Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: Watson_my_head    29/04/2020    2 recensioni
Settembre 2017. Sherlock e John sono tornati a vivere insieme e tutto sembra andare per il meglio ma un giorno, durante un caso, Sherlock sbatte la testa e perde conoscenza.
Quando finalmente riapre gli occhi è convinto di essere ancora nel 2009.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



IV






John esce dalla stanza lasciando la porta socchiusa così come l'aveva trovata.

Bene, è un segno di apertura, si dice Sherlock. Forse non vuole lanciare tutte le sue cose dalla finestra e cacciarlo in malo modo e nemmeno fare le valigie e andarsene. Forse le speranze di non restare solo ad affrontare questa nuova vita non sono vane. Si rincuora.

Prende quel computer sgangherato e cerca di resistere alla forte tentazione di scavare in ogni cartella per carpire tutti i segreti di John Hamish Watson. Ci riesce, ma solo per rimandare la caccia al tesoro ad un secondo momento. Adesso, quello che gli preme è leggere dei loro casi, di loro due insieme.

Tuttavia, non può fare a meno di notare che sul desktop ci sono un paio di cartelle di immagini posizionate in alto a destra, distanti dalle altre per essere rintracciate subito, è chiaro. Lo scrupolo dura pochi secondi, dopotutto se John non avesse voluto, non gli avrebbe consegnato il suo computer con tanta leggerezza. Forse non è nemmeno una cosa così rara, forse è abituato a mettere le mani su quella tastiera, forse ha già visto decine di volte il contenuto di quelle cartelle. Una in più non può di certo cambiare la situazione.

Le cartelle sono denominate con due semplici lettere: R. e A.

Clicca sulla prima, osserva le foto. Non sono molte, una decina, ma tutte contegono lo stesso soggetto. Una bambina molto piccola dagli occhi azzurri e i capelli biondi. In una giocherella con un fiore, in un'altra fa delle smorfie buffe, in un'altra ancora è in braccio a John. John le sorride, sembra felice, anche se la foto restituisce qualcosa di malinconico che costringe Sherlock a distogliere lo sguardo. Si pente subito di aver aperto la cartella, gli sembra di aver invaso un territorio troppo privato, qualcosa che doveva rimanere tale. Chi è quella bambina? John chiaramente non ha figli. O almeno, non ha figli di cui si occupa. Sarà legata al matrimonio non valido di cui gli ha parlato a cena? E' questa la causa del dolore che John sembra portarsi costantemente dietro, come fosse un fardello? Sherlock non lo conoscerà bene, anzi affatto, questo è certo, ma è ancora perfettamente capace di dedurre le persone. E John si muove, sorride e parla come qualcuno costretto a portare addosso un seme d'infelicità pesante come un macigno. Sarà forse questa bambina la causa dei suoi sorrisi spenti? Sherlock distoglie lo sguardo, poi chiude la cartella. Sa che non dovrebbe aprire l'altra ma lo fa ugualmente. Questa a differenza dell'altra, contiene solo tre foto e dopo averla aperta Sherlock comprende che si riferisce all'Afghanistan. In una delle foto John, in divisa militare e una decina di anni più giovane, sorride apertamente accanto ad un uomo dai gradi più alti e dagli occhi di ghiaccio. Sherlock non può fare a meno di notare che quello nella foto è un John completamente diverso da quello che sta conoscendo lui e anche da quello nelle foto con la bambina. Anche il sorriso non è lo stesso. Questo è aperto, vero, vero come può essere il sorriso di una persona felice, anche se lo sfondo è quello del deserto e di una guerra terribile di cui si percepiscono gli echi anche da una foto. Sherlock osserva John e si scopre a sorridere di rimando. Lo guarda anche un po' oltre il necessario, e dopo averne praticamente imparato a memoria ogni particolare, decide di andare avanti. Le altre due sono una foto di gruppo e un tramonto nel deserto dove John compare in un angolo, colto quasi di sorpresa. Gli occhi socchiusi, il viso arrossato dal sole e dalla luce calda di un giorno che finisce. Sorride alla macchina fotografica o a colui che ha scattato la foto. Sherlock non sa dirlo ma si sente di nuovo a disagio.

Chiude anche questa cartella e resta qualche minuto a pensare che l'uomo che dorme nella stanza al piano di sopra e che dice di essere suo amico, possiede una vita intera di cui lui non conosce nulla. Si scopre a desiderare di ricordare o almeno di conoscere di nuovo.

 

*

 

Il blog ha uno sfondo verde oliva che non incontra il suo gusto. Appunta mentalmente di farlo notare a John.

Il primo post è un semplice "Niente". Interessante. Il secondo è "A me non succede niente". Il terzo è "Come lo cancello?". Sherlock stringe gli occhi. Si chiede come sia possibile passare dai sorrisi aperti sotto il sole cocente e potenzialmente mortale dell'Afghanistan a questo. Vorrebbe chiedere, forse lo farà.

Decide di andare avanti e scopre quasi subito che esiste un Harry Watson, probabilmente il fratello di John con cui sembra non avere molti rapporti. Poi finalmente, un post che John ha intitolato "Uno strano incontro" datato 29 gennaio. Sherlock legge.

 

*

 

"Matto. Arrogante. Rude. Stranamente piacevole. Affascinante. Strambo".

Sherlock legge e non può fare a meno di sentirsi confuso, di nuovo. E poi nei commenti quel "Non sono gay, lui potrebbe esserlo" lo confonde ulteriormente. Guarda verso la porta, come qualcuno che sta leggendo di nascosto qualcosa che dovrebbe restare segreto. Si chiede se John gli abbia suggerito di leggere il blog per comunicargli qualcosa. Riflette sulla cena di poco prima, la deduzione apparentemente sbagliata, il discorso troncato sul nascere, la distanza. Non capisce. Prova ad immaginare come John e il se stesso di quattro mesi nel futuro abbiano interagito. Cosa gli avrà detto? Come si sarà comportato? Cosa avrà fatto per meritarsi quell' 'affascinante'? Arrossisce un po'. Sherlock non sa niente di relazioni umane, forse, ma sa perfettamente cosa fare per rendersi piacevole quando vuole, con chi vuole. E' chiaro che con John voleva.

Ma John non è gay, eppure nel suo blog racconta del loro primo incontro in modo del tutto equivoco. Equivoco come il tono della sua voce a cena.

 

*

 

Sherlock legge e legge ancora, per ore. Legge ogni post, ogni commento. Rilegge, a volte. Centinaia di informazioni gli affollano il cervello. Tutto gli sembra estraneo, persino i propri stessi commenti. E fa fatica a capire alcuni avvenimenti che vengono raccontanti in modo superficiale. Chi è Irene Adler? Possibile che abbia avuto un trasporto per lei come John lascia intendere? Sherlock è incredulo. E' più probabile che John abbia frainteso tutto. E poi perché ha finto la propria morte? Cosa ha fatto in quei due anni? Dove è stato? Come ha fatto John a perdonarlo? Perchè è finita la sua storia con Mary e perché il matrimonio non era valido? Perché ha smesso di aggiornare il blog? E' molto confuso.

Vorrebbe alzarsi, raggiungere John e farsi spiegare ogni cosa ma è quasi mezzanotte e il mal di testa lo costringe a mettere via il computer e a sdraiarsi. Osserva il soffitto chiedendosi se John stia già dormendo. Si accorge con sollievo che la presenza del dottore nella stessa casa lo rassicura, anche se non sa quasi niente di lui, anche se non ricorda nulla della loro intensa vita insieme, delle loro avventure, del loro shopping natalizio - di cui dovrà chiedere conto perché sospetta sia una parte romanzata di quel racconto - e delle scampagnate a Baskerville. Inizia a sentire che quello forse è davvero il posto a cui appartiene. Si addormenta poco dopo.

 

*

 

John è sdraiato sul suo letto da minuti interminabili. Anche lui guarda il soffitto. Pensa a Sherlock da solo al piano di sotto, con in mano il suo computer a leggere della loro vecchia vita. Si chiede come siano arrivati a questo. Pensa a tutti i possibili modi in cui avrebbe potuto evitare che accadesse, prendere un'altra strada, costringerlo ad aspettarlo, uccidere quel delinquente prima, prima che potesse sfuggirgli dalle mani. Si chiede se sia colpa sua. Avrebbe dovuto agire con più velocità, senza pensare troppo. Forse se lo avesse fermato prima. O se non avesse risposto a quella chiamata. Se non avesse aperto la porta. Se. Centinaia di inutili 'se' si innalzano come alberi nella sua testa.

Vorrebbe prendere a calci ogni cosa e invece resta immobile sul suo letto. Come ha resistito quei due anni senza di lui? Come ha vissuto? Come ha fatto ad andare avanti ogni giorno? Forse la morte sa tenerti a galla, in qualche modo? La consapevolezza dell'abbandono, sa tirare fuori una forza sconosciuta anche se priva di picchi di felicità? E' più facile abituarsi all'idea che qualcuno sia morto che all'idea che qualcuno ti abbia dimenticato?

Si addormenta.

 

*

 

Sherlock è di spalle, sta suonando il violino. John è in piedi in mezzo alla stanza, non sa come ci sia arrivato. Lo chiama, invano. Sherlock non lo sente, o forse lo ignora, continua a suonare. John si avvicina. L'appartamento è strano, è uguale a sempre eppure è diverso. Forse è la luce. Le cose assumono l'aspetto liquido dei sogni, il colore verde dell'acqua in un acquario senza pesci. Sherlock continua a suonare. John si avvicina ancora ma sembra sempre distante. Lo chiama. Quando finalmente lo raggiunge lo oltrepassa, lo guarda in viso. Ma non c'è viso, non c'è Sherlock. Di nuovo la sua schiana e lui che suona, solo che stavolta la musica é lontana, sembra l'eco di un qualche ricordo. Grida forte il suo nome. Si sveglia.

 

*

 

E' madido di sudore. Non aveva un incubo come questo da molto tempo, da quando aveva vissuto da solo in quell'appartamento da buon padre di famiglia. Sembra un tempo lontanissimo. Si mette seduto. L'orologio sul comodino segna le quattro e un quarto. Pensa immediatamente a Sherlock. Si alza, scende di sotto. Dalla porta della sua camera filtra la luce arancione della lampada. Si chiede se sia ancora sveglio. Si avvicina con cautela, spinge un po' la porta con una mano e lo vede. Sherlock dorme. Dorme raggomitolato su se stesso come lo ha visto fare mille volte sul divano, la luce calda gli illumina il viso e nel sonno sembra più giovane, come se adesso anche l'esterno mostrasse ciò a cui la sua mente si è ancorata. Sorride. Sente una stretta allo stomaco, vorrebbe sdraiarsi accanto a lui, dormire.

Va via invece.

 

*

 

Il mattino porta con sé una pioggia battente e nuvole basse che sembrano poggiarsi sui palazzi. John è sveglio da un pezzo. Dopo essere stato nella camera di Sherlock durante la notte, non è riuscito a riaddormentarsi, ha aspettato l'alba sotto le coperte guardando video a caso sul telefono. E' stanco. Siede al tavolo della cucina con un caffè tra le mani e la speranza che a Sherlock sia tornata la memoria, ma quando lo vede uscire dalla sua stanza capisce subito che non è così.

Sherlock si sveglia praticamente con lo stesso mal di testa con cui si è addormentato, perché la notte, popolata di incubi sconosciuti, non gli ha permesso di riposare. Ha sognato Moriarty, il cui viso gli era ormai noto dopo le ricerche su Google, ha sognato Irene Adler e vari episodi dei casi letti sul blog di John ma tutti insieme, senza nessuna logica apparente se non quella distorta dei sogni. Si alza lento, controvoglia e va in cucina. John è seduto lì come se non si fosse mai mosso, e ci crederebbe davvero se non indossasse il pigiama e una vestaglia grigia che sembra di ottima fattura, con finiture blu e una piccola J. quasi invisibile, discreta ed elegante, ricamata sul taschino. Sherlock capisce subito che probabilmente è un suo regalo, perché gli è chiaro che il dottore non sembra avere gusti sofisticati nè tenere a un certo tipo di abbigliamento. Ha il viso stanco, come qualcuno che ha dormito molto male, specchio del suo probabilmente. E' bello. Anche così. Sherlock distoglie lo sguardo. Che fosse bello lo aveva notato subito, fin dal risveglio in ospedale. Ma lì non c'era stato tempo per indugiare su sensazioni inutili. Adesso, dopo due giorni di assestamento, Sherlock concede al suo cervello di spingersi un po' più in là, oltre le mere constatazioni vitali: sì respiro, sì sono vivo, sì ho perso la memoria. John è bello. E' un fatto oggettivo. Si impone di andare oltre.

"Buongiorno" – John sforza un sorriso.

"Buongiorno..."

"Come andiamo oggi?"

"Bene."

John non è stupido, senza contare il fatto che è un medico e che conosce Sherlock da molto tempo. Sa benissimo quando mente, almeno sulle proprie condizioni fisiche, e sa anche che non è il caso di contraddirlo. Meglio assecondarlo costringendolo a fare cose senza che neanche se ne accorga, e soprattutto meglio non chiedere se la memoria è tornata. E' evidente che non è così.

"Ok. Oggi devo controllare quei punti, rifare la medicazione e poi potrai lavarti i capelli se vuoi. Ma prima colazione e pillole." - gli sorride mentre si alza per preparargli una tazza di tè.

Sherlock pensa che dovrebbe farlo da solo. Non è abituato a qualcuno che gli prepari la colazione o che gli dica buongiorno quando si sveglia. Non è nemmeno abituato a farla la colazione quando si sveglia. Pensa che potrebbe abituarsi anche subito. Annuisce e va in bagno. Mentre si lava le mani evita di guardarsi allo specchio. C'è ancora troppa differenza tra chi ricorda di essere e chi è in realtà. Lo specchio non è un buon amico al momento, solo John lo è. John.

 

*

 

Quando Sherlock torna in cucina John è al telefono. Si allontana verso il salotto ma arrivano comunque stralci di conversazione.

"Si, lo so... ma me ne servono ancora... Ancora qualche giorno... Farò il turno di notte per compensare... Grazie Sarah."- Poi la telefonata si interrompe. John torna in cucina, gli sorride, inizia a preparare il tè.

"Sarah è la tua ex fidanzata, quella della Nuova Zelanda?"

"E' anche il mio capo."

"Oh." - Sherlock spizzica con le dita un brownie al cioccolato poggiato su un piattino.- "Non lavori quindi?"

"Non in questi giorni, no."

"Perché?"

John si ferma per un breve istante, poi riprende a fare quello che stava facendo, senza voltarsi.- "Perché no."

Sherlock deduce che è a causa sua, eppure gli sembra improbabile.

"John..."

"Sta zitto Sherlock." - si volta per poggiargli una tazza di tè bollente di fronte.- "Bevi il tuo tè e mangia uno di quelli. Li ha fatti Mrs. Hudson con le sue mani apposta per te". Usa lo stesso tono che aveva usato con Mycroft all'ospedale, quello che non ammette repliche.

Sherlock osserva la tazza in silenzio. Ormai ha capito che far saltare i nervi di John Hamish Watson è piuttosto semplice e si chiede come abbiano convissuto anni senza che lo ammazzasse. David era una persona stupida ma comunque piuttosto mite, eppure arrivavano spesso allo scontro perchè lui sapeva rendersi insopportabile, o perché l'appartamento che era già un tugurio, si trasformava in una discarica, pezzi di cadaveri compresi. Arriva a chiedersi se sia cambiato nel corso di questi anni perduti ma scarta questa ipotesi inverosimile. John non sembra un uomo nè mite nè paziente, invece. Non riesce a tenere a freno i nervi nemmeno con una persona convalescente, figurarsi nella normalità. Sherlock si chiede se siano mai arrivati ad uno scontro, se si siano mai messi le mani addosso. Si sente di escludere anche questa ipotesi, o per lo meno, esclude che lui abbia alzato anche un solo dito su John. Perché c'è un'altra cosa. Una cosa che ha registrato fin dai primi momenti all'ospedale e che continua a percepire costantemente: una sensazione di stordimento dato già dalla sola presenza fisica di John, dal modo in cui riesce a riempire gli spazi quando si muove in una stanza, anche se non è alto, anche se non è possente e ha mani piccole, anche se ha occhi tondi e dolci, la sua presenza è ingombrante. John si accende, come fosse un punto di gravità attorno al quale ruota tutto il resto. Ed è anche potenzialmente una minaccia, come può esserlo una stella luminosissima e silenziosa in grado di esplodere di devastazione in un istante. Lo conosce praticamente da due giorni, ma Sherlock è convinto che John potrebbe togliere la vita a chiunque senza pensarci due volte, se ne andasse della sua di vita o di quella di qualcuno a cui tiene, allo stesso modo in cui però sarebbe capace di salvargliela. E questa è probabilmente la più grande differenza tra loro due. E' un uomo a cui si deve rispetto, per questo suo segreto e per averlo sopportato per otto lunghi anni. Ma la cosa che fa più paura di lui e che è anche la sua arma più potente, è che è allo stesso tempo cordiale, presente, come lo è qualcuno dall'animo buono e dai sani principi. Una stella luminosa che sa indirizzare la luce, sì, ma che può anche accecarti completamente.

Sherlock inizia a temere di sviluppare una nuova dipendenza, perché sembra un essere davvero speciale questo John Hamish Watson.

Capisce perchè lo sceglierà fra quattro mesi, perchè lo ha scelto, otto anni fa.


*



Nota dell'autrice:

Ciao a tutti! Mi prendo questo piccolo spazio solo per ringraziare chi sta seguendo questa storia, l'ha recensita, l'ha messa tra le seguite e tra le preferite, e anche chi legge in silenzio. Grazie a tutti. Nuovi aggiornamenti arriveranno presto.
Intanto spero che questo capitolo un po' di transizione vi piaccia. 
A presto!

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Watson_my_head