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Autore: ONLYKORINE    07/05/2020    4 recensioni
Il viaggio di Giusy è arrivato al capolinea. Sulla banchina c'è una persona che la sta aspettando, ma non è chi lei pensava di trovare.
Contest su traccia. Parole 1247
Genere: Generale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La stazione di Gan ‘Eden

 

‘Sto arrivando.’

Digitò il messaggio su quell’oggetto infernale che le avevano regalato i nipoti e premette ‘invio’.

Giusy, registrata Giuseppina all’anagrafe settantotto anni prima, aveva imparato a usare le nuove tecnologie come i giovani della nuova generazione, ma non ne aveva mai abusato. Rimise in borsetta quel telefono senza fili e si alzò dal sedile quando scorse dal finestrino l’arrivo in stazione del treno.

Prese il cappotto, il suo cappotto più bello, e se lo infilò sul vestito buono, continuando a guardare fuori: lui la stava aspettando sul binario? Lui ci sarebbe stato, vero? Era agitata e forse non andava bene per una donna della sua età.

Continuò a lanciare occhiate al vetro mentre radunava il bagaglio e la borsetta. Poche cose per quel viaggio: non aveva bisogno di molto, infatti aveva solo una piccola valigia.

Si stava annodando il foulard al collo quando sulla banchina deserta vide un ragazzo. Giusy spalancò gli occhi: lei conosceva quel ragazzo! Lo conosceva, sì, ma che lui fosse lì era… impossibile. Non poteva essere. Non poteva essere così. No. No. Iniziò ad agitarsi. Non andava per niente bene.

Il controllore iniziò a passare lungo il corridoio dichiarando l’ultima fermata del treno e Giusy dovette per forza uscire dallo scompartimento.

“Stazione di Gan ‘Eden! Stazione di Gan ‘Eden!” L’uomo si fermò sulla porta del suo scompartimento e guardò il suo bagaglio. “Ha bisogno di una mano, signora?” le chiese.

“La ringrazio, ma dovrei farcela” rispose la donna anziana, sorridendo. Lui annuì. “Mi sa dire che ore sono, per cortesia?” chiese lei, notando che il suo orologio da polso non indicava più l’orario.

“Qui il tempo non conta. Non c’è stato, non ci sarà” rispose e continuò a camminare lungo il corridoio, richiamando gli altri passeggeri. Lei non fece in tempo a chiedere nient’altro.

Giusy si incamminò verso la porta di uscita del vagone e si mise in fila dietro alle altre persone che dovevano scendere. Sebbene non fosse affollato, il treno trasportava un bel po’ di gente. Ma immaginò che fosse normale.

Il vagone si fermò e le persone iniziarono a scendere alla spicciolata, senza fretta e con calma: era l’ultima fermata e il treno non sarebbe ripartito. Era buffo vedere tutte quelle persone accalcarsi al finestrino per guardare giù, probabilmente tutti si aspettavano di vedere qualcuno. Chissà chi avrebbe aspettato quella bella donna mora davanti a lei. Forse un genitore? Un marito? Un fratello? O l’amica del cuore?

Giusy scese per ultima facendo attenzione ai gradini. Appoggiò un piede sul predellino e fece per muovere anche l’altro, tirando a sé la piccola valigia, ma inciampò e cadde sulla banchina.

Il ragazzo che aveva visto dal finestrino accorse subito in suo aiuto. “Signora, si è fatta male? Venga, faccia piano. Piano… Ecco, così” disse, mentre l’aiutava a rialzarsi e a spostarsi dalle rotaie. “Oh, che peccato, il suo bel cappotto si è rovinato… Proprio un peccato…”

Giusy sorrise del fatto di non essersi fatta male e che il ragazzo non l’avesse riconosciuta. Lui non era lì per lei. Voltò il viso per vedere i danni subiti dal cappotto, ma dovette sforzarsi di più e girò quasi su se stessa per guardarsi la schiena. “Oh!” esclamò il ragazzo.

“Che succede?”

“Il suo cappotto si è strappato. Si è strappato in modo strano… Lei sembra… sembra un angelo, signora. Il suo cappotto ha le ali” disse ancora lui, arrossendo imbarazzato per le sue parole.

Giusy rise, perché quel ragazzo lei lo conosceva e lo conosceva benissimo. Era la persona più gentile del mondo ed era sicura che non si sarebbe mai rivolto maleducatamente a qualcuno, così cercò di tranquillizzarlo, assicurandogli che non si era offesa.

“Vuol dire che oggi sono diventata un angelo, allora!” Si guardò intorno, ma Adriano non c’era. Non era venuto a prenderla.

Guardò di nuovo il ragazzo: possibile che fosse lei a doverlo aiutare e non il contrario? Poteva essere. Si voltò verso di lui e gli chiese: “Lei aspettava qualcuno? Ero l’ultima della carrozza”.

“Non lo so, signora” disse lui, sempre con imbarazzo. “Sono arrivato con il treno, ma devo aver preso il mezzo sbagliato, perché non dovevo scendere qui, in questo posto strano. Volevo andare a trovare una ragazza!” Il suo sguardo si fece luminoso e Giusy provò una fitta al cuore per la sua giovinezza e la vita che avrebbe vissuto.

“Va dalla sua fidanzata?” chiese, capendo quello che doveva fare.

“Oh, no, signora. Lei… non è la mia fidanzata. Magari lo fosse: è la più bella ragazza che io abbia mai visto e quando le parlo mi sembra che il resto del mondo non esista più.”

“Dovrebbe proprio chiederle di diventare la sua fidanzata, allora.”

“Oh, no. Non posso chiederglielo: io non ho niente da offrirle...” disse il ragazzo sconsolato.

“Sono sicura di sì. Un cuore pieno di amore è tantissimo da offrire. Deve prendere quel treno lì, guardi, quello che sta arrivando, deve scendere alla fermata che conosce, andare da lei e chiederle di diventare la sua fidanzata! Vedrà come sarà felice!” concluse emozionata.

Sarete felici.

Il ragazzo le sorrise e Giusy insistette: “Mi raccomando, glielo dica davvero”. Lui annuì  e Giusy capì che era arrivato il momento di andare: non doveva aspettare lì sul binario, probabilmente.

Si incamminò lungo la banchina e scese le scale del sottopasso. Stranamente non si sentiva più così pesante e irrigidita come era successo negli ultimi tempi. Anzi, si sentiva agitata e piena di speranza: Adriano sarebbe venuto a prenderla!

Scelse le scale mobili per risalire al livello del suolo, era comunque una signora di settantotto anni! Quando vide Adriano andarle incontro, sorrise e alzò la mano per richiamare la sua attenzione.

L’uomo, vestito elegante come era stato al loro matrimonio, bello come un angelo, le sorrise. Il cuore di Giusy si riempì di amore e lei non riuscì più a trattenersi, cercando di affrettare le cose accelerando il passo sul pavimento di marmo.

“Giusy, cara!” la salutò lui abbracciandola.

“Adriano! Non sai quanto sono felice di vederti…” I suoi occhi erano ormai lucidi di gioia e qualche lacrima le scivolò sulle guance.

“Tesoro…” iniziò lui, accarezzandole il viso. Giusy notò che anche lui era commosso. “Dovevi rimanere di più. Non c’era fretta”.

“Mi mancavi. Là da sola non era la stessa cosa. E poi sono passati sei anni!”

“Sei?” chiese lui, sorpreso, prendendole la piccola valigia. “Qui il tempo è strano non passa come…”

“Eh sì, me lo hanno detto, ma me ne sono accorta da sola.”

“Che intendi?”

“Ti ricordi quando in guerra ti hanno sparato e sei stato incosciente per tantissimo tempo? Hai detto che tutti pensavano che fossi morto…” Ricordare quell’episodio la fece commuovere ancora.

“Sì, quando mi sono svegliato ho capito che non potevo più aspettare, sono tornato da te e ti ho chiesto di sposarmi” rispose lui, attento.

“Esatto. Ti aveva convinto un angelo, a farlo, ricordi?” Adriano annuì, prestando sempre più attenzione. “Beh, penso di essere stata io. Ti ho appena incontrato sul binario quattro, hai detto che sembravo un angelo e io mi sono ricordata di quello che mi avevi raccontato. Ti ho detto di prendere il treno e di tornare da me. È quello che stai per fare”.

Tutti e due si girarono verso la banchina del binario quattro e videro un ragazzo, l’unico passeggero in attesa per prendere il treno, salire i gradini e sparire nel vagone.

Giusy prese a braccetto il marito e si accoccolò sul suo braccio. “Avremo una bella vita”.

FINE

   
 
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