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Autore: Minako_    09/05/2020    6 recensioni
Sonoko, fra il frastornato e il dubbioso, la guardò mentre lanciava occhiate nervose alla porta, per poi veder far capolino sul suo viso un rossore incontrollabile. La biondina si girò e vide Shinichi sulla porta, entrare a testa bassa e dirigersi senza guardarla al suo posto. Esausta, alzò gli occhi al cielo, prendendo posto anch’essa.

Io non li capirò mai.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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WITHOUT WORDS.
distrazioni.
 

« Ti eri fatto un bel nemico, Kudo-san ».
Shinichi, dal suo letto di ospedale, fece un sorriso sbieco attraverso la maschera dell’ossigeno ben ancorata alla sua bocca.
Si era svegliato da due giorni, ma l’FBI non aveva voluto sentire ragioni. E così da un momento all’altro si era ritrovato circondato da James Black, Jodie Starling e Shuichi Akai, e si stupì specialmente dell’espressione accesa di quest’ultimo. Raramente l’aveva visto sorridere così prepotentemente. Eppure eccoli lì, tutti con almeno un paio di bende e qualche livido, ma con gli occhi così luminosi che si sentì rincuorato.
« So bene che fatichi a respirare, ma se potessi rilasciarci la tua testimonianza… potremmo continuare con la relazione del caso. Sei stato un bel po’ in coma, e manca solo la tua versione dei fatti », tentennò James, picchiettando le mani sulla scrivania lì accanto. Shinichi a quelle parole ebbe l’irrefrenabile voglia di alzarsi in piedi e illustrare per filo e per segno cosa fosse accaduto, ma purtroppo si sentiva così dolorante e debole che potè al massimo portarsi una mano al viso e accostare di lato la mascherina, sentendo immediatamente l’impulso di riportarsela sulla bocca. Gli mancava davvero molto il fiato, ma volava perlomeno provarci.
« Un giorno si sono presentati in Agenzia… », quasi non riconobbe la sua voce quando iniziò a parlare. Era roca, bassa, e così fievole che tutti e tre i presenti dovettero avvicinarsi per sentirlo. Jodie, che aveva appena acceso il registratore, lo guardò con un sorriso incerto.
« No, Kudo-san », disse lentamente. « Dovresti raccontarci l’intera storia ».
« Conan Edogawa », soffiò Shuichi pazientemente.
Shinichi sospirò, e provò a racimolare tutte le forze che possedesse. Dopo un attimo di incertezza, riprese a parlare.
Iniziò rivangando con un nodo allo stomaco quel giorno lontano a Tropical Land, per poi spostarsi sui vari scontri avuti contro l’organizzazione in quei lunghi sei mesi. Parlò lentamente e con dolore, ogni singola parola che gli uscisse di bocca gli costava un notevole sforzo. E, dopo quaranta minuti di interrogatorio, non ne poté davvero più. Si portò con un gemito la mascherina con l’ossigeno al viso, respirandone quanto più potesse. I tre davanti a lui si guardarono con sguardo comprensivo, e gli dissero che per quel giorno sarebbe bastato così. Shinichi, completamente senza forze, non poté contestarli e chiuse gli occhi colto da una fitta atroce derivata dalla schiena.
« Ovviamente questa discussione deve rimanere fra noi, è strettamente confidenziale. Almeno finchè non faremo la conferenza stampa la settimana prossima per annunciare tutto, sebbene i giornalisti ne sappiano già fin troppo », James alzò gli occhi al cielo, spazientito.
« Già, sei una star Kudo-san », la mise sul ridere Jodie. « Fuori dall’ospedale c’è una marea di reporter da settimane. Sei l’eroe del Giappone », gli fece l’occhiolino. Shinichi fece un altro mezzo sorriso attraverso la mascherina, nascondendo il suo fastidio.
« Continueremo domani », annunciò Shuichi e, quando si mise in piedi, Shinichi notò distrattamente come stesse visibilmente zoppicando.
E così fu. Il giorno dopo tornarono, e ripresero da dove si era interrotto il giorno prima. Sempre a fatica continuò il suo racconto, arrivando finalmente a quel maledetto giorno di un mese prima.
« Quando ormai tre mesi fa ho partecipato alla gita scolastica della mia scuola, mi sono esposto troppo », ammise dosando parola per parola, con un fiatone crescente.
« Già dopo pochi giorni ero uscita online la notizia che fossi vivo, ma i miei genitori l’avevano gestita », tossì, facendo una pausa. Quando smise, si tolse un po’ di sudore dalla fronte.
Quell’interrogatorio stava diventando davvero pesante, sia dal punto di vista fisico, sia mentale, ma sapeva bene che doveva dar loro ciò che volevano. Solo così si sarebbe potuto mettere un punto a quella maledetta vicenda.
« Però non ci hanno creduto », concluse per lui Jodie con tono grave. Lui negò, scuotendo la testa.
« Credo ci abbiano relativamente messo poco per fare due più due », ammise amareggiato.
« Quando hanno capito che ero Conan, è stato facile. Un giorno in agenzia si è presentato un uomo, dicendo che aveva un lavoro per Kogoro. Potete ben capire dove ci abbia condotto… », fece una smorfia, sentendosi stravolto.
« Quell’uomo era un complice dell’organizzazione », sputò Jodie, stringendo i pugni.
« Sì », confermò Shinichi. « Ma me ne sono accorto tardi ».
« Così vi ha portato fuori città con quella scusa? », gli chiese Shuichi, incrociando le braccia al petto.
« Sì, me, Kogoro e… Ran », deglutì.
« Sì », confermò Jodie, mordendosi un labbro. « Abbiamo trovato dei documenti », proseguì cauta. A quelle parole, Shinichi si zittì, mentre la donna apriva una cartellina che fino a quel momento aveva tenuto in grembo. Dopo qualche secondo di silenzio, estrasse un fascicolo e glielo porse. Shinichi lo afferrò e cercò di mettere a fuoco ciò che aveva fra le mani, mentre il suo stomaco faceva una giravolta all’indietro.
« Hai ragione a dire che ti sei esposto troppo, durante la gita », mormorò Jodie, guardandolo con sguardo triste.
« Abbiamo trovato un sacco di documenti su Ran Mori, si sono informati su di lei », si interruppe, mentre osservava lo sguardo sbarrato di Shinichi crescere secondo dopo secondo sul suo viso. Sospirò, mentre di sottecchi notava come stesse ormai sfogliando quel fascicolo con mani tremanti e viso teso, evidente perfino sotto la mascherina dell’ossigeno, riposta velocemente sulla sua bocca dopo aver letto le prime righe del documento.
« Sapevano che con lei intorno saresti stato vulnerabile, perché si era sparsa la voce che voi due foste molto legati. Credo abbiano indagato perfino fra le mura del vostro liceo, dove tutti ben sanno che siete cresciuti insieme », concluse piano, facendo scendere un silenzio teso nella stanza.
Shinichi la guardò con sguardo perso, con ancora in mano quei fogli ormai alla rinfusa intorno a lui.
Lentamente spostò la sua attenzione su di essi, e il cuore mise a pompargli incessantemente nel petto: davanti a lui c’era praticamente tutta la sua vita con Ran.
Foto di loro due da bambini, da ragazzini, documenti sulla vita di Ran e, quando le vide gli venne da vomitare, almeno una decina di sue foto in vari momenti della giornata. Dovevano averla seguita per un po’, perché parevano giorni diversi. In alcune aveva la divisa, mentre probabilmente si stava dirigendo a scuola; altre dovevano essere state scattate in palestra, perché aveva la divisa da karateka. Ancora, foto di lei e suo padre, e infine con Conan. Respirando a pieni polmoni dalla mascherina, guardò  la foto che li ritraeva mano nella mano da ritorno da fare la spesa, probabilmente. Conan le stava rivolgendo un sorriso, e lei pareva ridere.
Come puoi non essertene accorto.
Si maledisse, e in un impeto d’ira fece in là tutte quelle foto, sotto lo sguardo nervoso dei tre davanti a lui.
« Sicuramente ricorderai come online fosse uscita la notizia anche di un vostro bacio », la voce di Jodie appariva lontana, mentre la sua testa cercava di assimilare ogni frase scritta su quei documenti nelle sue mani.
« Una certa blogger riferì di aver visto Ran baciarti al Kiyomizu-dera ».
Già. Quel bacio sulla guancia che nel momento in cui Ran gli aveva scoccato, lo aveva riempito di una gioia così incommensurabile che in quel momento gli parve impossibile da avvertire nuovamente. Non quando quella poteva essere stata la causa del grave pericolo a cui l’aveva esposta.
« Non credo abbiano mai creduto alle smentite su quei giorni », ammise Shuichi, scuotendo il capo.
« Negli archivi, non c’era più scritto “deceduto” accanto al tuo nome, mentre sappiamo che Shiho Miyano lo aveva inserito. Lei lo ha confermato settimane fa, perciò qualcuno si è messo sulle tue tracce dopo quel caso a Kyoto ».
La verità gli fece così male, che pensò che il suo corpo potesse sgretolarsi su quel letto in quell’istante. Non che non ci avesse pensato, anzi. Sapeva perfettamente che doveva essere stata per una sua svista che erano risaliti a lui, ma sentirselo dire era tutt’altra cosa. Chiuse gli occhi, sprofondando nel cuscino.
« Nessuno ti vuole dare la colpa, Kudo-san », James riprese parola dopo un bel po’. « Dopotutto, solo così siamo potuti arrivare a loro e neutralizzarli ».
Avrebbe voluto dirgli che era davvero una magra consolazione, rispetto a quel maledetto fascicolo che teneva in mano. Lo foga lo buttò di lato, non volendolo più  vedere, la faccia di Ran sparsa su ogni dannata foto.
Quanto era stato stupido. Stupido, egoista, un vero e proprio ragazzino mosso solo dai propri interessi. L’aveva protetta per così tanto tempo, ed era bastato il suo capriccio di andare in gita con lei e si era scatenato quell’inferno.
« Renya Karasuma è in galera, grazie a te », sentenziò James con il suo accento inglese, e sotto i suoi baffi apparve un sorriso incoraggiante.
« Ora, per favore, prosegui… », intervenne poi.
« Mi hanno fatto diversi test », continuò malamente. « Sono rimasto rintontito in un laboratorio per non so quanto tempo. Penso volessero capire se fossi davvero Shinichi Kudo, e se sì, in che modo quella pastiglia mi avesse ridotto così. Solo dopo diverso tempo, mi sono ritrovato con Ai ».
« L’hanno prelevata da davanti casa », annuì Jodie. « E’ stato facile risalire anche a lei, dopotutto. Dopo aver capito che l’APTX faceva rimpicciolire, ci hanno messo poco per capire che l’avesse presa anche lei ».
« Tuttavia penso non siano risaliti a molte informazioni, attraverso quelle visite », ammise Shinichi interrompendola.
« Per questo alla fine mi hanno dato un prototipo di antidoto », al ricordo, un’ulteriore fitta allo stomaco gli fece salire la nausea.
« Da qui in poi, siamo arrivati noi », annuì Shuichi. Shinichi inarcò un sopracciglio, mentre prendeva un po’ di ossigeno.
« Ora ho io una domanda », iniziò. « Come avete fatto a trovarci? ».
Shuichi sorrise senza allegria e, sempre a braccia incrociate, prese parola.
« Ho visto quell’uomo prendere la ragazzina, mentre uscivo da casa tua », spiegò. « Non si è accorto di me, per fortuna. Se non mi fossi trovato lì, non so cosa sarebbe successo francamente ».
Shuichi, che abitava a casa Kudo da un bel po’. Se solo non gli avesse proposto di vivere lì, a quell’ora sarebbero morti. Tutti. E solo per colpa della sua stupidità.
Arricciò il naso.
Aveva una gran voglia di chiamare l’infermiera, farsi dare un po’ di morfina e cadere in un sonno segni sogni. Ma sapeva bene che c’erano ancora troppe domande lasciate irrisolte.
« Qui veniamo al punto », disse James con voce chiara.
« Stiamo ancora analizzando i loro documenti, e mettendo insieme le varie dichiarazioni… quando avremo messo insieme tutti i pezzi, sapremo dire con chiarezza cosa facessero, dagli esperimenti nei laboratori ai giri di affari. In quel momento ti faremo sapere tutto, com’è giusto che sia », spiegò James.
Shinichi lo guardò, improvvisamente nervoso. Si torturò le mani, per poi sputare la domanda che si stava tenendo dentro da giorni.
« Qualcuno è morto nell’attacco? ».
« Sì », disse James con tono grave. « Era prevedibile, Kudo-san », proseguì quando vide il dolore farsi largo nei suoi occhi chiari.
« Chiunque lavorasse a questo incarico ne era consapevole, e sapeva del pericolo… erano tutti uomini pronti e scelti ».
« E di loro? », domandò titubante. I tre si scambiarono un’occhiata veloce, e dopo un po’ prese parola Jodie.
« Vermouth è stata uccisa da Gin », disse solamente.
« Alcuni hanno dichiarato di aver sentito Gin dire che era dalla vostra parte », spiegò e perfino lei pareva confusa. « Che li aveva traditi per proteggere Ran ».
« Non era certo il tipo da perdonare una cosa del genere », Shuichi alzò le spalle. « Anche se non sappiamo bene perché improvvisamente si sarebbe immolata per voi ».
Shinichi assimilò le nuove informazioni rimanendo un po’ rintontito. Erano davvero molte notizie e complice il dolore sparso per tutto il corpo, stava facendo fatica a stare al passo. Ma quando sentì pronunciare il nome di Gin, non riuscì a trattenersi.
« Gin è stato catturato? », domandò a bruciapelo.
« No », la risposta di Jodie gli fece sbarrare gli occhi dal terrore, ma presto lei si affrettò a proseguire.
« Subito dopo aver colpito te, gli hanno sparato a sua volta. E’ stato Kogoro Mori ».
Un moto di affetto per Kogoro lo travolse, e tornò a respirare piano. Prese un gran boccone di ossigeno, rilassandosi.
« Per quanto riguarda tutti loro, non sanno ovviamente di Conan », iniziò James cauto.
« Sanno poco, in realtà. Non intendiamo rivelare tutto, perfino alla stampa quando sarà il momento. Per questo motivo gli abbiamo rivelato il giusto per soddisfarli ».
« E qui veniamo a te ».
Shinichi li fissò intensamente, e con attenzione gli ascoltò.
« Nessuno dovrà sapere di Conan Edogawa. Se si venisse a sapere che esiste un farmaco del genere, puoi solo immaginare cosa accadrebbe. La notizia girerebbe in poche ore, e milioni di persone lo vorrebbero. E’ assolutamente fuori questione, e provvederemo a eliminarne qualsiasi residuo. E’ contro natura, e non oso immaginare l’impatto che avrebbe sul genere umano », la voce di James era preoccupata, e il suo sguardo lasciava trapelare il suo sgomento.
« La stessa cosa è stata riferita a Shiho Miyano, la quale non verrà imputata di alcun crimine come membro dell’organizzazione proprio per l’aiuto che ci sta offrendo in cambio della libertà. In più ha deciso di collaborare anche per l’antidoto, visto che ci risulta non siate gli unici ad essere stati ridotti così », fece un cenno a Shuichi, che fece una smorfia. Shinichi capì che si stesse riferendo a sua madre, ma il suo silenzio non lo invogliò ad indagare oltre. L’avrebbe fatto con più calma, in un altro momento.
« Quindi, di preciso, cosa sanno tutti? », domandò Shinichi incerto.
« Ti sei infilato nei loro affari per sbaglio, ed è questo il motivo della sua lunga assenza. In questi mesi hai indagato come nostro infiltrato, e alla fine loro ti hanno trovato, includendo Kogoro e la sua famiglia come ostaggi. E’ già girata la voce di esperimenti su cavie umane, specialmente perché lo stesso Boss risultava essere morto da decenni, ma cercheremo di non lasciar trapelare dettagli ».
Era facile da imparare, come storiella. Era quasi la verità, constatò lui disgustato.
« E come facciamo con… Conan? », disse flebilmente.
Sapeva bene che era sciocco parlare del suo alter ego infantile come se fosse stata una persona a sé, ma ormai gli veniva naturale dividersi da lui. Pazientò, mentre Jodie riprendeva parola.
« Abbiamo detto che lo abbiamo salvato prima di trovare tutti voi, e che ci siamo messi in contatto con la sua famiglia in America, che lo ha riportato a casa con sé. Per ora pare che tutti ci stiano credendo, anche se Mori-san non ci è sembrato del tutto convinto, ma per ora non ha indagato ulteriormente ».
Questa spiegazione, notò, faceva acqua da tutte le parti. Si sentì quasi offeso per quella scusa così fragile e banale, ma ovviamente non li contestò. Ci avrebbe pensato più tardi, quando con calma avrebbe riorganizzato la gran confusione che gli vorticava in testa.
« Direi che per oggi basta così », annunciò Jodie, notando la preoccupazione riflessa sul viso di Shinichi.
« E fai attenzione ai giornalisti, qualcosa mi dice che li avrai fra le gambe per un bel po’ », lo ammonì James, alzandosi in piedi.
« Come farò con loro? », domandò Shinichi stancamente.
« Cerca di fare il vago sugli argomenti delicati, distraendoli su uno meno importante », gli spiegò Jodie, seguendo James.
« In particolare, sono molto interessati a come ti sei immolato per la tua ragazza », disse pensierosa, in risposta allo sguardo confuso di Shinichi.
« Già », alzò gli occhi al cielo James. « Era su tutte le prime pagine ».
« Ottimo », sbuffò Shinichi con una smorfia.
« Questa faccenda non è conclusa, Kudo-san. Sarai circondato da un bel po’ di pressione, non appena ti stabilizzerai. Dovrai fare attenzione ad ogni parola, ogni gesto, non lasciar trapelare niente che non ti diremo noi. Devi fare quest’ultimo sforzo », prese parola Shuichi.
Shinichi lo sapeva bene. Sapeva che avrebbe sicuramente dovuto collaborare ulteriormente con loro, e che per ancora molti anni l’interesse intorno a quella faccenda non si sarebbe smorzato. Tante domande ancora necessitavano di responsi, e solo il tempo e il lavoro dei servizi segreti avrebbe dato qualche risposta. Ma in mezzo a tutto quel dolore, la consapevolezza che il nucleo centrale era stato debellato lo travolse lasciandogli un piacevole sollievo.
Con ancora in mente tutte le informazioni che gli avevano rilasciato quel giorno, li guardò mentre uscivano lentamente dalla sua stanza. Rimase solo, la testa che gli pulsava, e quel maledetto fascicolo su Ran ancora al suo fianco.
Ancora ignorava quanto quella storia lo avrebbe perseguitato i mesi a venire.

 

***


Shinichi si maledisse mentalmente.
Cercò di non colpire per sbaglio alcuni innocenti passanti che si trovavano sulla sua traiettoria, mentre correva trafelato verso casa di Ran. Quel pomeriggio aveva lavorato ancora al fascicolo sul caso risolto il giorno prima, e quando infine lo aveva inviato tramite mail alla centrale di polizia, aveva deciso di concedersi un sonnellino sul divano. Peccato che non avesse impostato la sveglia, e si fosse svegliato quando l’orologio segnava le sette meno un quarto. Ci aveva relativamente messo poco per uscire di casa, considerando che non si fosse nemmeno cambiato. E così era balzato in strada con addosso ancora i pantaloni della tuta e la felpa che usava solitamente per stare in casa. Ma poco gli importava, l’importante era arrivare in tempo per cena. Se avesse ritardato, dopo tutta la settimana passata a snobbarla per il caso, lo avrebbe sicuramente ucciso. No, ucciso forse no, ma non aveva nemmeno voglia di passare l’intera serata a sostenere i musi della sua ragazza.
Fu così che arrivò davanti all’agenzia investigativa, in quello che pensò fosse stato il suo record massimo di corsa: erano le sette e dieci minuti.
Prendendo un po’ fiato, fece gli scalini con ancora il respiro accelerato. Quando, infine, suonò al campanello e Sonoko gli aprì la porta, notò il suo sguardo critico.
« Sei in ritardo », sentenziò, facendosi da parte per lasciarlo entrare.
« Di soli dieci minuti », precisò attraverso il fiatone, sgattaiolando dentro velocemente.
« Beh, sicuramente non hai perso tempo per prepararti », alzò un sopracciglio, notando i suoi capelli più spettinati del solito e il suo vestiario casalingo. Shinichi alzò le braccia al cielo.
« Ho lavorato fino a tardi, scusa se non ho messo lo smoking », replicò acidamente, allargando le braccia.
« Avete finito di discutere, voi due? ».
La voce di Ran lo portò un attimo alla realtà, e quando si voltò verso la cucina la vide.
Con un tuffo al cuore notò il suo grembiule con i gattini, lo stesso che usava sempre quando preparava la cena per lui e Kogoro. Aveva ancora la tuta della scuola, mentre mescolava energicamente con un mestolo il riso nella pentola davanti a lei. Lo osservò distrattamente per poco prima di riprendere a cucinare, ma quel fugace sguardo dolce gli fece scendere un brivido lungo la schiena.
In quel momento si ricordò che quella era realmente la prima volta che si rivedevano dopo quel week-end, e un insopportabile rossore gli colorò le guance. Era stato così tanto preso da quel caso, che si era perfino dimenticato dell’imbarazzo che avrebbe dovuto affrontare quella sera, e non aveva nemmeno pensato a cosa dirle riguardo ciò che era accaduto. In più, la presenza di Sonoko lo stava rendendo frustrato, proprio perché sapeva bene che doveva far trasparire il meno possibile le sensazioni che lo stavano investendo senza realmente poterle controllare.
Cercò di riprendere velocemente il controllo, specialmente perché era consapevole che Sonoko annusasse qualsiasi cambiamento fra di loro alla velocità della luce. Per questo motivo decise di far finta di niente e comportarsi come al solito, e sperò vivamente che Ran non le avesse raccontato nulla. Ma, da come lei lo seguì tranquillamente in cucina e iniziò a parlare di cose più o meno interessanti, si rasserenò. Sonoko pareva come sempre, non gli lanciò nemmeno un’occhiata maliziosa o eloquente, ragion per cui probabilmente era ancora all’oscuro di ciò che avevano fatto. Mentalmente, ringraziò Ran e il suo silenzio.
« Shinichi? ».
La voce dubbiosa di Ran lo riportò un attimo alla realtà, e notò come stesse fissando Sonoko da almeno due minuti per accertarsi che i suoi sospetti fossero infondati. Scuotendo la testa, spostò il suo sguardo su Ran e sorrise debolmente.
« Scusa, ero distratto. Cosa stavi dicendo? », non aveva sentito una parola negli ultimi minuti.
« Ti stavo chiedendo come era andato il caso », ripeté Ran lentamente, tornando a mescolare il suo riso.
« Oh, spiacevole in effetti », alzò le spalle lui, mettendosi le mani nelle tasche.
« Me lo ha detto anche papà », replicò Ran.
Ti ha anche raccontato della nostra fantastica chiacchierata?
« Ci hai messo una vita per risolverlo », sbuffò Sonoko. « Un’intera settimana », precisò prendendo un sorso della sua coca-cola.
« Cosa succede, detective? L’eroe del Giappone perde colpi », lo prese in giro ulteriormente.
Shinichi fece una smorfia nella sua direzione, dondolandosi sui piedi.
No, ho semplicemente continuato ad avere flash di sabato per tutto il tempo.
« E’ pronto! », annunciò Ran con entusiasmo, prendendo la pentola e posizionando al centro del tavolo.
Interruppe fortunatamente il loro battibecco, e tornando a chiacchierare del più e del meno iniziarono a mangiare. Shinichi si stupì perfino di come riuscì relativamente in fretta a sentirsi al suo agio accanto a lei, mentre Sonoko iniziava i suoi sproloqui senza senso su cose o persone talvolta sconosciuti, creando pian piano il divertimento generale e la risata cristallina di Ran. Al suono di quest’ultima, si rilassò ulteriormente sulla sedia, continuando a mangiare quello che probabilmente era il riso al curry più ben riuscito della sua ragazza.  
« A proposito, Ran! », saltò su Sonoko ad un certo punto, colta da un pensiero improvviso.
« Devi raccontare a Shinichi della palestra », sorrise orgogliosa.
« Cioè? », domandò curioso lui.
Shinichi posò le bacchette, per poi rivolgere la sua totale attenzione alla ragazza al suo fianco. Sentendo i suoi occhi addosso, Ran arrossì e provò a sostenere il suo sguardo per la prima, vera volta in tutta la serata.
Per un attimo si perse nel blu dei suoi occhi, e si maledisse mentalmente. Da quando era arrivato, aveva evitato in tutti i modi di guardarlo troppo in faccia, certa che questo avrebbe causato sensazioni ed emozioni che stava ormai seppellendo agli occhi di tutti da una lunga settimana. Da quando lunedì era tornata scuola, aveva cercato di scacciare ogni ricordo inerente a quella notte trascorsa insieme perlomeno quando si trovava in pubblico, o specialmente accanto a Sonoko. Solo così era riuscita a mantenere il segreto, perché se solo si fosse ritrovata a sognare ad occhi aperti probabilmente le si sarebbe letto tutto in faccia.
Solo quando tornava a casa si lasciava andare ad ogni genere di fantasticheria, talvolta ritrovandosi perfino accaldata.
Così quando finalmente lo guardò, e ripensò a ciò che avevano fatto, arrossì di colpo. Distolse lo sguardo, prendendo un lungo sorso di acqua, sperando con tutta se stessa che questo alleviasse il calore che le stava colorando il viso, e contemporaneamente nascondendolo a Sonoko seduta di fronte a lei.
Shinichi si accorse immediatamente del suo imbarazzo, così tornò velocemente ad abbassare gli occhi sul suo riso.
« S-sì », balbettò infine Ran, e con sollievo osservò che Sonoko non sembrasse essersi accorta del suo rossore improvviso.
« Mi hanno proposto un lavoro », spiegò infine con un sospiro, riprendendo totalmente le sue facoltà cognitive.
Al suono di quelle parole, Shinichi rialzò la testa e il suo sorriso entusiasta la travolse.
« Davvero? », esclamò sinceramente contento.
Vedere il suo viso così luminoso, le fece battere il cuore un po’ più freneticamente. Annuì timidamente, mentre anche Sonoko la guardava con espressione orgogliosa.
« Per ora solo qualche pomeriggio a settimana, il katateka che allenava i bambini dai sei anni ai dieci si è licenziato, così prenderò io il suo posto ».
« E indovina chi ha consigliato a questa prestigiosa palestra di Beika di assumere Ran? », Sonoko allargò le braccia, sorridendo entusiasta.
« Ovviamente la sottoscritta », non aspettò nemmeno la risposta ovvia di Shinichi, alzandosi in piedi con una mano al petto, tronfia del proprio operato.
« Mio padre ne è socio, così non appena ho sentito di questo posto vacante mi è sembrato perfetto per Ran », ormai era a ruota libera, e interruppe più di una volta Ran e Shinichi che stava per intervenire.
« E’ davvero fantastico », riuscì finalmente ad esclamare Shinichi, e di slancio le afferrò una mano stringendola nella sua.
A quel gesto, Ran sorrise timidamente, e per un attimo intrecciò due dita con le sue. Annuì convinta, mentre Sonoko tornava a sedersi e notava le loro mani intrecciate.
« Sì, fantastico, ma non fatemi sentire terza incomoda, per favore », annunciò divertita, e al suono di quelle parole Shinichi lasciò di scatto la mano di Ran.
« Comunque », riprese poi, distogliendo lo sguardo dalle loro espressioni imbarazzate.
« E’ davvero perfetto per te, Ran », disse prendendo un bel boccone di riso.
« Quando cominci? », domandò Shinichi.
« Lunedì pomeriggio », annunciò radiosa. « Ho già conosciuto i bambini ieri ».
« Non hanno mai avuto una maestra di karate tanto bella, saranno già tutti innamorati di lei », ridacchiò Sonoko.
« Qualcuno qui diventerà geloso », gongolò infine, indicando con un cenno del capo Shinichi.
Quest’ultimo alzò gli occhi al cielo, mentre Ran ridacchiava.
« Ma smettila, Sonoko, sono dei bambini! », rise.
« Ah, già, Shinichi è geloso solo quando gli mando foto di sua moglie che parla con Okita-kun », lanciò un’occhiata maliziosa a Shinichi, il quale per poco non si strozzò con l’acqua che aveva appena bevuto.
Ran trattenne a stento una risata, solo per non aggravare ancora di più l’imbarazzo creatosi sul viso di Shinichi. In realtà, si stupì di provare un insolita sensazione di felicità.
Che Shinichi fosse spudoratamente geloso di lei, ormai lo aveva accettato da un po’. Per tanti anni, davanti ai suoi gesti freddi e alle sue espressioni indifferenti, si era convinta che il suo amico non serbasse neanche l’ombra di gelosia nei suoi confronti. Ma ormai da un po’, si era dovuta ricredere.
Lo era, eccome.
Così tanto che si sentiva euforica ogni qualvolta lo notasse, o ripensasse a un fatto accaduto tempo addietro e si ricollegasse a lui. Tanti fatti a suo tempo inspiegabili, non appena aveva scoperto che lui fosse Conan, improvvisamente avevano cominciato ad avere un senso.
La rabbia ingiustificata di Conan per Araide-sensei, o il suo nervosismo quando aveva scoperto che alla recita di fine anno gli avrebbe dovuto dare un bacio; per non parlare di ogni volta che un ragazzo le stava troppo intorno, e magicamente si intrufolava fra loro.
C’erano così tanti aneddoti, che probabilmente non se li ricordava nemmeno tutti, o non era a conoscenza di una stragrande parte. Sorridendo nuovamente, ripensò a ciò che era successo mesi prima, a quando Eisuke-kun era passato a trovarla e l’aveva invitata per una merenda.
Al tavolo dei Poirot avevano chiacchierato del più e del meno, finchè lui, un po’ imbarazzato, gli aveva chiesto se erano veri gli articoli di giornale e ora era fidanzata con il così detto “eroe del Giappone”, che aveva sgominato l’Organizzazione collaborando come infiltrato per l’FBI. Quando glielo aveva detto, aveva perfino notato un po’ di invidia nella sua voce: dopotutto, era il suo sogno lavorare con loro. 
Perciò è vero ciò che dicono i giornali. State insieme ufficialmente, ora?
Ran prese ancora una porzione del suo riso, mentre sentiva in lontananza Shinichi e Sonoko battibeccare su qualcosa che non riuscì nemmeno a capire.
Sai, prima di partire per l’America avrei tanto voluto confessarti i miei sentimenti.
Lanciò un’occhiata di sottecchi a Shinichi, che stava sbuffando sonoramente contro la sua amica.
Avrei voluto tanto chiederti di venire in America con me.
Sonoko in lontananza rise, mentre le guance di Shinichi si imporporavano.
Ma quando l’ho detto a Conan, lui mi ha detto di no.
Conan aveva detto ad Eisuke che non poteva dichiararsi, e non poteva portarla in America con lui. Sorrise, ancora persa nei suoi pensieri, che andarono a quando, un pomeriggio in cui erano andati a mangiare un gelato, Ran lo aveva raccontato a Shinichi. Lui, quando sentì quell’aneddoto su Eisuke, si bloccò ancora con un po’ di gelato al limone sparso per tutta la bocca.
Così, “Conan” gli avrebbe detto di non farlo.
Le era venuto da ridere, mentre aveva visto l’espressione colpevole di Shinichi farsi largo sul suo viso arrossato, per poi distogliere lo sguardo e continuare a mangiare il suo gelato come se niente fosse.
Non hai niente da dire?
Aveva continuato, punzecchiandolo. Alla fine, ricordò, lui si era voltato un po’ agitato, e per poco non aveva fatto cadere a terra il suo gelato.
Sì. Conan ha fatto davvero bene a dirgli così!
« Un brindisi alla nostra insegnante di karate preferita! ».
La voce di Sonoko che la interpellava la fece rinvenire dai suoi ricordi, e la guardò confusa. La vide mentre portava in alto il suo bicchiere, e velocemente acchiappò il suo. Sorridendo, lo fece scontrare con i loro e bevve un lungo sorso.

La cena proseguì relativamente bene, e dopo varie occhiatacce da parte di Ran, Sonoko diede un po’ tregua a Shinichi ed evitò di far altre battutine per metterlo in imbarazzo. Solo quando finirono il dolce, Sonoko iniziò a saltellare concitatamente sulla sedia, iniziando a lanciare occhiate cariche di significato in direzione di Ran. Quest’ultima provò in tutti i modi ad ignorarla, o perlomeno di distrarre Shinichi in modo che non notasse il suo crescente nervosismo. Quest’ultimo continuò a mangiare tranquillamente la sua crostata, e con un sospiro Ran pensò che probabilmente non aveva captato quell’atmosfera improvvisamente concitata.
Perlomeno, non fin quando Sonoko non prese parola improvvisamente.
« Oh, mi sta suonando il telefono! », esclamò alzandosi di colpo e correndo verso il soggiorno.
Un po’ stupito da quel movimento improvviso quanto inaspettato, Shinichi la guardò un po’ dubbioso mentre si allontanava, constatando in fretta di non sentire alcun suono provenire dalla stanza a fianco.
Con la fronte corrugata, guardò confuso Ran.
« Io non ho sentito niente », ammise mettendosi in bocca l’ultimo pezzo di dolce.
« M-magari ha sentito la vibrazione », balbettò lei abbozzando un sorriso. Un senso crescente di agitazione si impossessò di lei, quando con frustrazione capì cosa stesse facendo l’amica.
Cercò di scacciare via il ricordo della loro chiacchierata mattutina, e si alzò anche lei di colpo portando con sé alcuni piatti verso il lavandino. Non aveva davvero la forza di guardare Shinichi in faccia per almeno due motivi: il primo, quello più ovvio, era che si erano ritrovati soli per la prima volta da quella notte insieme; la seconda, la consapevolezza di cosa stesse tramando Sonoko le aveva imporporato le guance, e non voleva davvero che lui capisse.
Passò qualche minuto, totalmente in silenzio, prima che Sonoko tornasse saltellando da loro con ancora in mano il telefono.
« Scusami, Ran! Ma mi ha chiamata mio padre », la sua voce era così melensa che Shinichi alzò un sopracciglio. Era davvero troppo finta.
« Devo tornare a casa, mia sorella non si sente troppo bene… penso abbia la febbre », alzò le spalle e prima che uno di loro due potesse ribattere, prese velocemente la sua cartella buttata malamente lì a fianco.
Shinichi continuò a guardarla con sguardo fra il divertito e lo sbalordito. Gli veniva da ridere prepotentemente, per il semplice fatto che era chiaro come il sole come fosse tutto studiato a tavolino per lasciarli soli. Si voltò complice verso Ran pensando di trovare lo stesso suo sguardo divertito, ma quando la fissò invece notò il suo disagio. Guardava Sonoko intensamente, mordendosi un labbro.
Bene, questo è strano.
« Allora, ci vediamo lunedì a scuola! », annunciò la loro amica, dopo essersi infilata il suo cappotto. « Era tutto squisito Ran, davvero! ».
Quest’ultima si fece avanti e, con un sorriso altrettanto finto, la prese sotto braccio trascinandola verso la porta d’ingresso. Shinichi non riuscì davvero a sentire cosa si dissero, perché stava parlando così fitto che neanche sporgendosi dalla cucina carpì qualche parola. Con uno sbuffo decise di non darci troppo peso.
Dovresti esserci abituato.
Aveva perso il conto delle volte in cui Sonoko aveva fatto simili sceneggiate solo per stuzzicarli, quindi tranquillamente prese a sparecchiare tavola. Ormai l’unico dubbio che lo attanagliava era solo uno: Ran era sua complice?
Se sì, perché non aveva chiesto semplicemente a lui di vedersi?
Idiota, sarà imbarazzata per sabato!
Già. Sabato.
Quando finalmente sentì la porta chiudersi, il suo stomaco si rigirò.
Erano soli. La prima volta. Dopo quella notte.
Merda.
Non era realmente ancora pronto per affrontarla, specialmente perché quando aveva saputo che ci sarebbe stata anche Sonoko, si era sentito quasi salvo. Con lei accanto non sarebbe potuto succedere nulla, ma ora che era andata via era cambiato tutto.
Con mani tremanti cercò di dare la sua totale attenzione alle stoviglie sul tavolo, così che quando Ran tornò titubante in cucina, ormai la tavola era sgombra.
« Non dovevi », disse flebilmente, affiancandolo.
« Figurati », mormorò lui, guardandola di sottecchi.
Era un po’ arrossata, mentre si dirigeva verso il lavandino e faceva scorrere l’acqua calda per lavare i piatti.
Un po’ lo disturbava il fatto che avesse dovuto far intervenire Sonoko in quel modo solo per stare insieme, come se fossero dei bambini. Era consapevole che fosse difficile, ma sapere che lei si sentisse così tanto a disagio con lui lo fece irritare. Aveva voglia di sistemare le cose al più presto, non sopportava davvero più quella situazione, e il dubbio che quella notte li avesse quasi allontanati piuttosto che avvicinati si insinuò nuovamente in un angolo del suo cervello. Volendolo rigettare completamente, le si mise a fianco e la guardò deciso ad andare al punto.
« Non capisco ».
Ran si bloccò, mentre posava gli ultimi piatti sporchi nel lavandino. Deglutendo, si voltò lentamente verso Shinichi.
Lui diminuì la distanza fra loro, porgendole un ultimo piatto che teneva in mano. Notò sul suo viso farsi pian piano largo quel suo sorriso strafottente, che spesso in passato aveva detestato, perché sintomo della sua arroganza. Ma ultimamente, forse senza nemmeno accorgersene, lo stava usando sempre più spesso per punzecchiarla.
« Cosa? », borbottò distogliendo lo sguardo.
« Se volevi stare con me, bastava dirmelo », alzò le spalle, facendo finta che il discorso non lo imbarazzasse.
« Perché questa sceneggiata con Sonoko? ».
Il cuore di Ran perse un battito, mentre apriva l’acqua calda per lavare i piatti. Soprappensiero, inumidì la spugna che aveva lasciato lì a fianco, e come un automa ci versò sopra il sapone per i piatti.
Iniziò a lavarli in silenzio, ben conscia che Shinichi la stesse ancora fissando, in attesa di risposta. Cercò di ragionare velocemente, ma non trovò una vera e propria scusa che non sembrasse una bugia ridicola. Alla fine, sospirando, si voltò verso il ragazzo al suo fianco. Quando lo vide, si imbambolò un attimo.
Si rendeva minimamente conto di quanto fosse avvenente?
Era appoggiato con un gomito al piano di lavoro lì accanto a lei, lo sguardo intenso e in attesa.
Quei dannati capelli gli ricadevano disordinati su quel viso così familiare ma anche così perfetto, mentre le labbra erano piegate in una smorfia impaziente. Una voglia crescente di aggrapparsi alla sua felpa fece capolino in Ran, e si dovette sforzarsi per non fiondarsi addosso a lui, specialmente dopo quel sabato.
Aveva cominciato ad avvertire quella prepotente voglia di toccarlo da quando erano stati in gita. Già all’epoca aveva avvertito il costante bisogno di sfiorarlo, tenersi stretta a lui, o trascinarlo per mano da qualche parte. Non riusciva davvero a tenere quelle stesse mani al loro posto, e dapprima aveva dato la colpa al fatto che non lo vedesse mai, e quasi volesse tenerlo stretto a lei per impedirgli di sparire da un momento all’altro. Ma ben presto in quei mesi si era resa conto che non fosse quello il motivo, quanto la voglia che aveva di sentirlo vicino a lei. Era stato un crescente bisogno di contatto, divenuto col tempo quasi doloroso, che l’aveva fatta riflettere a fondo sul perché.
Perché?
Perché, da quando stavano ufficialmente insieme, sentiva quel bisogno?
Dopo parecchio tempo di riflessione, era arrivata alla conclusione che ci fosse qualcosa di più che l’affetto platonico che li unisse.
Era l’attrazione.
Si era insinuata fra di loro silenziosamente, senza avvertirli, e lasciandoli in balia delle loro emozioni incontrollate.
Lei era attratta da lui, fisicamente parlando. Probabilmente lo era sempre stata, ma da ragazzini era stato tutto così ovattato e innocente che non ci aveva mai fatto realmente caso. Ma crescendo, vedendolo cambiare sotto i suoi occhi, e specialmente da quando lui le aveva ammesso i suoi sentimenti, tutto era diventato più forte ed era poi sfociato in ciò che era accaduto quel sabato prima.
La verità era che era diventato davvero bello, e il suo fisico era qualcosa che la attraeva come una calamita.
In quell’esatto momento poi, dove sapeva e aveva già provato cosa volesse dire essere in balia di quel corpo, riusciva a ragionare realmente poco.
Si sentì improvvisamente accaldata, mentre tornava a lavare ferocemente un bicchiere.
In realtà, pensandoci bene, non lo aveva davvero visto nudo. Quando tutti i loro vestiti erano scivolati via, erano già sotto le coperte, ragion per cui una parte dei loro corpi era rimasta ben nascosta, anche complice il buio sceso su di loro. Quindi una certa curiosità recondita era rimasta dentro di lei, sebbene non avesse minimamente intenzione di renderglielo noto.
« E’ stato un malinteso », sospirò infine, cercando di scacciare ogni immagine relativamente provocante dalla sua testa.
« Malinteso? », ripeté lui incuriosito.
Accidenti.
« Sì », Ran arrossì, dando completamente attenzione al lavandino di fronte a lei. Quando sentì lo sbuffo spazientito di Shinichi, alzò gli occhi al cielo, ben conscia che stesse aspettando una spiegazione.
« E’ stata Sonoko, ok? », sbottò scocciata. « Ha pensato di lasciarci soli ».
Shinichi alzò un sopracciglio, per nulla shockato da quella rivelazione.
« Che novità, Sonoko che si intromette fra noi », rise asciutto, per poi acchiappare uno strofinaccio lì vicino e cominciare ad asciugare le stoviglie che lei sistemava nello scolapiatti accanto al lavandino.
Rimasero in silenzio, mentre lei finiva di lavare gli ultimi bicchieri con lui al suo fianco troppo occupato ad asciugarli. Internamente, Ran si sentì sollevata, conscia che a Shinichi quella semplice spiegazione fosse andata bene.
In quel momento ripensò a come Sonoko quella mattina avesse cominciato il suo interrogatorio settimanale sullo stato della sua relazione. Era riuscita a mentire così bene, sorvolando accuratamente sulla notte di sabato, che non solo la sua amica le aveva creduto, ma aveva anche ben pensato ad un piano per fare in modo che potessero finalmente rimanere soli e concludere ciò che fin troppe volte avevano lasciato in sospeso. Ignara dei fatti realmente accaduti, le consigliò diverse scuse per rimanere sola con lui. Quando, infine, si ricordò del giorno prima e di come Ran le avesse detto che suo padre sarebbe stato via qualche giorno, parve illuminarsi dall’eccitazione. Le consigliò quindi di invitarlo a cena, ma l’imbarazzo in Ran era così prepotente che dovette implicarsi nel piano. Fu così che le disse che avrebbero cenato tutti e tre insieme, ma poi per un qualche “strano” inconveniente lei sarebbe dovuta andare via prima di loro. Le veniva quasi da ridere mentre le raccontava per filo e per segno i dettagli del suo infallibile piano, ma ancora non si sentiva pronta per dirle ciò che era successo.
Era un argomento così delicato, che volle, per una volta, tenerlo per lei e Shinichi. Era il loro segreto, e sapere di mantenere per loro una cosa del genere, la rendeva ancora di più legata a lui. Sorrise lievemente a quel pensiero e, un po’ meno a disagio, tornò a respirare normalmente, almeno finchè lui non diede un’occhiata all’orologio e le si rivolse con noncuranza.
« Dov’è tuo padre? », domandò come se nulla fosse.
Merda.
« Non c’è », disse con un filo di voce.
« Di nuovo a giocare a mahjong? », ridacchiò Shinichi, non avvertendo la sua crescente agitazione.
Ran non rispose, e Shinichi intuì finalmente che qualcosa non andasse. La guardò e lei iniziò a morsicarsi un labbro. Non potendo più eludere le sue domande, ricambiò lo sguardo cauta.
« Mio padre torna lunedì pomeriggio, è andato a Yokohama per un lavoro ».
Ran vide che Shinichi stava piano piano capendo la situazione, e notò con sollievo che non solo lei stava assumendo un colorito roseo sulle guance.
« Per questo Sonoko voleva lasciarci soli? », domandò infine, cogliendo nel segno.
Ran annuì e provò a sdrammatizzare con un sorriso maldestro, chiudendo finalmente l’acqua.
« Ma lei… », lasciò in sospeso la frase, lanciandole un’occhiata carica di significato.
« No », rispose velocemente Ran. « Io non le ho detto niente. Per questo ha pianificato questa cena ».
Shinichi la guardò ancora, e lei non capì a cosa stesse realmente pensando. Dopo parecchio, e un suo crescente imbarazzo, vide stupita sul volto di Shinichi crearsi un sorriso timido, che presto si tramutò in una risata cristallina che la contagiò velocemente. Ran si mise a ridere, appoggiandosi con la schiena al bancone della cucina, guardando Shinichi al suo fianco portarsi una mano al viso mentre scuoteva la testa divertito.
« Quindi mi stai dicendo che, per una volta, l’abbiamo fregata? », disse dopo un po’, con gli occhi luminosi. A vederlo così spensierato e divertito, a Ran si gonfiò il cuore nel petto.
« Direi di sì », non riuscì a trattenere un’ulteriore risatina.
Si guardarono divertiti ancora per un po’, e Ran notò come ormai la tensione fra di loro si fosse totalmente persa in quel momento di ilarità. Quando finalmente si calmarono, lui posò lo strofinaccio nel cassetto e si voltò verso di lei, stiracchiandosi.
« E’ tardi, credo sia ora di andare », disse per poi fare un sonoro sbadiglio.
Al suono di quelle parole, lei si immobilizzò. Lo vide girarsi per tornare in salotto, rimanendo paralizzata sul posto, l’ombra del sorriso ancora sul volto improvvisamente raggelato.
Lentamente lo seguì, guardandolo mentre prendeva la sua giacca senza guardarla.
« Te ne vai? », le parole le uscirono di bocca prima di poter realmente realizzare ciò che avesse appena detto.
Lui si voltò stupito verso di lei, con la giacca ancora in mano.
« Direi di sì », replicò un attimo confuso.
Un senso di delusione crescente di fece largo in Ran, provocandole un nodo alla gola. Davvero se ne stava andando, lasciandola da sola lì? Le venne quasi voglia di picchiarlo, mentre lui la fissava con un’espressione ebete in faccia.
« Pensavo rimanessi », sbottò con un’insolita rabbia nella voce. Provò a nascondere il suo fastidio, ma ci riuscì davvero malamente.
« Vuoi che rimanga? », domandò Shinichi, fissandola intensamente.
Lei si morse un labbro, pestando nervosamente un piede a terra. Si stava davvero arrabbiando.
« Certo che no, va pure se devi andare ».
Si girò di scatto, stringendo i pugni. Volle allontanarsi in fretta da lui, per evitare di fargli notare quanto ci stesse realmente rimanendo male. Ma non fece nemmeno due passi, che lo sentì prendergli il braccio e girarla verso di lui. Quando si voltò e notò il suo sorriso divertito in volto, capì.
Rendendosi conto velocemente che la stava prendendo in giro, aprì la bocca indignata.
« Tu… », iniziò con voce irritata, cercando di allontanarlo da sé. Ma la presa attorno alla sua vita era davvero molto tenace, quindi dovette impiegare molta forza, che comunque non bastò.
« Cosa? », la prese in giro Shinichi, iniziando a muovere ritmicamente le mani sui suoi fianchi. La vide contrarsi e guardarlo sgranando gli occhi, improvvisamente preoccupata.
« No », lo avvertì, alzando l’indice davanti al suo viso. Preso dalla voglia di infastidirla, aumentò la pressione delle dita, e spostò le mani sulla sua pancia. Prese a farle così tanto solletico, che Ran si mise a saltellare leggermente ad ogni movimento delle sue mani, causando il suo immediato divertimento.
« S-smettila! », sbottò lei esausta, cercando di divincolarsi. Alla fine ci riuscì, e fece due salti lontana da lui.
« Vedi come sei difficile da capire! », sbuffò Shinichi, e l’immagine di loro due sotto il Big Ben le vorticò prepotentemente in testa. « Prima vuoi che resto, poi ti lamenti… », proseguì lui, alzando fintamente gli occhi al cielo.
« Lo sai che lo odio », soffiò lei, arretrando ulteriormente quando lui fece un passo avanti.
« Davvero? », replicò Shinichi, facendo teatralmente un altro passo verso di lei.
Ran si spostò nuovamente all’indietro, per poi maledire il divano che la bloccò subito dietro la sua schiena. Si portò automaticamente le braccia di fronte, per pararsi da un eventuale nuovo attacco. Non sopportava il solletico, e lui lo sapeva bene.
« Se fai ancora un passo… », iniziò la minaccia senza realmente sapere cosa avrebbe fatto in quel dato frangente.
« Lo sai che evito ogni tua mossa », la rimbeccò lui sfacciato. Era vero, maledizione. Era veloce, e raramente era riuscito realmente a colpirlo, in passato. Si morse un labbro, non volendo demordere.
« Proviamo », lo sfidò con un sorriso insolente. « Dopotutto, ora sono un’insegnante », gongolò.
Shinichi alzò gli occhi al cielo, ma ben presto dovette reagire quando notò il suo pugno sfiorarli la spalla. Si ritrasse velocemente, evitando anche un suo calcio ben assestato. Si stava divertendo così tanto, che non provò nemmeno a fermarla. Lei continuò ad avanzare sferrando una mossa dietro l’altra, ma ben presto Shinichi notò come realmente non ci stesse mettendo né forza, ne accuratezza. Stava semplicemente scherzando con lui, quindi pensò che non sarebbe stato male stare al gioco. All’ennesimo pugno che si vide a pochi centimetri di distanza dal viso e che smosse un ciuffo dei suoi capelli, le afferrò il braccio rapidamente e la fece girare in modo da poterglielo avvolgere al suo stesso collo. Si ritrovò così a sentire la sua schiena contro il suo petto, e ad avere il suo viso premuto contro il suo. Del tutto sorpresa, Ran si voltò un poco per guardare il suo viso appena dietro il suo, con un’espressione accigliata.
« Dicevi? », gongolò al suo orecchio.
Sentire il suo respiro appena dietro il suo collo, e avvertire i muscoli del suo petto contro la schiena, le annebbiò per un attimo la mente. Rimase immobile, volendosi godere quell’inaspettata vicinanza. Tuttavia ben presto sentì il suo orgoglio lamentarsi, così, in un momento in cui abbassò la guardia un po’ preoccupato di non sentirla ribattere, si trafilò dalla sua presa e si voltò repentinamente. Una volta totalmente di fronte a lui, lo fece arretrare fin contro il divano, per poi sferrargli un pugno che però non arrivò mai. Fermò la sua mano appena prima del suo naso, facendogli chiudere velocemente gli occhi alla vista del colpo imminente. Fu così che si sbilanciò all’indietro e, sotto lo sguardo divertito di Ran, Shinichi perse l’equilibrio e cadde sul divano con espressione stupita. Aveva un viso così meravigliato che alla sua vista Ran scoppiò a ridere, per poi fargli il segno di vittoria con le dita.
« Karateka uno, Detective zero», proclamò trionfante.
Shinichi si riscosse per scuotere la testa divertito, lasciandola esultare in piedi davanti a lui. Era davvero carina, quando faceva così. Ran si accorse del suo sguardo tenero solo quando smise di esultare, e lo trovò nuovamente così bello da imbambolarsi. Era semi sdraiato sul divano, sorretto solo dai gomiti, mentre la fissava in silenzio con un sorriso sereno sul viso. Come ormai di consuetudine, avvertì un calore salirle dallo stomaco, fino a raggiungere il suo petto e arrossarle le guance. Si ammutolì, mordendosi un labbro. Voleva davvero avvicinarsi a lui, magari mettersi a cavalcioni e baciarlo su quelle stramaledette labbra. Poi, una rivelazione fece capolino nella sua mente.
Esattamente, perché non puoi farlo?
Colta da quella nuova, perforante realtà, fece un passo incerto verso di lui. Improvvisamente ogni ombra di sorriso scemò sul viso di Shinichi, che iniziò a guardarla intensamente.
In quel momento, potè chiaramente leggere sul suo viso la causa di quel repentino silenzio. Lo fissava con un’espressione che lo lasciò un attimo interdetto, poiché non l’aveva mai realmente vista guardarlo così. Pareva volesse sottintendere davvero molto senza pronunciarsi, avvalendosi solo della gestualità del suo corpo che avanzava lentamente verso di lui. Rimase immobile, volendo imprimere quella scena a fuoco nella sua mente. Era davvero tremendamente attraente. Pensare di poterle fare quell’effetto lo fece avvampare, così mise su il sorriso più sfrontato che possedesse.
In realtà, dentro, era lontano dall’essere sicuro di sé. Ma darlo a vedere era l’ultima cosa che voleva farle trapelare.
Incoraggiata proprio da quel sorriso, Ran si fermò di fronte a lui, che si mise seduto e alzò il viso per guardarla in faccia.
« Hai perso », mormorò lei, sfiorandogli una guancia.
« Ti ho fatta vincere », replicò lui alzando una spalla.
Lei fece una smorfia divertita, e la mano si mosse automaticamente verso i suoi capelli. Li sentì così morbidi contro le dita che ebbe per un attimo la forte voglia di portarseli al viso e annusarli. Tuttavia, quella scena le parve un po’ imbarazzante, così evitò accuratamente di fare alcun gesto inconsulto. Rimasero così per un po’, finchè Shinichi non sospirò e le cinse i fianchi con le braccia. Non aspettandosi quel gesto, Ran staccò la mano dal suo viso per ancorarsi qualora fosse caduta, ma la botta non arrivò mai. Le braccia di Shinichi la tennero stretta mentre le sue labbra la coglievano alla sprovvista posandosi energicamente sulle sue.
Esultante, rispose al bacio, mentre cercava di sistemarsi meglio su di lui. Tuttavia mise male un ginocchio e, non avvertendo niente sotto di lei, traballò fino quasi a cadere. Non aspettandoselo, Shinichi la tenne su come meglio potè, sbilanciandosi anche lui.
Caddero a terra con un tonfo sordo, ammutolendo entrambi per quel risvolto inaspettato. Quando Ran si rese conto di come fossero attorcigliati per terra, fece per ridere ma l’improvviso ed ennesimo bacio di Shinichi le fece morire sul volto la curva di quel sorriso. La baciò intensamente, premendola contro il pavimento, e non seppe dire per quanto rimasero così, fra il divano e quel tavolino che ogni qualvolta provasse a girarsi, le regalava un bernoccolo in testa. Ma quello era davvero l’ultimo dei suoi problemi, mentre i loro baci aumentavano di intensità e le loro mani cominciavano a muoversi velocemente. Tuttavia, all’ennesimo movimento istintivo e l’ennesimo colpo alla testa, gemette con disappunto. Shinichi parve come risvegliarsi da uno stato di trance, guardandola confuso.
« Il tavolino », spiegò lei con voce soffocata, indicando distrattamente il punto in cui continuava a prendere testate.
Senza dire una parola, la prese per vita e la trascinò con sé in piedi. Lì riprese a baciarla, tenendola stretta contro il suo petto. Non seppe realmente dirsi dove trovò quel coraggio, ma durante quella settimana infernale aveva così desiderato stare con lei che non badò nemmeno se stesse diventando un po’ troppo irruento. Continuò semplicemente a baciarla, e presto si accorse di averla fatta indietreggiare fino a intrappolarla fra lui e il muro. Si domandò, allora, se stesse esagerando, ma quando aprì gli occhi a la vide del tutto presa dal momento, si sentì rincuorato. Pareva essere a suo agio contro di lui, e in balia delle sue stesse, perforanti emozioni. Dopo quello che parve un’eternità, si staccò per prendere fiato. Lo stesso fece lei, e potè chiaramente avvertire il suo respiro accelerato.
Ran deglutì, la bocca che le pulsava per tutto quel tempo premuta contro di lui. Lo guardò in viso, e il suo sguardo brillante le fece capovolgere lo stomaco. La stava guardando proprio come l’aveva guardata una settimana prima, e si sentì inaspettatamente fiera. Fiera di renderlo così per causa unicamente sua, e sentendosi profondamente amata e voluta, lo abbracciò con tutte le sue forze. Quello che accadde dopo, la fece ridere di cuore.
Shinichi ricambiò l’abbraccio e la ancorò a sé, sollevandola leggermente da terra. Fu così che la trascinò praticamente lontano da quella stanza di peso, per poi spegnere con il gomito la luce. Fu così maldestro che per poco non cascarono nuovamente per terra, ma per fortuna rimase in piedi quel tanto per sgattaiolare in camera sua, scatenando le sue risa soffuse. Emettendo un sospiro sollevato, la appoggiò finalmente sulla sua scrivania, per poi ridacchiare insieme a lei. Ran si sistemò un po’ i capelli, che le ricadevano disordinatamente sul viso, per poi sporgersi un po’ e accendere la lampada appena dietro di lei. Finalmente quell’unica fonte di luce illuminò seppur debolmente la stanza, e lo vide in volto, notando il suo fiatone e il suo sorriso contagioso. Gli sorrise timidamente, per poi passargli le mani dietro al collo dolcemente. Piano le risa finirono, ma non pronunciarono parola. Lui si avvicinò a lei, per poi lasciarle un tiepido bacio sulla guancia.
Da lì in poi, Ran staccò il cervello.

 

   
 
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