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Autore: Minako_    30/04/2020    8 recensioni
Sonoko, fra il frastornato e il dubbioso, la guardò mentre lanciava occhiate nervose alla porta, per poi veder far capolino sul suo viso un rossore incontrollabile. La biondina si girò e vide Shinichi sulla porta, entrare a testa bassa e dirigersi senza guardarla al suo posto. Esausta, alzò gli occhi al cielo, prendendo posto anch’essa.

Io non li capirò mai.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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WITHOUT WORDS.
loro due.
 

« I-io », balbettò Ran, colta in fragrante.
Deglutì dal nervoso, iniziando a torturarsi le mani. Cadde un silenzio rumoroso fra loro, mentre entrambi si guardavano di sottecchi.
Inventati qualcosa. Ora!
« Credo di aver capito male », esclamò con una risata nervosa. « Kazuha mi ha chiesto di andare da lei, ma forse ho confuso i numeri », rise ancora.
Non ci credeva nemmeno lei, a ciò che aveva appena pronunciato.
Probabilmente non ci avrebbe creduto nessuno, men che meno una persona che la conosceva da quando aveva quattro anni.
E infatti, lui non ci cascò.
« Sonoko non ha detto che voi ragazze eravate tutte nello stesso piano? », osservò Shinichi, e Ran poté avvertire quel suo fastidioso tono sarcastico.
Poteva essere cambiato, ma quel suo maledetto sorriso gongolante e quell’espressione sbruffona a volte tornava a infastidirla.
Che diavolo gli dico.
« Sì », disse infine lentamente. « Lo ha detto ».
Lasciò cadere il discorso, guardandolo smarrita. Provò a formulare un discorso di senso compiuto un paio di volte, ma non ci riuscì. Aveva la testa vuota e il cuore a martellarle così forte che pensò stesse per avere un infarto.
Si era presentata alla porta di camera sua, di notte, con quel maledetto vestito.
Provò a guardare la scena da occhio esterno, e si sentì un po’ troppo fuori posto. Se lui non l’avesse conosciuta bene, gli avrebbe dato sicuramente un’idea di se stessa piuttosto audace.
Dopo un’eternità, Ran fece un passo indietro, smarrita.
« Bene, ecco, io ora dovrei… », iniziò a gesticolare indicando qualcosa che non seppe nemmeno lei.
Shinichi la guardò arretrare, in quel vestito così aderente ma l’espressione buffa da bambina beccata con le mani nella marmellata. La trovò irrimediabilmente bellissima.
Era così teneramente in panico che non gli chiese nemmeno dove stesse andando quando aveva aperto la porta, constatò Shinichi. Ne fu sollevato, perché non sarebbe riuscito davvero a dirle che aveva camminato su e giù per la sua stanza diviso dall’intenzione di tornare da lei o rimanere lì, e alla fine non aveva retto alla voglia di averla vicina. Certo, non si sarebbe aspettato di trovarsela appena oltre la porta e, per quanto “tonto” fosse, la scusa di Kazuha era stata alquanto penosa.
Era ancora soprappensiero quando in lontananza sentì il mormorio imbarazzato di Ran intenta a salutarlo, e quando si riprese, la vide girarsi per andarsene. Rimase un attimo immobile, di nuovo combattuto su cosa fare.
Lasciala andare.
La sua testa formulò questo ordine, a cui non diede retta. Le sue gambe si mossero da sole.
Se la fermi ora, sai bene cosa succederà.
Gli bastarono due passi per afferrarla, e per un attimo, ebbe un flash di quando l’aveva fermata nello stesso modo a Londra. Lei si voltò stupita e, girandosi, lui notò i suoi occhi lucidi.
Stai facendo l’ennesimo errore, con lei.
Cercò di non badare alla sua coscienza, e provò a fermare le voci nella sua testa quando la attirò a sé. La appoggiò al suo petto e fece qualche passo indietro, per poi allungare le braccia oltre il suo viso per chiudere la porta alla sue spalle. Così facendo la incastrò fra lui e l’entrata, e iniziò a baciarla timidamente.
Con il cuore finalmente più leggero, Ran portò le mani al suo viso, rispondendo decisa. Si sentiva così felice che sorrise contro la sue labbra, con una euforia che le percorse il corpo. Voleva di nuovo che lui la guardasse come poco prima sulla terrazza, voleva che nei suoi occhi non vedesse che lei. Fu così che lo abbracciò di slancio, quasi stritolandolo. Lui rispose all’abbraccio, e, incoraggiata da ciò, Ran lo spinse e lo fece arretrare poco più indietro, verso la scrivania della camera. Quando si accorse del grande letto matrimoniale, sentì lo stomaco contrarsi, ma non volle dargli retta. Doveva rimanere calma, altrimenti lui si sarebbe accorto della sua ansia.
Fu così che prese ad accarezzargli il collo, mentre le mani di lui vagavano sulla sua schiena. Si ritrovarono a continuare ciò che avevano iniziato ormai così tante volte, che era diventato naturale.
Alla fine Ran sciolse l’abbraccio, solo per posizionare le mani sul suo petto. Avvertì piacevolmente sotto i suoi palmi il suo cuore battere all’impazzata, e quando capì di esserne lei la causa, si aggrappò al suo colletto con un moto di esaltazione.
Continuò a baciarlo più lentamente, per prendere un po’ di fiato. Con mani nervose salì ai primi bottoni della sua camicia, e iniziò a sbottonargliela. Ad ogni bottone lasciato indietro, lui sentì un brivido lungo la schiena. Le sue mani gli sfioravano la pelle senza volere, e quel contatto lo lasciò stordito.
Anche se in passato era già successo, sentiva che quella volta era diversa.
Erano da soli, in una camera da letto, completamente isolati da chiunque. Quella realtà lo spiazzò, rendendolo nervoso. Cercò di non pensarci, mentre lei si staccava dalla sua bocca e gli lasciava un dolce bacio sulla guancia.
Da quel giorno in gita, quelli erano una sua prerogativa. In quei mesi gliene aveva regalati a dozzine mentre erano soli, nei momenti più improvvisi e disparati. Adorava stampargliene uno quando meno se lo aspettava, e ogni volta sorrideva nel vederlo inevitabilmente arrossire.
Ma in quel momento ad essere rossi erano entrambi e, prendendo fiato fissandosi a poca distanza l’uno dall’altro, lei sbottonò anche l’ultimo bottone.
Lentamente alzò le mani verso le sue spalle e lì fece per toglierla. Con un gesto leggero gliela lasciò cadere per terra, senza che lui facesse niente per impedirglielo. Con disappunto, notò che lui non faceva altrettanto con lei, limitandosi ad accarezzarla sopra quel tessuto che cominciava a trovare di troppo. Non immaginava che Shinichi maledisse per l’ennesima volta quel vestito.
Cosa poteva fare? Assolutamente niente. Se avesse provato ad allungare troppo la mano, avrebbe decisamente esagerato. Le altre volte, perlomeno, indossava il reggiseno. Ma sapere che se avesse iniziato a vagare troppo in su avrebbe toccato davvero troppo, lo imbarazzava. E soprattutto, non sapeva come Ran avrebbe reagito.
Ma lei è venuta qui per quello, no?
Deglutì, mentre tornava nuovamente a  premere la sua lingua contro la sua.
Altrimenti, perché sarebbe venuta da te?
Dannati pensieri.
Era ancorai immerso nei suoi dubbi, quando Ran prese ad accarezzargli il petto con una mano, creando scie immaginarie. Si beò di quella sensazione addosso, e senza realmente accorgersene le strinse forte a sé.
Stava prendendo tempo, e lo sapeva. Il problema era che davvero non sapeva come proseguire.
Non erano mai arrivati lì.
Mai.
Erano sempre stati interrotti prima o, nell’altro caso, lei si era bloccata.
Ma non pareva per niente agitata in quel momento, appurò lui guardandola. Anzi, lo fissava in attesa di un qualche suo gesto. Ad essere quasi nel panico, ora era lui.
Ran, dal canto suo, iniziava a spazientirsi. Mossa da un coraggio non suo, gli prese la mano un po’ prepotentemente, appoggiandosela su un fianco. Sperò che lui intuisse che potesse fare altro, senza realmente dirglielo spudoratamente in faccia.
Non ci sarebbe mai riuscita.
Quando Shinichi la sentì così brusca, si rese conto di aver terminato il tempo a sua disposizione per continuare a pensare. Era abbastanza evidente che si aspettasse qualcosa da lui, e se non avesse fatto al più presto qualcosa avrebbe rovinato  quel momento apparentemente perfetto. Non che fosse ancora sicuro sul da fare, anzi. Non si stava facendo trascinare totalmente dal panico unicamente perché un angolo del suo cervello continuava a dirgli, come a rincuorarlo, che avrebbe potuto fermarsi come e quando voleva.
Ancora un po’, poi puoi fermarti.
Risalì la sua pancia sfiorandola, mentre immergeva la testa nell’incavo del suo collo baciandolo.
Se vedi che le dà fastidio, puoi fermarti quando vuoi.
Ma quando toccò il suo petto, e lo trovò così morbido contro la sua mano, il suo cervello di bloccò.
Trattenne il fiato e, come a voler nascondere il viso dall’imbarazzo, la baciò velocemente. Sperò quasi che così facendo potesse distrarla, mentre continuava ad accarezzarla. Dapprima titubante, dopo un po’ non riuscì più a controllare la sua mano, che ora la toccava decisa.
Era totalmente in balia delle sue emozioni, quando probabilmente le sfiorò un punto particolarmente sensibile e lei respirò prepotentemente interrompendo il bacio.
Al sentirla sospirare così, sentì un brivido lungo la schiena.
Era davvero troppo, e soprattutto molto meglio di quanto avesse mai immaginato.
Erano nel più totale silenzio, rotto solo dai loro respiri un po’ accelerati. Potevano sentire chiaramente i loro cuori martellare nel petto, mentre si chiedevano entrambi il prossimo passo da fare.
« Shinichi? », mormorò lei all’improvviso, staccandosi leggermente da lui.
Lui fermò la sua mano sul suo petto, alzando la testa dopo un tempo infinito.
« Io mi fido di te », continuò sottovoce, lo sguardo di Shinichi che le lanciava scintille.
Lui si sentì un po’ rincuorato, ma anche investito da un senso di responsabilità prepotente.
In quel preciso momento si rese conto che stava solo mentendo a se stesso, e che se avessero continuato non sarebbe mai stato in grado di fermarsi.
Stordito, immaginò loro due su quel letto, e lo stomaco si contrasse. Per la prima volta, si rese davvero conto di ciò che sarebbe successo e si sentì travolto dalla vergogna. Ripensò ai bagni con lei, quando era ancora Conan, dove aveva cercato in tutti i modi di guardarla il meno possibile ma, ovviamente, aveva praticamente visto tutto. Si rese conto che quello sarebbe stato l’imbarazzo minore, quando finalmente realizzò che lei avrebbe visto lui per la prima volta. Avvampò, per niente pronto a quella evenienza.
Lei parve accorgersi del suo repentino imbarazzo, iniziando a dondolarsi sui piedi.
« Puoi dirmi perché non vuoi? », mormorò dopo un pò con la voce incrinata.
« Ma certo che voglio », ribattè Shinichi, e Ran notò come avesse ormai anche le orecchie bordeaux.
« Intendevo » , riprese lei cauta, « Il motivo per cui sei così titubante ».
Voleva accertarsi che fosse davvero per il motivo pronunciato da Sonoko quel giorno, e che non ci fossero altri dubbi sul da farsi. E, qualora ci fosse stato qualche problema, affrontarlo insieme.
Lui sospirò, indietreggiando fino ad appoggiarsi alla scrivania lì dietro. Lei rimase in piedi, esattamente di fronte a lui.
« Ho un po’ di ansia », ammise Shinichi, guardandola di sottecchi.
« Per me? », chiese d’istinto Ran. Shinichi abbassò la testa come a voler annuire, ma senza realmente riuscire a pronunciare parola.
Sonoko aveva ragione. Lui aveva paura di fare qualcosa che potesse infastidirla, di forzarla, di rovinare tutto. E dire che fino al pomeriggio prima, quelle erano le sue stesse paure.
« Un po’ per tutto ».
Ran trasalì, e lo vide realmente nervoso. Le continuava a lanciare occhiate irrequiete, e aveva iniziato a battere le dita della mano sulla scrivania mentre ci si stava sorreggendo.
« Lo so che è… è… ».
« Imbarazzante all’inverosimile? », concluse lui sarcastico.
« Sì », ammise lei con un sospiro rassegnato. « Lo è, e molto anche. Ma se fai così, non aiuti a renderlo più semplice ».
Shinichi sbuffò, portandosi una mano alla faccia.
« Parlami, dimmi cosa c’è che non va », si fece avanti Ran, prendendogli un braccio.
La verità era che, forse per la prima volta in vita sua, Shinichi non sapeva cosa fare.
Eccelleva praticamente in tutto: nello sport, parlava correttamente molte lingue, aveva sicuramente un quoziente intellettivo molto alto. Quindi, in quel frangente, l’ignoto lo stava attanagliando. A maggior ragione che era lui il ragazzo, e sicuramente lei contava su di lui per averlo come guida.
Il pensiero di non sapere cosa fare lo stava davvero mandando nel pallone.
« Ho paura di fare qualcosa che non ti vada », ammise infine, guardandola di striscio.
Ecco, l’aveva ammesso. E, sorprendentemente, Ran fu sollevata. Fece un leggero sorriso, stringendogli ancora un po’ il braccio che stava tenendo con una mano.
« Non succederà », lo rincuorò. Lui non parve molto convinto, mentre evitava il suo sguardo ad ogni costo.
« Sai », riprese lei improvvisamente, con fare cospiratorio. « In realtà, non stavo andando da Kazuha », concluse sottovoce, con un sorriso furtivo.
A Shinichi scappò un sorriso divertito e, scuotendo la testa, sospirò rilassandosi un po’.
« Quindi », ricominciò lei avvicinandosi e sorridendo a sua volta. « E’ completamente mia responsabilità questa situazione ».
Sperò davvero di aver alleggerito la tensione fra loro, e pensò davvero che fosse così quando lui la guardò con sguardo dolce e le allargò le braccia. Lei accontentò la sua richiesta, e lo abbracciò posando la testa sulla sua spalla.
« Sei sicura? », domandò lui titubante. Lei si staccò, guardandolo in faccia, tornando nuovamente seria.
« Sì », rispose decisa, giocherellando con un ciuffo che gli ricadeva sugli occhi.
Lui deglutì, cercando di prendere un po’ di ossigeno.
Al diavolo.
Si avvicinò al suo viso, posandole un lieve bacio sulle labbra. Lei rispose leggermente ma, secondo dopo secondo, lui l’attirò a se intensificandolo. Le posò le mani sui fianchi ma questa volta non aspettò da lei alcun cenno per proseguire. Le fece scorrere velocemente su, e tornò a torturarla dove aveva lasciato in sospeso poco prima.
Vittoriosa, gli accarezzò nuovamente il petto, ma presto si rese conto che era diventato un rituale ormai noioso. Mossa da una sfrontatezza mai avuta, sfiorò lievemente la cintura dei suoi pantaloni. Lo sentì trasalire lievemente, ma non volle dargli alcun motivo per fermarla. Continuando a baciarlo, portò entrambe le mani alla cintura e gliela aprì. Si stava vergognando così tanto per quella situazione che iniziò ad avere caldo, le mani sudate.
Non fare la vigliacca.
Se si fosse fermata, gliela avrebbe data vinta e tutte le sue belle parole di incoraggiamento sarebbero andate a farsi friggere. Quindi, mentre lui spostava le sue mani lontane dal suo petto come improvvisamente paralizzato, toccò con due dita il primo bottone dei suoi pantaloni. Si fece coraggio e provò a sbottonarglielo.
Provo a tirare fuori il bottone dall’asola, ma lo scoprì terribilmente incastrato. Facendo finta di niente, ci riprovò, ma nuovamente nulla. Sentì Shinichi ormai completamente immobile, mentre lei, sull’orlo di una crisi di nervi, riprovò per la terza volta, senza riuscirci.
Non posso crederci.
Rendendosi conto dell’evidente situazione ridicola e anche molto sconcertante, allontanò di colpo le mani, e si staccò da lui tremendamente intimidita.
Se fosse stata un’altra situazione, probabilmente si sarebbero sorrisi complici e sarebbero scoppiati a ridere per quella scena assolutamente assurda. Ma ridere in quel momento era davvero l’ultima cosa che avessero voglia di fare, perciò rimasero in silenzio entrambi.
Ran continuò a fissarsi i piedi, scossa. Si era buttata, aveva fatto la prima mossa, aveva fatto scivolare la mano fino a e… quel maledetto bottone non si era voluto sganciare.
Io davvero non ho parole.
Stava ancora guardando per terra con la voglia di seppellirsi, quando di sbieco scorse le mani di Shinichi muoversi lentamente. Alzò leggermente lo sguardo e lo vide mentre, completamente bordeaux, si stava slacciando il bottone “di quei stramaledetti pantaloni”, come ripensò con foga Ran. Stupita, rimase immobile e, quando finalmente se lo slacciò, si bloccò anch’esso. Lo vide deglutire con espressione persa e, dopo parecchi secondi, alzò lo sguardo tremolante verso di lei.
« P-posso… ecco… », balbettò incerto, e lanciò uno sguardo insicuro alla sua destra. Ran capì che doveva sentirsi davvero molto a disagio, anche perché era praticamente rimasto congelato sul posto, le mani ancora sull’orlo dei pantaloni. Con un moto di tenerezza e comprensione, intuì che non volesse spogliarsi con così tanta luce, davanti a lei in piedi a fissare la scena. Lo trovò davvero dolce e, quando pensò che subito dopo sarebbe toccato a lei, accettò subito la sua proposta.
Sarebbe stato decisamente meno imbarazzante spegnere il lampadario sopra la loro testa, così si guardò velocemente intorno e adocchiò l’interruttore. Con un sorriso indulgente si sporse, e spense la luce.
Si ritrovarono così improvvisamente nella penombra, illuminati solo dalla vetrata alle loro spalle che creava una cornice perfetta della città. Provarono entrambi sollievo da quel repentino cambiamento, e senza farsi accorgere l’una dell’altro, presero fiato.
Dopo poco, per rimediare a quella distanza, Ran fece nuovamente un passo verso di lui, stampandogli un bacio sulle labbra. Come da consuetudine, il bacio si fece nuovamente più profondo, e si ritrovarono nuovamente abbracciati stretti, e, complice la mancanza di luce, lei fece scivolare goffamente la mano ai suoi pantaloni. Trovando ormai solo la cerniera di intralcio, gliela abbassò facendo bene attenzione a sfiorarla leggermente. Non avrebbe retto a sentire altro, e, per sua gioia, ci riuscì.
Da lì in avanti, persero entrambi la cognizione del tempo e di cosa stesse accadendo. Si ritrovarono improvvisamente sul letto, le teste vuote e una sensazione di felicità crescente all’altezza della pancia. Solo dopo un bel po’, Shinichi riuscì a trovare il coraggio di farle scendere le spalline del vestito e, non seppe nemmeno lui come, toglierlo del tutto. Si guardarono a vicenda con un sorriso incerto e Shinichi, facendo leva sulle braccia, si spostò sopra di lei. La guardò ancora mentre la ritrovò sotto di lui, i capelli che le ricadevano disordinati intorno a quel viso così dolce. La vedeva per metà, solo il lato sinistro illuminato debolmente dalla luce che riusciva ad entrare dalle vetrata.
Nella sua testa la vide ancora piccola, con le guance paffute e il sorriso contagioso, mentre lo prendeva per mano e lo trascinava con sè. Aveva così tanti ricordi con lei, che a volte pensava che non esistesse una momento della sua vita in cui lei non ne avesse fatto parte.
E ora eccola lì, e per un breve istante nel suo sorriso rivide quella stessa bambina.
Affondò il viso nel suo collo, sentendo prepotentemente il suo profumo. Era così bello, essere fra le sue braccia, sentire la sua pelle a contatto con la sua, che si chiese per quale motivo non lo avessero mai fatto prima.
Prese ad accarezzarla delicatamente, non lasciando nemmeno un centimetro della sua pelle indietro. La sfiorò ovunque, tralasciando la pelle ancora coperta dal suo intimo. Come lui, non aveva avuto ancora in coraggio di toglierlo. Stavano andando per gradi, lentamente, cercando di assimilare ogni momento per sentirsi il meno a disagio possibile.
Ran chiuse gli occhi, sentendo solo le sue mani addosso. Pensò che doveva essere un sogno, perché non riusciva a capacitarsi di come tutto fosse tremendamente vero.
Ma lo è. Lui è qui, con te.
Aprì gli occhi, come a volersi accertare che fosse reale. Incrociò il suo sguardo e, senza rendersene conto, alzò una mano per accarezzargli una guancia.
Era reale. Era lì con lei, e non se ne sarebbe mai andato. Non di nuovo.
In quel momento, ripensò a tutti quei mesi in cui lo aveva aspettato. Le tornò in mente come tutti all’inizio le dicessero di lasciarlo perdere, che non avrebbe dovuto avere tutta quella pazienza. Lo aveva aspettato per sei, lunghi e interminabili mesi, senza avere nemmeno la certezza che lui ricambiasse i suoi sentimenti.
Ma in quel preciso momento, in cui lui le accarezzava delicatamente il petto, realizzò che lo avrebbe aspettato ancora e ancora, per il semplice fatto che mai nella vita avrebbe voluto o accettato che qualcuno che non fosse lui, la toccasse così. Il solo pensiero che non ci fosse Shinichi, lì, in quel momento, a sfiorarla e baciarla, le provocò un brivido di disgusto lungo la schiena. Per quanto fosse stato imbarazzante, difficile e assurdo, era felice di essere lì con lui, e si dimenticò perfino di essere per metà nuda. Perché, per quanto avesse pensato con imbarazzo a quel momento, non fu così tremendo.
Solo lui aveva il permesso di vederla così, e solo lui aveva il permesso di poterla sfiorare.
Lasciandosi scappare un sospiro, le si formò inaspettatamente un nodo alla gola e nella sua testa tornò prepotente l’immagine di lui riverso a terra, mentre lei spingeva le sue mani scarlatte contro quel foro sulla sua schiena.
Si sentì così grata, così benedetta per averlo ancora con lei, che le vennero le lacrime agli occhi.
Lui, dopo un po’, parve accorgersi che qualcosa non andasse, e di scatto tolse la mano, scuotendola leggermente per una spalla.
« H-ho sbagliato qualcosa? », domandò a bruciapelo, nuovamente sulle spine. Lei aprì gli occhi, e lo guardò, trovandolo terribilmente tenero.
« Ti avrei aspettato ancora », soffiò lei in un sussurro.
Shinichi sgranò gli occhi, cercando di riorganizzare le idee al suono di quelle parole inaspettate. Corrugò la fronte, mentre lei si toglieva velocemente una lacrima dall’occhio sinistro.
« Non avrei mai voluto qualcun altro ».
Finalmente lui capì cosa volesse dire. Arrossì lievemente, toccandole il naso con la punta del suo.
Dopotutto, era vero.
Erano sempre stati loro due, e loro due soltanto.

 

***


Ran scivolò velocemente nell’atrio dell’ospedale, per l’ennesima volta. Particolarmente allegra, ripercorse quegli stessi corridoio divenuti per lei così familiari. Al pensiero che sarebbe stata l’ultima volta che li avrebbe attraversati, sorrise d’istinto.
Quel giorno lo avrebbero dimesso, dopo un lungo mese di convalescenza. Sospirò, e per la prima volta da tempo, si sentì del tutto e pienamente felice.
Avanzò a grandi falcate, fino a individuare la porta di camera sua. Era così euforica che non pensò di bussare, ma afferrò rapidamente la maniglia ed entrò.
« Buongiorn- ».
Le parole le morirono in gola, mentre si trovò di fronte uno Shinichi a petto nudo, intento a inserire nel buco  giusto la sua cintura. Shinichi sobbalzò, non aspettandosi quell’improvvisa irruzione nella sua camera. Arretrò un poco, arrossendo di colpo.
« Oh, scusa », Ran chiuse gli occhi di colpo, portandosi una mano al viso. In realtà, non seppe perché lo fece. Dopotutto, le era già capitato di vederlo così, se non al mare, perfino durante gli allenamenti di calcio. Eppure, in quel frangente, e con la consapevolezza che ora le cose fra loro erano cambiate, si sentì inevitabilmente a disagio.
« Non fa niente », borbottò Shinichi, infilandosi nervosamente un maglioncino appoggiato lì a fianco.
Ran sciolse le mani da davanti agli occhi, e lo guardò mentre finiva di sistemare le sue cose nel borsone dell’ospedale. Non aveva ripreso troppi chili in quel mese, ragion per cui quei jeans gli stavano abbastanza morbidi, così come la maglia. Tuttavia, pareva avere un aspetto decisamente più sano di quando si era risvegliato.
Fece per dire qualcosa, ma in quel momento un’infermiera fece capolino alla porta, con un bel sorriso.
« Oh, Kudo-kun », esclamò allegramente, entrando nella stanza. « Oggi è il grande giorno? ».
« Direi di sì », guardò sorridendo Ran, che rimase un attimo in disparte.
« Bene, bene », disse lei, appoggiando qualcosa sulla scrivania. « Ti misuro per l’ultima volta la pressione, e poi ti lascio andare», ridacchiò. Shinichi si sedesse al bordo del letto, e gli porse il braccio. Questa gli mise la fascetta sul braccio, e iniziò a gonfiare la pompetta.
« Cosa farete di bello in questa tua prima serata di libertà? ».
Shinichi, che stava fissando la fascetta gonfiarsi poco a poco, alzò lo sguardo confuso. Poi, quando si rese conto che l’infermiera stava fissando maliziosamente in direzione di una Ran improvvisamente arrossita, avvampò lui stesso. Lei parve accorgersi di quel loro repentino cambio di colore, perché aprì la bocca stupita.
« Oh, scusatemi », esclamò, prima che uno dei due potesse replicare.
« Pensavo fosse la tua ragazza », rise nervosa.
La tua ragazza.
Da che avesse memoria, a scuola e fuori li avevano sempre chiamati così, per prenderli in giro. Dopotutto, era inevitabile: oltre a sempre l’ombra dell’altro senza realmente rendersene conto, erano gli unici con cui si rivolgessero senza le onorificenze. Era stato così che si era abituato a quelle continue battutine, a quel “marito” e “moglie” che faceva sempre scappare un risolino al compagno di classe di turno.
Ma sentirlo dire a voce alta, quando nella realtà era diventato vero, fu diverso. Per di più, considerando che non sapeva nemmeno bene se lo fosse ancora.
Gli aveva detto che lo avrebbe perdonato, e quando lui le aveva buttato lì che l’avrebbe perfettamente capita se avesse voluto tirarsi indietro, le aveva ribattuto che non era sua intenzione.
Però… però…
Si morse un labbro. Erano passate settimane da quando avevano discusso e non avevano mai affrontato l’argomento spinoso sullo stato della loro relazione. Erano giorni che aveva il profondo dubbio misto terrore che lei potesse cambiare idea da un momento all’altro, rendendosi realmente conto di quanto male lui le avesse provocato. Forse, lontano da lui, a casa, tranquillamente, poteva ripensare a tutte le sue bugie, a tutte le sue mancanze, e non presa dal momento, avrebbe riflettuto ragionevolmente, arrivando alla conclusione che lui si fosse davvero comportato come una merda, con lei.
Avrebbe potuto arrivare alla conclusione che era meglio andare con calma, magari ripartendo dall’amicizia. Fece una smorfia.
Aveva giocato a fare l’amico per così tanto tempo, che il solo pensiero di tornare a farlo lo fece irritare.
Sempre meglio di quando eri il suo “fratellino”.
Quello era stato il culmine. Almeno, da amico, poteva almeno provare a stare accanto, toccarla, stuzzicarla. Ma comportarsi come un fratello, quello era stato davvero logorante.
Aveva addirittura pensato e ripensato a quanti ragazzi avrebbero potuta renderla felice. In quei mesi ne erano sbucati ovunque, di aspiranti pretendenti. Per quanto ne fosse stato tremendamente geloso, nessuno di loro lo aveva realmente intimidito quando Araide e Okita.
Okita.
Al solo nome il suo stomaco si ritrasse. Lui era davvero quello che detestava maggiormente, per il semplice fatto che era il più pericoloso. Era un bel ragazzo, e su quello poteva almeno tenergli testa.
Ma, dannazione, era anche orrendamente allegro, spensierato, spudorato. Il genere di ragazzo che ti trascina con sé rendendoti felice.
No, non avrebbe mai potuto competere con quel suo carattere estroverso, dolce, espansivo. Lui, che per strappargli di bocca una parola, ci volevano anni. Introverso, imbranato, quasi scontroso.
Lo riconosceva, non era proprio la persona più espansiva del mondo, e sapere che Okita con qualche semplice parola poteva farla capitolare, lo intimidiva abbastanza.
Era ancora immerso nei suoi più reconditi e dolorosi pensieri, che la voce di Ran gli arrivò acuta e decisa.
« Sì, lo sono! ».
Si girò lentamente a guardarla, e la ritrovò quasi innervata dal suo silenzio, mentre stringeva convulsamente i pugni lungo i fianchi.
L’infermiera sorrise un po’ sconcertata dall’ira improvvisa della ragazza, per poi voltarsi a guardare i valori apparsi sull’apparecchio di fronte a lei. Sgranò gli occhi, lanciando un’occhiata di sbieco a Shinichi.
« Mmm », disse solo, un po’ divertita. « Un po’ più alta del solito, ma penso non sia niente di grave ».
Avrebbe voluto ridere, ma il poverino era già abbastanza agitato di suo senza che lei infilasse il coltello nella piaga. E dire che aveva sempre avuto una pressione perfetta, almeno fino a quel momento. Scuotendo la testa divertita, si congedò da loro, trovandoli irrimediabilmente dolcissimi. Si chiuse la porta alle spalle, lasciandosi scappare un risolino.
Rimasti soli, Shinichi si mise in piedi cercando di nascondere il suo viso accaldato e i pensieri che gli frullavano incessantemente nella testa. Ran comunque se ne accorse, e si ritrovò a pensare che con quel colorito così roseo sembrava del tutto ristabilito, oltre ad apparire estremamente tenero.
« Quindi, lo sei ancora? ».
Ran inarcò un sopracciglio, mentre lui le dava la schiena un po’ contratto. Si era fermato, con le mani a chiudere la zip del suo borsone, in attesa di una sua risposta.
« Non mi sembrava che ci fossimo lasciati », replicò lei stizzita.
« No, ma… », deglutì. « Ecco, pensavo che forse ci avessi ragionato su e… cambiato idea ».
« E avrei continuato a venire qui tutti i giorni a trovarti? », chiese sarcastica Ran. Lui finalmente si voltò, e avanzò con passo incerto verso di lei. Camminava ancora un po’ storto, ma riusciva perfettamente a mantenersi in piedi sulle sue gambe.
« Potevi venire qui come amica ».
Lei lo afferrò malamente per un braccio, sorprendendolo. Aprì la porta con una mano nervosa, e lo aiutò ad uscire. Sapeva che non ne avesse realmente bisogno del suo appoggio, ma fece finta di niente.
« Mi stai facendo cambiare idea comportandoti così », sbottò mentre camminavano lentamente per il corridoio, lei ancora ancorata al suo braccio.
Lui non replicò, iniziando a rimuginare in silenzio. Non fece nemmeno caso di essere finalmente uscito da quell’ospedale che per così tanto tempo era stato la sua casa. Era davvero troppo preso da altri ragionamenti.
« Mi puoi dire a cosa stai pensando? », borbottò infine Ran, spazientendosi. Lui si riscosse dai suoi pensieri, mentre un’arietta leggera gli scompigliò i capelli. Prese a grandi bocconi quell’improvvisa aria, rendendosi conto finalmente si essere fuori.
« Come hai fatto? », disse infine, voltandosi a guardarla con espressione indecifrabile.
« A fare cosa? », domandò lei incerta, bloccandosi.
« A perdonarmi così in fretta ».
Ran fece una smorfia e cercò di spingerlo ai lati della strada, un po’ isolati, dove non avrebbero intralciato nessuno dei passanti che volessero entrare nell’ospedale.
« Non è così », ammise, mentre si immergevano all’ombra di un grande albero sulla destra dell’edificio.
« Ma ci sto provando », concluse, con sguardo fiducioso.
Era vero. Ogni giorno lottava contro la rabbia che la opprimeva, e il dolore per quella fiducia che lui le aveva negato. Era una battaglia difficile da vincere, ma sapeva bene che mai nella vita avrebbe potuto o voluto perderlo. Ancora. Da lì in avanti, avrebbero camminato insieme per ritrovare la loro normalità, e fatto tutte le esperienze possibili per compensare i momenti persi. Non sapeva quanto ci sarebbe voluto, ma il suo cuore le suggerì che non avrebbe mai davvero potuto odiare quel ragazzo che aveva di fronte. Ma lui, questo, non doveva saperlo. In verità, le piaceva tenerlo un po’ sulle spine.
« Mettiamola così », mormorò Ran, perdendosi nei suoi occhi. « Siamo pari ».
Lui inarcò un sopracciglio, non capendola.
« Abbiamo entrambi la nostra cicatrice », replicò allusiva lei.
« Credo che tu ne abbia più di una, per causa mia », rispose velocemente lui, con sguardo grave.
« Probabile, ma ricordati che possono sempre rimarginarsi », sorrise debolmente. « E potrebbe iniziare fin da oggi, se volessi passare la serata con me ».
Shinichi pensò che il suo cuore avesse perso un battito, al suono di quelle parole. Sorrise istintivamente, sentendosi un po’ più leggero.
« Facciamo ciò che vuoi », disse flebilmente. Lei sorrise vittoriosa, e gli riprese il braccio, ricominciando a camminare.
« E comunque, se ti devi arrabbiare così solo perché ho detto che sono la tua ragazza, non lo farò più », disse dopo un pò, fingendosi offesa.
Ran era così. E in quel momento, dimenticò Okita, le sue bugie, i loro problemi. Lei lo aveva sempre accettato per ciò che era, fin da quando lo aveva conosciuto: un irritante, arrogante bambino dell’asilo.
« Scema », sbottò lui.
« Lo puoi dire a chi vuoi », sussurrò infine, il cuore più leggero.

 

***


Un timido raggio di sole colpì il viso rilassato di Ran, facendole corrucciare il naso. Si portò una mano al volto, come a scacciarlo. Perché diavolo stava entrando sole, quella mattina? Non aveva tirato le tende la sera prima, quando era andata a dormire?
Un po’ infastidita si sistemò meglio sotto le coperte.
Raggio di sole a parte, si sentiva così bene, nel tepore del letto, che non voleva assolutamente svegliarsi. Un profumo familiare la fece sentire ancora di più a suo agio, mentre si passava la lingua a inumidirsi le labbra secchie. Ancora nel dormiveglia, sentì poi un peso strano addosso. Con gli occhi impastati, ne aprì distrattamente uno. Di sbieco, vide una testa di capelli scuri poco più sotto il suo viso, e quasi si spaventò. Poi, lentamente, mise a fuoco. Si voltò lentamente, e vide di trovarsi in una camera non sua.
Piano piano, i ricordi della sera prima si fecero vividi in lei, facendola precipitare nel caos.
Fu allora che, ormai quasi completamente sveglia, si accorse di essere a pancia in su, con Shinichi praticamente addosso che dormiva beatamente. Aveva la testa appoggiata sul suo petto, e un braccio intorno alla vita.
Dormiva profondamente, le spalle che si alzavano ritmicamente.
I flash di loro due insieme quella notte la invasero, e arrossì di colpo, rendendosi conto di essere ancora completamente nuda con lui appoggiato a lei.
Lentamente, cercò di farlo scivolare al suo fianco, e ci riuscì. Shinichi non diede segno di fastidio e, anzi, si sistemò a pancia in su con un sospiro. Mordendosi un labbro, lanciò uno sguardo alla sveglia posta sopra il comodino.
Le sette.
Accidenti.
Si guardò intorno freneticamente alla ricerca del suo vestito, ma era davvero troppo lontano. Nell’imbarazzo più totale, guardò di sbieco Shinichi per appurare che stesse ancora dormendo. Arrossendo, si rese conto che girandosi poco prima aveva fatto scivolare il lenzuolo fino a quasi sotto la pancia, e per un attimo si incantò a guardarlo. Cercò di destarsi da quella stupenda visione, acchiappando la prima cosa che trovò buttata malamente a terra: la sua camicia.
Se la mise velocemente addosso, chiudendo tre bottoni e correndo in bagno facendo più piano che poteva. Fu quando camminò che si rese conto di essere un po’ indolenzita, e provò un po’ di fastidio. Con una smorfia, si chiuse dentro e si diresse al lavandino. Lì si guardò timidamente allo specchio, e il suo riflesso la imbambolò.
Aveva i capelli così spettinati che pensò che non sarebbe mai riuscita a districarli; la camicia di Shinichi le stava larga, e le copriva la prima parte della coscia; il suo profumo le fece chiudere per un attimo gli occhi, cercando di respirarne il più possibile. Nella sua mente apparvero alcune scene di quella notte e, con un sussultò, li riaprì per ritrovarsi il suo viso arrossato allo specchio. Si vedeva così tremendamente confusa, ma anche così diversa.
Si sentiva cambiata e una bolla di felicità le esplose nella pancia, facendola sorridere improvvisamente. Si portò una mano alla bocca, mentre emetteva una risata appena pronunciata.
Con mani tremanti, aprì l’acqua e si diede una sciacquata al viso. Cercò di aggiustarsi anche i capelli, e, quando si sentì un po’ più in ordine, riaprì il più piano possibile la porta. Quando tornò in camera, notò che Shinichi era ancora a pancia in su con poco lenzuolo addosso, completamente addormentato. Piano si sdraiò al suo fianco e, delicatamente, lo coprì con le coperte almeno fino al petto. Vederlo così, la rendeva nervosa.
Stai tremando.
La sua voce le rimbombò in testa.
Ho un po’ freddo.
Era vero, in parte. Ormai il vestito era sparito da qualche parte per terra, e aveva iniziato a tremare sia per l’improvviso contatto con il lenzuolo gelato, sia per la condizione in cui si trovava.
Lui l’aveva allora appena alzata per la vita, facendo scivolare le coperte sopra di loro.
In quel momento, mentre gli scrutava il viso serenamente addormentato, sentì di amarlo, se era possibile, ancora più di prima. E non per ciò che era successo. Certo, quello era stato sicuramente importante, ma ciò che l’aveva realmente colpita, era stato come lui fosse stato attento e premuroso con lei. Ogni gesto e ogni istante vissuto quella notte, era stato rivolto a lei, a lei soltanto.
Al pensiero sentì il cuore esploderle nel petto, e di istinto allungò una mano ad accarezzargli il viso. Lui si mosse appena, ma al suo tocco emerse un sorriso leggero sul suo viso.
Non sembrava nemmeno lui; no, non lo era più davvero.
No, quella notte con lei era stato davvero perfetto.
In quel momento a distoglierla dal suo sogno ad occhi aperti fu quello stesso ragazzo di cui stava fantasticando, che si stropicciò gli occhi e mosse le labbra per sbadigliare, segno che si stava svegliando.
In quel momento la realtà la colse in contropiede, e cercò di focalizzare la scena: lei con addosso la sua camicia, e lui nudo al suo fianco.
Il pensiero di doverlo affrontare dopo ciò che era successo, la paralizzò a tal punto che fissò terrorizzata il ragazzo che si sistemava meglio al suo fianco ancora in dormiveglia.
Cercò di ragionare velocemente, ma lui fu più rapido di lei. Vide le sue palpebre sbattere lentamente, infastidito dal sole come lo era stata lei poco prima. Ci volle realmente poco perché lui si rendesse conto della situazione e la fissasse sgranando gli occhi.
Shinichi deglutì, mentre posava lo sguardo sulla ragazza che aveva di fronte. Ran aveva i capelli spettinati, le gote rosse, e la sua camicia addosso che lasciava intravedere davvero molto di ciò che aveva avuto sotto mano ore prima. Parve avvampare, quando si ritrovò a fissarla.
« C-ciao », mormorò lei abbassando lo sguardo.
Lui abbozzò un sorriso incerto, mentre si rendeva conto di come avessero dormito insieme per tutto quel tempo, completamente nudi entrambi.
Tu lo sei ancora, imbecille.
Provò un senso di disagio, e si strinse il lenzuolo addosso senza farsene accorgere. Un conto era stata la sera prima, al buio, sotto quelle coperte. Ma ora il sole entrava prepotentemente dentro la stanza attraverso la grande vetrata, lasciando nascondere davvero molto poco ai loro occhi.
« Ciao », mormorò Shinichi, cercando di darsi un contegno.
« Ti ho svegliato? », chiese lei timidamente.
« N-no », mentì lui.
Scese un silenzio incerto, lei ancora seduta al suo fianco con quella camicia davvero troppo corta addosso, e lui a poca distanza ancora immerso nelle coperte.
Dopo quello che parve a entrambi un’eternità, si guardarono contemporaneamente negli occhi e, intuendo i pensieri dell’altro, si fecero scappare un sorriso sulle labbra. Alla vista della reazione dell’altro, infine, scoppiarono a ridere piano.
Risero insieme per un po’, alleggerendo l’atmosfera, e infine Shinichi prese parola.
« Come stai? », le chiese, sporgendosi e accarezzandole lievemente un braccio.
« Benissimo », replicò con estrema sincerità. La sua risposta fu così immediata e sognante, che Shinichi si sentì un moto di orgoglio invaderlo. Cercò di non darlo a vedere, ma per la prima volta da mesi si sentì così leggero e libero da tutte le paranoie che per davvero molto tempo l’avevano attanagliato.
« Credo di dover andare, ora ».
D’istinto, il sorriso sul viso di Shinichi scemò, e Ran lo notò subito. Un moto di delusione gli attraversò lo sguardo, e lo trovò davvero dolce.
« Dove? », chiese spaesato. Era così buffo, che il suo cuore rise.
« Beh », disse imbarazzata. « Forse, in camera mia ».
« Sai, farmi una doccia, cambiarmi… », concluse in imbarazzo.
« Ah ».
Era realmente deluso, notò lei. Rimasero in silenzio per un po’, nel quale vide Shinichi un po’ pensieroso. Si morse un labbro, guardando e riguardando la sveglia sul comodino al loro fianco.
« M-magari potrei rimanere ancora mezz’oretta », balbettò avvampando.
« Sì, potresti », rispose di istinto lui, come se non aspettasse altro. Lei sorrise timidamente e senza guardarlo, si rimise sotto le coperte al suo fianco. Fece bene attenzione a non sfiorarlo per sbaglio, quello sarebbe stato davvero imbarazzante, considerando che era consapevole che fosse ancora nudo. Così si sdraiò al suo fianco, e lui mise la testa sulla sua spalla, giocherellando con un suo ciuffo di capelli che gli capitò sotto le dita.
« Ti prego », mormorò Ran, dopo un po’. « Cerchiamo di non dirlo o farlo capire a nessuno, oggi ».
« Disse quella che dopo Londra lo urlò alla sua amica Sonoko ».

Dopo essersi guadagnato un pugnetto sulla spalla, ed essere rimasti accoccolati l’uno all’altro ancora per quella mezz’ora, Shinichi si riaddormentò subito dopo, permettendo a Ran di sgattaiolare via senza imbarazzo, lasciandogli la camicia sulla sponda del letto e rientrando in quel vestito che in quel momento ringraziò mentalmente.
Quando, una doccia e un cambio di abiti dopo, Ran entrò nell’ampio salone per fare colazione, le tremavano le gambe.
Aveva pensato che farsi un lungo bagno l’avrebbe aiutasse a rilassarsi, ma il calore e il vapore avevano solo peggiorata la situazione. Certe scene erano apparse davanti ai suoi occhi senza accorgersene, e ciò l’aveva resa solo più nervosa. Si girò velocemente intorno, guardando se intravedeva dei volti familiari. Ma in piedi a servirsi di cibo al buffet non c’era nessuno che conoscesse, così decise di prendersi qualcosa da mangiare. Pensandoci, aveva una fame da lupi.
Adocchiò delle salsicce e del pane tostato, e decise di servirsi anche di uova strapazzate. Quando il suo piatto fu straordinariamente colmo, avanzò insicura verso l’area tavoli.
E lì, li vide.
Erano seduti ad un tavolo vicino ad una grande vetrata, già tutti e cinque composti con il loro piatto davanti. I tre che riusciva a intravedere erano Sonoko e Makoto, mentre i tre di schiena erano in ordine Kazuha, Heiji e…
Guardò la schiena di Shinichi, mentre quest’ultimo si voltava a chiacchierare con un ampio sorriso in direzione di Heiji.
Prendendo coraggio, avanzò lentamente ma quando fu abbastanza vicina da sentire le loro voci, notò come stessero discutendo animatamente di qualcosa, ridendo talvolta. Arrossì di colpo, mentre Sonoko iniziava a ridere fragorosamente.
Perché sono tutti così agitati?
Era lì che si mordeva ferocemente un labbro, quando Sonoko smise di ridere e si rendeva finalmente conto della sua amica raggelata in piedi dietro al loro tavolo.
« Ecco la dormigliona! », esclamò raggiante, indicandola. Lei sorrise appena, avanzando velocemente vicino a lei. Posò il piatto, cercando in tutti i modi di evitare il viso di Shinichi, esattamente davanti a lei.
« Era ora, stavamo aspettando solo te! », la voce di Sonoko le parve maliziosa, mentre con sguardo puntato al piatto iniziava a giocherellare con un pezzo di salsiccia.
Cosa vorrebbe dire?
« Ah sì? », sbiascicò abbozzando un sorriso nervoso, guardando finalmente in faccia Sonoko al suo fianco. Vide di traverso Shinichi, ma non volle dargli attenzione.
Pensare che l’ultima volta che lo aveva visto, era completamente nudo al suo fianco, la fece avvampare.
« Sì », proseguì Sonoko con una scintilla nello sguardo. « Stamattina abbiamo saputo una cosetta », gongolò infine.
La forchetta in mano a Ran cadde sonoramente a terra, mentre questa le sfuggiva dalla mano tremante. Sobbalzò sul posto, e, goffamente, si chinò per riprenderla.
Non ci posso credere!
Dal nervoso sentì le lacrime pungerle gli occhi, e, con rabbia, alzò finalmente lo sguardo su Shinichi. Vide che lui la stava guardando con una espressione indecifrabile, e per un attimo si dimenticò della vergogna e lo fulminò con gli occhi. Lui sbattè le palpebre e corrugò la fronte.
« Sì, finalmente stanotte è stata la notte! », rise ancora Sonoko, dondolando sulla sedia.
Al suono di quelle parole, a Shinichi andò di traverso l’acqua che stava bevendo, e iniziò a tossire ferocemente.  Ran sbiancò e i suoi occhi divennero perfettamente rotondi, mentre il suo ragazzo, ripresosi leggermente dalla tosse,iniziava a scuotere leggermente la testa nella sua direzione.
« Ran, stai bene? ».
Ran si voltò lentamente verso Sonoko, che la stava guardando un po’ confusa.
« Mi sembri rossa in viso », disse l’altra, toccandole la fronte. « Hai la febbre? ».
Stava per ribattere qualcosa, ma non ci riuscì. La vergogna la stava assalendo, e l’espressione da ebete che aveva in quel momento il suo ragazzo la stava facendo arrabbiare, se era possibile, ancora di più. In quel momento, però, la sua attenzione cadde su Kazuha ed Heiji, e si fermò. Si bloccò a guardarli, e li notò stranamente silenziosi e… rossi?
« Beh, stavo dicendo », ricominciò Sonoko allegra. « Qualcuno si è finalmente dichiarato! ».
Ran aprì la bocca, capendo.
Non stanno parlando di noi.
E, mentre vedeva Heiji e Kazuha diventare paonazzi e farfugliare qualcosa che non sentì nemmeno, tirò un sospiro di sollievo così energico che tutti la guardarono sorpresi.
« Ah, quello! », le sfuggì di bocca, portandosi una mano al petto. Il cuore stava appena riprendendo il battito normale.
In quel momento sentì un calcio in una gamba, e quando sussultò capì che era stato Shinichi a lanciarglielo.
« Cioè? », indagò Sonoko sospettosa.
In quel momento si rese conto di essere stata strana per tutto il tempo, e che se avesse continuato così probabilmente Sonoko avrebbe capito che c’era qualcosa che non andava. Invece, poter continuare la discussione su Heiji e Kazuha all’improvviso le sembrò un perfetto diversivo.
« Volevo dire, finalmente! E’ stupendo! », si voltò verso la sua amica di Osaka, mentre la guardava con sguardo brillante.
« Sì, stupendo, ma possiamo cambiare discorso ora? », borbottò Heiji a disagio, mentre addentava il suo panino.
« Veramente noi vorremo i dettagli », li punzecchiò Sonoko.
« Ogni. Singolo. Dettaglio. Di. Questa. Notte », calcò su ogni singola parola. In quel momento, gli occhi di Ran e Shinichi si scontrarono con prepotenza.
Ti ho fatto male?
Ran deglutì, mentre masticava lentamente le sue uova strapazzate, rivolgendo il suo sguardo altrove.
La voce rauca di Shinichi che le faceva quella domanda era vivida nella sua mente, e si ricordò anche dell’effettivo dolore che provò in quel momento. Aveva cercato di non darlo troppo a vedere, anche perché lui aveva fatto di tutto per essere delicato. Ma senza essere realmente pronta a provare quel dolore, si era trovata a sopportarlo in silenzio. Lui se ne era accorto immediatamente, e si era fermato subito. In quel momento, ebbe la sensazione che lui volesse togliersi, così gli aveva afferrato un braccio con cui si stava sostenendo, e lo aveva finalmente guardato.
Solo… un attimo.
Lui era rimasto in silenzio, e l’aveva accontentata. Aveva ragione Ran: per un attimo fugace aveva pensato di allontanarsi da lei. Ma quello sguardo supplicante lo aveva bloccato, così aveva deciso di fidarsi di lei. E, mentre le dava il tempo di cui aveva bisogno, si chinò e cominciò a lasciarle piccoli baci sul viso. Sorpresa ma felice di quel moto di affetto, lei si era piano piano rilassata e lentamente la fitta che aveva provato era passata.  
Dimmi tu quando.
Il cuore ricominciò a pomparle energicamente nel petto, e si sentì accaldare. In quel momento, a riportarla alla realtà fu Heiji che si alzò di scatto dalla sedia, parecchio nervoso. Non capì il motivo, anche perché si era praticamente persa tutto il discorso. Sentì solo in lontananza Makoto dire a Sonoko che aveva esagerato, e vide Kazuha alzarsi per seguire Heiji che si allontanava borbottando.
Con la testa annebbiata, scosse la testa e cercò di mangiare qualcosa.
« Come sono permalosi », brontolò Sonoko, sbuffando. « Dai, è una rituale ormai. Per quanto abbiamo preso in giro voi due, dopo Londra? ».
« Non hai mai smesso, in realtà », Shinichi prese parola per la prima volta da quando era arrivata, e il suo sarcasmo la fece sorridere istintivamente.
« Ah già », rise ancora Sonoko, pensierosa. « Non capita tutti i giorni di vedere un detective idiota rincorrere una ragazza per Londra, sai »
Lui le fece una smorfia di ricambio, seguita da una linguaccia di Sonoko. Quella scenetta rilassò un attimo Ran: dopotutto, sembrava una mattina come un’altra. In quel momento fece un grande sbadiglio, portandosi una mano alla bocca.
« Ma come », esclamò Sonoko. « Sei arrivata tardi e hai ancora sonno? ».
« Ma no, non è così », rise nervosa Ran, accoltellando senza pietà le uova nel suo piatto.
« Era scomodo il letto? ».
Ebbe per un momento voglia di emulare Heiji e iniziare a correre via, ma si rese ben presto conto che sarebbe stato come sventolare al mondo la verità. E l’ultima cosa che voleva quel giorno era essere ulteriormente causa di battutine e prese in giro, specialmente perché non riusciva nemmeno a guardare Shinichi in mezzo a tutti senza provare profondo imbarazzo, figurarsi sopportare una Sonoko esaltata a quella nuova, eccitante novità. Un conto essere presa in giro per la sua dichiarazione o per un bacetto sulla guancia, un’altra era quello.
C-così va bene?
Quando Shinichi glielo aveva chiesto a bruciapelo nell’orecchio sinistro, gli parve di non aver mai sentito la sua voce così rauca e tremolante. Non era mai stato tipo da balbettare, anzi, la sua parlantina era assai nota. Quindi ascoltare come la sua voce fosse fievole grazie a lei, l’aveva mandata piacevolmente in tilt. Non che ce ne fosse stato bisogno in quel momento, comunque. Il dolore ormai era sparito del tutto, e la consapevolezza di ciò che stava succedendo l’aveva travolta così prepotentemente che non riuscì a respirare correttamente. .
Rimase shockata quando le tornò alla mente la risposta che gli aveva dato. Non ebbe nemmeno il coraggio di ripetersela nella sua testa, proprio perché le era uscita di bocca senza accorgersene, nella più totale sincerità. Shinichi al sentire le sue parole, all’istante le era sembrato stupito, ma dopo poco l’aveva accontentata. In quel momento aveva completamente staccato il cervello, e si era totalmente affidata a lui. All’inizio le parve che si stesse trattenendo dall’emettere alcun suono, come se si vergognasse. Come sfogo aveva iniziato a stringere convulsamente il lenzuolo intorno al suo viso, ma dopo un po’ non riuscì più a controllarsi e iniziò a sospirare pesantemente al suo orecchio. Quella condizione, ricordò, la rese così felice che lo abbracciò talmente tanto da conficcargli le unghie nelle spalle.
« Allora, oggi che facciamo? ».
Un altro calcio le fece tornare in sé, e sobbalzò quando sentì Shinichi parlare nervosamente con Sonoko, per distrarla dalla sua amica totalmente nel pallone. Scosse la testa, e bevve un lungo sorso di acqua.
Accidenti, riprenditi.
« Dobbiamo visitare i giardini di Kanazawa e… sei sicura di star bene? », insistette Sonoko, posando bruscamente le posate.
Improvvisamente capì che per salvarsi avrebbe dovuto mentirle, perché sapeva bene di aver stampato in faccia ciò che era successo quella notte.
« E’ che ho un tremendo mal di testa », si inventò sorridendo rassicurante. « Dopo aver preso qualcosa starò meglio ».
La scusa parve calmare i dubbi di Sonoko, almeno all’apparenza. Con un’alzata di spalle tornò a chiacchierare con Makoto al suo fianco, e Ran si lasciò andare ad un sospiro leggero. Shinichi la guardò di sottecchi, giocherellando con una mollica di pane. Si soffermò a guardarla un po’ meglio mentre lei pareva non accorgersene.
Quando quella mattina era suonata infine la sveglia, e si era accorto che lei non era più al suo fianco, capì che doveva essersi addormentato. Poi si era ricordato di cosa gli aveva detto, che sarebbe andata in camera a prepararsi per evitare di essere colti in flagrante da tutti gli altri. E si rese conto che, forse, facendo così avevano evitato un momento che si sarebbe rivelato tutt’altro che semplice. Un conto era stata quella notte, presi dal momento, la testa annebbiata e la semi oscurità a nascondere la situazione in cui si erano ritrovati. Ma con la luce del giorno, e la lucidità della mattina dopo, come avrebbe mai potuto lasciare quel letto con lei davanti?
Mordendosi un labbro ripensò alla nottata appena trascorsa, e una sensazione di esaltazione lo travolse, creando senza volere un sorriso sbieco sulla sua faccia.
Lanciò nuovamente un’occhiata a Ran, e si accorse che, mentre Sonoko e Makoto continuavano a chiacchierare di cose a lui ignote, lei lo stava guardando. Notare il suo sguardo su di lui lo rese stranamente euforico, mentre un brivido gli percorreva la schiena.
«Andiamo? ».
Shinichi si riscosse dai suoi pensieri, guardando confuso Sonoko. Questa si stava alzando, e così facendo anche Makoto e Ran. Annuì anche lui, cercando di scacciare quelle immagini dalla sua testa.
Sarebbe stata una giornata molto lunga.


Quando furono tutti pronti, iniziarono a camminare verso i Giardini Giapponesi di Kanazawa, fra i tre più belli dell’intero paese. Con grande sollievo di Ran e Shinichi, quel giorno l’argomento principale fu per tutto il tempo la dichiarazione di Heiji.
« Ma quando è successo? Quando siamo andati a dormire mi sembravate normali », iniziò Sonoko, saltellando fra loro due, la curiosità che le si leggeva chiaramente in faccia.
« Infatti », replicò Kazuha con bocca asciutta, lanciando occhiate continue ad Heiji come a voler avere la sua approvazione per raccontare ciò che era accaduto. Ma lui camminava velocemente con le mani nelle tasche e il viso in parte coperto dal suo inseparabile cappellino.
« E’ successo dopo », spiegò.
A quelle parole, Ran corrugò la fronte, improvvisamente nervosa.
« Cioè? », indagò ulteriormente Sonoko.
« E’ tornato a bussare alla mia porta », ammise arrossendo Kazuha, Heiji ormai completamente paonazzo.
« Ma guarda tu che sfrontato », rise Sonoko, guardando maliziosa il ragazzo di Osaka.
« Sonoko, dai », esclamò Makoto, prendendola per un braccio. A volte la sua insistenza lo mettevano a disagio esattamente come lei riusciva a far sentire le povere vittime delle sue continue domande.
Ran deglutì, le mani sudate.
Quindi Heiji era uscito dalla camera per andare da Kazuha. Con un brivido, immaginò se lo avesse incontrato per sbaglio. Dopotutto doveva essere successo quasi contemporaneamente a quando lei si era presentata da Shinichi.
Lanciò un’occhiata nervosa al suo ragazzo, che camminava tranquillamente al fianco di Heiji.
« Hai intenzione di continuare così tutto il giorno? », esclamò Heiji infine, mentre Sonoko continuava seppur sotto lo sguardo eloquente di Makoto.
« Dai », borbottò Makoto al suo fianco.
Sentendosi per la prima volta sgridata da ogni fronte, e con Kazuha che oramai era bordeaux, la ragazza si calmò, sbuffando.
« E va bene, aspetterò di essere sole con Kazuha per chiedere i dettagli », fece l’occhiolino all’amica, che pregò vivamente che Heiji si calmasse.
Era stato davvero carino con lei, e quando aveva sentito bussare alla porta quella notte le era quasi mancato il fiato.
Avevano appena discusso per l’ennesima stupidaggine, finchè non si erano imbattuti in Ran e Shinichi sulla terrazza. Lì fra loro era calato il silenzio, e quando si era chiusa la porta alle spalle aveva pensato che non ne potesse davvero più. Ogni occasione andava sempre sprecata per una parola sbagliata, un malinteso, e la discussione con quella testa calda di Heiji era sempre dietro l’angolo.
Stava per venirle da piangere, finchè poco dopo non sentì qualcuno bussare incessantemente alla sua porta. Aveva aperto titubante, e riuscì appena a vedere il viso del suo migliore amico prima che quest’ultimo la prendesse per una mano e iniziasse a correre in una direzione a lei sconosciuta. Aveva protestato, cercato di scansarlo, ma lui tenne ben stretta la presa su di lei. Quando, con il fiatone per la corsa, si era resa conto di essere sul tetto dell’Hotel, si era resa realmente conto di cosa avesse davanti.
Lo skyline della città si tagliava maestoso davanti a loro, mentre un leggero venticello le scompigliava il vestito che stava ancora indossando. Già, quel vestito rosso che aveva tanto sperato potesse colpire Heiji.
Non ci girerò più intorno, perché ho perso il conto delle volte in cui ho provato  dirtelo.
Kazuha sentì il suo cuore battere più velocemente, mentre veniva presa a braccetto da una Ran sorridente e allusiva. Rispose allegra con la gioia negli occhi, e sottovoce le disse che le avrebbe spiegato tutto più tardi.
Mi piaci.
La voce di Heiji ancora a rimbombarle in testa.
Trascorsero il resto della mattina e del primo pomeriggio gironzolando per l’immenso giardino in stile giapponese, e l’atmosfera si rilassò un po’. Sotto l’insistenza di Makoto, Sonoko evitò di lanciare altre battutine, ma ciò non evitò che l’espressione di Heiji rimanesse permanentemente rossa per tutta la giornata. Da parte sua, Kazuha capì bene l’imbarazzo generale visto che si stava facendo largo anche in lei, quindi non obiettò quando notò che lui la evitò per il resto della giornata.
Avrebbero avuto modo di parlarne meglio altrove e da soli, dopotutto.
Da parte sua, Shinichi sorrise un’ultima volta a Heiji, sinceramente felice per lui. Capiva bene come dovesse sentirsi, perché c’era passato anche lui. E perfino in quel momento, sentiva la stessa vergogna alla base dello stomaco. Pensieroso, in quel momento notò con la coda dell’occhio che Ran si era staccata da Sonoko e Kazuha, e si stava avvicinando ad un ponticello a poca distanza. La vide fermarsi esattamente a metà, e con braccia incrociate, posare il viso su di essere per guardare i pesci nell’acqua sotto di lei.
Senza farsi troppo notare, lentamente si avvicinò a lei. Quel giorno avevano cercato in tutti i modi di evitare di rimanere soli, o di scambiarsi parola. Temevano entrambi che, con un gesto o una parola di troppo, avrebbero fatto trasparire qualcosa. Ma ora, aveva l’irrefrenabile voglia di stare vicino a lei.
Quando le si sistemò a fianco a si mise a guardare i pesci anche lui, Ran sobbalzò stupita. Quando vide Shinichi sporgersi e dare la sua attenzione a un enorme pesce rosso, lei arrossì.
Lui parve accorgersi di quello sguardo, e si voltò per incontrare i suoi occhi.
A quel punto, Ran si avvicinò a lui e appoggiò il viso alla sua spalla. Un po’ impacciato, lui appoggiò la sua guancia contro i suoi capelli, respirando il suo profumo.
Rimasero così per un po’, mentre un leggero venticello gli scompigliava i capelli.
« Secondo te l’hanno capito? », domandò dopo un po’ lei nervosa.
« No, Heiji non poteva trovare serata migliore per dichiararsi », a Shinichi venne da ridere.
Quando sentì la sua voce divertita, Ran si lasciò sfuggire una lieve risata.
Scese di nuovo il silenzio fra loro, mentre Shinichi pensava velocemente. Avrebbe voluto dirle tante cose, chiedergliene altrettante, ma tutte le domande erano così scomode che gli morivano in gola. Avrebbe tanto voluto appurare che stesse bene, domandarle se era stata felice almeno quanto lo era stato lui. Ma come poteva porle una domanda del genere? Frustrato, si torturò il labbro.
« Grazie ».
Di tutte le cose che pensava di dirle o di sentirsi dire, quella era l’ultima a cui aveva pensato. Shinichi sgranò gli occhi, mentre lei si staccava leggermente e lo guardava con un sorriso dolce in viso.
Lo stava seriamente ringraziando?
Lei parve capire il motivo del suo sgomento, perché si affrettò a spiegarsi.
« Sei stato… dolce, con me », lei avvampò. Sperò che lui capisse a cosa si riferisse, perché più di così non riuscì a pronunciarsi. Ma lui intuì, e arrossì. Non riuscendo a formulare una frase di senso compiuto, lui annuì e basta, abbassando il viso.
Cominciava a sentir crescere in lui un calore prepotente, e il senso di vergogna attanagliarlo.
Per sua fortuna, in quel momento, Sonoko li chiamò.
« Mangiamo qualcosa? Muoio di fame ».
Fu il perfetto diversivo per potersi togliere da quella situazione divenuta improvvisamente imbarazzante. Con un ultimo sorriso fugace, si diressero verso il resto del gruppo.

Il tempo parve volare, e prima che potessero accorgersene arrivò il momento di riprendere il treno e tornare a casa. Sotto lo sguardo deluso di Sonoko, Kazuha la guardò sinceramente dispiaciuta.
« Prometto che stasera vi telefono », sussurrò, cercando di non farsi sentire da Heiji lì accanto.
« E vi racconto tutto », concluse allegra.
« Sarà meglio, mi sono trattenuta oggi ma è stato davvero difficile », ammise Sonoko con tono drammatico.
Ran sorrise, per poi sporgersi e abbracciare Kazuha.
« Sono felicissima per te », le mormorò in un orecchio, stringendola forte.
Era vero. Si era rivista per così tanto tempo nelle sue parole, pianti e problemi, che saperla finalmente serena le scaldò il cuore.
Stava ancora pensando a Heiji e Kazuha, quando si sedette con un sorriso radioso accanto a Shinichi, il quale la guardava un po’ nervoso. Erano nuovamente seduti vicini, con Sonoko e Makoto appena dietro di loro. Ma lei pareva persa in chissà quali pensieri, perché le pareva realmente rilassata al suo fianco.
Iniziò così a pensare a come avrebbero affrontato quel cambiamento, fra loro due. Prese a immaginarsi i giorni successivi, chiedendosi se qualcosa sarebbe ulteriormente cambiato fra loro. Sperò con tutte le sue forze che la vergogna o l’imbarazzo non creassero situazioni emotivamente ingestibili. Paradossalmente, aveva paura che questo potesse un po’ allontanarli, magari rendendoli nervosi o imbarazzati. Si ricordava ancora cosa era accaduto dopo la sua dichiarazione, e dopo quel suo bacio in gita. Avevano evitato a tutti i costi di chiamarsi al telefono, limitandosi a dei messaggi. Quindi, l’indomani, come avrebbero gestito ciò che era accaduto? Un conto era stare in mezzo a tutti, un’altra era rimanere da soli.
Deglutì.
Potrebbe anche riaccadere.
Si morse un labbro, iniziando a fissare fuori dal finestrino con un leggero calore sulle guance.
Certo, che sarebbe riaccaduto. Anzi, probabilmente sarebbe successo sempre più spesso. E, ragionandoci, si accorse che in fondo al suo cuore lo desiderava prepotentemente.
 Perplesso e un po’ accaldato, la guardò di sottecchi, mentre cercava con foga qualcosa in borsa. Quando alla fine trovò le cuffie, le agganciò al suo telefono e se ne mise una. Con noncuranza, Shinichi la vide mentre glie porgeva la seconda, esattamente come la mattina del giorno prima, esattamente come aveva sempre fatto da quando ne avesse memoria.
Incerto, lo prese, e se lo mise nell’orecchio. E mentre la musica invadeva quei suoi pensieri, capì che in fondo tutto pareva essere come sempre, dopotutto.
Erano sempre loro due

   
 
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