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Autore: DrarryStylinson    09/05/2020    2 recensioni
Stiles è frutto di un esperimento genetico mal riuscito: metà uomo e metà lupo. Quando l’animale prende il sopravvento, la rabbia e l’istinto di far del male al prossimo sono impossibili da controllare. Solo un altro come lui potrebbe avere le capacità per fronteggiarlo.
Derek, rimasto solo al mondo e con un conto in sospeso con Stiles, si offre volontario per diventare anch’egli un mezzo lupo per poter così catturarlo.
Quando però la verità viene a galla entrambi dovranno rivalutare le loro posizioni in questa sorta di guerra.
Sterek!AU
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2



Giravo in macchina per Beacon Hills appostandomi anche per delle ore fuori dai negozi che erano stati svaligiati dal ragazzo. Speravo che, un giorno o l’altro, si sarebbe fatto vivo.
Delle volte stavo fuori anche tutta la notte, convinto che il lupo che viveva in noi fosse un animale notturno e più a suo agio con le tenebre. Non ero stato così fortunato.
Ritornavo alla Stilinski Corporation sempre più arrabbiato e impaziente di catturarlo. Argent mi diceva di mantenere la calma. Stiles era là fuori da più di due anni ormai, un mese in più o uno in meno non avrebbe fatto la differenza.
Un giorno, preso dall’ossessione, ero sceso dalla macchina e mi ero messo a rincorrere un ragazzo qualunque in felpa rossa. Lo avevo raggiunto con una facilità sorprendente e lo avevo obbligato a voltarsi. Quello mi aveva fissato spaventato e aveva cercato di liberarsi dalla mia presa sulla sua felpa senza riuscirci. Lo avevo lasciato andare dopo qualche secondo, mi ero scusato bruscamente ed ero ritornato alla Camaro.
Il primo contatto con Stiles avvenne dopo undici giorni dal regalo di Chris Argent. Ero in giro per la città quando udii le sirene della polizia da lontano. Era lui. Doveva essere lui. Schiacciai il piede sull’acceleratore mentre sentivo il cellulare suonare all’interno della giacca di pelle. Non risposi.
Arrivai nel centro di Beacon Hills in pochi minuti, prima delle forze dell’ordine. Molte persone si erano riversate in strada, fuori dalle loro case, per ficcanasare. L’allarme di un’erboristeria era entrato in funzione, lampeggiava e suonava. Il negozio era chiuso perché era domenica ma la vetrina era stata sfondata. Mi avvicinai ed entrai calpestando i vetri che scricchiolarono sotto il mio peso.
Udivo le persone parlare, dirmi che quella era una scena del crimine e che stavo infangando le prove. Le sentivo confabulare tra di loro, un testimone disse ad un passante che aveva visto il ragazzo-lupo rompere il vetro con un pugno.
Inspirai profondamente il forte odore di erbe e riuscii a distinguere anche quello di un animale. Cercai di scannerizzare per bene quell’aroma, quello era l’odore di Stiles quando era trasformato, può darsi che da umano odorasse diversamente, anzi in realtà lo speravo. Il suo olezzo da licantropo era ripugnante. Sapeva di cane bagnato, di sconforto e sfiducia, sapeva di rimorso e di senso di colpa.
Quelle emozioni negative mi travolsero come un fiume in piena. Non era previsto che provassi empatia nei suoi confronti.
Isolai il suo odore , uscii dal negozio e mi avvicinai al testimone che lo aveva visto distruggere la vetrata. “Sai dirmi dov’è andato?” domandai.
“Certo. Da quella parte, verso la scuola” indicò con un cenno della mano.
Corsi verso la Camaro e misi in moto. Abbassai il finestrino e cercai di distinguere quel suo puzzo terribile in mezzo alla città. Non fu difficile localizzarlo, erano sentimenti talmente intensi e struggenti che avevano impregnato l’aria. Sorpassai un’auto ferma a bordo strada, aveva un’ammaccatura sul cofano segno che aveva investito qualcuno. Improvvisamente, lo vidi. Era in mezzo alla strada e correva a quasi 80 chilometri orari. Accelerai per raggiungerlo, mentre le auto che venivano nella mia direzione gli suonavano il clacson e facevano lampeggiare gli abbaglianti.
Sentii gli occhi cambiare colore e ne ebbi conferma guardandomi dal finestrino retrovisore e vedendoli blu. Ormai ero solo ad un centinaio di metri dal primo licantropo. Settanta. Quaranta.
Inaspettatamente, Stiles si bloccò nel mezzo della corsa, si voltò e lasciò cadere gli oggetti che aveva appena rubato. In un attimo vidi i suoi occhi diventare gialli, piegarsi sulle gambe e dare una manata al muso della Camaro mandandomi fuori carreggiata.
“Cazzo!” sbottai. Sterzai con il volante cercando di mantenere la vettura in strada, pigiai sul freno con entrambi i piedi e di colpo mi ritrovai con l’airbag esploso in faccia. Avevo appena colpito il guardrail. Bucai quel mega pallone con gli artigli e scesi dalla macchina con il cofano sfondato. Neanche due settimane era durata.
“Un altro dei loro leccapiedi, suppongo”.
Sobbalzai quando udii per la prima volta la voce di Stiles. Non era come la immaginavo. Era quasi infantile. Me l’ero aspettata aggressiva e spregevole. Mi girai a guardarlo mentre raccoglieva tutto il materiale che aveva fatto cadere. Non era come nell’immagine che avevo, dove aveva la felpa rossa e un sorrisetto sarcastico dipinto sul volto da adolescente: era cresciuto, non aveva più quindici anni, come nella foto che avevo in tasca anche in quel momento, ne aveva almeno diciotto, forse anche di più. Sì, i conti tornavano. Era stato un anno in laboratorio dopo la mutazione, poi era fuggito causando l’incidente e da allora erano passati più di due anni.
“Non sei un loro lacchè” mormorò. “Sei come me”.
Mi scrutò con i suoi occhi gialli, forse percependo la temperatura elevata del mio corpo da animale grazie ai segnali termici.
“Non sono come te” risposi e gli feci vedere i miei occhi diventare blu.
Nonostante fossimo distanti di almeno una decina di metri, percepii il suo sussulto. Me ne compiacqui. Sapevo cosa volesse dire la differenza del colore degli occhi durante la trasformazione.
Se erano rossi significava che la mutazione era stata un fallimento e che la cavia sarebbe morta tra atroci sofferenze, se erano gialli voleva dire che l’esperimento era riuscito ma presentava qualche difetto. Stiles, ad esempio, non poteva più controllarsi durante la luna piena. Se erano blu, come i miei, stavano ad indicare la riuscita massima nella mutazione genetica. Ero il licantropo perfetto.
Anche Stiles lo sapeva, per questo si arrabbiò. Ringhiò ferocemente mostrandomi i canini e io feci altrettanto. Lasciò di nuovo cadere gli oggetti rubati all’erboristeria e in due falcate mi fu addosso. Lo presi per le spalle e lo sbattei contro il portabagagli della mia auto ormai mezza distrutta. La carrozzeria si piegò a causa della forza utilizzata e le sue emozioni mi attraversarono le narici come una lama avvelenata. Mi agguantò i polsi trafiggendoli con gli artigli e lo guardai mutare sotto i miei occhi: vidi le orecchie allungarsi e i peli crescere sul suo viso immaturo.
Il sangue zampillò dalle mie braccia mentre cercavo di tenerlo fermo per le spalle per impedirgli di avvicinarsi con i canini a qualsiasi mia parte del corpo che avrebbe tranquillamente potuto azzannare. Aveva cominciato a scalciare per liberarsi ma Argent aveva ragione, ora che avevo completato il mio addestramento ero diventato più forte di lui.
Stiles continuava a tirarmi potenti ginocchiate contro il fianco ma la dottoressa Martin mi aveva reso quasi insensibile al dolore grazie agli esperimenti con l’elettricità, solo una ferita molto profonda avrebbe potuto farmi davvero male.
Ero furioso. Stiles emanava rabbia, incomprensione e disgusto. Ero io quello a dover essere disgustato da lui. Gli ruggii in faccia scaturendo tutto l’odio che provavo per lui in quel momento. Lo vidi prendere un enorme respiro e annusarmi a sua volta.
“Perché mi detesti così tanto?” chiese.
Lo afferrai per il colletto della felpa. “Guardami!” urlai ritirando i canini e ritornando umano. “Non mi riconosci?”
Stiles, ancora incastrato tra le lamiere dell’auto, mi osservò per bene con i suoi occhi gialli che pian piano, tornarono castani. Annusai la sua confusione.
“3 agosto 2091” delucidai semplicemente.
Sentii il suo cuore saltare un battito e poi accelerare improvvisamente. Vidi i suoi canini ritornare normali, anche se i suoi artigli erano ancora conficcati nei miei polsi.
“Il passeggero dell’auto 6 QGM 387” sussurrò con voce da umano.
Come poteva ricordare la targa dell’auto di mia madre?

 

 


Fuoco e puzza di benzina. Sentivo una donna gridare. Non sapevo se fosse mia madre o una delle mie sorelle. Ero a testa in giù e del sangue mi usciva dalle labbra a causa del morso che avevo dato alla lingua. Cercai di muovermi ma ero abbastanza sicuro di avere una gamba rotta e per di più la cintura mi teneva incollato al sedile e non riuscivo a slacciarla. Persi i sensi per un po’ e mi ritrovai poi a guardare il cielo. Sopra di me la luna era piena e luminosa, così bella. Tossii il sangue che mi era finito in gola e guardai l’ombra oscurare la luna e avvicinarsi alla mia macchina, la targa era l’unica cosa a non essere ancora carbonizzata: 6 QGM 387. La vidi chinarsi poi qualcosa di luminoso mi accecò. “Non osare farlo!” disse qualcuno. Scorsi l’ombra fuggire via con un balzo mentre uno sconosciuto si avvicinava a me.

 

 


“Sei il sopravvissuto” mi disse Stiles guardandomi con ambivalenza. Capivo che non sapeva cosa provare nei miei confronti. Paura, sorpresa, risentimento e una punta di speranza arrivarono a stuzzicarmi l’olfatto.
“Bastardo” ringhiai sollevandolo dalle lamiere per spingercelo contro più forte di prima. Mi ritrasformai in un lampo mentre lui mi lasciò andare una mano che prontamente chiusi a pugno per colpirlo in volto. Uno squarcio mi dilaniò il petto. Gli artigli di Stiles si conficcarono in profondità oltrepassando la maglietta e infilzandosi nella carne.
Un’altra ginocchiata mi colpì il fianco destro. Indietreggiai barcollando. Gemetti di dolore e mi tastai la ferita. Osservai Stiles sollevarsi a sedere per poi scendere dalla macchina distrutta.
“Tranquillo, guarirai” cercò di rassicurarmi con un sorrisetto beffardo. Guardai la mia mano sporca di sangue mentre sentivo la ferita ricucirsi lentamente.
“Passeggero dell’auto 6 QGM 387, sappi che è stato un piacere” salutò.
Argent pensava davvero che lo avrei solo catturato? Io lo avrei ammazzato! Lì, in quel preciso momento. Con le macchine che si erano fermate in mezzo alla strada e suonavano i clacson, non capendo chi fossimo e quanto loro si stessero mettendo i pericolo. Sentii anche il mio cellulare squillare.
Balzai in aria e caricai la mano sporca di sangue. Atterrai alle sue spalle e gli lacerai la felpa con gli artigli sentendoli penetrare nella carne. Stiles si voltò con una smorfia dolorante ma mi riattaccò immediatamente con un calcio sul petto. Gli afferrai la gamba sollevata con una mano e con l’altra gli graffiai l’intera coscia. Il sangue fece diventare i suoi jeans blu scuro. Stiles guardò verso il cielo e ruggì dal dolore.
Guardai la sua gamba e vidi il segno dei miei artigli sparire ad una velocità elevatissima. Poi ricordai: io ero più forte, ma lui guariva più rapidamente. Fece leva sull’altra gamba e si sollevò interamente per calciarmi il volto. Cadde per terra quando lo lasciai andare.
Indietreggiai di un paio di passi e mi massaggiai la mandibola. Lui si rialzò fulmineo. Ero a malapena cosciente delle persone intorno a noi. Molti erano scappati, altri ci stavano filmando e in più sentivo anche le sirene avvicinarsi. Anche Stiles le aveva sentite.
Ringhiò dalla frustrazione lanciando un’occhiata agli oggetti rubati. Capii che voleva prenderli e scappare ma vidi dal suo sguardo che sapeva che l’avrei rincorso anche per chilometri e che avrei scoperto il suo nascondiglio.
Mi avvicinai velocemente e caricai un pugno con la mano destra. Vidi il giovane licantropo imitarmi. Afferrai il suo polso e lui fece altrettanto. Quella era una battaglia che non poteva vincere: io ero più forte e lo comprese anche lui. Sogghignai fissandolo negli occhi gialli. Lo spinsi, ringhiando minacciosamente contro il suo volto. Volevo farlo inginocchiare, volevo sottometterlo e farlo sentire impotente come mi aveva fatto sentire quella notte.
Stiles mi si avvicinò pericolosamente e affondò i canini nella mia spalla sinistra. Il mio ringhio minaccioso divenne un uggiolato di pena. Adottai la sua stessa tecnica e gli morsi il braccio che gli tenevo fermo. Latrò di dolore solo per un secondo e poi la ferita si ricucì immediatamente. Lo fissai infuriato vedendo il mio sangue gocciolare dai suoi denti. Fu lui a sogghignare.
“Sta arrivando la polizia” disse leccandosi i canini.
“Bene. Era quello lo scopo” affermai.
“Non pensi che ci possa scappare il morto?” mi domandò con finta innocenza.
Soppressi un altro ringhio mentre lui mi azzannava anche la spalla destra. “Può darsi. Sì, ho proprio voglia di ucciderti in questo momento” replicai con un po’ di sarcasmo che mi aiutava a non pensare al dolore lancinante. La dottoressa Martin aveva fatto un ottimo lavoro con l’elettricità, si era però dimenticata che per abituarmi al dolore fisico sarebbe stato utile anche farmi fare alcuni combattimenti con dei pitbull.
“La polizia arriva e ci ordina di mettere le mani dietro la testa. Se lo fai io scappo, se non lo fai loro sono autorizzati ad aprire il fuoco, in quanto considerato una minaccia pericolosa” elargì Stiles quasi divertito.
“Ora, io posso guarire, ma poi senza dubbio attaccherei colui che ha osato premere il grilletto, e riuscirei comunque a svignarmela, mentre tu staresti a terra a disperarti e a ululare di dolore come un lupetto” gongolò .
Dovetti ammettere che aveva ragione. L’unico modo sarebbe stato far arrivare qui la Stilinski Corporation a spiegare la situazione. La polizia non avrebbe mai dato retta ad uno con le orecchie a punta e gli occhi blu elettrico.
“Dubito che riusciresti ad attaccare qualcuno se ti sparassero un colpo in testa” risposi sempre più arrabbiato.
“Passeggero dell’auto 6 QGM 387, hai davvero intenzione di scoprirlo?” mi chiese con tutta la calma del mondo.
“Smettila di chiamarmi così!” urlai. Diminuii la presa sul suo polso e lo lasciai andare. Lui fece lo stesso. Si chinò per prendere le cose che aveva lasciato cadere prima dello scontro ma glielo impedii. “Lasciale lì”.
Si voltò a fissarmi, il suo aspetto era di nuovo umano. “Seriamente credi che ti dia ascolto?” mi sfidò.
“Hai davvero intenzione di scoprirlo?” rigirai la sua domanda ostentando serenità e non facendogli vedere quanto in realtà provassi dolore.
Sbuffò una risata e annuì. “D’accordo, Derek”.
Quella volta fui io a sobbalzare e lui se ne accorse. Non feci in tempo ad aggiungere nient’altro che lo vidi saltare su un’auto con uno slancio poi, con uno zompo, riuscì a scavalcare due moto ferme in mezzo alla strada e ad atterrare sul tettuccio di un minivan. Dopo pochi secondi scomparve nel nulla.
Le sirene divennero sempre più vicine. Mi massaggiai le spalle, quasi completamente guarite dai morsi del primo licantropo e mi chinai a raccogliere quei cinque oggetti che avevano causato tutto quel trambusto. Aggrottai le sopracciglia confuso. Aveva rapinato un’erboristeria per prendersi delle fottutissime tisane? Aveva davvero rischiato così tanto per così poco? Erano cinque confezioni di cinque diversi colori e gusto. Tisana alla fragola, al limone, al tè verde, allo zenzero ed infine… tisana alla liquirizia. Feci una smorfia di disgusto e mi allontanai dal luogo dell’incidente. Diedi un’ultima occhiata alla mia Camaro ormai distrutta mentre le persone che avevano assistito a tutto quello spettacolo mi lasciavano passare terrorizzate, alcuni mi fecero delle foto.
Il mio cellulare squillò per l’ennesima volta e decisi di rispondere: era il dottor Lahey. “Ti aspettiamo all’incrocio tra la palestra e il ristorante thailandese” mi disse, poi riagganciò.
Lo raggiunsi dopo una velocissima corsa che durò non più qualche minuto. Ed entrai nella sua macchina. Lui guardò la mia maglietta strappata e la giacca di pelle bucata all’altezza delle spalle ormai completamente guarite.
“Ho avuto una giornata intensa” mi giustificai.
Lui sbuffò e mi riportò alla Stilinski Corporation.

 

 


Entrai in ascensore e aspettai che le porte si richiudessero davanti a me.
“Indicare nome e numero del piano” disse la solita voce metallica.
“Derek Hale. Meno uno” tentai per l’ennesima volta in quei ultimi giorni.
“Derek Hale. Meno uno. Accesso negato” rispose.
Sbuffai un ringhio. Al piano meno uno sapevo che c’erano gli archivi e le scale erano state murate per impedire l’ingresso alle persone non autorizzate. Il dottor Argent mi aveva detto chiaramente che non potevo avere accesso. Negli archivi c’erano tutti i documenti, tutti i file riguardanti la mutazione e gli esperimenti fatti a me e Stiles. C’erano tutti i segreti della Stilinski Corporation e, a quanto ne sapevo, solo Argent ne aveva accesso.
“Derek Hale. Quattordici” pronunciai allora togliendomi la giacca e guardando i punti in cui Stiles l’aveva bucata con i denti.
“Derek Hale. Quattordicesimo piano. Alloggi. Accesso consentito”.
Le porte si riaprirono dopo pochi secondi con uno scampanellio simpatico. Mi diressi verso la mia stanza e non fui sorpreso di trovarci il dottor Argent all’interno, seduto alla mia scrivania strapiena di fascicoli.
“Sì, l’ho lasciato andare” esordii prima che potesse anche solo salutarmi. Lanciai la giacca sul letto e lo vidi osservare con ammirazione la maglietta bianca lacerata sul petto e all’altezza delle spalle.
“Lo so. Un incontro interessante?” chiese curioso.
Lo guardai in malo modo. “Mi ha distrutto la Camaro” mi lamentai.
“So anche questo” disse quasi divertito ricambiando il mio sguardo.
Dai segnali chimici che emanava capivo che non era deluso dal mio operato, né arrabbiato. Evidentemente sapeva meglio di me che non sarei riuscito a catturare Stiles alla prima occasione.
“Avete parlato di qualcosa?” curiosò. Il suo cuore aumentò di poco il battito. Cercava di sembrare indifferente ma era impaziente quanto me di avere il primo licantropo tra le mani.
Scossi la testa. Non volli dirgli che lui si ricordava di me, che rammentava addirittura la targa dell’auto su cui stavo viaggiando e che, cosa ancora più allucinante, sapeva il mio nome.
Chris si alzò dalla sedia e mi fronteggiò. Sapeva che stavo mentendo, riuscivo a fiutare i suoi dubbi. “Se hai bisogno di qualcosa, fammi sapere” disse per congedarsi.
“Una cosa c’è” esclamai avvicinandomi alla scrivania e aprendo un paio di fascicoli prima di trovare una delle foto che settimane prima Argent mi aveva mostrato: quella in cui uno Stiles bambino e malato stringeva un peluche a forma di koala. La mostrai al dottore. “Voglio questo” ordinai.

 

Lasciate traccia del vostro passaggio: una recensione, anche breve, è pane quotidiano per gli scrittori.
Il numero della targa è lo stesso numero della Jeep di Stiles in Teen Wolf.

 

  
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