo scosso e non si era reso realmente conto di ciò che fosse successo. Capì che in quei mesi doveva aver rimuginato davvero tanto su tutta la vicenda, e se lo conosceva almeno un po’, del tutto discretamente e da solo, senza sfogarsi o coinvolgere nessuno. Shinichi non brillava per espansività.  
Deglutì, cercando nella sua testa qualcosa da dire per smorzare quell’atmosfera così tesa. Ma prima che potesse pronunciare qualcosa, Shinichi lo precedette.
« Dai, non fare quella faccia », fece una risata. « Forse non dovevo dirti tutte queste cose », acchiappò nervoso altri due bicchieri da un cameriere che passava lì vicino. Tolse di mano quello di Heiji, ormai finito, e gli porse quello nuovo.
« Dopotutto, questa è la tua serata, no? », alzò il calice come a voler brindare. Heiji lo fissò sconcertato per un attimo, per poi arrossire quando si rese conto a cosa stesse alludendo.
« Non intendo brindare », borbottò. « Porta male brindare prima », spiegò infine.
Shinichi ridacchiò, abbassando il bicchiere e prendendone un sorso, una parte del suo cervello ancora perso a ricordare mesi lontani…

 

Sei mesi prima


Shinichi aprì gli occhi, rimanendo per un momento disorientato. Il fastidioso odore di disinfettante lo riportò, però, presto alla realtà. Con un sospiro riconobbe la camera da letto dell’ospedale, dove ormai si era risvegliato da qualche giorno. Riusciva finalmente a respirare senza bisogno dell’ossigeno, aveva ripreso a camminare ma si sentiva ancora irrimediabilmente debole. Lo stavano riempiendo di flebo e medicine, e sperava ardentemente di poter rimettersi sulle sua gambe da solo. Dopo pochi passi, se non c’era il medico di turno a tenerlo su, rischiava di cascare per terra come un bambino.
Patetico.
Fece una smorfia, prendendo la bottiglietta dell’acqua sul tavolino pieghevole al suo fianco. Ne bevve un lungo sorso, lanciando continue occhiate all’orologio appeso di fronte a lui.
Erano le otto e cinquantaquattro, e le visite iniziavano da lì a cinque minuti.
Negli ultimi giorni erano andati a trovarlo praticamente tutti, e aveva avuto poche occasioni per vedere Ran dopo ciò che gli aveva detto il giorno in cui si era svegliato. Arrossì al ricordo, sputacchiando un po’ d’acqua.
Ogni inizio di orario di visita sperava che comparisse lei da quella porta, ma purtroppo i medici erano stati categorici: uno alla volta, non dovevano stancarlo in alcun modo.
Fu così che si susseguirono i suoi genitori, Heiji, il dottor Agasa, e Ai.
Deglutì al ricordo, mordendosi un labbro. Era stata da lei il pomeriggio prima, e ciò che gli aveva detto lo avevano turbato per tutta la notte.
Gli aveva spiegato come con tutto il sangue che aveva perso, e le continue trasfusioni di quel momento, probabilmente il veleno dal suo corpo era per la maggior parte sparito. Quel poco rimasto, debole e diluito, era stato finalmente sconfitto dal suo sistema interno. Erano stati a parlare per un po’ di cosa era successo, e infine, quando gli aveva chiesto come avrebbe fatto a risalire all’antidoto con tutti i file dell’Organizzazione andati persi nell’assalto, lei aveva fatto spallucce.
Ci lavorerò ancora, per chi ne ha bisogno. Mi hanno detto che non siamo gli unici, ad esserci rimpiccioliti. Ma non ho tutta questa fretta, egoisticamente parlando.
Gli aveva ammesso di non avere nessuna intenzione di tornare adulta e, sotto lo sgomento di Shinichi, lei infine gli aveva sorriso di sbieco. Ci aveva pensato e rimuginato tutta la notte, ma davvero non capiva come potesse voler rimanere intrappolata in quel corpo.
Con uno sbuffo, gettò giù le gambe lentamente, e appoggiandosi alla scrivania cercò di mettersi in piedi. Allungò titubante le gambe, sperando che queste riuscissero a sostenerlo. La schiena gli faceva davvero male, ma provò a non farci caso. L’ultima cosa che voleva era farsi accompagnare al bagno da una qualche infermiera di turno. Trascinandosi, riuscì ad aprire la porta del bagno e vi entrò. Quando accese la luce e si guardò allo specchio, fece una smorfia di disgusto.
Era tremendo.
Pensò che non fosse mai stato così pallido, e il contrasto con i suoi capelli neri rendeva quel colorito ancora più malato. Aveva profonde occhiaie, e le labbra secche. Con un gemito alzò la maglia del pigiama, constatando quanto fosse dimagrito.
Devo assolutamente tornare ad allenarmi.
Lasciò ricadere il pigiama, e si appoggiò al lavandino per lavarsi la faccia. Voleva sì, rivedere Ran, ma il pensiero di farsi vedere in quello stato da lei lo intimidiva.
Non fai più lo sbruffone ora, vero?
Pareva passato una eternità da quando sentiva le ragazzine ridacchiare al suo passaggio, additandolo e ridacchiando nervose. Sorrise amaramente, bagnandosi la faccia con dell’acqua fredda.
Se ti vedessero ora, altro che lettere d’amore…
Dopo aver cercato di sistemarsi un po’ la faccia, uscì dal bagno ma quando alzò lo sguardo, sobbalzò.
Ran lo stava guardando apparentemente nervosa, tenendo fra le mani la sua borsetta e torturandola. Alla sua vista, Shinichi sgranò gli occhi.
« Non dovresti essere in piedi da solo! », esclamò agitata lei, camminando a passi spediti verso di lui.
« Sono solo andato in bagno », borbottò lui, distogliendo lo sguardo. Ma lei non gli diede peso, e gli mise un braccio intorno alla vita.
« Appoggiati », gli ordinò con voce perentoria, e lui con uno sbuffo gli passò un braccio sulle spalle, cercando di non pesarle troppo. Non volle ammetterlo, ma riuscì a camminare decisamente meglio.
Non si rese conto che Ran, quando lo cinse col braccio, trasalì lievemente. Lo sentì così esile e magro che la lasciò sgomenta, ma cercò di non darlo a vedere. In totale silenzio, lei si diresse verso il letto, ma quando lui capì il suo intento, si bloccò.
« Il letto no », borbottò. « Non ne posso più, davvero ».
« Non puoi sederti sulla sedia, è troppo dura », contestò Ran, e riprese a camminare. Lui alzò gli occhi al cielo e quando infine si sedette sul letto, le lanciò uno sguardo contrariato.
« Smettila », disse lei, togliendosi la borsa a tracolla e prendendo la sedia lì accanto per sedersi lei.
« Cammini da solo, vuoi sederti qui… devi smetterla di fare di testa tua ».
Shinichi abbassò gli occhi, sentendosi improvvisamente colpito allo stomaco da quella sua frase. Ci aveva trovato davvero tanti, troppi doppi sensi. O forse era solo lui che aveva la coscienza sporca?
Scese il silenzio fra loro, mentre Ran lo guardava mordendosi un labbro. Non lo vedeva da quando si era risvegliato, seppur ogni giorno fosse andata lì per informarsi sulla sua salute. Lo salutava sempre tramite chi entrasse, a parte Ai. A lei non lo aveva chiesto.
Dopo un tempo infinito, cercò un argomento a cui collegarsi per rompere quel silenzio teso.
« Hai mangiato qualcosa? », domandò vaga.
Lui alzò finalmente lo sguardo su di lei, con il viso teso e serio.
« Ran, non ce n’è bisogno », mormorò.
Lei lo guardò corrugando la fronte, e lui sospirò.
« Non c’è bisogno di far finta di niente. Possiamo parlarne, se vuoi ».
Ran trasalì, mentre distoglieva lo sguardo come colpita da una scossa. Non si aspettava che lui andasse dritto al punto, seppur per così tanto tempo lei avesse pensato a quell’esatto discorso.
« Non oggi », sentenziò a bocca asciutta.
« Perché no? », chiese lui battendo un piede nervosamente a terra.
« Perché non è il momento, e tu hai bisogno di riposare », spiegò impaziente.
« Non sarà mai il momento giusto », sbottò Shinichi nervosamente. « E mi stanco di più a rimuginarci sopra. Ho bisogno di spiegarti tutto Ran, davvero. Dammene la possibilità ».
Ran si morse un labbro, prendendo tempo. Aveva aspettato così tanti giorni per passare finalmente del tempo con lui, che quasi fu delusa quando capì che quel discorso sarebbe dovuto saltare fuori, prima o poi. Ma aveva ragione Shinichi: prima ne parlavano, prima potevano davvero ricominciare da zero.
Zero è dove tutto ha inizio! Se non si parte da lui, niente potrà mai esistere e nulla potrà mai essere raggiunto!
Cercò di focalizzare la sua attenzione sul ragazzo che aveva di fronte, seduto malamente su quel letto di ospedale, e non su quello che le si era dichiarato sotto il Big Ben. Ripensando a quel momento, e a quel Shinichi davanti a sé, potè notare quanto fosse diverso ora. Lui era lì, così magro, stanco, dolente. E lei ora sapeva la verità.
Tutta, la dolorosa verità.
« Tua madre mi ha spiegato a grandi linee », bofonchiò lei titubante.
« Voglio spiegartelo io », ripetè deciso lui.
Ran sorrise leggermente: poteva anche apparire fragile e debole, ma il suo temperamento era rimasto immutato.
Annuì piano, guardandolo in attesa. Lui parve pensare un attimo alle parole da dire e, dopo un attimo di esitazione, prese un bel respiro.
« Ovviamente avrai riconosciuto Gin e Vodka », dosava bene ogni parola, cercando di apparire sicuro di sé. In realtà, era terrorizzato.
« Sì… erano quegli uomini con noi sulle montagne russe a Tropical Land », mormorò Ran con voce incrinata.
« Esatto. Quando ho risolto il caso, tu eri ancora scossa e non ti sei accorta che Vodka era a poca distanza da noi », il pensiero di averla lasciata da sola mentre continuava a piangere lo lasciò per un attimo stordito. « Ma io sì. Ti ho detto di andare avanti, e l’ho seguito ».
Sospirò pesantemente, e distolse l’attenzione da lei. Iniziò a guardarsi i piedi, e continuò a raccontare.
« Ho ascoltato mentre faceva affari loschi con un uomo, che gli stava consegnando dei soldi. Ero così concentrato su loro due, che non mi sono accorto di Gin », si morse un labbro.
Ran trattenne per il fiato un attimo, stringendo i pugni in grembo.
« Mi ha sorpreso alle spalle », mormorò con voce colpevole. « Mi ha colpito alla testa così forte che sono svenuto, e da lì in poi non ricordo più nulla. Ricordo solo quando mi sono svegliato, e tutti mi chiedevano quanti anni avessi, in che classe delle elementari andassi ».
Ran chiuse gli occhi, il cuore che cominciava a pomparle incessantemente nel petto. Un conto era stato sentire la storia da Yukiko, un altro conto era ascoltarlo da Shinichi. Ogni parola pronunciata da lui era una coltellata nel cuore.
« Mi hanno portato alla polizia, ma sono riuscito a scappare. Ho pensato di rispondere alle tue telefonate », sospirò. « Ma non sapevo come dirtelo », ammise.
« Alla fine, ho incontrato il dottor Agasa… gli ho spiegato tutto, e in quel momento sei arrivata tu ».
Ran poteva ancora ricordarsi la sensazione opprimente che gli fosse successo qualcosa; la paura, l’apprensione che aveva provato quando non gli aveva risposto al telefono. E quella corsa sotto la pioggia fino a raggiungere casa sua, completamente ignara di cosa fosse accaduto in quelle ore.
« Non ero preparato, non sapevo cosa avrei dovuto fare », continuò lui alzando di un tono la voce.
« E quando sei entrata cercandomi, il dottor Agasa mi ha detto di mentire. Meno persone sapevano di me, più persone erano al sicuro da quei due uomini », gli uscì una risata amara. « All’epoca, ero totalmente ignaro che tutto non si sarebbe risolto con loro due, ma che dietro c’era molto di più da scavare sul loro conto ».
« Quando mi hai trovato, dietro quella scrivania… non sapevo davvero cosa fare », confessò con tono stanco.
« Tu non mi hai riconosciuto, e per un attimo mi sono sentito sollevato. E guardandomi intorno, quel nome mi è uscito di bocca prima di rendermene conto ».
« Conan Edogawa », rise amaramente Ran.
« Sì », replicò Shinichi sottovoce. « Conan ».
 Scese nuovamente un silenzio opprimente, rotto solo dalle lancette di quell’orologio che Shinichi aveva guardato così impaziente per tutti quei giorni.
« Perché sei venuto a vivere con me e mio padre? », domandò Ran all’improvviso, prendendo coraggio.
« Tuo padre era un investigatore, avrei avuto la possibilità di essere a contatto con la polizia e su qualsiasi caso riguardasse Gin e Vodka », disse semplicemente lui.
Lei si zittì nuovamente, torturandosi un labbro. Con un nuovo, lungo sospiro, Shinichi ricominciò a raccontarle tutto.
Le raccontò tutto, senza riserve, senza mentirle. Cercò di essere sincero fino alla fine, sorvolò solo sue due importanti questioni: suo padre, ed Ai.
Parlò così a lungo che Ran non si accorse che trascorse quasi un’ora, nella quale lei non intervenne mai. Lo ascoltò in silenzio, assimilando tutte le informazioni che le stava fornendo.
Poi, quando non lo sentì più parlare, capì che aveva finito.
Alzò finalmente lo sguardo su di lui, notando il suo viso scavato e immobile. Aveva cercato di non interromperlo per tutto il tempo in cui lui le aveva rivelato ogni cosa, ma ora non riusciva più a trattenersi. Facendosi coraggio, di schiarì la voce.
« Voglio sapere una cosa », iniziò.
Shinichi si preparò all’inevitabile, e infatti quello arrivò.
« Il motivo del successo di mio padre… c’entri tu, vero? », lo sguardo di Ran era così determinato che non provò neppure a difendersi.
« Sì », rivelò.
« Come…? », la voce di Ran era incrinata.
« I-il papillon di Conan », disse lui. « Può cambiare la voce »
Lei tirò su col naso, cercando di scacciare via l’irrefrenabile voglia di piangere. Tutto cominciava ad avere finalmente un senso, anche se ciò le costava un tremendo dolore.
« E’ con quello che mi telefonavi? ».
Shinichi conosceva bene quando nella voce di Ran qualcosa stava per rompersi. Lo sentiva, quel tremore malcelato, appena prima che scoppiasse in lacrime. Chiuse gli occhi, provando a non guardarla.
« Sì », disse nuovamente.
Ran cercò di scacciare la voglia di lasciarsi andare ad un pianto penoso, e per un attimo ci riuscì. Si impose nuovamente un tenace autocontrollo, mentre nella sua testa frullavano altre domande a cui non riusciva a dare una risposta.
In particolare, ce c’era una che continuava ad assillarla da settimane. E, alla fine, non riuscì più a trattenersi.
« Chi sapeva la verità? ».
« I miei genitori », rispose subito Shinichi. « Heiji, lo ha scoperto praticamente subito. Alcuni membri dell’FBI, il dottor Agasa, e Ai. Altri hanno sospettato, ma non glielo ho mai rivelato apertamente ».
« Ai », ripetè Ran sorridendo amaramente. Lui riaprì gli occhi, guardandola confuso.
Lei restituì lo sguardo con un’espressione che non seppe decifrare, ma non gli piacque per niente.
« Ai lo sapeva », disse nuovamente Ran.
« Sì », confermò Shinichi, confuso.
« Così… lo hai detto a lei. E non a me ».
La sua voce era tranquilla, ma Shinichi avvertì una rabbia prepotente nella sua espressione. All’improvviso capì dove volesse andare a parare, e si sentì la terra sotto i piedi cedere.
« Non è andata così, Ran », iniziò titubante.
Lei si alzò di scatto in piedi, come se non riuscisse più a rimanere seduta. Iniziò a camminare avanti e indietro dinnanzi a lui, portandosi una mano alla testa.
« Sai, posso davvero capire e accettare tutto », rise, istericamente.
« Accettare che usavi mio padre per i tuoi progetti, accettare che tu sia venuto a casa mia facendo finta di essere il mio fratellino », era furiosa.
« Hai vissuto sotto il mio stesso tetto per mesi, mi hai seguita ogni giorno nascondendoti dietro un paio di stupidi occhiali e quel Ran-neechan così melenso », alzò gli occhi al cielo, sarcastica.
« Mi hai fatto credere di essere paranoica, di essere matta, ogni qualvolta sospettassi di te! E io, ogni maledetta volta, ti ho chiesto perfino scusa ».
« Ran… », provò incerto lui, ma lei lo interruppe puntandogli un dito tremante contro.
« Hai dormito con me, hai fatto quel dannato bagno, con me! », Shinichi sapeva bene che sarebbe andata a parare lì prima o poi, e in quel momento la sua voce tuonò così forte da farlo mortificare.
« Ma se c’è una cosa che proprio non capisco e non accetto », riprese, scacciando via l’imbarazzo per l’ultima frase pronunciata.
« E’ perché tu l’abbia detto a lei, che conosci da quanto? Sei mesi? », ormai era un fiume in piena, e Shinichi non si osò interromperla.
« E non a ME », sbottò infine sull’orlo dell’esasperazione.
« A me, Shinichi, a me! », ormai aveva la vista appannata. Lo vedeva sfocato, mentre le lacrime le riempivano gli occhi.
« Se mi lasciassi spiegare », provò lui, alzando di un tono la voce. Lei si immobilizzò davanti a lui, e Shinichi la afferrò per un polso per poterla incatenare con lo sguardo.
« Non l’ho detto io, ad Ai. Lei lo sapeva, perché è lei che ha creato quel veleno! ».
Ran aprì la bocca sotto shock, mentre ormai le lacrime le inondavano le guance. Quell’improvvisa dichiarazione la lasciò così interdetta che iniziò a respirare a fatica.
« L-lo ha creato lei? », ripeté con le labbra tremanti. Lui annuì, mollandole il polso.
« E tu ti sei fidato di lei? Ti sei fidata di lei, e non di me? Di quella che ti ha ridotto così?! », sperò che nessuno fuori si rendesse conto che stesse praticamente urlando.
« Lei è scappata, Ran. Hanno provato a ucciderla, per questo ha preso anche lei il veleno! La ha ritrovata il dottor Agasa davanti casa, cercava me. Per salvarsi », tentò di riassumere velocemente la vicenda, così da poterla calmare quanto prima. Ma mentre le spiegava, si rendeva conto che effettivamente anche alle sue orecchie quella storia era alquanto assurda.
« Oh, cercava te », ripeté Ran ironica.
Shinichi ormai non sapeva più come calmarla, e il sapere di continuare a farla piangere ancora dopo tutto quello che aveva già passato, gli fece venire voglia di scappare da lì.
« Cosa provi per lei? ».
Quella domanda le scivolò di bocca senza rendersene realmente conto. Non aveva nemmeno mai pensato di porgliela, perché non ci aveva mai voluto davvero pensare.  Ma da quando li aveva visti così vicini, quel maledetto pomeriggio, e lo sguardo eloquente di lei quando le aveva chiesto se provava qualcosa per lui, le era nato giorno dopo giorno quel maledetto dubbio. Non seppe dirsi quanto le fece male quella domanda finchè non la pronunciò a voce alta, togliendosi un peso così grosso dal petto da sentirsi immediatamente più sollevata. Aveva bisogno solo di sapere; qualsiasi risposta lui le avrebbe fornito, la avrebbe affrontata dopo. Ora voleva solo la verità.
Shinichi la fissò incredula, con la bocca semi aperta. Non credeva alle sue orecchie e, per poco, non scivolò a terra.
« Niente », mormorò infine flebilmente, completamente disorientato. Lei parve non credergli, e rimase paralizzata davanti a lui, i pugni chiusi.
« Niente, io non… », non seppe andare avanti per il semplice fatto che quella domanda lo colse terribilmente di sorpresa. Quel crescente imbarazzo fu inteso diversamente da Ran, che deglutendo rumorosamente fece alcuni passi lontano da lui, arretrando come colpita da un colpo invisibile.
« E’ una mia amica, Ran », cercò di ritornare padrone di se stesso.
« Ieri è venuta a trovarti », riprese lei mantenendo una parvenza di calma ritrovata.
« Te lo avrà detto, no? Che non vuole l’antidoto ».
« Sì, me lo ha detto », constatò lui, non capendo quel cambio repentino di domande.
Lei sorrise amaramente, scuotendo la testa velocemente.
« E ti ha detto il perché? O credi alla storiella del voler ricominciare da capo? ».
Lui rimase zitto, lo sguardo confuso e smarrito.
« A lei non interessa tornare adulta, se non può avere te ».
Shinichi fu come colpito da uno schiaffo invisibile, mentre quella possibilità si insinuava nella sua testa silenziosa ma devastante. Non negò a se stesso di averlo pensato, in passato. Ma era sempre stato un dubbio ridicolo a cui non aveva mai voluto dare adito, e spesso si era dato mentalmente dell’idiota per averlo anche solo minimamente pensato. Ma sentirlo dire a voce alta gli fece male, specialmente perché non avrebbe mai voluto che Ai soffrisse per lui. Colpevole, abbassò lo sguardo, e si chiese se per caso le avesse mai dato falsi segnali. Improvvisamente alcune  frasi di Ai iniziarono ad avere un senso nella sua testa.
Non flirtare troppo.
Glielo aveva detto quando gli aveva dato l’antidoto per partecipare alla gita scolastica. Alla luce della recente realtà, si sentì lo stomaco capovolgere. Era ancora completamente immerso nei suoi pensieri, che Ran riprese parola.
« Mi hai detto così tante bugie », mormorò dopo un pò, le lacrime che tornava ad appannarle la vista. Shinichi si ridestò dallo stato di trance in cui era caduto, e tornò a guardarla con una impellente voglia di vomitare.
« Tu mi vedevi piangere », continuò, e un singhiozzo le scappò di bocca. « Tu mi ascoltavi, quando parlavo di te! Tu mi ascoltavi », si interruppe, portandosi una mano alla tempia. « Conan mi ascoltava », si corresse scossa da tremiti.
« … mentre gli parlavo di te, e di cosa provassi ».
Shinichi si afflosciò lentamente dove era seduto, facendosi piccolo. Non si era mai sentito così male in vita sua, in confronto quella pallottola gli sembra niente.
« Ed eri tu, eri tu per tutto quel tempo », continuò Ran tirando su col naso.
« E come faccio io ora?! », tuonò infine, ormai piangendo a dirotto.
« Come faccio a sapere che anche i tuoi sentimenti per me non erano che questo? Una grande bugia?! ».
« NO ».
Ran sobbalzò, mentre aveva già iniziato a percorrere a grandi falcate la distanza che la separava dalla porta.
Si voltò stupita.
Shinichi si era alzato in piedi, tenendosi malamente alla sbarra del letto. Era curvo su se stesso, il corpo tremante, ma il suo volto era dritto e fissava lei intensamente.
« Hai ragione », sputò amaramente. « Ho mentito. Su tante cose », fece una smorfia.
« Ma non ti permetto di dirmi questo », concluse, e Ran notò come stesse facendo leva sulle sue poche forze per rimanere in piedi come a darle una impressione caparbia.
« Io non ho mai, MAI, mentito sui miei sentimenti per te », disse infine, la voce incrinata.
« Li provavo anche prima, li provo da sempre », ammise prendendo fiato. « Ma ero così stupido e presuntuoso da non farci caso, o comunque pensavo sempre di aver tutto il tempo che volevo per dirtelo. Ma non è stato così ».
Ormai la schiena pulsava davvero troppo, e le gambe iniziarono a tremare incessantemente.
« Pensi davvero che io fossi felice di mentirti? », esclamò usando le ultime forze rimaste.
Lei era ancora immobile, le lacrime che scendevano e lo sguardo perso su di lui. Non provò nemmeno a rispondergli, non ce la faceva. Era come ancorata lì, e ogni parte del suo corpo pareva non volerla ascoltare.
« Mi odiavo, per tutte quelle maledette bugie! Ma cosa potevo fare? Ti avrebbero cercata, trovata, e saresti morta. Per colpa mia! », le ultime parole le sputò fuori con così tanto impeto che Ran ne fu travolta.
« Mi hanno comunque cercata! », ribattè lei fra le lacrime.
« Sì, perché non sono più riuscito a nasconderti i miei sentimenti! Ecco perché ho cercato di evitarti, di non chiamarti mai. Era molto più facile così, passando per il ragazzo crudele che non si fa mai vedere o sentire! ».
« E invece tu continuavi a cercarmi, a pensare a me, e io non ce l’ho più fatta », ormai era alla stremo.
« Non sono più riuscito a trattenermi, e ti ho messa in pericolo », concluse, e si lasciò sedere su quella sponda del letto, ormai senza forze. Avrebbe volentieri voluto attaccarsi nuovamente all’ossigeno, mentre iniziava a respirare a fatica.
« E’ stato per colpa dei miei sentimenti che ti hanno presa », riprese col fiatone.
« Loro sapevano quanto tenessi a te, e sapevano che eri il mio punto debole. E’ stata unicamente colpa mia… », aggiunse con una smorfia.
Tornò il silenzio fra loro, rotto solo da alcuni singhiozzi leggeri di Ran. Ad ognuno di essi, Shinichi sentiva il petto ogni volta un po’ più pesante.
« Lo capisco », riprese nuovamente, rompendo il silenzio. « Se vuoi finirla qui ».
Improvvisamente, i giorni insieme gli apparivano lontani. Era come se tutto si fosse frantumato, ed ebbe come la sensazione di non poter più rimettere i cocci al loro posto. Ripensò alla gita, a quando gli aveva preso la cravatta e avvicinato a sé per baciarlo sulla guancia. Parevano quasi i ricordi di un’altra persona, perché faticava davvero a credere di aver vissuto un momento tanto bello con lei.
Perduto, andato. Non ne avrebbe mai più avuti altri.
Almeno è viva.
Con quella consolazione in testa, non si accorse che Ran era tornata indietro silenziosamente e, cogliendolo di sorpresa, gli passò le mani dietro la testa e gli posò quest’ultima addosso, all’altezza della sua pancia.
Shinichi rimase per un attimo fermo, la fronte appoggiata a lei.
« Io non finisco proprio niente », disse lei piano.
Lui alzò le mani per cingerle la vita, per poi alzare il viso e guardarla dal basso con sguardo smarrito.
« Promettimi », riprese, la voce roca. « Mai più bugie, Shinichi. Mai più ».
« Te lo prometto », mormorò subito lui, e quasi disperatamente si ancorò a lei per abbracciarla un po’ più forte. In quel momento, pensò che le avrebbe dato tutto il tempo di cui aveva bisogno. Giorni, mesi, anni. Solo per riaverla con sé. Avrebbe aspettato, pazientato, tutto per farsi perdonare.
Rimasero abbracciati per quello che sembro un’eternità, lui a tenerla stretta e lei ad accarezzargli i capelli. Si staccarono solo quando l’infermiera bussò alla porta per indicargli che l’orario di visita era finito. Fu così che Ran sciolse l’abbraccio e in silenzio prese la borsa e, con un ultimo sguardo nella sua direzione, uscì.

Quello che Shinichi non si immaginava era che Ran non impiegò così tanto tempo per ristabilire la normalità fra loro due. Ne aveva bisogno, aveva bisogno di riaverlo con sé, parlare con lui, toccarlo, guardarlo. Le era mancato per così tanto tempo, che combatté con se stessa per superare perfino tutte quelle bugie. L’urgenza che aveva di lui aveva stracciato la sua intenzione di lasciarlo indietro, o a distanza.
Così appena cinque giorni di silenzi dopo, si presentò timidamente da lui, con un sorriso sereno in viso e dei biscotti in mano fatti da lei. Li mangiarono chiacchierando un po’ intimoriti, come se avessero paura di rompere qualcosa di fragile fra loro. Non tornarono più sull’argomento, non litigando almeno. Lasciò che il tempo rimarginasse le ferite, le mancanze, cercando solo di pensare che lo aveva nuovamente con sé.
E lui non si oppose, anzi. Si sentiva come se si fosse risvegliato da un incubo, e ora aveva ricominciato laddove aveva lasciato tutto mesi prima…


 

***


« Eccola ».
La voce improvvisamente scossa di Heiji riportò Shinichi coi piedi per terra. Guardò dove stava indicando l’amico, e adocchiò Kazuha entrare nella sala con Sonoko. Bisbigliavano nervosamente fra di loro, finchè la prima non intercettò lo sguardo di Heiji.
Quest’ultimo, alla vista della sua amica fasciata con un abito rosso, avvampò.
« Bene, io vado », disse e di colpo lanciò fra le mani di Shinichi il bicchiere che aveva ancora in mano. Quest’ultimo lo prese al volo appena in tempo per non farlo cadere rovinosamente a terra.
« Auguri, allora », rise, mentre guardava Heiji partire in quarta verso Kazuha, con una camminava tutt’altro che delicata. Anzi. Sembrava stesse andando in battaglia.
Sperò con tutto il cuore che riuscisse nel suo intento e, mentre pensava al suo amico, si voltò con noncuranza verso l’entrata del salone. In quell’istante le luci si abbassarono, e una musica lenta rimbombò per tutta la sala. Fu in quel momento che, sgranando gli occhi, notò Ran.
Stava entrando titubante all’interno del salone, guardandosi intorno un po’ spaesata.
Shinichi deglutì, mentre la guardava come paralizzato.
Era avvolta da un lungo vestito color avorio, che le aderiva perfettamente al corpo scivolando giù fino a dei tacchi abbastanza alti. La slanciavano così tanto, che le parve anche più esile del solito. Maledicendosi, i suoi occhi indugiarono fin troppo sulla parte superiore del suo corpo, dove una scollatura morbida le fasciava il seno. Quando finalmente riuscì ad arrivare il viso, notò che aveva i capelli legati in uno chignon basso, ma alcuni ciuffi sfuggivano per incorniciarle il viso.
Pensò che non avesse mai visto niente di più bello in vita sua.
Prendendo un respiro, cercò di staccarle gli occhi di dosso, ma non ci riuscì. Ultimamente, era sempre più difficile trattenersi con lei a fianco, ma si era ripromesso di non fare mosse avventate senza che lei gli desse ragione di volerlo. Non voleva assolutamente fare gesti inconsulti senza che lei fosse d’accordo, e anche se gli era capitato di spingersi oltre ultimamente, avvertiva ancora troppo nervosismo in Ran.
Si era ripromesso di fare il bravo, e aspettare che quest’ultima si sentisse a suo agio. Aveva dovuto appurare che sua madre avesse ragione, e talvolta con lei troppo vicina perdeva il lume della ragione. Questa sua debolezza stava iniziando a irritarlo, proprio perché più ci provava e meno riusciva a controllarsi.
Sbuffò, maledicendosi.
Dopotutto, lei lo aveva aspettato per così tanto tempo, che lui non poteva non aspettare lei per quel passo così importante.
La loro amicizia non li aveva aiutati, anzi. Probabilmente, l’essere stati amici per così tanto tempo li aveva bloccati più del dovuto, ma non importava. Di certo, lui non l’avrebbe costretta a fare le cose velocemente o senza sentirsela davvero. L’aveva notato, quel suo nervosismo, in tutte e tre le occasioni in cui non erano stati in grado di controllarsi. E anche se lei gli aveva detto che si sentiva come lui, la conosceva abbastanza bene da capire che non era pronta.
Però, dannazione, perché doveva tentarlo così? Con un vestito del genere?
Con mani tremanti, prese un sorso abbastanza lungo di vino. Non era abituato a berlo, e sperò con tutto il suo cuore che lo calmasse un po’. In quel momento, lei lo individuò e, un po’ rossa in viso, si avvicinò lentamente.
Comportati normalmente.
Pensò Shinichi, cercando di sorridendole tranquillamente.
Alla vista di quel sorriso, Ran sentì il cuore martellarle nel petto. Ripensò a come fosse vestita, e si vergognò profondamente.
Come ho potuto?!
Mentre si malediva per aver ceduto alla pressione di Sonoko, guardò Shinichi mentre si avvicinava a lui.
Era semplicemente perfetto.
Indossava un completo giacca e pantalone nero, una camicia bianca e un papillon scuro. In quel momento le apparve davanti lo stesso Shinichi di un anno prima, a Tropical Land, nel giorno che avrebbe per sempre cambiato la loro vita. Si ricordò del suo sorriso, del suo viso, e le sembrò che colui che aveva di fronte fosse un’altra persona. Il viso non era più così infantile, e i suoi occhi avevano una luce diversa. Avrebbe giurato a se stessa che fosse un po’ più alto e longilineo, e le sue spalle più ampie. Da quando era tornato, aveva ripreso a giocare a calcio e allenarsi fino allo stremo, e lei aveva immaginato che fosse per rinforzarsi dopo tutta quella convalescenza. Non lo avrebbe mai ammesso a voce alta, ma vedersi così magro e sciupato doveva averlo ferito nel suo orgoglio. E in pochi mesi il suo fisico era tornato quello di un tempo, anzi. In quel momento le tornò in mente quando lo aveva avuto addosso, la camicia aperta, e si rese conto che così muscoloso effettivamente non lo era mai stato.
 Fu in quell’istante che fu realmente consapevole di quanto fosse cambiato, cresciuto, e non sono dal lato esteriore. Lo aveva conosciuto che era un bambino, e ora si ritrovava davanti un uomo, e questo la colse di sorpresa.
Lui avrebbe visto in lei, finalmente, una donna? O pensava ancora di aver a che fare con quella stessa ragazzina che non smetteva mai di prendere in giro?
Sospirò, e per un attimo desiderò ardentemente che tutti gli altri invitati sparissero all’istante dal salone. Avrebbe voluto rimanere lì, con lui, da soli per il resto della serata.
« Hey », disse lui con voce rauca, un po’ spaesato.
« Hey… », ripetè lei sorridendo piano, giocherellando con la pochette che teneva in mano.
Lui continuò a sorridere imbambolato, cercando nella testa qualche frase da dirle. Ma non ne trovò nemmeno una che potesse realmente farle capire quanto la trovasse stupenda. Avvertì lo sguardo di Ran su di lui, come se si stesse aspettando qualcosa.
Il cervello gli andò completamente in blocco, tanto che aprì la bocca senza pronunciare parola.
« Signorina? ».
Per fortuna un cameriere che passava da lì la chiamò per porgerle un bicchiere. Quest’ultima sobbalzò, ritornando alla realtà. Si voltò e gentilmente ringraziò il cameriere, afferrando il vino.
In quel momento, Shinichi si sentì le guance prendere fuoco.
Girandosi, aveva notato il retro del suo vestito: il vestito le copriva solo dalla fine della schiena in giù, lasciando quella pelle così pallida totalmente nuda. Deglutì, gli occhi sbarrati, arrivando velocemente alla conclusione che non indossasse il reggiseno. Ormai totalmente nel pallone, distolse lo sguardo da lei.
« Tutto ok? », domandò lei sulle spine.
« C-certo », borbottò lui, prendendo un altro sorso del suo vino. Ormai non capiva più se il caldo avvertito fosse per via di quel bicchiere, o per lei.
« Dove sono Heiji e Kazuha? », domandò Ran guardandosi intorno.
« Credo sia meglio lasciarli soli, stasera », borbottò Shinichi, non guardandola. Ran si accorse della sua crescente freddezza, e si sentì a disagio. Stava per afferrarlo per un braccio per chiedere nuovamente informazioni, quando le luci si rialzarono e Sonoko prese il microfono per ringraziare tutti i gli invitati accorsi per il suo compleanno.
Si zittì, rivolgendo la sua attenzione al discorso dell’amica, senza poter evitare di lanciare occhiate sbieche al suo ragazzo.
Lui pareva rigido al suo fianco, e manteneva una certa distanza. Un po’ delusa, cercò di non dar a vedere il suo imbarazzo.
Shinichi, dal canto suo, si stava maledicendo. Questa storia dell’averla vicina stava davvero prendendo il sopravvento ultimamente, e ogni volta era più difficile mantenere un atteggiamento normale.
Quando aveva iniziato a provare queste sensazioni così forti per lei? Dannazione.
Dalla gita.
Sì, dalla gita. Si ricordò di quando lei gli era sbattuta addosso, e in quel momento una strana eccitazione l’aveva travolto. Ma ora, al pensiero, constatò che all’epoca era davvero niente ciò che provò rispetto a ciò che sentiva in quel momento.
Decisamente gli ultimi sviluppi della loro relazione avevano rimescolato la carte, e la consapevolezza di poterla avere lo stava facendo uscire di testa.
Aveva passato così tanto tempo come Conan, a far finta di niente, ad essere trattato come il suo fratellino, che quando era tornato Shinichi e lei aveva iniziato a trattarlo come il suo fidanzato, lui non aveva avuto il tempo di metabolizzare quel cambiamento.
Era facile, dopotutto, sopperire certi sentimenti quando era bambino. Il corpo di un bambino non si comportava esattamente come il corpo di un diciassettenne, prossimo ai diciotto. Certi impulsi non esistevano.
Si dondolò sul posto, nervoso. Se solo lei avesse saputo cosa provava, lo avrebbe colpito così forte da cambiargli i connotati. Non c’era davvero niente di romantico nei pensieri che gli stavano frullando in testa, e si sentì quasi a disagio con se stesso per le immagini e i desideri che si stavano impossessando del suo corpo. Non si sentiva nemmeno più lui, perché delle idee del genere non gli era mai capitato di averle. Si sentiva un dannato maniaco, e il senso di colpa lo attanagliava.
Però… però quella schiena nuda. Bianca, liscia, morbida.
Cazzo, datti una calmata!
Si rendeva minimamente conto di cosa era in grado di provocargli? Si accorgeva del controllo che aveva su di lui, senza fare apparentemente nulla? Lo aveva in pugno, con quel sorriso timido e quegli occhi dolci.
« Fa caldo, qui. Vado a prendere una boccata d’aria », annunciò improvvisamente, facendola sobbalzare. In un attimo sparì dalla sua vista, e Ran rimase al suo posto con mille dubbi che le vorticavano in testa.
Rimase così sola: Kazuha era sparita ed Heiji anche; Sonoko fu circondata per tutto il tempo da amici di famiglia di suo padre e quando non era con loro, era intenta in chissà quali chiacchierate con un Makoto perennemente rosso in viso.
Dalla rabbia, per poco non ruppe il bicchiere che aveva in mano.
Io lo uccido.

Dopo quasi tre quarti d’ora in cui era rimasta in disparte, si guardò intorno, mentre gli ultimi invitati finivano di canticchiare gli auguri per Sonoko. Un po’ irritata, appurò che Shinichi l’avesse evitata apposta, e anche in quel momento non sapeva dove fosse.
Neanche si è accorto del vestito.
Delusa, scacciò via la voglia di piangere che la investì. Si era fatta bella per lui, sotto insistenza di Sonoko e non essendone nemmeno troppo convinta, e di rimando lui era stato assente tutta la sera con ogni scusa immaginabile. Si poteva sapere quale era il problema?!
Mise il broncio, guardandosi nuovamente intorno freneticamente. Nella grande sala rotonda non c’era, così pensò di uscire sulla terrazza che seguiva perimetralmente l’andamento della sala. Quando si chiuse la porta alla spalle, una leggera brezza le fece rabbrividire la schiena. Non aveva molto caldo, ma voleva scoprire se Shinichi si trovasse lì. Silenziosamente iniziò a camminare, e stava quasi per appurare che non c’era traccia di lui lì fuori, quando infine lo vide.
Era in piedi, e le dava la schiena, mentre si appoggiava alla ringhiera per guardare il panorama della città. Probabilmente non si era accorto della sua presenza, e lei, un po’ dubbiosa, si avvicinò ulteriormente. Senza pensare realmente a cosa fare, si ritrovò a muoversi sempre più velocemente verso di lui e quando gli fu appena dietro, lo abbracciò da dietro.
Shinichi sobbalzò stupito, mentre due braccia gli cingevano improvvisamente la vita. Senza neanche voltarsi, capì dall’improvviso dal profumo di vaniglia di chi fossero, e, dolcemente, intrecciò le braccia afferrando le sue. Sentì Ran rilassarsi e appoggiare la sua testa contro  la schiena.
« Va tutto bene? », mormorò piano.
« Sì, perché? », sussurrò Shinichi confuso.
« Perché? Perché e da quasi un’ora che mi stai evitando! ».
Di scatto si voltò, le braccia di Ran ancora intorno alla sua vita. Provò a ribattere deciso, ma il suo sguardo deluso lo colpì prepotentemente.
« Non dire che non è vero », soffiò Ran, prima che lui potesse proferire parola.
Accidenti.
Cosa poteva dirle, a quel punto? Che aveva cercato di evitarla per non fare gesti inappropriati o pensieri altrettanto imbarazzanti?
« Ma smettila », la rimbeccò, separandosi un po’ dal suo abbraccio. Lei parve delusa, mentre faceva cadere le braccia lungo i fianchi. Senza rendersene conto, sentì gli occhi pungerle, e cercò di non farlo notare a lui. Peccato che quell’espressione così rammaricata colpì Shinichi in pieno stomaco, e non faticò a notare che i suoi occhi azzurri si stessero riempiendo di lacrime.
« Ran… », iniziò delicatamente. Aveva paura che alla prima parola sbagliata, lei sarebbe esplosa.
« Non volevo darti questa impressione, davvero », aveva la bocca tremendamente asciutta. Lei lo guardò, una ruga di espressione a contornarle lo sguardo lucido.
« E’ che… ».
Dì qualcosa di carino, accidenti.
Facile a dirsi, quando l’aveva davanti agli occhi così tremendamente attraente, il vestito ancora più aderente ora che il venticello glielo incollava praticamente sul fisico esile.
Alla fine si arrese, e sospirando chiuse gli occhi.
« Sei bellissima ».
Ran sbattè gli occhi, e la voglia di piangere dal nervoso sparì immediatamente per lasciar spazio a una tenue tonalità di rosa sulle sue gote. Guardò Shinichi nervoso di fronte a sé, e la voce di Sonoko le vorticò in testa.
Shinichi non potrà davvero far finta di niente, stasera!
Forse era per quello che l’aveva evitata. Deglutì, arrossendo.
Con te intorno non riesco a ragionare.
Che lo avesse realmente fatto capitolare con quel vestito? La sola idea le pareva assurda, ma guardando il disagio di Shinichi e la sua faccia rossa, pensò che potesse essere un valido motivo per il suo comportamento strano di quella sera.
Tu gli piaci da sempre.
Lentamente, Shinichi alzò il viso e timidamente la guardò. Ran restituì lo sguardo, la voce di Sonoko nella testa.
Vedendoti nervosa non vorrà forzarti, Ran.
Di istinto, gli prese il viso fra le mani e appoggiò la sua bocca sulla sua. Dapprima stupito, lui rispose al bacio lentamente, rimanendo rigido al suo posto. Accorgendosi della sua riluttanza, Ran gli prese le mani, intrecciandole con le sue.
Erano ghiacciate.
Per quanto tempo era stato lì fuori da solo?
Ma all’ennesimo soffio d’aria, anche lei avvertì nuovamente i brividi di freddo percorrerle le schiena scoperta, rabbrividendo. Ancora immerso nel bacio, Shinichi se ne accorse e si accigliò.
Si staccò piano da lei, rimanendo a poca distanza dalle sue labbra.
« Posso farti una domanda? », la sua voce improvvisamente rauca intimidì Ran. Lei annuì.
« Che fine ha fatto il vestito blu? ».
Lei alzò un sopracciglio, non capendo. Lo guardò con uno sguardo confuso, mentre sul viso di Shinichi si formava un sorriso lieve.
« Ne parlavate con Sonoko l’altro giorno », le spiegò. « Tu le hai detto che ti saresti messa un vestito blu stasera ».
Ran avvampò all’istante, togliendo le mani dalle sue e indietreggiando.
« Ah, ecco, io », balbettò.
Dannazione, quando mai lui ascoltava i loro discorsi? Allora faceva solo finta di essere annoiato e distratto?!
Inventa una scusa, inventa una scusa!
Si guardò i piedi nervosa, ma non trovò niente nella sua testa. Nel panico, lo guardò. Aveva ancora quel maledetto sorrisino sulla faccia.
« Ho cambiato idea », proferì con un’aria di superiorità che non le apparteneva affatto. « Perché? Non ti piace? », concluse, con sguardo di sfida.
« Mi piace anche troppo », borbottò Shinichi senza rendersene conto. Non aveva fatto caso di aver parlato a voce alta finchè non vide l’espressione sbalordita di Ran.
« C-cosa hai detto? », chiese lei, facendo un passo verso di lui.
Shinichi la fissò per un attimo, cercando di trovare ancora un barlume di lucidità. Era una lotta così ardua che stava faticando con tutte le sue forze per non prenderla  a sé e fare ciò che avrebbe voluto fare da mesi. Ma non poteva, non poteva accidenti!
« Shinichi? », lei si fece ancora avanti, ormai era di nuovo a pochi centimetri dalle sue labbra. La sua voce così tenera lo fece avvampare ancora di più, mentre lei gli cingeva il collo con le braccia e gli lasciava un piccolo bacio sulla guancia.
Ran. Basta.
Un altro bacio vicino all’orecchio, che ormai sentiva bollente.
« Ho detto », biascicò infine, senza neanche rendersene conto, la testa ormai completamente vuota.
« Che mi piace anche troppo »
Velocemente le cinse la vita e sentì sotto le mani la pelle scoperta della sua schiena. Le posò nuovamente le labbra contro le sue, baciandola con vigore.
Vittoriosa, Ran rispose al bacio e timidamente incontrò la sua lingua. Ormai la testa di Shinichi era intontita, sfinita di combattere e in costante ribellione con ciò che stava facendo. Ma ormai ogni centimetro del suo corpo era attratto dalla ragazza che stava stringendo fra le braccia, e si chiese se valesse la pena continuare a resisterle. Continuò a baciarla prepotentemente, mentre le accarezzava la schiena facendola di tanto in tanto sussultare.
Dopo un tempo interminabile, Ran si staccò per prendere un po’ di fiato, e lo guardò finalmente in faccia. I loro occhi si fissarono così ardentemente che ciò che vi lesse dentro la lasciò per un attimo senza fiato.
Shinichi aveva alcuni ciuffi di capelli che gli ricadevano disordinati sulla fronte, il viso arrossato e un leggero fiatone, mentre nel suo sguardo intravide qualcosa che la agitò. Non lo aveva mai visto così, nemmeno le altre volte in cui si erano avvicinati in quel modo. Sembrava mangiarla con lo sguardo, e si sentì piccola e indifesa sotto quegli occhi così profondi. Aveva lasciato cadere ogni barriera, ogni maschera, ora avvertiva chiaramente quanto lui la volesse. Cercò sfacciatamente di restituire lo stesso tipo di impressione, mentre gli accarezzava il collo.
Sono qui, fa qualcosa, per favore.
Si stavano ancora guardando col fiato corto quando, con sommo stupore di Ran, Shinichi si sporse nuovamente verso di lei baciandola ancora. Euforica si riaggrappò a lui, ma proprio in quel momento sentirono in lontananza due voci familiari.
« Sei una scema! ».
« Rimangiati ciò che hai detto, Heiji! ».
Ran fece per staccarsi da Shinichi, sgranando gli occhi per la sorpresa.  Ma quando provò a spingerlo via, notò che lui non ne aveva la minima intenzione e,anzi, stava continuando a baciarla.
« S-shinichi », farfugliò lei contro le sue labbra, a disagio. Provò nuovamente a mettergli le mani sul petto e ci mise tutta la sua forza per spingerlo via. Solo quando lui sentì la pressione sul suo corpo si accorse di cose stesse succedendo intorno a lui. Ma quando finalmente riaprì gli occhi e vide lo sguardo rosso di Ran, ormai Heiji e Kazuha erano apparsi davanti a loro.
Quando quest’ultimi, intenti a litigare, si accorsero finalmente di Ran e Shinichi e si immobilizzarono. Erano abbracciati stretti, Shinichi appoggiato completamente alla ringhiera dietro di lui con le gambe allargate per far spazio al corpo di Ran che era totalmente addosso a lui. La ragazza gli stava tenendo la mani sul petto, e lui sulla schiena. Erano avvinghiati così stretti, che Heiji si chiese se riuscissero ancora a respirare.
« Oh », biascicò Heiji, mentre i due ragazzi davanti a loro raggelavano sul posto, incapaci di muoversi.
« S-scusate, noi, ecco », mormorò Kazuha distogliendo lo sguardo visibilmente a disagio.
« Ce ne andiamo », sbottò Heiji e, velocemente, acchiappò per un braccio Kazuha che si lasciò fare senza proferire parola. La trascinò lontana da lei, e sparirono nuovamente dietro l’angolo.
Ran perse un battito, mentre finalmente Shinichi tornava totalmente in sé e si ritraeva velocemente. Lo guardò di sottecchi e pensò di incontrare la sua faccia imbarazzata o un sorriso divertito in volto: le altre volte in cui erano stati interrotti o si erano bloccati aveva sempre fatto così.
Ma ciò che vide la stupì, mentre notava la sua espressione visibilmente infastidita. Non aveva traccia di sorriso sul viso, ed era solo lievemente arrossato. Pareva davvero seccato, mentre si passava una mano fra i capelli per togliersi dagli occhi alcuni ciuffi spettinati.
Quando lo vide così, pensò speranzosa che avrebbe voluto  riprendere da dove erano stati interrotti, così coraggiosamente fece per prendergli la mano. Gliela accarezzò, e per un attimo giocarono a sfiorarsi le dita in silenzio. Infine lui gliela afferrò e la intrecciò con la sua. Fiduciosa, Ran alzò lo sguardo con un sorriso incoraggiante, che si smorzò quando lui riprese parola.
« E’ meglio rientrare », disse a bocca asciutta lui e, tenendola per mano, si avviò verso l’entrata.
Camminò mano nella mano con lui per quel breve tratto, e non fu nemmeno contenta quando rientrarono nel salone ancora ancorati l’uno all’altra. Era così delusa da quel suo strano comportamento, che non si godette appieno nemmeno la loro effettiva, prima volta mano nella mano in pubblico.
Non erano soliti camminare così, mai. Si erano sempre vergognati troppo. Ma in quel momento entrambi avevano così tanto la testa altrove, che quel gesto era davvero l’ultimo dei loro problemi di imbarazzo.
Non fecero nemmeno caso a Sonoko, che li stava raggiungendo divertita indicando le loro mani.
Quando infine Ran la vide, sentì lo stomaco contrarsi al ricordo di tutte le chiacchiere avvenute quel giorno, ed ebbe paura che avrebbe ricominciato a tampinarla su quel discorso. Volendo evitare a tutti i costi di spiegarle cosa fosse successo, e che si erano per l’ennesima volta fermati, si staccò in fretta da Shinichi e, incontrando il suo sguardo confuso, disse solo che sarebbe andata in bagno.
Senza guardare nessuno in faccia si diresse di corsa verso la toilette, cercando di non far notare la sua espressione ferita.
Sonoko la vide allontanarsi velocemente e notò che anche Shinichi aveva uno sguardo stranamente lugubre.
« Dove è andata tua moglie? », chiese con una risatina, cercando di smorzare la tensione che avvertiva. Ogni volta che li chiamava così provocava l’ilarità di tutti i presenti, e le loro proteste imbarazzate. Sperò di aver alleggerito l’atmosfera e che lui avrebbe iniziato a offenderla come faceva sempre, ma non fu così.
« In bagno », replicò Shinichi semplicemente.
Lei lo fissò un attimo interdetta, e dopo un po’ Shinichi si rese conto della sua perplessità.
« Che c’è? », sbottò irritato.
« No, niente », aveva appurato che fosse realmente nervoso, quindi ebbe, per una volta, la delicatezza di non prenderlo in giro. Glielo avrebbe fatto notare più avanti come, alla domanda su dove fosse sua “moglie”, avesse risposto d’istinto riferendosi a Ran. Ma lui pareva non averci nemmeno fatto caso, troppo impegnato per essere arrabbiato verso qualcuno o qualcosa a lei ignoto.
Perfino quando Ran tornò, le gote arrossate come se si fosse sciacquata il viso, Sonoko evitò accuratamente di chiederle cosa fosse successo. Raggiunti anche da un Heiji e una Kazuha decisamente agitati, sbuffò.
Ma che problemi avevano, tutti?

La serata passò velocemente, cenando tutti insieme in un grande tavolo rotondo. Sonoko, con il suo fare esuberante, aveva alleggerito un po’ la tensione, ma ancora qualcosa non le tornava. Sia Ran sia Kazuha evitavano accuratamente gli sguardi di Shinichi ed Heiji e, quando finalmente la serata si concluse, si alzarono come delle molle per dirigersi fuori dal salone. Un po’ perplessa, Sonoko li guardò.
« Vi devo dare le chiavi, aspettate », si mise a cercare nella borsa alcune tessere.
Domani mi aspetta un bel interrogatorio.
Pensò, guardandoli uno per uno.
Che branco di imbranati.
Quando iniziò a distribuire le chiavi, Ran lanciò per la prima volta da un’ora a quella parte, un’occhiata veloce a Shinichi, stringendo fra le mani il suo pass. Lui ricambiò lo sguardo, per poi distoglierlo subito dopo. Si morse un labbro, mentre gli altri chiacchieravano tranquillamente, dirigendosi verso l’ascensore. Avrebbe voluto avvicinarsi a lui, stringerlo per un braccio, e dirgli di rimanere con lei. Ma con che coraggio? Se solo avesse fatto lui qualcosa, se solo le avesse mandato un segnale…
Ma Shinichi pareva come lontano, come se ciò che era appena accaduto in terrazza non esistesse più. Si era ricomposto, era tornato ad avere il viso normale seppur teso , e il suo sguardo non guizzava più su di lei. Aveva ripreso quel suo maledetto controllo, e mai come in quel momento Ran detestò la sua innata razionalità. Pensò e ripensò a come fare ma, quando l’ascensore si fermò e i maschi uscirono al loro piano, non riuscì a pronunciare parola.
« Noi siamo al piano di sopra! Ci vediamo domattina per le dieci? », sentì la voce di Sonoko lontana e ovattata, mentre fissava Shinichi.
Guardami, rimani con me, ti prego.
« Va bene, a domani », salutò Heiji distrattamente, alzando la mano. E mentre le porte si chiudevano, Shinichi lanciò un’ultima occhiata a Ran, che lo fissava con sguardo supplichevole.
Si guardarono, mentre le porte si chiudevano intensamente. Arresa, Ran abbassò la testa, mentre scendeva un silenzio teso. Velocemente arrivarono al loro piano, e Sonoko si voltò finalmente verso un’insolita e silenziosa Ran.
« Tutto bene? », chiese posandole una mano sul braccio, e rivolgendo la sua attenzione anche a Kazuha.
« Sì », replicarono di scatto entrambe.
« Sono solo stanca », aggiunse Ran con un sorriso incerto.
« Sicure? », indagò apprensiva Sonoko.
Ran deglutì, stringendo i pugni.
« Ma certo, Sonoko! », replicò Kazuha, sorridendo anch’essa.
« E’ stato un compleanno perfetto! », cercò come meglio poteva di fingere.
Ran al suo fiancò annuì convinta, dandole man forte. Non aveva davvero voglia di dirle che, per l’ennesima volta, il loro momento era andato perso, e lui pareva non avere intenzione di riprendere da dove avevano interrotto.
« Farò finta di credervi… », sbuffò Sonoko. Ran sorrise piano, per poi fermarsi di fronte alla porta della sua camera.
« Allora, a domani », disse, mentre le sue due amiche la superavano salutandola. Velocemente entrò nella camera e, ancora al buio, appoggiò la schiena contro la porta. Si lasciò scivolare a terra, esausta.
Si sentì molto stupida per sentirsi così, ma non poteva fare a meno di avvertire una cocente delusione alla base dello stomaco. Non ce la faceva più, e il continuo rimandare quel momento la stava rendendo solo più nervosa e frustrata. Si morse un labbro, innervata.
Va da lui.
Una vocina nel profondo del suo cuore la fece immobilizzare mentre, ancora al buio della sua camera, trattenne il respiro.
Va da lui, ora.
Balzò in piedi e, con mani tremanti, aprì la porta acchiappando velocemente il pass. Percorse al contrario il percorso fino all’ascensore ma quando vide che era a parecchi piani di distanza, di istinto si diresse verso le scale. Prese a scendere gli scalini due alla volta, rischiando più volte di capitolare per terra per via di quei tacchi così scomodi. Un’altra voce nella sua testa le stava dicendo che era sbagliato, che avrebbe fatto una pessima figura. Un’altra le stava elencando una serie di situazioni imbarazzanti in cui sarebbe incappata se si fosse presentata in camera sua. Cercò di staccare il cervello, mentre spingeva con forza la porta del piano. Rapidamente si diresse verso la camera di Shinichi, quel numero che aveva intravisto quando Sonoko gli aveva dato il pass. La trovò quasi subito e fece per bussare. Si bloccò però con la mano a mezz’aria, colta improvvisamente una paura tremenda.
Ma cosa stava facendo. Che idea gli avrebbe dato? Si morse ferocemente un labbro, ritraendo la mano.
Lui non è corso da te.
Ormai da quanto lo stava morsicando, il labbro le fece improvvisamente male. Con un sospiro fece un passo indietro, incerta.
Va via!
 Fece per voltarsi, rendendosi conto di cosa stesse per fare, quando sentì un rumore sordo.
Si voltò velocemente e quello che vide le tolse il respiro.
Shinichi aveva appena aperto prepotentemente la porta, e stava per uscire finchè non la vide. Alla sua vista si immobilizzò, sgranando gli occhi. Ran deglutì, mentre lo guardava: aveva la camicia malamente fuori dai pantaloni, e il papillon sciolto ormai penzolava dal suo collo. Probabilmente aveva iniziato a spogliarsi per andare a dormire, ma invece eccolo lì.
Davanti a lei.

 

   
 
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