Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: ValeAck    29/04/2020    1 recensioni
| Ereri | Mini-Long | Modern!Au |
«Se avessi la capacità di riavvolgere il tempo, tornerei ad un anno fa, solo per cercarti e dirti queste stesse parole.»
«Mi dispiace essere arrivato in ritardo.»
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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«Jean, muoviti! - lo richiamò Connie, alzando la mano per essere intercettato dallo sguardo del compagno. - La pausa pranzo non è mica infinita.» Sasha annuì animatamente, le dita a circondare il polso di quello che Levi aveva capito fosse il suo ragazzo, e lo sguardo spazientito per l'attesa.

«Andate.» disse semplicemente il biondo, liquidandoli con un gesto della mano, prima di aprire la cartella ed estrarre un panino e una borraccia. Il corvino trovò quella situazione particolarmente ambigua: era la prima volta, da un mese a quella parte, che il rappresentante d'istituto decideva di pranzare in aula. Intercettò l'occhiata sconsolata che Eren rivolse al suo amico, altrettanto confuso da quella decisione così improvvisa, che si dissipò nell'esatto istante in cui Kirschtein girò la sedia posando il suo pranzo al sacco sul banco del castano. Non gli disse nulla, semplicemente prese a mangiare, sfogliando distrattamente il libro di trigonometria e dando di tanto una sbirciata al telefono.

Eren, dal canto suo, sorrideva felice, le braccia raccolte sulla superficie e il mento poggiato su esse, limitandosi a scrutarlo in silenzio, pienamente appagato. Levi proprio non riusciva a capire la natura del loro rapporto. Eren pendeva letteralmente dalle sue labbra e, se da un lato Jean non pareva neanche accorgersene, dall'altro, di tanto in tanto, compiva piccoli gesti del tutto contraddittori rispetto al solito atteggiamento assunto. Erano rarissime e quasi del tutto impercettibili dimostrazioni d'affetto che ad una normale persona sarebbero passate inosservate. Non a Levi che ormai, per quanto strano si sentisse, non riusciva a staccare gli occhi di dosso ad Eren Jaeger. Era diventata una necessità che giorno dopo giorno si era trasformata in vera e propria apprensione. Non importava quante volte avesse ripetuto a se stesso di lasciar perdere, di non intromettersi nella vita altrui: puntualmente, quando Kirschtein ignorava il castano di proposito, proprio non riusciva a trattenersi dallo storcere il naso. Eren l'aveva beccato diverse volte con la medesima espressione contrita, limitandosi sempre a scuotere le spalle e a seguire l'amico con un'assurda (data la situazione) aria serena.

...

Quello stesso pomeriggio, finite le lezioni, Pixis l'aveva trascinato nel suo ufficio per avere un dettagliato resoconto di come fosse andato il primo mese nella nuova scuola. Non l'aveva trattenuto a lungo, giusto il tempo perché potesse essere informato riguardo il procedimento del programma e dell'evoluzione dei rapporti interpersonali con i nuovi compagni di classe. Aveva dato risposte positive ad entrambi i quesiti, nonostante alcune parti del programma le avesse già trattate nella vecchia scuola e la sua vita sociale fosse ridotta al pranzare con Farlan Church e fissare di nascosto Eren Jaeger. E quest'ultima, doveva ammettere, non gli riusciva un granché bene. Quel ragazzo si accorgeva sempre di lui e puntualmente finiva per rivolgergli uno di quei sorrisi spettacolari, capaci di togliergli il fiato.

Uscito dall'ufficio del coordinatore si diresse velocemente verso la sua aula per recuperare la borsa e l'ombrello, sospirando sconsolato nel rendersi conto che la pioggia avesse continuato a venir giù incessantemente. Fu quando rientrò che lo vide, il volto rivolto oltre il vetro e le spalle che a malapena si muovevano sotto il suo respiro. Levi gli si avvicinò titubante, dopo quel giorno sul tetto non avevano più parlato, limitandosi a salutarsi da lontano e a rivolgersi quelle occhiate silenziose. Lo affiancò, cercando i suoi occhi con i propri senza riuscire ad attirare la sua attenzione.

«Hey! - gli posò una mano sul braccio e quel contatto fece sobbalzare il più alto che si voltò di scatto, l'espressione impaurita come quella di un cerbiatto davanti ai fari di un'auto. Parve impiegare secondi eterni prima di tornare sereno, secondi durante i quali sembrava non averlo neanche riconosciuto, dunque tornò a guardare fuori. - Perché sei ancora qui?»

«Aspetto che smetta di piovere, non ho l'ombrello.» Levi seguì la traiettoria del suo sguardo, intercettando Jean fermo in cortile con un ombrello rosso tra le mani, del tutto assorto da una conversazione con Connie Springer.

«E Jean non poteva accompagnarti? - percepì il suo respiro bloccarsi a quella domanda, alla quale seguirono infiniti attimi di silenzio. - Perché continui a frequentarlo? Mi sembra un vero idiota.» Eren sorrise di gusto a quell'aggettivo, annuendo come se fosse completamente d'accordo con lui.

«Infatti lo è! - i loro occhi si specchiarono e Levi sentì le gambe assumere la consistenza della gelatina dinnanzi a quello sguardo. - Da bambini ci odiavamo, venivamo alle mani praticamente tutti i giorni. Poi... non so come sia successo, è semplicemente diventato il mio migliore amico. Ogni tanto fa ancora lo stronzo, ma proprio non riesco ad immaginare la mia vita senza di lui. Semplicemente sarebbe incompleta.» Levi aggrottò le sopracciglia, fissandolo in preda alla confusione.

«Sembra quasi che tu sia innamorato di lui.» pensò a voce alta, arrossendo immediatamente dopo per quella teoria buttata lì in modo così avventato. Eppure non era assurda. Praticamente pendeva dalle sue labbra, lo seguiva ovunque andasse, sorrideva ad ogni sua frase, lo guardava colmo di orgoglio ad ogni intervento fatto durante le lezioni. Nemmeno gli importava che quel ragazzo lo trattasse come l'ultima ruota del carro, gli rimaneva fedele a prescindere da tutto. Quella costatazione fece scoppiare Eren in una sonora e sincera risata, con tanto di lucciconi agli angoli degli occhi.

«Sarebbe come essere innamorati di un fratello, e poi non la conosci la regola? - fece scorrere un dito davanti ai suoi occhi. - I fidanzati delle amiche sono off-limits.» lo istruì scherzosamente, tornando ad ammirare il cortile, questa volta con uno sguardo carico d'affetto.

«Ti riferisci a Mikasa?» Eren s'illuminò, annuendo con veemenza e Levi si sentì rabbrividire. Quindi era un amico di sua cugina, non un semplice conoscente. Allora perché non li aveva mai visti insieme? Possibile che in un intero mese non li avesse intravisti neanche una volta a scambiarsi un saluto?

«È tua cugina, giusto?»

«Già, ma mi pareva aver capito che non stessero più insieme.» quell'affermazione fece scoppiare Eren nell'ennesima risata e Levi, dal canto suo, arricciò le labbra per l'irritazione. Quel ragazzo pareva scambiare ogni sua singola parola come una battuta e, per quanto segretamente adorasse il suo sorriso, proprio non gli andava giù di non essere preso sul serio.

«Mikasa e Jean? Ma se sono la coppia più schifosamente felice del mondo!» gli rivolse un'occhiata diffidente, poco convinto da quell'affermazione. Farlan era stato abbastanza chiaro al riguardo, Jean e Mikasa avevano interrotto ogni tipo di rapporto e a confermare le sue parole vi era il fatto che negli ultimi trenta giorni la corvina non avesse nominato neanche per sbaglio quello che a detta di Eren Jaeger sarebbe dovuto essere il suo ragazzo. Eppure lui pareva così convinto, come se quello appena detto fosse un dato di fatto inconfutabile e lui proprio non ebbe il coraggio di correggerlo ancora. Rivelargli una cosa del genere avrebbe significato mettere in discussione la veridicità dell'amicizia tra lui e Jean, una relazione dalla quale pareva dipendesse la sua intera esistenza. Come faceva a non rendersi conto del fatto che Kirschtein non ricambiasse il suo affetto? Proprio non lo capiva, come anche non capiva il comportamento dell'altro che, invece di sbattergli sotto il naso il suo evidente fastidio, si limitava ad ignorarlo bellamente.

«Senti, io ho un ombrello. - Eren inarcò un sopracciglio, evidentemente confuso, facendolo sospirare. - Se fai strada, ti accompagno io fino a casa. - fece un cenno verso il cielo, lì dove densi nuvoloni scuri parevano essersi stabiliti a tempo indeterminato. - Non credo smetterà presto perciò, a meno che tu non voglia rimanere a scuola per tutta la notte, andiamo via insieme.»

Sorrise compiaciuto quando vide un leggerissimo rosa tinteggiargli le gote «Io non posso... non voglio disturbarti, non mi sembra il-»

Levi lo interruppe, afferrandolo per la mano. Aprì la bocca per inveire contro quegli inutili convenevoli, ma le parole gli si bloccarono in gola, alla luce di due fatti. Il primo: l'aveva toccato senza neanche pensarci su, spontaneamente come mai gli era successo con altre persone prima di allora. Il secondo: Eren Jaeger era tremendamente «Gelido... - sospirò a voce alta, allungando anche l'altra mano per coprire la sua. - Sei congelato.» mormorò sovrappensiero, sfregando i palmi contro la sua pelle con l'intento di riscaldarlo almeno un minimo.

«Dici? - chiese stralunato, facendo scendere lo sguardo sulle loro dita intrecciate. - Eppure non ho freddo. - Levi mantenne salda la presa, prendendo a trascinarlo fuori dall'aula. Non l'avrebbe lasciato lì in quelle condizioni, la pelle così gelida in ottobre poteva indicare solo l'inizio di un'influenza. - Davvero, Levi: sto bene. Ti preoccupi troppo!» gli piaceva il modo in cui le sue labbra si piegavano per pronunciare il suo nome, quasi quanto gli piaceva il suono della sua voce, ma decise di non darlo a vedere, voltando il capo e puntando gli occhi sulla porta dell'aula, prendendo a trascinarlo.

«Dio, mi sembri un ragazzino di dieci anni.» bofonchiò tra i denti, allietandosi della flebile risatina proveniente dalle sue spalle.

«E tu un vecchio ansioso. - lo rimbeccò, facendogli increspare le labbra. - Ti ho detto che sto bene. - concluse, decidendo comunque di seguirlo. I corridoi erano quasi del tutto deserti, la maggior parte degli studenti si era già affrettata a ritornare a casa e quelli rimasti si erano rintanati nelle aule adibite per i club extrascolastici ai quali erano iscritti. Camminarono l'uno di fianco all'altro, immersi nel silenzio ammortizzato unicamente dai loro passi che risuonavano contro il pavimento. Giunti in cortile, Levi aprì il proprio ombrello, attendendo che l'altro lo affiancasse, scrutando in silenzio la sua espressione pensosa. Cosa passava per la testa di quel ragazzo? Il bisogno di saperlo lo indusse a schiudere le labbra proprio per domandarglielo, ma Eren lo precedette. - Tu non ti ricordi di me, non è vero?» rimase interdetto, le sopracciglia aggrottate a quella domanda così inaspettata e gli occhi puntati sul suo volto. Non ricambiò quello sguardo, le iridi puntate dritte davanti a loro, mentre si avvicinavano al cancello, eppure perse nel vuoto, come a ricercare un ricordo lontano.

«Ci siamo già incontrati? - chiese poco dopo, scavando nella sua memoria alla ricerca di un qualsiasi indizio che avvalorasse quella che per il castano pareva una vera e propria convinzione. Non era assolutamente possibile che avesse già visto quegli occhi, se ne sarebbe ricordato. Erano troppo profondi, dai pigmenti troppo particolari: qualcosa di talmente raro da mettere facilmente radici nei pensieri di chiunque. - Credo tu mi stia confondendo con qualcun altro.» concluse, perché quella era la spiegazione più logica, ma l'espressione dell'altro rimase immutata e assolutamente sicura.

«Compleanno di Mikasa, se non ricordo male i suoi undici anni. Fece una festa in casa e tu eri lì con tuo padre, un gesso al braccio destro e un broncio tanto lungo da far invidia a Pierrot. - sorrise di gusto e Levi schiuse le labbra. - Non eri tu?» Certo, certo che era lui. Quella era stata la prima volta, da quando era nato, che aveva visto Mikasa, nonché l'ultima. I loro padri, pur essendo fratelli, non si frequentavano assiduamente; la loro non era una famiglia unita, non passavano assieme le ricorrenze e non condividevano una casa durante le vacanze. I contatti tra i loro genitori si limitavano a sporadiche telefonate, aggiornamenti veloci delle rispettive vite. Di quella giornata rimembrava perfettamente il suo malcontento: al cinema ci sarebbe stata la prima di un film che lui ed Hanji attendevano da mesi e la madre dalla sua migliore amica si era proposta di accompagnarli. Suo padre invece, senza neanche interessarsi del suo parere, l'aveva trascinato a quella festa con l'improvviso e inspiegabile bisogno di riunire la famiglia. Per non parlare di quanto fastidio gli desse il gesso che portava da due settimane, dopo che lui ed Erwin si era sfracellati al suolo cadendo dalla bicicletta di quest'ultimo, la cui catena si era improvvisamente sganciata.

«Ero io.» ammise solamente, cercando tra i volti anonimi di tutti i ragazzini presenti alla festa, quello adornato dalle meravigliose gemme smeraldine che nell'ultimo mese l'avevano reso letteralmente dipendente.

«Il tuo gesso era immacolato e mi ero sentito in dovere di porre rimedio, ma quando mi sono avvicinato con un pennarello mi hai detto di sparire. - ridacchiò dolcemente al ricordo. - Poi mi hai dato le spalle e ti sei allontanato.» plausibile: il pensiero di imbrattare qualcosa che era costretto ad indossare giorno e notte, all'epoca, lo disgustava. Non aveva permesso nemmeno ai suoi amici di toccarlo, figurarsi ad un completo estraneo. Eppure non ricordava minimamente quell'episodio, come se fosse stato del tutto esportato dalla sua mente. Rimase in silenzio fin quando non uscirono in strada, gli occhi puntati sulle scarpe e il rumore della pioggia a battere contro l'ombrello.

«Mi spiace, non riesco proprio a ricordarlo. - non gli rispose, dunque si costrinse ad alzare nuovamente lo sguardo per ricercare il suo, rimanendo del tutto spiazzato nel non vederlo più al suo fianco - Eren?» lo chiamò, guardandosi intorno più volte. Del ragazzo, neanche l'ombra.

...

Fu sollevato e al tempo stesso stranito quando, entrando in aula il giorno seguente, lo vide seduto al proprio posto. Mancava un quarto d'ora all'inizio delle lezioni e lui, da bravo ritardatario qual era, non si era mai presentato con così tanto anticipo. Approfittando dell'assenza dei loro compagni, Levi si affrettò ad avvicinarglisi, senza neanche passare per il proprio posto per posare la tracolla. Si sedette invece sulla sedia di Jean, increspando le labbra quando il castano gli rivolse un sorriso radioso.

«Levi, hai visto? Sto benissimo! Te l'avevo detto che ti preoccupavi troppo.» lo canzonò, poggiando il mento sulle braccia, occhi fissi nei suoi e in volto un'espressione raggiante che il corvino non ricambiò.

«Che fine hai fatto, ieri? Sei praticamente scomparso.» lo vide rabbuiarsi, probabilmente per il tono con cui gli erano state rivolte quelle parole, ma Levi non si lasciò intenerire, rimanendo fermo nella sua posizione.

«Mi sono accorto di aver dimenticato un libro in classe e sono tornato a prenderlo. Uscendo ho incontrato uno dei membri del mio club e mi sono trattenuto a parlare con lui.» Levi sollevò scetticamente un sopracciglio.

«Club?» Eren tornò a sorridergli, sollevando entrambe le mani davanti al volto, stringendo un occhio e simulando lo scatto di una macchina fotografica.

«Faccio parte del club di fotografia dal primo anno. - sorrise compiaciuto, facendo scorrere lo sguardo dai suoi occhi alle sue labbra. - Magari un giorno mi permetterai di farti qualche scatto, saresti un modello perfetto.» ammiccò e Levi si costrinse a distogliere lo sguardo e a sospirare mestamente.

«Magari quando imparerai ad avvisare le persone, invece di dar loro buca. – si scrutarono per lunghi istanti, prima che il corvino riuscisse a tranquillizzarsi. - E io che mi sono anche preoccupato, da non crederci.» Eren si lasciò andare ad una tenera risatina, riuscendo addirittura a coinvolgerlo. Poi, improvvisamente tornò serio, lo sguardo quasi allarmato puntato sulla porta d'ingresso dell'aula e i muscoli tutto a un tratto rigidi.

«Vai al tuo posto. - gli disse senza neanche guardarlo, le voci degli altri studenti che nel frattempo si avvicinavano. - Sta arrivando Jean e a lui non piace vedere altre persone sedute lì. - Levi aggrottò le sopracciglia, scuotendo il capo confuso. Lui non aveva mica intenzione di spodestarlo dal suo trono, semplicemente si era fermato a parlare con Eren. Cosa avrebbe mai potuto dire Kirschtein. Stava per dar voce proprio a quel pensiero quando il compagno lo trafisse con un'occhiata glaciale, seria e ammortizzata da una luce di preoccupazione ad illuminargli le iridi: non l'aveva mai visto così. - Vattene. Adesso.» un moto di irritazione a scuotergli il petto mentre si sollevava di scatto, non riuscendo a credere alle proprie orecchie.

«Lunatico del cazzo.» disse velenoso, prima di avvicinarsi al proprio banco e, non appena lasciò andare la cartella, Jean Kirschtein attraversò l'aula, venendo accolto dal sorriso luminoso di Eren che, come di consueto, non venne minimamente considerato. E quella scenetta assolutamente ridicola fu l'apice della sua frustrazione, mentre nella sua mente di ripeteva come un mantra una singola domanda: perché?

...

La sua tolleranza raggiunse il limite non appena si concluse la lezione di chimica, durante la quale Pixis disse loro di dividersi in gruppi da tre persone per svolgere insieme una relazione. Sentì la voce di Eren, dolce come il miele ed emozionata, rivolgersi al suo migliore amico.

«Jean, lavoriamo insieme! - disse, prima di posare lo sguardo su Levi e dedicargli un sorriso che il diretto interessato interpretò come una sorta di scusa per il comportamento di quella mattina. - Magari Levi potrebbe fare gruppo con noi, che ne dici?» il biondo non si degnò di rispondergli, semplicemente si alzò in piedi, dirigendosi verso la porta e alzando un braccio verso Connie.

«Ci vediamo oggi da me? - disse e il ragazzo dal capo rasato annuì energicamente. - Sasha, non fare tardi. Non ho intenzione di spendere più di un pomeriggio per una stupida relazione.» Levi sentì un centinaio di brividi percorrergli la pelle, il cuore che batteva alla velocità della luce e lo stupore nel vedere il castano con il capo basso e un'aria rassegnata, seguire comunque Jean, nonostante quel brutale rifiuto. Non lo accettava. A tutto c'era un limite e quel bell'imbusto l'aveva appena superato, umiliandolo per l'ennesima volta pubblicamente e ferendolo gratuitamente. Si alzò di botto, ignorando Farlan che nel frattempo gli stava suggerendo di fare gruppo assieme a Petra Ral, e seguendo quei due in corridoio. Non riuscì a trattenersi, la rabbia a concentrarsi nei palmi delle mani fino a solleticarglieli.

«Perché non la pianti di fare lo stronzo, Kirschtein?» domandò a voce alta, immobilizzandolo sul posto e attirando al contempo l'attenzione di qualche studente. Il biondo si voltò lentamente sollevando un sopracciglio e rivolgendogli uno sguardo irritato e al tempo stesso confuso. Levi strinse entrambi i pugni, sfogando la rabbia graffiando l'interno delle mani con le unghie, mentre lo osservava retrocedere e avanzare nella sua direzione. Eren lo seguì allarmato, fissando entrambi con gli occhi improvvisamente lucidi e il labbro inferiore tremante.

«Levi, smett-» provò il castano, ma venne interrotto dal suo migliore amico che fece un ultimo passo azzerando la distanza dal corvino e sovrastandolo in altezza.

«Di cosa diavolo stai parlando, Ackerman? Sei in cerca di rogne, per caso?» stava provando ad intimidirlo, come se lui potesse realmente sentirsi minacciato da un metro e novanta di idiozia.

«Me lo stai chiedendo seriamente? Sei davvero così stupido? - Farlan uscì dall'aula, guardando i due che si fronteggiavano con le labbra spalancate. - Eren-» non riuscì a finire di parlare, un pugno chiuso impattò contro il suo labbro, facendogli girare la testa per alcuni istanti, dunque sentì una mano afferrarlo per il colletto della giacca. Gli occhi iniettati di sangue del più alto che lo guardavano quasi spiritati, il respiro che sbuffava a rantoli contro il suo viso come quello di un animale ferito ma ancora pieno di energia per atterrare il nemico. Alzò a sua volta la mano per assestargli un pugno, ma quando percepì la voce di Eren che pregava entrambi di smetterla si bloccò con il braccio a mezz'aria; immediatamente dopo un secondo colpo si abbatté sul suo zigomo.

«Come diamine osi nominarlo? - ringhiò a pochi centimetri dalle sue labbra, lì dove sentiva un rivolo caldo rigarlo fin giù al mento. - Chi cazzo credi di essere?» lo strattonò in preda ad una furia cieca, prima che un paio di braccia gli circondassero le spalle, riuscendo a stento a trattenerlo dall'ennesima percossa.

«Jean, smettila! - gli urlò Connie, tirandolo all'indietro. - Non ne vale la pena, finirai nei guai!» a lui si aggiunse Farlan che, frapponendosi tra i due, provò ad allontanare Levi e a fargli da scudo con il proprio corpo.

«Non me ne fotte un cazzo se sei il cugino di Mikasa. - abbaiò contro di lui come un folle, provando nuovamente a scagliarglisi contro e venendo fermato per l'ennesima volta da Springer. - Prova a dire di nuovo il suo nome e sei morto.»

«Jean...» la voce di Eren rotta dal pianto si intromise di nuovo, colpendolo dritto al cuore, ma il biondo non si curò di rispondergli, né tantomeno di consolarlo.

«Mi hai capito, Ackerman? - Sasha si era unita al suo ragazzo, afferrando il compagno per un braccio e prendendo a tirarlo via, mentre Petra minacciava di chiamare Pixis. - Sei morto!» Eren lanciò uno sguardo distrutto a Levi, prima di affrettarsi a seguire i propri amici con le lacrime che gli rigavano il volto. Farlan strillò contro la marmaglia che si era appostata lì intorno per seguire la vicenda, intimando a quegli impiccioni di andare a caccia di gossip altrove, prima di tendere un pacco di fazzoletti a Levi, ispezionando velocemente le sue ferite. Lo aiutò a ripulirsi dal sangue, trascinandolo nel mentre in infermeria in modo che potesse disinfettare il taglietto all'angolo della bocca.

«Mi spieghi che diamine ti è passato per la testa?» gli domandò, quando fu certo di essere lontano da orecchie indiscrete e Levi lo guardò con gli occhi spalancati prima di rabbuiarsi in un cipiglio infastidito.

«Forse non te ne sei accorto, ma io non ho alzato un dito su di lui.» gli fece notare, ancora del tutto spiazzato da ciò che era appena accaduto. Per non parlare degli sguardi, apparentemente delusi, che Farlan continuava a lanciargli. Neanche il colpevole fosse lui.

«Hai fatto di peggio, credimi. - scosse il capo, passandosi una mano tra le ciocche bionde. - Nominare Eren in sua presenza, sei per caso impazzito?» il tono duro e le labbra appena arricciate. Non aveva mai visto Farlan in quel modo. Lui che rideva continuamente, che se ne usciva con battutacce pessime a ogni occasione, sempre con quell'aria perennemente spensierata, ora lo stava chiaramente rimproverando. Levi aprì le braccia e scosse il capo, incredulo di quanto assurdi fossero i ragionamenti degli studenti di quella scuola.

«Come scusa? - non poteva crederci, quella conversazione non stava avvenendo sul serio. - Mi ha appena preso a pugni, tratta Eren come uno zerbino praticamente tutti i giorni e io sarei il problema? Forse dovreste rivedere le vostre priorità.» Farlan aprì la bocca e la richiuse più di una volta, il volto bianco come un lenzuolo e gli occhi strabuzzati.

«Lo tratta come... - si prese un attimo per assimilare quelle parole, tirando un paio di sospiri prima di rivolgergli un'occhiata sconsolata. - Levi, io non so chi ti abbia detto questa cosa, ma è una menzogna.» asserì, e Levi dovette trattenersi dal mettersi ad urlare come un matto. Chi gliel'aveva detto? L'aveva visto! Un mese intero ad assistere alla fastidiosissima indifferenza di Jean e all'umiliante remissività di Eren. E non era stato il solo. Era sotto gli occhi di tutti i suoi compagni, spettatori silenti e codardi di quell'ignobile comportamento.

«Come puoi dire una cosa del genere?»

«Levi, Jean non potrebbe trattarlo male neppure volendo. - si prese una pausa, mordendosi l'interno guancia e posandogli una mano sulla spalla. - Eren Jaeger è morto l'anno scorso.»

 

   
 
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