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Autore: QueenVictoria    25/04/2020    14 recensioni
I Cavalieri d’Oro vengono richiamati al Santuario per una riunione straordinaria, questa volta partecipa anche Mu dell’Ariete che torna in Grecia di sua spontanea volontà per sondare la situazione. Ambientata due anni prima dell’inizio della serie classica, questa storia vedrà l’incontro tra i Cavalieri d’Oro in un momento in cui la situazione al Santuario è molto tesa; una breve missione li porterà in viaggio in Asia Centrale e li costringerà a interagire e confrontarsi tra loro.
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aries Mu, Gold Saints, Leo Aiolia, Pisces Aphrodite, Virgo Shaka
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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IX





Il fuoristrada correva sulla sabbia bianca del deserto alzando continue nuvole di polvere e sobbalzando malamente ogni volta che incontrava una pietra. Il vento aveva cominciato a soffiare forte fin dalla mattina, anche se non abbastanza da formare una tempesta, portando la sabbia con sé. Tutto attorno pareva avvolto da una nebbia grigia, il profilo delle montagne a pochi km da loro sembrava emergere da essa.

La strada era costeggiata da piccole colline irregolari dove spuntavano di tanto in tanto radi cespugli rinsecchiti, la polvere e la sabbia riducevano terribilmente la visibilità. In lontananza vecchie costruzioni e antiche rovine emergevano di tanto in tanto dalla sabbia, resti di abitazioni, templi e piccoli edifici non riconoscibili.

Dopo qualche ora finalmente il paesaggio cambiò cogliendo di sorpresa i viaggiatori. Il terreno tornò a essere solido e brullo, ma qua e là spuntavano cespugli e piccoli arbusti, in lontananza una pianura ricca di alberi risaliva lentamente le montagne rivelando qualche piccolo corso d’acqua. Sullo sfondo sorgevano altissime cime innevate; l’Altipiano del Pamir si apriva davanti a loro.

Poco dopo mezzogiorno si fermarono per pranzare. Seduti su una vecchia coperta posata sul terreno consumarono un piccolo pasto. Erkut improvvisò una piccola tenda per ripararli dal sole che, impietoso, batteva su tutti loro.

“Nostra cugina abita in un villaggio poco distante,” disse poi il ragazzo “possiamo chiederle di ospitarci, dovremmo arrivare tra qualche ora.”

Controllarono la posizione del villaggio sulla mappa e, visto che non si allontanava di molto dal loro percorso, i Cavalieri acconsentirono, sollevati all’idea di non dover passare un’altra notte accampati nel deserto.

Dopo mangiato Aleksandra preparò del tè su un fornellino a spirito e lo offrì ai ragazzi.

“Quando volete ripartiamo, intanto riposatevi,” disse, salì in macchina e iniziò a leggere un libricino che aveva in borsa. Erkut stava già schiacciando un pisolino disteso sul bordo della coperta.



Mu bevve l’ultimo sorso di tè e appoggiò la tazza davanti a sé, lo stress della situazione cominciava pesargli, ma con qualcosa nello stomaco si sentiva già molto meglio. Guardò gli altri, anche loro sembravano più rilassati. Shaka rimaneva in silenzio, gli occhi sempre chiusi come d’abitudine, la tazza vuota ancora stretta tra le mani; dal suo volto non traspariva nessuna emozione. Milo e Aiolia stavano commentando la bontà di quel piccolo pasto. L’Ariete sorrise, sembrava che piano piano cominciassero ad andare d’accordo. Camus sorseggiava in silenzio il suo tè, assorto nei pensieri.

Accadde all’improvviso. I Cavalieri percepirono un’enorme forza, come se diverse persone si stessero sforzando di bruciare il proprio cosmo al massimo possibile. Sì guardarono tra loro. Finalmente il nemico si era fatto vivo!
Mu richiuse gli occhi per concentrarsi meglio. Sì, era il cosmo di diverse persone; quante erano? Quattro? Forse cinque? Certamente uno di loro era l’uomo che avevano incontrato, aveva riconosciuto immediatamente il suo cosmo.

“Staranno cercando di risvegliare la collana?” chiese Aiolia dando voce ai pensieri di tutti.

Gli altri annuirono. Doveva essere così per forza.

Si udì in lontananza il rombo di un tuono seguito immediatamente da uno scoppio simile alla caduta di un fulmine. Erkut si svegliò di soprassalto, Aleksandra sussultò e interruppe la sua lettura.

I Cavalieri cercarono di identificare la posizione del nemico. A giudicare dall’intensità della forza che percepivano non doveva essere troppo lontano… Trovato! Era a qualche decina di km a est, dove la pianura iniziava a risalire verso le montagne.

Si alzarono in piedi e si caricarono in spalle le gerle contenenti le Armature e corsero in quella direzione, bruciando il cosmo raggiunsero la velocità della luce e un attimo dopo apparvero al centro della pianura.

Erkut e Aleksandra li videro sparire all’improvviso in una nuvola di polvere.



I Cavalieri si guardarono attorno; la pianura era molto più vasta di quanto non sembrasse da lontano, a qualche centinaio di metri davanti a loro una serie di colline movimentavano il terreno brullo. Qua e là spuntavano timidi fili d’erba, piccole piante e cespugli bassi e radi. A solo un paio di km di distanza si vedevano decine di tende a base circolare. Un uomo pascolava alcune pecore a poca distanza da loro.

Dov’era il nemico? Che fosse fuggito sentendoli arrivare? Trascorsero parecchi minuti in silenzio, aspettando qualche segnale.

Il vento si alzò improvvisamente formando un turbinio di sassi e foglie secche, non ci volle molto per capire ci fosse qualcosa di anomalo in quel moto prolungato. Qualcuno stava cercando di alzare più sabbia possibile per nascondersi.
Finalmente quella piccola tempesta terminò. Non appena la polvere iniziò a diradarsi, quattro figure apparvero a poche decine di metri dai Cavalieri. Erano piuttosto alte di statura e dall’aspetto imponente, i corpi nascosti da armature di ferro e cotta di maglia identiche a quelle dei guerrieri che avevano attaccato il Santuario giorni prima.

Passarono alcuni minuti, i ragazzi rimanevano in silenzio ad osservare il nemico.

“Arrendetevi e non vi attaccheremo!” gridò improvvisamente uno dei guerrieri. La voce aveva uno strano suono, come fosse portata da lontano.

Milo sorrise sornione. “Abbiamo sconfitto facilmente i vostri compagni,” gridò di rimando “perché dovremmo aver paura di combattere con voi?”

“Noi siamo più forti di loro!” rispose poco dopo la stessa voce.

Fu solo l’abitudine a non abbassare mai la guardia che permise ai Cavalieri di non scoppiare a ridere.

“Davvero? Avete mandato avanti i più deboli ad attaccare il Santuario mentre voi più forti ve ne stavate qui?” rispose lo Scorpione con il suo abituale tono canzonatorio.

I Cavalieri rimasero spiazzati davanti alla candida ingenuità dei guerrieri che avevano davanti. Possibile fosse davvero quello, il loro nemico?

“Sentiamo una voce ma nessuno di loro sta muovendo la bocca,” fece notare Camus, “saranno illusioni anche queste?”

“E neanche questa volta hanno un’ombra...” Aggiunse Aiolia osservando il terreno.

“Evidentemente non è così facile creare illusioni perfette nei minimi dettagli,” rispose Shaka con malcelato orgoglio.

I nemici non persero altro tempo e attaccarono tutti assieme lanciando l’ormai nota e prevedibile pioggia di schegge e luce accompagnata, questa volta, dai lampi di scariche elettriche.

Mu materializzò il suo Crystal Wall che, pur inarcandosi leggermente, resse senza problemi all’impatto e respinse il colpo. L’immagine dei quattro guerrieri venne attraversata dall’attacco respinto, ma questo non stupiva più i Cavalieri che iniziarono a guardarsi attorno per identificare il nascondiglio dei loro avversari.

Data la conformità del terreno, c’era un solo posto in cui potevano essere nascosti per riuscire a lanciare quell’attacco frontale, ovvero dietro a una bassa collina coperta di arbusti rinsecchiti a qualche centinaio di metri da loro.

“Ci penso, io” disse Camus. Alzò le braccia tese sopra la testa e unì le mani intrecciando le dita tra loro, rimase un secondo immobile, come per raccogliere le forze e poi protese in avanti le mani unite come stesse sparando con una pistola. La temperatura attorno si abbassò di qualche grado, un turbine di luce azzurra e schegge di ghiaccio uscì dal suo corpo scagliandosi oltre la collina.

Le illusioni scomparvero all’improvviso. I Cavalieri corsero verso la collina, adesso quasi ricoperta di ghiaccio, e la oltrepassarono con un balzo. I quattro guerrieri giacevano sul terreno, i corpi ricoperti da un sottile strato di brina. L’impatto aveva fatto volare via i loro rudimentali elmi e rovinato parte delle armature. Erano tre ragazzi poco più giovani di loro e una ragazzina che aveva l’aria di avere qualche anni in meno degli altri.

I giovani guerrieri riuscirono a scuotersi quasi subito dal torpore e si rialzarono faticosamente. Rimasero in silenzio a guardarli. Non sembravano spaventati anzi, i loro sguardi carichi di odio erano tutt’altro che rassegnati.

“Chi di voi ha ucciso mio fratello?” ringhiò la ragazzina.

Mu ricordò le salme che aveva visto al Santuario, uno dei guerrieri aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri, come la ragazzina che gli stava davanti. Come l’uomo che avevano incontrato nel deserto. Come i discendenti degli Ari.

“Siete solo degli assassini!” gridò ancora.

“Ehi, guarda che sono stati loro ad attaccare il Santuario,” rispose Milo.

“Volevano solo indietro la pietra che ci è stata rubata!”

“Non è stata rubata, e in ogni caso non sarebbe stato meglio chiederla in altro modo? Li abbiamo invitati a parlare ma non hanno voluto farlo, hanno preferito combattere.”

“Sarebbe stato inutile parlare con voi!”

“Chi li ha trasportati fino a lì?” si intromise Mu “È stato l’uomo che adesso ha la collana, vero?”

La ragazzina rimase in silenzio.

“Sì. È il nostro maestro.” rispose uno dei ragazzini, muovendo qualche passo fino a fermarsi di fianco a lei.

“Possiamo avere l’onore di incontrarlo di nuovo o vi ha abbandonati qui a combattere da soli come ha fatto con i guerrieri mandati al Santuario?”

“Ma cosa stai dicendo?!” gridò la ragazzina.

Il suo sguardo era carico di odio, ma c’era qualcosa di limpido in lei, come se la sua anima non ne fosse ancora stata intaccata. L’uomo che chiamavano maestro non li aveva ancora influenzati del tutto.

“Lui non è come voi, non lo farebbe mai!” gridò ancora.


Accompagnato da un lieve bagliore l’uomo apparve accanto ai ragazzini.

“Eccoli, i Cavalieri di Athena,” disse guardandoli con aria beffarda “mi avete seguito fin qui?”

“Chi sei?” chiese Shaka.

“Il mio nome è Jaman, il vostro Sacerdote mi conosce bene.”

“Cosa significa?”

“Tanti tempo fa, ho avuto il… piacere di trascorrere diversi anni al Santuario,” continuò l’uomo “da bambino sono stato irretito e strappato dalla mia terra per essere soggiogato dalla crudeltà e dall’ipocrisia di quell’ambiente governato dall’odio.”

Quanta rabbia in quelle parole.

“Credevo sarei diventato un Cavaliere, che avrei conosciuto persone virtuose e vissuto in un luogo sacro, ma non è stato così. Sono rimasto profondamente deluso dal Santuario. Athena non merita i miei servigi.”

Fece un passo avanti, aiutandosi con il bastone.

“Indra saprà apprezzare la mia devozione. Sarò cavaliere al suo servizio.”

“È per questo che vuoi impossessarti della sua armatura?” chiese Shaka.

“Non me ne voglio impossessare, la custodirò fino al suo risveglio. Fonderò il suo nuovo ordine, in attesa del suo ritorno.”

“Chi ti dice che Indra ti vorrà tra i suoi cavalieri?” continuò la Vergine “Anzi, perché dovrebbe aver bisogno di cavalieri, visto che dorme pacifico da almeno un migliaio di anni? Sei davvero sicuro di voler disturbare il suo sonno?”

Quell’uomo stava letteralmente vaneggiando, ma sembrava convinto delle proprie parole. I quattro ragazzini stavano in silenzio in piedi accanto a lui, pronti a supportarlo.

“Nessuno lo vuole disturbare!” gridò la ragazzina “Si sveglierà da solo e aiuterà la nostra gente. Queste terre torneranno ricche e fertili come un tempo!”

L’uomo le fece cenno di tacere.

“Perché mai dovrebbe farlo?” chiese Shaka.

“Adesso basta!” gridò l’uomo. Alzò un braccio sopra la testa e sopra di lui si formò un enorme vortice di aria che raccolse sabbia e decine di sassi dal terreno.

“Andatevene o non avrò pietà di voi!” gridò ancora, mentre il vortice continuava a ruotare e a crescere a pochi metri dal suo braccio.

“Ridacci la collana e ce ne andremo.”

“Lo avete voluto voi!”

Protese il braccio e il vortice di sassi e sabbia si trasformò in una piccola tempesta che scatenò addosso ai Cavalieri.

Mu alzò il Crystal Wall che rifletté prontamente l’attacco contro l’uomo, questi si teletrasportò a qualche metro di distanza per evitarlo, i ragazzini alzarono tutti assieme un muro di vento per stemperare la forza che li avrebbe colpiti.

“Ma che bravo! Ti sei preoccupato di scappare ma hai lasciato i tuoi allievi in balìa del riflesso del tuo attacco,” lo punzecchiò l’Ariete.

“Non hanno bisogno di me per ripararsi!”

“O forse tu non sei capace di trasportare anche loro?” continuò Mu “Per te è molto faticoso muoverti in questo modo, vero? È per quello che hai lasciato morire i tre ragazzi che avevi mandato al Santuario? Li hai portati fin lì sapendo di non avere la capacità di riportarli indietro.”

“Non è vero! Siete voi che lo avete impedito!” si intromise la ragazzina.

“Nessuno di noi ha fatto niente di simile,” rispose Mu guardandola negli occhi.

L’uomo digrignò i denti, il suo cosmo ormai cominciava bruciare e attaccò ancora, questa volta con più forza, subito seguito dai ragazzini. I Cavalieri si trovarono loro malgrado a respingere quei colpi che pur non avendo una forza eccessiva cominciavano a diventare pericolosi.

Milo alzò la mano destra, l’unghia dell’indice si deformò fino a diventare un artiglio scarlatto, con un grido protese la mano in avanti. Un fascio di luce rossastra carica di veleno uscì e colpì l’uomo forandogli il braccio. Questi gridò indietreggiando di un passo e puntando il bastone sul terreno per non perdere l’equilibrio. Camus alzò una mano davanti a sé. Uno schiaffo di polvere di ghiaccio investì i ragazzini facendoli cadere di nuovo a terra.

L’uomo arrivò a bruciare il cosmo con tutta la forza che aveva, scagliando un colpo dopo l’altro verso i Cavalieri, questa volta i ragazzini unirono le loro forze per aiutarlo. Mu alzò di nuovo il Crystal Wall, gli attacchi vi rimbalzarono sopra e vennero rispediti al mittente e, scontrandosi con quelli appena lanciati, crearono una strana reazione di luce e una forte energia. Il combattimento continuò in maniera confusa, tutti combattevano contro tutti.

Improvvisamente un grande bagliore si sprigionò da sotto le vesti di Jaman, i Cavalieri lo riconobbero subito: era la luce della collana di Indra. L’uomo la portava ancora al collo.
Il bagliore divenne una luce accecante che costrinse tutti a ripararsi gli occhi con le mani.

“Cosa sta succedendo?!” gridò Aiolia. Anche se, come gli altri, lo aveva già intuito.

Il cosmo bruciato durante in combattimento, la somma di quello di tutti, aveva sprigionato una forza sufficiente per risvegliare la collana. Come avevano fatto a non pensarci?

La luce si fece via via meno violenta e cambiò colore, prendendo dei toni dorati. Quando i Cavalieri riaprirono gli occhi videro l’uomo stringere la collana con una mano, guardandola con aria incredula.

Un vento freddo si levò all’improvviso sollevando polvere e foglie secche, si udì il boato di un tuono. Poi tutto divenne calmo e cinque armature apparvero nel cielo sopra di loro. Avevano un colore a mezza via tra l’oro e il rame e, lucidissime, brillavano sotto la luce del sole.
Una di esse spiccava per la sua particolarità; elmo e pettorale erano decorati con incisioni e pietre preziose, ma soprattutto aveva una forma tale da poter essere usata da un uomo con quattro braccia. Come il dio Indra.

“Ce l’abbiamo fatta!” gridò Jaman “Avete visto? Avevamo bisogno della forza di un combattimento tra diverse persone!”

Mu strinse i denti, quello che avevano sentito poco prima nel deserto era il tentativo di Jaman e i suoi guerrieri di svegliare la collana, una volta capito di non avere forza sufficiente avevano pensato di provare usando anche la loro. Sapevano che i Cavalieri avrebbero percepito il loro cosmo e li avevano aspettati al varco per ingaggiare quella battaglia. In quella situazione non avevano avuto altra scelta che difendersi, così avevano finito per fare il loro gioco.

Le armature scesero lentamente fino a posarsi sul terreno vicino a Jaman e i suoi giovani guerrieri. L’uomo posò una mano su quella che aveva intuito essere di Indra e chiuse per un breve momento gli occhi mormorando alcune parole. L’armatura si illuminò leggermente e si sistemò sul suo corpo adattandosi alla sua forma, due dei quattro bracciali si dissolsero trasformandosi in una decorazione del pettorale.
Le altre quattro armature si posizionarono sui corpi dei ragazzini; erano di fattura più semplice ma ugualmente eleganti, anche se prive di pietre preziose erano ricoperte di incisioni che rappresentavano motivi floreali e iscrizioni in qualche lingua antica.

“Aspetta!” disse Shaka “Pensi di avere davvero il diritto di indossare l’armatura di un dio?” parlava con tono pacato, dal quale però traspariva una certa preoccupazione.

“È stata lei a venire da me, quindi ho permesso del suo possessore,” rispose l’uomo. Gettò il bastone a terra e mosse con cautela alcuni passi in avanti, sembrava che la sua gamba si muovesse perfettamente, come se l’armatura l’avesse guarita.

“Adesso anch’io sono un Cavaliere!” gridò “Sono un Cavaliere del grande Indra!”

“Tu sei pazzo...” mormorò Milo “Stai sfidando un dio…”

“Bene, Cavalieri di Athena. Chi è il più forte tra noi, adesso?”

Fece ancora alcuni passi in avanti, poi si fermò e scoppiò in una forte risata.

“Adesso ve la farò vedere!” gridò “Non siete niente in confronto a me! Sono io a indossare l’armatura di un dio!”

Mu osservò i ragazzini; guardavano in silenzio il loro maestro, sembravano perplessi, la boria di prima era scomparsa. Negli occhi di uno di loro, quello che sembrava un po’ più grande degli altri, vide per un momento uno sguardo carico di rabbia.

“Bene Cavalieri!” gridò ancora Jaman “Questa sarà la vostra fine.” Alzò entrambe le braccia e di nuovo un vortice di vento si formò qualche metro sopra di lui. Questa volta sembrava essere più potente, impiegò qualche secondo a caricarsi, sollevando un’enorme quantità di sabbia e gradi massi dal terreno; l’armatura lo aveva reso più forte.

All’improvviso l’uomo gridò, portandosi una mano sugli occhi, il vortice continuava a girare sopra di lui. “Che succede?”

“Ti ho privato della vista,” rispose Shaka, la voce tranquilla, le mani giunte all’altezza del petto, “vuoi scegliere tu quale sarà il prossimo senso che perderai?”

“Credi di potermi fermare così facilmente?!” gridò l’uomo scagliando il vortice di aria e fulmini verso i Cavalieri “Non ho bisogno di vedervi per percepire la vostra presenza.”

In una frazione di secondo le gerle che i ragazzi portavano sulle spalle si aprirono mostrando il loro contenuto; avvolte in una luce dorata, le Sacre Armature d’Oro uscirono dai rispettivi scrigni e si sistemarono sui corpi dei Cavalieri per proteggerli.

Mu alzò nuovamente il Crystall Wall che anche questa volta respinse il colpo. I quattro ragazzini attaccarono tutti assieme, ma i Cavalieri furono più veloci, Mu scaricò loro addosso il suo Stardust Revolution seguito da Camus che li ricoprì di ghiaccio. I ragazzi riuscirono a liberarsi frantumando il ghiaccio ma vennero investiti da un’onda di energia lanciata da Shaka che li fece volare tutti per qualche metro.

Le Sacre Armature di Indra avevano reso i nemici decisamente più forti ma i Cavalieri, pur con una certa fatica, riuscirono comunque ad avere la meglio. Le punture velenose di Milo e un’ultima scarica elettrica lanciata da Aiolia misero finalmente gli avversari in ginocchio.


Passarono diversi minuti prima che Jaman e i ragazzini si rialzassero.

“Queste armature hanno amplificato i vostri poteri, ma vi abbiamo battuti comunque. Non è l’armatura a fare un cavaliere.” La voce di Shaka ora suonava severa.

“Non accetto prediche da adepti del Santuario di Athena,” disse l’uomo mentre si rialzava con fatica.

“Perché ce l’hai tanto con il Santuario?” chiese Mu.

“Perché è governato da dei bastardi idioti.”

“Non osare parlare del Santuario in questo modo!” sbottò Milo.

“Volete sapere perché disprezzo quel luogo? Vi accontento. Sono stato portato lì da bambino, prelevato con l’inganno dal mio Paese di origine. Sono stato costretto ad affrontare un allenamento durissimo, ho visto morire diversi coetanei e più di una volta ho rischiato anch’io la morte.
Dopo pochi anni ero già un guerriero devoto e promettente, ma mi sono rovinato una gamba in un incidente subito durante l’allenamento. Per questo motivo sono stato cacciato. Non ero più… perfetto. Con addosso un’armatura avrei potuto compensare la mia menomazione, ma non mi è stato concesso di continuare l’addestramento. Ho chiesto di poter svolgere altre mansioni presso il Santuario per continuare a servire Athena, ma non ho potuto fare nemmeno questo. Sono stato cacciato e basta. Nessuno ha avuto pietà di me, né per nessun altro… se penso a quei poveri ragazzi morti inutilmente…”

Fece una pausa, guardando il terreno di fronte a sé, il volto contratto in una smorfia di disgusto.

“Ho deciso allora che avrei dedicato ad altri i miei servigi,” continuò “sono vissuto anni in povertà poi Indra mi ha indicato la via da seguire e ha apprezzato la mia devozione. Ho deciso che avrei fondato il suo ordine e ne sarei stato a capo. Sono dovuti passare ben quindici anni, ma adesso sono anch’io un cavaliere. E avrò la mia rivincita.”

Quindici anni? Mu non poteva credere a quelle parole. Questo fatto risaliva a quindici anni prima. Il Maestro Shion era ancora vivo, a quel tempo. Era stato lui a cacciarlo? Le regole del Santuario erano dure, ma non al punto di mandare via un uomo che, pur non essendo in grado di concorrere per un’armatura, si era proposto per altre mansioni. Quel discorso non lo convinceva molto.

“Era questo il tuo piano, vero?” gridò ad un tratto il ragazzino più grande, “Volevi risvegliare Indra per la tua vendetta personale! Non ti è mai importato niente di noi!”


Jaman non fece in tempo a rispondere che il cielo si fece improvvisamente scuro. Tutti alzarono gli occhi chiedendosi cosa stesse succedendo. Banchi di nuvole scurissime si stavano addensando sopra di loro estendendosi lentamente fino alle montagne. In pochi attimi la metà del cielo venne coperta e un rombo assordante, come di decine di tuoni, riecheggiò per tutta la pianura.

I Cavalieri rimasero immobili osservando quel cupo spettacolo, i ragazzini si strinsero tra loro.

Si alzò un vento freddo e violento, caddero diversi fulmini a poche centinaia di metri di distanza. Poi tutto si calmò e le nuvole rimasero a volteggiare nel cielo nel più assoluto silenzio.

Dopo qualche minuto si udì un rumore simile a tuono, un brontolio che piano piano divenne sempre più forte fino a trasformarsi in una voce profonda che sembrava uscire dalle nuvole stesse.

“Chi ha osato disturbare il mio sonno?!”


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Angolo di quella che scrive:

Ben ritrovati amici e grazie per aver letto anche questo capitolo che, tanto per cambiare, esce con un po’ di ritardo sulle previsioni. 9_9 Bene, i Cavalieri hanno finalmente trovato il loro nemico e scoperto qualcosa in più su di lui. Jaman è riuscito a recuperare l’armatura di Indra, ma siamo sicuri che il dio in questione sarà d’accordo?

Grazie a tutti quelli che continuano a seguire questa storia, sono felice di vedere che siete ancora in tanti.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, vi prego di perdonare sviste ed errori perché è stato pubblicato un po' di fretta, prometto che al più presto sistemerò ogni cosa.
Un saluto a tutti e a presto!!! ^_^




   
 
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