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Autore: PapySanzo89    27/04/2020    4 recensioni
Partecipo alla challenge di Fanwrite.it sulle soulmates, 7 prompt per 7 giorni.
1. Dolore
4. Lacrime
6. Eterocromia
7. Filo Rosso
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1-SoulmatesAU: Dolore.







È al Saint Barts quando succede.
Sta conducendo un esperimento con il suo fedele frustino e dei cadaveri che Molly ha gentilmente concesso di prestargli e il dolore lo travolge facendolo quasi cadere a terra.
Si regge sul bancone dell’obitorio, ansima aggrappandosi alla spalla e sente i sudori freddi scendergli lungo il collo; vomita nel primo cestino che trova a disposizione e cerca a tentoni la sedia prima di finire sdraiato a terra. Ancora ansimante si spoglia velocemente della camicia per controllarsi la spalla e, com’è ovvio che sia, non c’è niente di particolare da notare al di fuori della sua pelle, sempre chiara e liscia come prima di quel dolore lancinante.
 
Gli hanno sparato.
 
Molly sceglie proprio quel momento per entrare e porta con sé due caffè.
“Ehi, già stanco del frustino?” dice sorridendo e Sherlock la osserva nonostante senta la testa girargli e si ricopre in fretta.
Molly ha capito anni prima di non essere la persona di Sherlock –santo Cielo, Sherlock ancora non riesce a credere che lì fuori ci sia una persona per lui, anche se il dolore alla spalla glielo sta facendo ricordare nel peggior modo possibile- ma nonostante questo non demorde.
Sherlock nemmeno la vuole la sua anima gemella, gli piace stare solo, gli piace avere la libertà di fare quello che vuole, gli piace essere –a detta degli altri- strambo (come termine più cortese, ovviamente) e non crede che al mondo esista una sola persona in grado di stargli dietro o –che Dio ci salvi- che voglia seguirlo di sua spontanea volontà. Ma Molly questo non lo capisce e nonostante tutto continua a civettare –o almeno a tentare di farlo- con lui, che per quanto lo riguarda ha deciso di lasciarla fare finché non diventa una cosa molesta o pesante.
“Crampo alla spalla” si limita a dire, prendendo il caffè che l’altra gli porge e storcendo le labbra dopo il primo sorso.
Molly continua a chiacchierare in sottofondo ma Sherlock è di nuovo perso nei suoi pensieri, una mano a massaggiare la spalla anche se ormai non fa più male. Con molta probabilità la persona in questione è svenuta (o forse morta? Perché gli avrebbero sparato? E perché a una spalla? In che parte del mondo è successo? Poche informazioni e troppe ipotesi) e Sherlock può finalmente tornare a respirare normalmente.
Gli hanno sparato.
Beh, su questo almeno non c’è dubbio, il dolore era lacerante e si è sentito strappare la spalla in due. Di ferite da coltello ne ha avute anche lui e niente è stato paragonabile a un dolore tale.
Per quanto riguarda il “gli” beh, spera che almeno questa cazzata dell’anima gemella tenga conto dei suoi gusti sessuali.
 
Molly sta dicendo qualcosa a proposito di un’uscita ma la interrompe alzandosi e prendendo il cestino dove ha vomitato prima per andare a svuotarlo.
 
“Tornerò per i risultati.”
In realtà qualcosa gli dice che passerà delle giornate d’inferno di lì a poco e che dovrà sperimentare di nuovo il frustino.
 
Molly non dice niente e Sherlock si chiude la porta alle spalle senza tante cerimonie.
 
***
 
“Molto diverso dai miei tempi.”
Sherlock solleva gli occhi dal microscopio solo per il tempo di un’occhiata e quello che vede non gli piace affatto.
O meglio, gli piace anche troppo.
Quindi non gli piace affatto.
Medico, di stanza in Afghanistan o in Iraq, lieve zoppia psicosomatica, ferito alla spalla.
Perché si ritrova a chiedere a Mike il telefono? Perché vuole saggiare il terreno intorno a quell’uomo? Perché non lo sta semplicemente mandando via, via il più lontano possibile?
“Prego, usi il mio.”
Ha un fratello alcolista.
No, no, non gli deve interessare.
“Afghanistan o Iraq?” perché non riesce a fermarsi dal fare domande?
Mike rivolge un mezzo sorriso a John.
John Watson ricorda improvvisamente per qualche motivo.
Sherlock allora fa quello che fa sempre ma questa volta esagera, dà più dettagli di quelli che siano realmente necessari e spera di spaventarlo, di fare in modo che nemmeno venga a vederlo l’appartamento. D’improvviso prende le sue cose e si avvia alla porta.
“L’indirizzo è il 221B di Baker Street, buona serata!”
Vola lungo i corridoi lasciando uscire il fiato che nemmeno si è reso conto di trattenere e poi cerca di ritornare lucido.
Quante persone di ritorno dalla guerra avranno ferite, anche ben peggiori, a una spalla? Quante probabilità effettive ci sono che quella sia proprio la persona che non sto cercando?
 
Sherlock rallenta il passo, rallenta il passo e si dà dello stupido perché si è fatto accecare da un dettaglio così piccolo ed insignificante (nessun dettaglio lo è mai) che senza ulteriori conferme può essere tutto e niente.
Se John Watson si presenterà davvero al 221B (e qualcosa gli fa credere che sì, lo farà) basterà una semplice domanda e tutto sarà finito.
 
***
 
Codardo è l’aggettivo migliore che si può dare in quel momento.
 
“Sherlock! Tutto gratis per te e per il tuo compagno, porto una candela, sarà più romantico!”
 
Angelo se ne va mentre la voce di John si spegne nel cercare di difendere il fatto che non stiano insieme perché tanto sembra quanto mai inutile.
 
Audace da parte di Angelo chiamare qualcuno il compagno di qualcun altro in un mondo come questo.
Il dottore comunque non ne sembra granché modo infastidito e scorre il menu con occhi veloci.
 
Il dottore è tutto ciò che di più ordinario e di più strano possa esserci sulla faccia della terra.
Ha visto un teschio poggiato sopra il caminetto, ha visto il disordine nella casa, ha incontrato Donovan e Anderson, ha visto il cadavere di una donna, ha sentito altre deduzioni sul suo conto eppure eccolo lì, seduto placidamente a un tavolo con lui conversando del più e del meno.
 
Sherlock non è riuscito a chiedergli niente.
Sarebbe stato facile. Sarebbe stato così facile. Una domanda casuale. Quando ti hanno sparato alla spalla?
Però ha scoperto di non voler avere conferme in quel momento, perché anche se da un lato è curioso, dall’altro sente di aver paura sia di avere una conferma che una smentita.
È meglio lasciare le cose come stanno.
 
***
 
John spara a un tassista e a Sherlock non interessa più se John è la sua anima gemella o meno, ha deciso che lo è e se il fato ha invece scelto diversamente, per lui non fa alcuna differenza.
 
***
 
“Ti ho detto di toglierti giacca e camicia e quando dico ora intendo ora!
Se c’è una cosa alla quale Sherlock Holmes non riesce proprio a resistere, questa è la voce del Capitano John H. Watson che lo guarda infuriato e con la cassetta del pronto soccorso in mano.
Quello che invece non riesce proprio a capire è come mai John sia lì ad aspettarlo.
“Non so di cosa tu ti stia preoccupando dottore, sono in ottima forma.”
La costola incrinata dissente da questa sua affermazione ma non è il caso di render nota la notizia.
“Ho sentito Lestrade…”
Sherlock chiude gli occhi e sospira, maledicendo la bocca larga dell’ispettore.
Inutile continuare a discutere, lui può essere testardo ma ha imparato che su certe cose John lo è molto di più.
Si sveste all’ingresso, appende il cappotto e poggia la camicia su una sedia, resta però in piedi perché non sa se è effettivamente in grado di sedersi.
John lo raggiunge e sembra incredibilmente arrabbiato, le sopracciglia corrugate mentre lo osserva con le labbra incredibilmente piegate verso il basso.
“Sai dottore, non capisco perché tu sia arrabbiato in primo luogo, è solo un graffio e-”
“Una costola incrinata non è solo un graffio, Sherlock.” Il dottore sputa fuori quelle parole intanto che armeggia con la cassetta dei medicinali e tira fuori un antidolorifico, mentre Sherlock se ne resta in mezzo al soggiorno a guardarlo, gli occhi spalancati e il cuore palpitante.
“Come sai che è una costola?”
Lestrade non ha visto niente dell’incidente, era molti metri dietro di lui quando è stato colpito e si è ripreso abbastanza in fretta da non mostrare nessun segno di fastidio. Pensava che John lo stesse controllando per scrupolo, non che sapesse che qualcosa non andava.
Le mani di John si immobilizzano sulla cassetta del pronto soccorso e poi ricominciano a cercare frenetiche qualcosa, ma sembra piuttosto che il dottore cerchi di guadagnare tempo.
Tempo per pensare?
“Una supposizione.” Risponde. Banale, incredibilmente stupido, ma John non è mai stato un tipo veloce nell’inventarsi qualcosa.
“John…” il dottore sospira e chiude gli occhi poi si volta a guardarlo.
Sta tutto a Sherlock.
Sherlock che ha la gola secca, le mani che tremano e probabilmente sta per morire d’infarto.
“Qual è la costola che mi fa male?”
Il dottore riapre gli occhi e va a fissarli nei suoi, si volta poi in sua direzione e si ritrovano faccia a faccia.
John lo guarda serio, sta pensando, a cosa debba pensare adesso è un mistero per Sherlock, alza poi la mano e la porta alla parte sinistra del costato.
“Decima costola, è incrinata quindi avrai bisogno di riposare, non che si possa fare altro, quindi non pensare nemmeno di uscire e buttarti a rotta di collo su un altro caso tanto facilmente, Sherlock Holmes perché-”
Sherlock gli si fa vicino in una falcata e lo prende per le spalle.
“Da quanto lo sai?”
“Cosa, che ti fa male la costola?”
“John!”
Il buon dottore sorride –in tutto ciò, Sherlock non capisce proprio cosa ci sia da ridere, sono un po’ troppe le cose che non capisce al momento- e lo guarda con aria canzonatoria.
“Temo di esserci arrivato molto dopo di te. Anche perché suppongo tu lo sappia dalla prima volta in cui mi hai visto. Sei stato bravo, lo ammetto, o forse io non osservavo poi così tanto, ma non ti ho mai visto lamentarti per dolori che –ora so per certo- avevi. Pensavo di essermi sbagliato, di aver nutrito delle stupide speranze, però…”
John ritorna serio “Anch’io sono molto bravo a nascondere il dolore, Sherlock. Sono anche più bravo di te, credo. Ma tu arrivavi sempre al momento giusto quando mi sentivo male, che casualità. Quando la spalla mi dava problemi nel dormire, quando la gamba mi faceva così male da non riuscire ad alzarmi, io nascondevo tutto ma tu eri lì immediatamente e non c’è arte della deduzione che tenga quando io sono in camera mia e tu sei in soggiorno.”
Sherlock è, per una volta, senza parole.
Ma John, come sempre, capisce.
“Sei sposato con il tuo lavoro, non ti piace tutta la falsariga delle anime gemelle, è una cosa che ripeti continuamente. Cosa avrei dovuto fare?”
E Sherlock in quel momento vorrebbe solo dirgli che delle anime gemelle non gliene frega nulla, perché non sarà sicuramente il fatto che provano lo stesso dolore a far sì che stiano insieme per il resto delle loro vite, ma che saranno loro –loro- nel pieno possesso delle loro capacità mentali a decidere di rimanere insieme perché lo hanno scelto, perché non è stato amore a prima vista, perché anche se Sherlock non avesse provato il dolore di John e viceversa Sherlock avrebbe scelto John sopra a chiunque.
 
“Sei un idiota”
“Dio del cielo, che novità!”
 
E Sherlock lo bacia prima che possa pentirsene, lo bacia e la costola gli fa male e sa che sta facendo male anche a John ma sembra che non importi a nessuno dei due in quel momento.
 
John sorride e gli mette una mano tra i capelli quando si scosta (di poco, molto poco) da lui. “Non pensare di comprarmi così, tu comunque non esci di casa con la costola in quelle condizioni.”
 
Sherlock sorride.
 
“Vedremo.”





NOTE AUTORE:
Alle volte ritornano.
Una mia amica mi ha mostrato questa challenge e, beh, io AMO le soulbond.
Siccome però non scrivo da tempo, sono arrugginita e non voglio che questa cosa prenda il soppravvento su di me e mi faccia venire l'ansia (questa storia doveva contatere come minimo 12k parole, COME MINIMO) ho deciso di tenerle il più corte possibile, soprattutto perché sono una al giorno, non saranno tutte Johnlock quindi se non vedrete 7 storie saprete il perché. X'D
Se siete arrivati fino a qui, grazie.
Mi mancava scrivere. X'D 

Grazie come sempre a Yoko Hogawa per il betaggio <3 
   
 
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