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Autore: zorrorosso    09/05/2020    1 recensioni
la mia rivisitazione personale delle avventure di D’Artagnan in capitoli liberamente ispirati alle avventure dell’anime e alle novelle (e un po’ di tutto).
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aramis, Athos, Duca di Buckingam, Porthos
Note: Missing Moments, Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 11

Pessime Compagnie


“Sapevo dove venirvi a cercare! Ve l’ho promesso!”.

 

“Mademoiselle?”- chiese Planchet, riconoscendo fattezze e vesti femminili.

 

D’Artagnan non capì. 

 

Gli orli delle gonne della dama frusciarono sul pavimento e il battere di un solo tacco rintoccó sul legno delle assi. L'altro era giá sul suo piede, colto da un dolore lancinante.

 

“Ve l’ho promesso! E non fu una promessa, ma una minaccia!”- disse la ragazza dai toni furiosi e vendicativi.

 

“Infame che non siete altro! E venite a chiedermi favori, e chiamate Chevreuse una frondeur! Infame e traditore, se per voi tutti son traditori, forse significa che il vero traditore siete proprio voi! Infame!”- continuò lei con fervore, senza che nessun altro potesse ribattere.

 

Poteva una persona così bella e delicata essere disposta a tanto? La guardò meglio, Constance aveva il volto irato ed il fiato corto.

 

“Quale onore! Il più bel fiore, più bianco del giglio! Più profumato della rosa...”- celebrò Porthos, inchinandosi profondamente verso la dama di Corte.

 

Constance ignorò entrambi e contrasse la stretta al collo del povero D’Artagnan. 

Prima di quel momento non si era ancora reso conto di quanto la ragazza fosse alta in confronto a lui, di quanto forti potessero essere mani tanto delicate. 

 

Le dita di lei strinsero sul collo di lui con cosí tanto fervore, che il ragazzo poté sentire le sue unghie trafiggerlo. 

 

Anche il delicato profumo che l’accompagnava era improvvisamente svanito, di certo non era quello il momento per annusare le rose e contemplare tramonti. Eppure una strana ombra verde e rossa alimentava gli angoli dei suoi occhi, oscurando lentamente la vista, un volto distorto da sentimenti che non riusciva a comprendere, mentre un sibilo scaturí dai suoi respiri. Le ginocchia del ragazzo si piegarono leggermente, ma non era l’emozione dei suoi sentimenti a trasportarlo più della mancanza d’aria.

 

“Ladro! Infame! Consegnatemi la collana adesso e raccontate ai vostri compari tutte le vostre malefatte, qui di fronte a me: che lo sappiano anche loro, che in casa loro si nasconde un ladro!”- la ragazza lasciò andare la presa e lo gettò a terra con una spinta.

 

Questa volta, non era la luna e quanto meno il sole: ad illuminare il volto della ragazza era il rosso intenso del sangue nelle vene. Un cuore che batteva veloce e violento, incendiato dall’ira, la presunzione del susseguirsi degli eventi, ma che avrebbe voluto che le cose fossero andate diversamente.

 

“Mademoiselle Bonacieux!”- cercò di ribattere lui, riprendendo fiato.

 

“Non voglio le vostre reverenze! Ladro! Impostore! Se il Re sapesse... Ma il Re non sa. Il re non sa... Non sa. Vero?!”

 

“A cosa dobbiamo la vostra visita, Mademoiselle?”- chiese Aramis portando una mano dietro la schiena e, al contrario del compagno, si prostrò in un inchino più attento e rigido. 

 

Athos rimase seduto, mosse i capelli dalla fronte e guardò la scena dall’altra parte del tavolo, annuì con un cenno del capo ai suoi compagni. Ignorò la tragedia svolgersi di fronte al suo sguardo e finì il bicchiere in completo silenzio.

 

La ragazza stringeva i pugni, rossa di rabbia, infuriata dall’emozione. Si voltò in direzione del giovane moschettiere rimasto quasi immobile, ma puntò il dito e lo sguardo verso il ragazzo.

 

“D’Artagnan de Batz è entrato alla corte del Louvre senza essere invitato. Diceva di essere qui per conto dell’inglese. Una volta uscito da palazzo, la collana nuziale della Regina Anna è sparita con lui!”

 

Aramis chiuse gli occhi e chinò la testa da un lato, lentamente, scambiò uno sguardo con gli altri tre compari, in cerca d’intesa.

 

“Se fossi in lui mi diletterei più volentieri nel festeggiare la sua vendita... O il donarla immediatamente a noi. E invece questo presunto ladro presta il suo prezioso tempo in nostra compagnia. Portandoci alla memoria solo tristi ricordi. Senza sganciare neppure una moneta.”- disse Porthos.

 

“Ospite non gradito e pessima compagnia!”- aggiunse Athos.

 

“Gli affari sono questi: pagate noi e poi noi pagheremo Mademoiselle Bonacieux o restituite la collana a Mademoiselle e poi noi ve la faremo pagare.”- concluse Aramis.

 

Il ragazzo ritrasse il mento, forse ancora più stupito dalla loro reazione che dalla presa della ragazza.

 

“Non ho idea di cosa state parlando!”

 

“La collana”- disse Constance tendendo il palmo della mano. 

 

Sembrava si aspettasse che il ragazzo fosse in grado di tirare fuori il gioiello dalle tasche e porgerlo immediatamente nelle sue mani.

D’Artagnan, ancora a terra, scambió il suo sguardo, gli occhi lucidi e le pupille dilatate.

 

“Non ho mai visto quella collana in vita mia!”- disse in un lamento.

 

“Parte di me non vorrebbe credergli e festeggiare le nostre aggiunte ricchezze in vostra assenza, Mademoiselle. Tuttavia il ragazzo ha sempre dimostrato di badare più all’onore delle ricchezze, più alla lealtà che al successo. Se avesse quella collana, per chissà quale ragione, sono certo che ve l'avrebbe già consegnata o vi avrebbe detto a chi l’ha venduta.”- disse Aramis.

 

“Quando sono arrivato a Parigi, ho finito tutti i miei averi. Cosí, ho accettato l'offerta quando una cara signora mi ha chiesto il semplice favore di scortarla a Corte per consegnare un messaggio alla Regina”.

 

“Credevo foste al servizio del Duca di Buckingham!”- disse Constance, rivolta a D’Artagnan.

 

“Buckingham? Affatto!”

 

“Vi chiesi a chiare lettere se eravate al servizio dell’inglese!!”

 

“Certo! Della dama inglese...”

 

“Una dama?”

 

La confusione di Constance dissuase le sue ire, mentre cercava di riassemblare i ricordi della notte di qualche giorno prima. Nessuna donna inglese ritornava alla sua memoria. Nessuna dama inglese era mai arrivata a Corte senza la sua stretta sorveglianza.

 

“Una collana particolare: la sua scomparsa, corrisponde con altri eventi a corte, altri ospiti inattesi, altre compagnie indesiderate con cui, si vocifera, la Regina si sia intrattenuta segretamente.”- aggiunse Constance.

 

“La Regina avrebbe ospitato privatamente qualcuno?”- chiese D’Artagnan.

 

“Tutte voci! La Regina non ha mai incontrato privatamente il Duca di Buckingham! Di sicuro non gli ha mai donato quella collana, perchè quel gioiello era già sparito quando lui...”

 

Tutto riapparve nella memoria di Constance con la stessa velocità con la quale era capitato il giorno prima, senza neanche il tempo per dormire o pensarci su: la Regina in lacrime chiederle la collana, il Duca in attesa ai giardini reali, lo scaffale vuoto, la collana sparita. Le lacrime della Regina sgorgare dai suoi occhi, il suo rimorso, quello di donna distrutta, ridotta a ad una misera scorza del suo potenziale potere, tolta della dignità, dell’umanità, dell’amore. Non solo da un amore defunto, ma da tutto quello che era stato, dalle politiche contro di lei, dalla ripicca di Richelieu e il desiderio di Buckingham.

 

Allo stesso modo in cui la pietra di un giardino, una pietra grigia e pulita, tra l’erba verde, calma e ben curata così, apparentemente pacifica, anch’essa sotto la superficie vedeva invece il brulicare dei vermi, delle formiche e degli altri insetti; così allo stesso modo si rivelavano quelle cospirazioni contorte. Soddisfatti della loro ombra, non erano che disgustosi e deboli intrighi alla luce del sole.

 

A quel nome, l’espressione apparentemente neutrale di Aramis cambiò, prese i toni di una prima sorpresa, si affrettò a catturare l'attenzione di Constance, si alzò dal tavolo le prese la spalla e le fece cenno di fare silenzio.

 

“Chi ci guadagna e chi ci rimette dalla scomparsa di questa collana?”- chiese Porthos.

 

Constance prese del tempo nel quale i suoi nervi si calmarono, le sue spalle presero la postura di chi finalmente può liberarsi del peso di quelle preoccupazioni con qualcun altro.

Le sue gambe cominciarono di nuovo a danzare.

 

“Se il Re fosse portato a credere che la Regina sia un’adultera, potrebbe ripudiarla. Non è quello che Richelieu ha sempre desiderato?”- chiese la ragazza, rivolta ad Aramis. 

 

“Se la Spagna fosse impegnata in una nuova guerra sarebbe solo un vantaggio per l’Inghilterra”- constatò Athos.

 

“Per Richelieu questo non è altro che un favore a se stesso: non ci sarebbe di meglio per lui che spodestare la Regina e dare la colpa all’Inghilterra. Questa non è più una collana qualsiasi: è un affare di Stato.”- disse Aramis.

 

“Se si tratta di affari di Stato, sono quasi certo che la dama in questione è Lady de Winter. Esperta delle nostre terre e della nostra lingua. Sicuramente stiamo parlando di guai.”- disse Athos.

 

Le memorie del ragazzo ritornarono a qualche sera prima, alla ricca donna misteriosa che lo aveva aiutato nel pieno della notte. Tornare al Louvre era stato un compito così facile, lei conosceva così bene le entrate segrete, prive di guardie. La dama lo aveva aiutato per quella notte, certo, gli aveva dato denaro sufficiente per un pasto e una stanza. Eppure grazie a lei adesso aveva su di se le ire di chiunque lo circondasse: accusato di furto, minacciato di morte. 

Guai. Era forse era questo quello che voleva intendere Athos?

 

“Avete appena detto che quella donna vi ha tradito e avvelenato. Mi chiedo, siamo noi nei guai, o siete invece voi che avete bevuto l’amaro calice della sconfitta ed ora tramate vendetta?”- chiese D’Artagnan.

 

Aramis non era più seduto al tavolo. Era di guardia.

Teneva stretto in pugno, difendeva coi suoi stessi denti il più prezioso dei gioielli, diamanti e gemme più importanti di qualsiasi collana: il giovane teneva in stretta sorveglianza tutto quello che scaturiva dalle parole di Constance e ne decideva le sorti.

 

Osservò D’Artagnan e i suoi compagni, non c’era tolleranza, non c’era più pazienza nei suoi occhi sgranati come quelli di un ghepardo pronto ad attaccare per difendersi.

 

“Entrambi.”- disse, quasi senza pensare e con una voce che avrebbe potuto scaturire allo stesso modo dalle labbra del compagno.

 

“E quale modo migliore per vendicarsi delle sue malefatte, se non aiutare questa povera dama innocente?”- chiese Constance.

 

“Innocente...”- ripeté il ragazzo, strofinando il collo ancora arrossato dalla sua presa.

 

“Certo. E che altro?”

 

“Un colloquio con Madame de Chevreuse!”

 

“Chi vi dice che ho ancora intenzione di incontrarla?”

 

“...Intercessione ad un colloquio Reale?”- chiese lei, rivolta a D’Artagnan ed Athos.

 

“Non abbiamo nulla da chiedere al Re.”- rispose Athos.

 

D’Artagnan non era dello stesso parere.

 

“Personale.”

 

“Potreste chiedere tutto quello che volete! La Regina parlava di un ricevimento che si terrà a Corte. Se quella collana comparisse prima di quel giorno, non avrete più bisogno dei miei favori per chiedere un colloquio! Basterà fare il vostro nome, sarà lei stessa a chiamarvi a Corte! Al cospetto del Re non avreste da chiedere favori a nessun altro!”- disse Constance.

 

D’Artagnan vide se stesso in alta uniforme, la mantella sventolare alla brezza di un cielo mattutino, la mano sulla lama del rapière, gli occhi sugli anelli del Re. In groppa al suo ronzino decorato delle migliori armature, schiere di cavalleria al suo comando, il ritorno vittorioso.

 

Porthos ingoiò il boccone. Si pulì i denti con la lingua, controllò le unghie.

 

“Mentite”- disse, privo della minima attenzione.

 

“Come fate a dirlo?”- chiese Constance.

 

“Perchè dame come voi, che chiedono l’aiuto di uomini come noi, di solito mentono. Sappiamo cosa vuol dire essere ai servizi di qualcuno non fidato, abbagliati ed accecati dalla bellezza e dal fascino di una donna.”- disse Athos.

 

“Perchè?! Vi sembra questa una donna affascinante?”- chiese Porthos.

 

Aramis non disse nulla. Apparentemente immobile, fece un gesto troppo veloce per essere notato e Porthos strinse le mani allo stomaco, si protrasse in avanti e piegò le ginocchia dal dolore lancinante.

 

“Che gli Dèi vi maledicano!”- disse, senza aria nei polmoni.

 

Il giovane lo scavalcò con un balzo felino e, rivolto verso Athos e D’Artagnan disse:

 

“Constance porta spesso i messaggi della Regina anche in ambienti come quello di Madame de Chevreuse. Può mentire, certo, ma non cadrebbe a suo favore. Si troverebbe contro troppi nobili. Una lettera sbagliata, un messaggio di troppo e... Non sarebbe più qui con noi a spiegarci come stanno veramente le cose. Per quanto non possa fidarmi di chiunque, viste le mie conoscenze, la trovo di sicuro più affidabile della vostra Milady!”- concluse il giovane.

 

“Non mi fido di lei. Non mi fido del guascone. Non mi interessa affatto cosa capiti alla Regina spagnola. Mi fido a mala pena di voi, delle vostre parole. Di quello che avete appena pronunciato. Vendetta. E vendetta sia.”- Athos prese la spalla del compagno e gli strinse la mano.

 

Il terzo moschettiere si riprese dall’urto. Una volta che D’Artagnan, Aramis ed Athos presero la decisione di aiutare la ragazza, Porthos rivalutò l’offerta di Constance: un ricevimento di corte dove la Regina e il Re avrebbero fatto il suo nome. 

Vestiti giusti e gente giusta: lussi sognati da una vita.

 

“Prendete le vostre cose, partiamo ora!” 

 

Porthos corse subito in camera a preparare le valige.

  
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