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Autore: Rose Heiner    06/05/2020    1 recensioni
"La verità è che ognuno di noi ha qualcosa che non va. Ognuno di noi ha subito un trauma, ha la psiche marcia. Complessi silenziosi che sibilano nell'ombra. Pensieri erranti e vagabondi che strisciano fuori direttamente dall'inconscio. Questa è la seduzione dell'impulso, il fascino della psicanalisi."
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rose Heiner
“La filofobia è definita come la paura di innamorarsi o di amare una persona. Il soggetto filofobico nutre il timore paura o la convinzione che in futuro possa essere ferito dall'altro soggetto verso il quale prova attrazione fisica e morale. La filofobia è di solito dovuta ad una mancanza di affetto o ad esperienze traumatiche vissute in età infantile e adolescenziale al livello emozionale e/o sessuale che hanno condotto inconsciamente la psiche ad associare all'amore la sofferenza.”
 
Rose sentì  Chloe correrle dietro, i suoi passi incerti, le espressioni sbigottite di quelli che si lasciavano alle spalle. Imprecò tra sé per aver alzato la voce. Non era da lei perdere il controllo, non le piaceva, le sue emozioni non avrebbero mai dovuto prendere il sopravvento. In fondo di che stavano parlando tutti per farla irritare così tanto? Che le aveva detto suo fratello per farla scattare in quel modo? Niente, assolutamente niente.
Ma quando qualcuno aveva avanzato l’ipotesi di sfruttare le vacanze di Natale per fare un viaggio, la paura le aveva serrato la gola. Ed El? El che era in Nuova Zelanda da solo? Si erano completamente dimenticati di lui? I compagni che adesso progettavano erano gli stessi che avevano promesso al ragazzo di andarlo a trovare prima che salisse su quel maledetto aereo. Erano forse impazziti? Lei lo voleva vedere El. Non le importava della situazione scomoda in cui si erano incastrati. Non le importava nulla se lui, il suo migliore amico le aveva detto di essersi innamorato di lei e se, dopo aver dormito una notte l’uno accanto all’altra, come facevano da bambini, si erano separati increduli, Rose incapace di perdonarlo - perché l’amore che aveva conosciuto nella sua vita era stato violento, abusivo, perché le aveva sempre fatto paura- e lui col cuore spezzato e lo zaino in spalla. Lei voleva averlo vicino per un po’, doveva averlo vicino. Erano giorni che sentiva il bisogno viscerale di ascoltare anche solo la voce di El, scivolare lentamente nel sonno mentre si tenevano la mano per gioco, mormorando sciocchezze e filosofia, sotto la finestra della sua camera.
Rose strinse i pugni ripensando alla sua reazione brusca, al tono acido che non era riuscita a frenare, ai volti sorpresi dei suoi amici per la risposta inaspettata. Era stata brutalmente sincera, aveva detto cose che non credeva di provare. Era sembrata arrabbiata, infuriata col mondo. Ma la rabbia è solo una maschera, cercò di farsi capace. Cos’hai, Rose? Qual è la radice del problema? Stavolta, però, tutto ciò che riusciva a fare era perdersi in una nebbia opaca che le impediva di analizzare razionalmente i suoi pensieri.
Nella sua stanza si abbandonò sul pavimento, la spalle contro il materasso del letto. Forse era troppo dura con se stessa. Appoggiò la testa sulle ginocchia raggomitolate al petto. Basta. Rimuginare la sfiniva; era umano, si chiese, preoccuparsi ogni volta di ciò che poteva ripetere ad alta voce e ciò che invece doveva rimanere nella sua testa? Basta, basta. Cercare di essere gentile, stare a testa alta, non mostrare mai le incrinature del cuore. Non era quella la chiave della felicità? Non le piaceva pensare di essere forte e indipendente, di poter affrontare qualunque inconveniente? O forse quando ci sono troppe crepe, se non lasci avvicinare nessuno, l’unico destino è spezzarsi. E non ritrovarsi più. Basta, per favore...
Sussultò quando sentì la porta della sua stanza sibilare. Chloe era in piedi sulla soglia e sembrava avere uno sguardo di vero dispiacere. Rose rimase giù, aggiustandosi un ciocca di capelli. Preferì non domandarle da quanto tempo la stava osservando. Per colpa di tutti quei pensieri invasivi non aveva badato all’amica che la inseguiva lungo il corridoio e le chiedeva di fermarsi.
-Scusa...- mormorò. Chloe non c’entrava niente in quella storia. Nessuno in realtà c’entrava.
-Non hai fatto nulla.- rispose la ragazza con un tono dolce. Stava cercando di confortarla? Rose sorrise.
-Ho sonno, lo sai? Credo di dover semplicemente riposare.- le disse. Non voleva crollare di nuovo, non era giusto nei suoi confronti. Non poteva davanti a lei.
-Come va con... - Chloe si interruppe, quasi imbarazzata. Rose le passò addosso uno sguardo curioso. Con?
 -Stai mangiando?-
Oh. Rose rimase in silenzio per un attimo, sorpresa. Oh Chloe, che disastro. Non aver paura di chiamarla col suo vero nome. No, non ti preoccupare. Appena mi sfiora il pensiero, soffoco l’istinto. L’ho cacciata via ormai la bulimia.
-Sì, sto mangiando. Non ti preoccupare.- la rassicurò. Forse Chloe aveva così timore di toccare quell’argomento perché l’unico che era mai riuscito davvero a fare qualcosa per la sua bulimia era El. Chissà come stava El...
Rose si ritrovò senza respiro mentre un ricordo troppo intimo da ignorare le proiettava davanti agli occhi scene passate. Aveva appena sedici anni. Loro due erano soli, la festa era finita. Davanti a lei c’erano un hamburger riscaldato di nuovo e una porzione salata di patatine, la cena che aveva già rifiutato. El le stava di fronte e le scavava dentro con quello sguardo color mare. Doveva mangiare almeno la carne. Il resto lo poteva lasciare, le aveva detto. No, ti prego. Ti prego, El, se mi vuoi un po’ di bene non farmi questo. Ti prego. Ti prego...
El era rimasto fermo a guardarla piangere in silenzio ad ogni boccone. La vergogna e la nausea l’avevano torturata fino al momento in cui il piatto era apparso vuoto. Erano state ore di agonia e di dolore allo stato puro. Era stato il primo pasto normale in mesi e il primo passo verso la libertà. Era stata la notte in cui El l’aveva abbracciata stretta e, tremando, le aveva promesso che l’avrebbe tirata fuori, lui l’avrebbe salvata.
E ci è riuscito davvero. Rose fu sicura che due lacrime le rigavano le guance. El.
Quando si accorse che Chloe la fissava inerme, come se la vedesse davvero per la prima volta, si coprì il viso con le mani. Voleva ridere, ma le uscì dalla bocca un singulto strozzato.
 -Non guardarmi così, Chloe.- si lamentò  -Metterò tutto a posto. - Chiuse gli occhi e le sembrò che l’amica si muovesse dalla porta: adesso le stava accanto, la sua voce spaventosamente vicina. -Lasciati aiutare, Rho. Lasciami capire.-
-Sono stanca...- provò a sussurrare. E pensò ancora ad El. El, aiutami. -Sto crollando...- Al modo in cui le aveva insegnato a prendere in mano le posate e ad affrontare i problemi. Al fastidio che  le dava quando le nascondeva i libri proprio prima dell’ultimo capitolo e al vizio familiare di rubarle le penne. El, è massacrante, dove sei?
Chloe le mise una mano sulla spalla. -Rho, io non so cosa ti fa stare così, ma se è per caso il fatto che El sia andato via...- Oh El. El aveva l’abitudine di tirarle leggermente i capelli per farla innervosire e di passarle due dita sulle labbra per calmarla. -Non fa niente se mi odia ora.-  la interruppe Rose e continuò a parlare, ma non ne era più responsabile. El, per favore... - Non fa niente se non mi vuole più vedere. Voglio solo un abbraccio.- El, dove sei? El, torna.  - E’ scappato senza neanche un bacio...-  
Chloe emise un versetto meravigliato che la costrinse a scoprirsi gli occhi. Aveva capito anche lei? Ecco perché era diventata così suscettibile nell’ultimo periodo, ecco cosa le stava succedendo. La radice del problema...
-Oh, Rose... El... tu lo ami?-
Rose prese un respiro, impedendosi di singhiozzare. El.
Annuì.
 
Tip: Ebbene, Rose, anche tu sbagli, anche tu sei umana. Purtroppo è molto diffusa, soprattutto tra gli individui particolarmente sensibili o intelligenti, quindi coloro che in qualche modo usano prendersi cura delle persone che li circondano, la tendenza ad isolare i propri sentimenti e rifiutarsi di condividere i problemi, impedendo agli altri di provvedere con alcuna forma di aiuto. Ma la chiave della felicità, cara Rose, sta nel trovare la forza -in se stessi, certo - di riconoscere quando un viso amico ci è necessario per uno sfogo, per una parola o semplicemente per un abbraccio. Dopodiché mi rivolgo al pubblico di più giovani, adolescenti alle prese con le prime cotte o, perché no, romanticoni terrorizzati dal vero amore: Eros fa paura, è normale. E’ completamente giustificato essere terrificati dall’aver perso la testa per qualcuno. L’importante è trovare il coraggio per ammetterlo e non lasciare che l’amore, che è un sentimento ricco e positivo, diventi causa del nostro malcontento e dei nostri scatti d’ira. Finché è amore, va bene. Anche se ti sei innamorata del tuo migliore amico, Rose, eh? Non succede nulla: ti risparmierai di provare tutto l’armadio prima di ogni appuntamento, visto che già sai cosa gli piace!
   
 
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