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Autore: FalbaLove    05/05/2020    2 recensioni
Raccolta di One shots con protagonista Shiho Myano e i vari personaggi della serie in un ipotetico futuro in cui l'Organizzazione è stata finalmente sconfitta.
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[Dalla prima storia]
Due mani ghiacciate e pallide sfiorarono con bramosia la sua pelle del collo per poi stringere con forza: Shiho deglutì a fatica sentendo il fiato venirle meno mentre la vita pian piano si allontanava sempre di più dal suo corpo. Un strano rantolio uscì dalla sua bocca carnosa e due occhi color ghiaccio si iniettarono di eccitazione aumentando sempre di più la stretta sul suo collo.
-No!- l’urlo straziante di Shiho rimbombò forte per tutta la residenza squarciando un silenzio malato. La scienziata si guardò impaurita intorno mentre percepiva chiaramente il sangue pompare forte nelle tempie.
-Era solo un incubo- sibilò la scienziata lasciando che i suoi occhi scrutassero il suo stravolto riflesso allo specchio. La sua pelle candida aveva fatto posto a un pallore malsano mentre i suoi occhi ,stanchi e ancora impauriti, erano contornati da profonde occhiaie violacee che le regalavano un aspetto quasi cadaverico. Ma a Shiho tutto questo non importava, il solo sapere che questa era la realtà la faceva sentire incredibilmente leggera e viva.
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Rei Furuya, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Tooru Amuro
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Era oramai passata una settimana da quando Ai Haibara aveva fatto spazio a Shiho Myano e l’unico contatto che la ragazza aveva avuto con il mondo esterno erano state poche parole scambiate con il dottor Agasa e con lui.
Shiho sbuffò lasciando che i suoi capelli ramati si spargessero sul candido guanciale e girandosi su un fianco: con le lenzuola che ancora le lambivano la pelle nuda allungò un braccio nel buio. Tastò per alcuni secondi con decisione sulla fredda superficie del comodino prima di afferrare l’oggetto agognato. Mugugnò infastidita dalla forte luce che il display del suo cellulare stava emanando. Mentre l’oggetto si prendeva il suo tempo per accendersi la ramata si limitò ad affondare il capo nel cuscino lasciando che la sua vista si abituasse nuovamente all’oscurità. Sospirò inquieta domandandosi che ore fossero: era sicura che poco tempo prima il dottor Agasa aveva bussato alla sua porta avvisandola che sarebbe uscito quel pomeriggio, ma la scienziata aveva fatto talmente poca attenzione che neanche si ricordava il motivo. Quello che però non le era sfuggito era stato il tono preoccupato e pensieroso con cui l’inventore oramai comunicava con lei da dietro la sua porta. Un amaro sorriso si dipinse sul volto sciupato della ragazza che si raggomitolò tra le lenzuola: sapeva perfettamente che l’uomo era in pensiero per lei e che con questo suo non vivere lo stava pian piano trasportando insieme a lei in un baratro di depressione da cui non ne sarebbero più usciti.
Chiuse velocemente gli occhi lasciandosi sfuggire una lacrima solitaria: oramai il buio e la paura erano le uniche realtà che conosceva. I sogni avevano abbandonato la sua mente e cupi incubi facevano vibrare di terrore le sue provate membra. Istintivamente la ragazza scosse la testa con decisione come volesse allontanare i dolorosi ricordi dalla sua mente, ma sapeva benissimo quanto fosse inutile questo suo gesto.
Urla, spari e gocce di sangue fecero raggelare Shiho che strinse con forza le lenzuola tra le sue dita come volesse ricordarsi che quello era il presente.
Due mani ghiacciate e pallide sfiorarono con bramosia la sua pelle del collo per poi stringere con forza: Shiho deglutì a fatica sentendo il fiato venirle meno mentre la vita pian piano si allontanava sempre di più dal suo corpo. Un strano rantolio uscì dalla sua bocca carnosa e due occhi color ghiaccio si iniettarono di eccitazione aumentando sempre di più la stretta sul suo collo.
-No!- l’urlo straziante di Shiho rimbombò forte per tutta la residenza squarciando un silenzio malato. La scienziata si guardò impaurita intorno mentre percepiva chiaramente il sangue pompare forte nelle tempie. Freneticamente tastò tutto ciò che la circondava, ma le sue mani erano talmente fredde e tremanti che le sembrò di  sentire ancora quella stretta forte attorno al collo mentre sotto di lei solo il vuoto. Poi un trillo improvviso e vicino la risvegliò da quell’incubo malato che si stava sempre più confondendo con la realtà.
Senza esitazione accese la lampada lasciando che la luce spazzasse via anche i suoi ultimi tremolii.
-Era solo un incubo- sibilò la scienziata lasciando che i suoi occhi scrutassero il suo stravolto riflesso allo specchio. La sua pelle candida aveva fatto posto a un pallore malsano mentre i suoi occhi ,stanchi e ancora impauriti, era contornati da profonde occhiaie violacee che le regalavano un aspetto quasi cadaverico. Ma a Shiho tutto questo non importava, il solo sapere che questa era la realtà la faceva sentire incredibilmente leggera.
Un secondo trillo costrinse la scienziata ad abbandonare la sua immagine e a ricercare tra le candide lenzuola il suo cellulare. Una smorfia amara si dipinse sul suo volto stanco mentre si decise a leggere il messaggio.
“Come stai?”
Due semplici parole la cui richiesta lasciava poco all’immaginazione e che la scienziata sapeva benissimo a chi appartenessero. Lo eliminò immediatamente prima che nella sua mente potesse crearsi anche solo il più piccolo pensiero di rispondergli. Nonostante lui non se ne capacitasse Shiho ora aveva chiesto del tempo, tempo che sparava lenisse le sue profonde ferite, ma che inevitabilmente la stava riducendo all’ombra di se stessa.
Socchiuse le palpebre e rilassò le spalle constatando che era affamata: in quegli ultimi giorni aveva troppi pensieri nella testa e l’appetito era passato in secondo piano. Spesso perdeva la cognizione del tempo fissando le pareti buie e lasciava che la sua mente si cibasse solo della paura.
Con stizza appoggiò i piedi nudi a terra rabbrividendo al contatto con il freddo pavimento, ma non ci badò più di tanto: emozioni come quelle erano oramai l’unica cosa che le ricordavano che fosse viva. Silenziosamente aprì la porta della sua stanza lasciando che i suoi occhi vagassero per qualche istante, almeno per essere certa di essere sola. Poi, con fare aggraziato, si diresse verso la cucina dove un panino avvolto dalla carta stagnola sembrava aspettarla. Involontariamente si lasciò sfuggire un tenero sorriso mentre un foglietto del dottor Agasa le ricordava che non aveva pranzato. Solo in quell’istante la ragazza parve notare il ticchettio dell’orologio appeso al muro e curiosa osservò le lente lancette constatando che erano già le due del pomeriggio passate.
 
Shiho sospirò osservando il suo respiro condensarsi sulla finestra e offuscare il suo riflesso. Era una bellissima giornata soleggiata e, benché la ragazza facesse fatica ad ammetterlo, era contenta di quella piacevole sensazione di calore che i raggi le regalavano sul viso. Osservò di sfuggita un gruppo di piccoli bambini passare veloci davanti a casa sua segno che le lezioni anche per oggi erano finite: incurvò le labbra domandosi che giorno della settimana fosse. Ad un certo punto il trillo del campanello la fece trasalire strappandola da suoi pensieri.
Shiho si guardò intorno sentendo un sentimento di angoscia crescere sempre di più nel suo cuore: non aspettavano alcuna visita e le pareva di essere stata molto chiara con lui nel pregarlo di non farle visita. Lentamente si avvicinò alla porta lasciando che la sua mano scorresse sulla fredda maniglia, ma una volta aperta era talmente poco abituata alla luce che le ci vollero alcuni secondi per mettere a fuoco l’altra figura. Quando i suoi occhi finalmente si abituarono percepì un chiaro tuffo al cuore.
“Ehm, salve” una voce fanciullesca e imbarazzata accompagnò un viso lungo, asciutto e contornato da lentiggini. Shiho strinse con forza la maniglia tra le mani mentre le gambe iniziarono a tremarle.
“Cosa vuoi?” mormorò fredda contraendo i muscoli facciali. Il bambino però prima di parlare lasciò vagare il suo sguardo all’interno della casa come per assicurarsi che l’unica cosa sbagliata in quella abitazione che conosceva così bene fosse la sua interlocutrice.
“Non volevo disturbarla, ma stavo cercando il dottore Agasa”
“Non c’è e tornerà tardi” sibilò lei rimanendo immobile e sperando che queste sue parole servissero a dissuadere quella figura del suo passato.
“Ah va bene , grazie. Mi scusi se sono indiscreto, ma lei per caso è una sua parente?” bofonchiò il bimbo facendo combaciare i loro sguardi e osservandola con attenzione.
“Sì, sono una sua parente e mi sono trasferita da poco qui da lui” sibilò lasciando che il vento estivo trasportasse via la sua frase così poco convincente. Il bambino però non sembrò accorgersene e non trattenne un allegro sorriso.
“Ah davvero? Io sono Mitshuiko, un amico del dottore Agasa” disse allungando una mano verso di lei con fare adulto. Shiho la guardò attonita per qualche secondo prima di assecondare questo suo gesto.
“Shiho” mormorò a fior di labbra mentre quel contatto così familiare le causò un tuffo al cuore. Questa volta Mitshuiko parve accorgersi della velata tristezza che aleggiava sul volto sconosciuto, ma allo stesso tempo familiare della sua interlocutrice.
“Ti serviva per caso qualcosa di urgente dal dottor Agasa?” non sapeva neanche lei il perché di quella domanda: il suo unico pensiero fino a quel momento era stato quello di farlo andare via il prima possibile, ma quella presenza, anche se così breve, le regalava un torpore caldo e accogliente dal quale non voleva staccarsi.
“No, la ringrazio, ma volevo solo chiedergli una cosa su una persona” rispose lui scuotendo la testa e lasciando che i ciuffi ribelli gli ricadessero sulle gote lentigginose. Shiho serrò con forza le labbra osservando minuziosamente ogni suo tratto del viso: il bambino parve accorgersene e arrossì imbarazzato.
“Dammi pure del tu” mormorò la scienziata lasciando che un accennato sorriso si dipinse sul suo volto stanco. Lui annuì debolmente abbassando lo sguardo: la ramata era stata talmente tanto concentrata sui suoi pensieri che scioccamente non si era accorta del viso triste e pensieroso di Mitshuiko. Si morse nervosamente un labbro sapendo già che quello che stava per fare andava contro alle promesse che si era fatta.
“C’è forse qualcosa che ti turba?” bisbigliò abbassandosi lentamente e lasciando che i suoi scompigliati capelli ramati le ricadessero sul viso. Il bambino impacciato storse il suo viso con una smorfia giocherellando nervosamente con le mani.
“N-no” bisbigliò decisamente poco convinto.
“Sei sicuro?” domandò divertita tambureggiando con le dita sul legno della porta. Lui annuì debolmente totalmente assorto.
“Perfetto allora avviserò il dottore Agasa che sei passato” concluse alzandosi nuovamente in piedi e poggiando una mano sulla maniglia.
“In realtà” Shiho non riuscì a trattenere una espressione vittoriosa.
“Conosci per caso la bambina che abitava qui?” quella domanda fece impallidire il viso già martoriato dalla stanchezza della ragazza. Mitshuiko non parve accorgersi della sua inquietudine troppo concentrato nel calibrare le sue parole.
“Si chiamava Ai Haibara “ ci tenne a precisare mentre i suoi occhi brillarono appena pronunciò quel nome.
“Purtroppo qualche settimana fa ha raggiunto i suoi genitori in America e volevo chiedere al dottore se avesse sue notizie” precisò  il bambino grattandosi imbarazzato il capo. Shiho deglutì a fatica domandandosi da quanto tempo non sentisse più quel nome, il suo nome. La sua vita sotto le fanciullesche spoglie di una bambina le sembrava un lontano e caro ricordo che aveva interrotto per troppo poco tempo l’esistenza buia e raccapricciante nella quale stava di nuovo sprofondando.
“Era per caso una tua amica?” all’udire quella domanda Mitshuiko annuì con vigore arrossendo vistosamente. Un tenero sorriso si fece spazio sul volto contrito della scienziata. Come aveva anche solo potuto pensare per un secondo che la sua sparizione improvvisa non avrebbe incupito i cuori puri e innocenti di quei bambini che lei considerava ancora i suo migliori amici?
“La migliore bambina che io abbia mai conosciuto” ci tenne a precisare il bambino riempiendosi di un improvviso coraggio.
“Ti manca?” subito Shiho serrò le labbra con forza maledicendosi di quella domanda che le era involontariamente sfuggita dalla bocca. Cosa voleva ottenere da quel interrogativo? Voleva seriamente intristire ulteriormente Mitshuiko solo per gratificarsi?
“Molto” rispose convinto il bambino sorridendo. Dai suoi occhi non trasparì alcuna tristezza, ma solo quel grande affetto che provava per lei e che goffamente aveva provato a nasconderle.
“Sono sicura che anche tu manchi molto a lei” sussurrò sentendo sempre di più gli occhi pizzicarle. Ma quelle non erano lacrime di paura, di terrore o di tristezza: no, erano decisamente diverse da quelle che negli ultimi giorni avevano rigato ripetutamente il suo viso. Lui innocentemente le posò la mano sulla spalla e quel semplice contatto bastò per farle tornare il sorriso sulle labbra.
“Se fosse qui di fronte a te cosa vorresti chiederle?” Mitshuiko aggrottò la fronte pensoso. Si prese alcuni secondi per rimuginare come se quella fosse la risposta più importante della sua vita. Poi il suo viso lentigginoso si illuminò arrossendo lievemente.
“Le domanderei se le andrebbe di uscire con me” sibilò impacciato abbassando lo sguardo a terra.
“Se è davvero una bambina speciale come mi hai detto sono sicura che risponderebbe di sì” immediatamente gli occhi di Mitshuiko brillarono di felicità e di speranza.
“Davvero?” bisbigliò non trattenendo l’entusiasmo come se sapesse realmente che quella ragazza davanti a lui era la stessa bambina che tanto gli mancava. Shiho annuì portandosi dietro all’orecchio una ciocca di capelli ramati.
“Qualsiasi ragazza dovrebbe ritenersi fortunata ad uscire con un bambino così in gamba come te” ci tenne a precisare incrociando le braccia al petto. Mitshuiko all’udire quelle parole si dipinse di un rosso vermiglio e iniziò a balbettare qualcosa che però non venne udito da Shiho.
“Ma a me non interessano le altre bambine, io avrei voluto che il mio primo appuntamento fosse con lei” mormorò incurvando le labbra in una smorfia.
“Forse quella bambina non è così fantastica come me l’hai descritta se si è lasciata sfuggire un primo appuntamento con te” Mitshuiko guardò sbigottito la sconosciuta allontanarsi dall’uscio ed afferrare velocemente una piccola borsetta lasciata sul tavolo. Poi, senza reprimere un’aria estremamente divertita, afferrò le chiavi vicino all’uscita e richiuse la porta dietro alle sue spalle. Il bambino la osservò perplesso sistemarsi i capelli ramati in una coda prima di ritornare a volgere il suoi occhi grigi e limpidi sul suo interlocutore.
“Mitshuiko mi faresti l’onore di essere il tuo primo appuntamento?”
 
Shiho si portò istintivamente le dita al volto sentendo qualcosa di strano rigarle le guance: rabbrividì osservando il sangue vermiglio creare un orrendo contrasto con le sue pallide e tremanti dita. La presa sul suo collo intanto si fece sempre più debole mentre lo sguardo del mostro davanti a lei si perse nei suoi occhi. Prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa la sua stanca figura venne brutalmente scaraventata a terra. Tutto intorno a lei iniziò a girare mentre il botto scaturito dallo schianto che la sua testa aveva fatto con il freddo pavimento le rimbombò nel cervello. Una smorfia di dolore venne accompagnata da un rantolio soffocato mentre a fatica la ragazza tentò di rialzarsi: aveva ancora la vista tremendamente offuscata, ma non le fu difficile individuare i lunghi capelli dorati sparsi a terra poco lontano da lei. L’uomo intanto la fissava con uno strano ghignò dipinto sul volto mentre copioso sangue si stava sempre più espandendo sul terreno all’altezza del suo petto. Il suo interlocutore sussurrò qualcosa, ma il dolore alla testa era talmente forte che la scienziata udì solo un flebile sussurro. Intanto intorno a lei percepì dei passi ai quali non bado: la sua più completa attenzione era unicamente riservata alle membra sempre più deboli dell’uomo affianco a lei. Lentamente strisciò fino alla sua figura: sentiva ancora le vene pulsare all’altezza del collo, ma non ci badò. Osservava sconvolta il momento che da troppo tempo pensava di desiderare, ma che ora le provocava un dolore superiore a quello fisico. Il suo interlocutore parve riconoscere la paura e il terrore visibile dai suoi occhi e si lasciò sfuggire un sorriso malato  e lussurioso: respirando a fatica alzò una mano tremante e debole in direzione della pallida guancia della ragazza sporca del suo sangue. Shiho osservò questo gesto a rallentatore come se non fosse neanche fisicamente presente in quel momento: se fino a pochi secondi prima aveva ripudiato qualsiasi contatto con quell’uomo ora provava un estremo desiderio di sentire la sua pelle sulla sua. Rabbrividì di fronte a quella considerazione mentre il cervello le ordinava di scappare, di scansarsi dal quel gesto. Ma lei non lo fece, si limitò a tremare e a guardarlo con i suoi occhi grigi ricchi di terrore.
Lui parve capire perfettamente l’orrendo conflitto che si stava svolgendo dentro quella piccola figura e rise di gusto mentre il sangue iniziò a sgorgare copioso dalla sua bocca. Shiho chiuse gli occhi con forza lasciando che le lacrime rigassero  le pallide guance mescolandosi con il suo sangue. Voleva solo sentire il suo calore sul suo viso, desiderava quel contatto malato solo per quell’ultima volta, ma questo non avvenne. La morte sopraggiunse veloce e la vita abbandonò le squarciate membra del suo aguzzino: a Shiho non rimase che fissare immobile l’uomo dalla lunga chioma bionda esalare il suo ultimo respiro. Un grido di dolore si sprigionò dal suo corpo non lasciandole neanche il tempo di capire se il senso di sollievo prevalesse su quello del rimpianto.
-Shiho?- la scienziata sbatté con decisione le palpebre risvegliandosi dai suoi ricordi. Leggermente allarmata si guardò intorno mentre nuovamente le grida allegre dei bambini e l’ abbaiare dei cani vennero uditi dalle sue orecchie.
-Scusami Mitshuiko, ero sovrappensiero- sibilò lasciandosi sfuggire un piccolo tremolio delle labbra. Lui la osservò pensieroso corrucciando la fronte come se avesse seguito in silenzio lo sprofondare della mente di Shiho in quei ricordi malati. Poi lasciò che la schiena aderisse alla scomoda panchina del parco in cui si erano diretti.
-Ti stavo per caso annoiando?- mormorò corrucciando la fronte. Shiho serrò le labbra mentre i caldi raggi solari solleticarono il suo corpo ancora tremante.
-No, assolutamente anzi mi sto divertendo molto- rispose lasciandosi sfuggire un sorriso sincero. Il bambino, di fronte a quel gesto, si illuminò.
-Aspetta qui- urlò alzandosi improvvisamente e correndo via: a Shiho non rimase che osservare confusa il bambino allontanarsi percorrendo una delle tante vie del parco. Una volta che fu sola si portò istintivamente le mani al petto. Il suo cuore batteva veloce mentre percepiva ancora perfettamente la sensazione che il caldo liquido rosso le aveva provocato scivolando sulle sue guance. Scosse la testa con decisione: quelli erano solo stupidi ricordi lontani ai quali non poteva abbandonarsi. Inspirò ed espirò lentamente per alcuni minuti rilassandosi di fronte al battito che si fece sempre più regolare. Doveva smetterla di vivere nel passato altrimenti che senso aveva avuto essere salvata quella sera? Eppure la sensazione di desiderio che quell’ultimo tocco si realizzasse era ancora forte ed era accompagnata da un sentimento di ribrezzo: non per quell’uomo che oramai era solo un oscuro fantasma del suo passato, ma per se stessa. Perché lei non si era allontanata, lei aveva ricercato nuovamente un piccolo gesto che la legasse a lui. Ma purtroppo questa sensazione non era come i violacei lividi che avevano deturpato il suo collo: loro avevano lentamente fatto posto alla sua chiara carnagione, quel sentimento l’avrebbe accompagnata per tutta la vita facendola sentire sporca e malata.
-Tieni- l’imbarazzata voce di Mitshuiko la costrinse ad aprire gli occhi che non riuscì a non sgranare. Davanti al suo pallido volto vi era una bellissima e profumata rosa rossa che teneramente il bambino le stava porgendo.
-È un regalo per te- ci tenne a precisare il suo interlocutore abbassando lo sguardo a terra e non reprimendo un lieve rossore che accompagnò la sua pelle lentigginosa.
-Grazie- sussurrò colpita lasciando che le sue dita scorressero sul verde gambo del fiore. Poi permise che i rossi pelati solleticassero il suo naso beandosi del dolce profumo.
E quel gesto così tenero e innocente la fece sentire per pochi secondi nuovamente viva.
 
-Siamo arrivati- disse seria Shiho lasciando che i suoi grigi occhi osservassero di sfuggita la casa del dottor Agasa.
-Grazie per avermi accompagnato- precisò sciogliendo i suoi capelli ramati che le ricaddero ribelli sul volto. Mitshuiko sorrise impacciato giocherellando nervosamente con le mani.
-E per questo stupendo primo appuntamento- all’udire quelle parole così sentite il bambino sgranò gli occhi lasciando che brillassero di speranza e felicità.
-Davvero ti sei divertita? – esclamò distendendo i muscoli della sua fronte. Shiho annuì chinandosi e accarezzando la spalla del piccolo con la mano.
-È stato perfetto- mormorò mentre un tenero sorriso illuminò il suo volto.
-Però manca una cosa per renderlo realmente un primo appuntamento- aggiunse e prima che Mitshuiko potesse parlare si avvicinò lentamente al suo viso. Poi, dolcemente, baciò la guancia lentigginose del bambino che immediatamente  si dipinse di rosso scarlatto. Senza aggiungere altro si alzò velocemente in piedi e al bambino non rimase che osservare confuso, ma felice la ragazza richiudere dietro di lei il cancello.
Shiho appoggiò esausta la schiena sulla porta: calde lacrime iniziarono a rigarle veloci le guance mentre strinse con forza la rosa tra le mani. Sentiva il cuore scoppiarle nel petto, ma questa volta era accompagnato da un caldo sentimento che immediatamente la fece sentire felice. Serrò le labbra con decisione lasciando che il dolce profumo della rosa la circondasse regalandole una leggerezza che pensava per sempre di aver perso. Quella sera lei non era morta, lui l’aveva salvata strappandola da un passato ricco di dolore e sconforto e lei doveva ricordarselo: lei era viva e libera. Non poteva certamente cancellare tutto ciò aveva dovuto sopportare ,ma poteva conservarlo con bramosia in modo tale che le ricordasse quanto fosse fortunata. Non sarebbe stato facile, ma a lei non importava. Ci doveva riuscire, non solo per se stessa, ma per tutte quelle persone che la amavano incondizionatamente.
Improvvisamente un trillo insistente costrinse la ragazza a levare i suoi occhi lucidi in direzione del tavolo della cucina.
“Shiho?!” una voce preoccupata si originò dalla cornetta.
“Si può sapere perché non rispondi alle mie chiamate? È tutto il pomeriggio che provo a telefonarti e mi sono preoccupato davvero!” la sgridò il ragazzo. Un sorriso involontario si dipinse sul volto felice della ragazza che fece scivolare il suo sguardo sulla rosa che ancora teneva tra le mani.
“Scusami, ero fuori” sibilò con pacatezza, ma senza riuscire a reprimere una nota allegra nel suo tono. Il suo interlocutore parve accorgersene e schioccò le labbra sorpreso.
“Sei sicura di sentirti bene?” domandò rilassando la voce e senza riuscire a capire che fine avesse fatto la ragazza triste e arrabbiata con il mondo con cui si era amaramente abituato a dialogare nell’ultima settimana.
“Non sono mai stata meglio. Oggi ho finalmente capito che voglio vivere anche io, Shinichi
 
   
 
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