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Autore: AleDic    29/04/2020    2 recensioni
[Raccolta ǀ mostly family!fic ǀ Destiel a libera interpretazione]
#1. ~ Dean & Cas & Sam: I Winchester lo lasciavano sempre confuso.
#2. ~ Bobby & kid!Dean: «Non è questo il punto, Dean» disse il cacciatore, regolando la lenza della sua canna.
#3. ~ Dean & Cas: Forse è perché si era abituato al fatto che Cas ci fosse. Sulla Terra, a una chiamata di distanza.
#4. ~ Dean & Cas & Jack: «Spiacente deluderti Jack, ma chiunque sarebbe in grado di battere Cas. È pessimo nei giochi».
{Questa storia partecipa a #TheWritingWeek di Fanwriter.it}
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bobby, Castiel, Dean Winchester, Jack Kline, Sam Winchester
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Disclaimer: non sono miei, ovviamente.
Generi: Introspettivo, Angst, Sentimentale.
Avvertimenti: Missing moment, un semi-flusso di coscienza mal gestito con un retrogusto di nonsense.
Rating: Verde.

Prompt: Day 3 – Angeli.
Contesto: S6, generale/vago, timeline what timeline? Perché ci sono riferimenti un po’ alla rinfusa, nell’ordine sbagliato, ma era necessario per arrivare dove volevo arrivare (e dove? Vi chiederete voi. Ah, non lo so. Non a questo, in realtà).
Personaggi: Dean Winchester, Castiel.
Pairings: Destiel a libera interpretazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

III

 

{ 1.019 parole }

 

 

 

 

 

 

 

 

«Proprio non capisco, com’è che siete fatti».

Dean realizza che non avrebbe dovuto parlare quando è già troppo tardi, le parole che sono scivolate fuori così come le ha pensate. È alla seconda bottiglia di whisky quando succede – tralasciando la confezione di birra ormai vuota gettata in un angolo della stanza del motel – e ha una quantità d’alcool in circolazione sufficiente a impedirgli di ricacciare indietro quello che farebbe meglio a non dire perché, be’, è ancora abbastanza lucido per essere consapevole di non voler affrontare quella conversazione.

Ma ora è troppo tardi: Castiel è in piedi poggiato al lavello della piccola cucina a parete della camera, la testa leggermente piegata di lato e l’espressione confusa già dipinta in volto. Si potrebbe dire sia la sua espressione di default, quella che Dean gli vede quasi perennemente indosso – insieme a quella stoica e impenetrabile da soldatino del Cielo che pensava fosse scomparsa con l’Apocalisse; invece quando l’aveva rivisto era di nuovo lì e Dean iniziava a chiedersi se si fosse trattato di un’illusione tutto quello che, nell’anno precedente, aveva visto dietro.

«Voi, angeli» chiarisce il maggiore dei Winchester, non sa se per Cas o per se stesso. Non voleva pronunciare la parola come un insulto, ma si accorge che il tono che ha usato è più amaro e duro di quanto intendesse. Non può farci nulla, in fondo è tutto quello che ha dentro ora: amarezza, delusione, rabbia, disprezzo (verso chi, ce l’abbia, è un'altra delle cose di cui è sicuro di non voler parlare; Cas è sulla lista ed è lì con lui in quel momento e questo lo rende l’unico bersaglio sul quale riversare tutto lo schifo che gli ribolle nel petto. Non è la prima volta che lo fa, comunque).

Forse è perché si era abituato al fatto che Cas ci fosse. Sulla Terra, a una chiamata di distanza.
Ora ha distrutto il suo rapporto con Lisa e Ben, Bobby gli ha tenuto nascosto che suo fratello fosse tornato già da un anno, Sam è una specie d’inquietante macchina senz’anima, e suo nonno Samuel li ha venduti a Crowley.
E Cas. Cas non c’è. Non c’era stato per Sam, quando si era sgolato per cercare di capire come fosse uscito dalla Gabbia. E non c’è ora, se non in sporadici momenti come quello, quando qualche arma angelica sbuca fuori in qualche posto dimenticato da Dio.
Ma avrebbe dovuto, pensa, quasi con rabbia. E non capisce perché, invece, non sia così.
Quindi lascia perdere ogni remora rimasta sul fondo delle bottiglie vuote nella spazzatura e continua quel dialogo di cui, è certo, dopo si pentirà.

«Se davvero v’importa di qualcosa o siete solo capaci di andare allo sbaraglio una volta tolto il guinzaglio».
Castiel è ancora a fissarlo in silenzio. Ha raddrizzato il capo, e non ha più l’espressione confusa sul viso. Lo sguardo con cui lo scruta adesso è intenso e concentrato, il volto corrucciato in quella che sembra stizza più che offesa.
«Ti ho già detto, Dean, che ho intenzione di aiutarti con Sam. Ma non sei l’unico ad avere dei problemi. Perché non mi credi?»
La cosa frustrante è che Dean gli crede. Più di quanto il buon senso gli permetterebbe di fare. Perché se c’è una cosa che l’Apocalisse gli ha insegnato è che non ci si può fidare degli angeli tanto quanto dei demoni.
Ma si tratta di Cas e la differenza è che Dean vuole credergli, a dispetto di tutto.

 

C’è questa specie di ronzio, però, come unghie che grattano in un angolo della sua mente dal momento in cui l’ha rivisto, che non riesce a far smettere e che non ha idea di cosa voglia dire. Lo sta facendo impazzire, lo irrita, lo rende nervoso. Inquieto. Gli fa desiderare con un’intensità quasi insopportabile che Cas si fermi, che smetta di scomparire, che gli dica cosa sta succedendo.


(E, la cosa è che, l’ha fatto. Gli ha detto il perché. Solo che non è stato abbastanza).

 

Dean ricambia lo sguardo corrucciato, l’ennesimo bicchiere pieno in una mano, l’altra poggiata al tavolino alla sua sinistra – vorrebbe che fosse solo per comodità, ma la verità è che non è sicuro di essere ancora del tutto stabile sulle gambe, al momento.
«Cosa ti è successo, Cas?» gli chiede, e c’è una nota supplichevole nel suo tono che detesta con tutto se stesso. Castiel volta la testa e la scuote leggermente, fissando poi un punto sulla parete verdognola della stanza.
«Sono in guerra. Sono un soldato».
Il tono meccanico e deciso con cui pronuncia quelle frasi è talmente famigliare da fargli stringere lo stomaco (quante volte ha sentito quel tono uscire dalle sue labbra?).
Manda giù il contenuto del bicchiere in un sorso, ma il bruciore del liquido che gli scorre in gola non riesce a sopprimere quello che sente nel petto. «Una volta eri più di questo».

 

Castiel si muove all’improvviso. Afferra la bottiglia di whisky semi-vuota sul ripiano accanto e si allontana dal lavello verso di lui. Dean è preso in contropiede e l’angelo è un po’ troppo vicino quando lo raggiunge al tavolo, ma non arretra né si ritrae. Lo guarda confuso mentre l’altro svita il tappo e solleva il braccio per riempirgli il bicchiere vuoto.
Questa volta quando rialza il volto e porta gli occhi nei suoi, c’è uno moto di sfida che Dean non gli ha mai visto rivolgergli prima.
«E cos’è, che ero, Dean?»
Sente la gola seccarsi sotto quello sguardo, ma non riesce a portare il bicchiere alla bocca per bere. Non riesce a muovere un muscolo. Soprattutto, non riesce a distogliere gli occhi da quelli dall’altro.

 

È Castiel a farlo per lui.
Poggia la bottiglia sul tavolino richiudendola. Quando riporta lo sguardo su di lui, l’espressione sul suo volto è indecifrabile.
«Quello che sto facendo» comincia, scandendo le parole lentamente. «Lo sto facendo per il Paradiso. Per il bene dei miei fratelli. Tu per cosa stai combattendo ora?»

Le parole di Castiel lo colpiscono come un sasso sul petto.
Prima che possa formulare qualsiasi risposta, sente il suono del fruscio di ali.
L’attimo dopo, è di nuovo solo.

   
 
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