Giorno
3: Vicini
tranquilli
Lo spettacolo
che Mordecai, Moravich e Jason stavano offrendo
ai pochi abitanti ancora per le strade era piuttosto comico.
“Vi dico che
riesco a camminare da solo, non serve che mi reggiate!”. Un
daino parlante e
mezzo traballante tenuto ben sorretto dai gemelli. Fortunatamente a
Esqueleto
le bizzarrie abbondavano e nessuno diede davvero importanza a quanto
stava per
accadere.
“Non
c’era bisogno di accompagnarmi a casa! Davvero! Ormai
sto bene” esclamò imbarazzato Mordecai.
“Ovvio
che stai bene, hai vomitato tutto!” esclamò
Moravich,
provocando un’ulteriore ondata di imbarazzo al giovane.
Jason fece cenno
a Mordecai, prontamente tradotto dal gemello
“Jason ha provveduto a informare Artemisia e Lesath prima di
lasciare il Lab.
Non c’è alcun problema” .
Jason
ridacchiò, guardando sottecchi il fratello con malizia.
“Sì,
mi stavo annoiando e ti ho usato come scusa per
andarmene” confermò Moravich.
“Ah
ecco” commentò il biondo.
Ormai erano
quasi arrivati al numero 13 quando….
“ALLEN,
NOOOOO!” una voce di donna e lo schianto di vetri
infransero il silenzio della notte e fece ammutolire i tre ragazzi.
Mordecai
riconobbe la voce “Ebenezer!” e si voltò
verso la
porta della vicina di casa. “Lascia stare,
Mordecai” Moravich cercava di
mantenere un tono neutro mentre Jason tentava (senza successo) di non
mostrare
preoccupazione.
“Ma
non esiste proprio!” battè lo zoccolo contro la
porta.
“Ebenezer! Apri la porta!”. Nessuno giunse ad
aprire.
“Moravich,
apri!” il ragazzo non capiva perché il fratello
non fosse preoccupato per l’amica come lo era lui.
“Mordecai,
davvero, Ebi non è in pericolo. Sta bene,
credimi”. Ma Mordecai viveva da troppo poco tempo a Esqueleto
per… sapere.
Jason aprì la porta per lui, dando un’occhiata
significativa al fratello, che
comprese. Era meglio che il ragazzo si rendesse da conto da solo che le
preoccupazioni per l’incolumità della ragazza
erano infondate.
“Ebi,
siamo noi. C’è anche Mordecai” disse
Moravich a voce
alta mentre i tre entravano nell’ingresso della casa.
“Oh,
Mordecai, caro..! Non venite in cucina per favore…
è
tutto sotto controllo!” la voce di Ebenezer, resa
più acuta dalla
preoccupazione e dalla tensione, dava alle parole un risultato
decisamente
opposto al loro significato letterale. In sottofondo, si udivano le
lamentele
sommesse di Allen.
“Ebenezer…
hai bisogno di aiuto?” chiese con cautela
Mordecai.
“Ebi,
Mordecai ti ha sentito gridare e si è preoccupato”
aggiunse Moravich.
“Ah
capisco. Allen, tesoro… tieni stretto lo
strofinaccio…
ecco così. Arrivo subito”. La ragazza
entrò nell’ingresso e Mordecai soffocò
un
grido: era coperta di sangue.
“Stai
tranquillo Mordecai: il sangue non è mio”.
“È
di Allen? È ferito? Devo chiamare
l’ambulanza?”.
“Un
incidente con una bottiglia. Forse serviranno dei punti
ma non è una ferita grave. Ci penso io. Andate a casa, per
favore. Ci vediamo
al Pavo domani” sembrava padrona della situazione ma anche
preoccupata.
Mordecai era
tutt’altro che convinto.
“Ma tu
stai bene? Voglio dire…” abbassò il
volume “serve la
polizia?”
Ebenezer si
lasciò sfuggire una bassa risata di liberazione
dalla tensione “È di là la polizia.
Stiamo bene. Ora andate, buonanotte”.
Alla fine, la
determinazione della ragazza fecero rassegnare
Mordecai “Domani al Pavo Ebenezer, promettimelo”.
“Ma
certo sciocchino! Vai! Ho la polizia che dissangua, di
là!” abbozzò un sorriso mentre lo
spingeva fuori gentilmente. “A presto,
tesori! E grazie per esservi preoccupati per me!” e richiuse
la porta,
lasciando i tre sullo zerbino.
“Mordecai,
davvero, non è il primo incidente domestico che
coinvolge Allen. Lui è un tipo piuttosto…
maldestro”.
“Maldestro..?”
“Ebenezer
si preoccupa tanto per lui, per questo sembra
sempre una questione di vita o di morte, quando si ferisce. Ma non
farne parola
con Allen: è un tipo piuttosto orgoglioso”.
Mordecai rimase
silenzioso per i pochi metri fatti per
raggiungere la porta della propria casa. Jason gli appoggiò
la mano sulla
groppa, nel tentativo di tranquillizzarlo. Nessuno era in pericolo.
Entrarono in
casa e nessuno toccò più l’argomento.
Ebenezer
tornò in cucina con la cassetta del pronto soccorso.
Scrutò il volto pallido di Allen.
“Perché ti fai questo, Allen?” ma il
ragazzo
si rifiutò di rispondere. Come poteva confessarle che il
dolore fisico lo
aiutava a non pensare al dolore del suo cuore provocato dagli incubi?
Come poteva
confessarle che preferiva vedere scorrere il suo sangue piuttosto che
quello
della sua amata?
…
Come confessarle che stava praticando in segreto dei sacrifici
di sangue, risalenti agli antichi riti, per proteggerla?