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Autore: WiseGirl    10/05/2020    3 recensioni
“I raggi del sole illuminarono tutti quei frammenti di polvere che riempivano l’aria. Natsu si perse
ad osservarli e gli sembrò che dessero alla sagoma di Lucy un che di etereo. Happy non parlava e il suo udito
di Dragon Slayer poteva percepire solo il respiro irregolare di lei. Sapeva che non si trattava dell’affanno
dovuto alla rampa di scale per raggiungere la camera da letto. Da quando l’aveva rivista, Lucy alternava
respiri concitati e agitati a lunghi e tristi sospiri. Sapeva sempre cosa le passasse per la testa, ma non in quei
pochi giorni. E lei non gli parlava, era scostante e reagiva freddamente. Cosa era successo alla sua Lucy?”
In un anno sono cambiate tante e troppe cose. Lucy a Magnolia ci ha lasciato solo quel cuore che non
governava più. Il cuore che dipendeva da Natsu.
Lui, invece, a Magnolia aveva lasciato la ragione, l’aveva persa quando aveva deciso di partire. La ragione
della sua felicità: Lucy.
Vogliamo davvero credere che quando Lucy ha rivisto Natsu dopo un anno, abbia semplicemente accettato la cosa e puf, tutto sia tornato come prima? Mashima non ci ha mai dato un chiarimento, perciò ci penso io.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lucy Heartphilia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Segni di un tempo senza di te

 

–Natsu, sono stufa di dormire in terra! Stanotte ci fermeremo in un hotel– Lucy era stata chiara, non avrebbe sopportato un’altra notte nei boschi e il rifiuto di Wendy di tornare a Fairy Tail aveva messo ancora più a dura prova i suoi nervi.
–Sai che non ho un centesimo, non saprei come pagarlo un hotel– le ricordò l’amico.
–Ti ho detto che devi smetterla, pagherò io. Ho anche bisogno di farmi un bagno come si deve– esalò esasperata toccandosi i capelli che sentiva terribilmente sporchi. Avevano lasciato Crocus da tre giorni per mettersi in viaggio per Magnolia e riunire il team più forte di Fairy Tail. Le notti le avevano sempre trascorse all’aperto e, meno felice di lei di tutto ciò, c’erano sicuramente i suoi lunghissimi capelli, nei quali la mattina aveva trovato delle foglie e persino una lumaca! Anche se sospettava fosse solo colpa di Happy, aveva comunque bisogno di un letto vero e quella città capitava a proposito.
–Sei la nostra salvatrice, Lucy!– esclamarono in coro Natsu e Happy inchinandosi ai suoi piedi.
–Smettetela! Così mi imbarazzate!– ripeté la ragazza. Il trio si avviò per la polverosa strada di quella piccola cittadina. Le costruzioni si alternavano una all’altra ai lati di quella che intuirono essere la via principale, la loro diversità rendeva irregolare il percorso che gli occhi di Lucy avevano intrapreso. Erano di altezze diverse, di materiali e colori tutti differenti, ma era questo a rendere il posto speciale.
Trovarono un hotel modesto dopo mezz’ora di ricerca. Aveva una camera doppia che faceva proprio al caso loro. La stanza era piccola, appena sufficiente per due letti singoli, due comò ed una scrivania sul fondo. Tuttavia, sulla parete opposta alla porta d’ingresso, c’era un’ampia finestra che dava sul balcone.
Per prima cosa, Lucy spalancò le tende e la luce di quel caldo pomeriggio entrò nella stanza. I raggi del sole illuminarono tutti quei frammenti di polvere che riempivano l’aria. Natsu si perse ad osservarli e gli sembrò che dessero alla sagoma di Lucy un che di etereo. Happy non parlava e il suo udito di Dragon Slayer poteva percepire solo il respiro irregolare di lei. Sapeva che non si trattava dell’affanno dovuto alla rampa di scale per raggiungere la camera da letto. Da quando l’aveva rivista, Lucy alternava respiri concitati e agitati a lunghi e tristi sospiri. Sapeva sempre cosa le passasse per la testa, ma non in quei pochi giorni. E lei non gli parlava, era scostante e reagiva freddamente. Cosa era successo alla sua Lucy? Anche se mentire a se stesso per sentirsi meglio gli era comodo, lo sapeva benissimo. L’aveva realizzato tardi, ma l’aveva realizzato.
–Vado a farmi una doccia– gli disse sorridendo per nascondere l’ennesimo brutto pensiero. Si sfregò gli occhi per alleviare il familiare pizzicore delle lacrime. Pur sapendo di non potersi nascondere ai suoi occhi si giustificò: –La polvere…– e si diresse in bagno.
Non appena sentì l’acqua scorrere, il Drago Slayer si animò.
–Cosa stai facendo?– chiese curioso il gattino.
–Non posso recuperare un anno, ma da qualche parte devo pur cominciare. Ne ha bisogno lei e ne ho bisogno anche io. Forza, Happy, dammi una mano!– lo esortò. Il ragazzo spostò il comò tra i due letti e li avvicinò.
–Io dico che così finiremo male sia tu che io, non ha chiaramente voglia di starci vicino e quando uscirà da lì e vedrà tutto questo, ti crederà più pervertito che dispiaciuto– Happy fu brutalmente diretto. Demoralizzato Natsu si sedette sul letto.
–Che cosa devo fare secondo te?– era abbattuto come mai prima. Aveva sempre saputo cosa fare con Lucy, ma da quando si erano riuniti lei ed i suoi pensieri gli sfuggivano. Come se quel filo rosso che li legava fosse stato tagliato; a pensarci bene, a tagliarlo era stato proprio lui un anno prima.
–Parlaci. È una cosa che non avete mai fatto, ma ormai ti rimane solo quello. Ha bisogno di risposte– anche Happy sembrava piuttosto giù per la situazione in cui si trovava il loro trio. La prendeva sempre in giro, ma Lucy era sicuramente una delle persone a cui teneva di più.
–Wow, non ti facevo così profondo– commentò Natsu stupendosi dell’Exceed.
–Lo dico perché a te non basta farle le coccole come faccio io. Non sei carino quanto me– il gattino si coprì il musetto con le zampine, riservando al Dragon Slayer uno sguardo furbo. Ed ecco che tornava il solito, irriverente Happy. Tuttavia, l’amico aveva ragione: doveva affrontarla e non rimandare ancora, fingendo che tutto fosse come un anno prima. Non lo era.
Per tutto il tempo in cui la ragazza rimase in bagno, Natsu rifletté da dove cominciare quella chiacchierata. Sapeva che la domanda che Lucy non aveva il coraggio di fargli era perché se ne fosse andato senza di lei e, da qualsiasi direzione la guardasse, la vera risposta gli sembrava sempre più egoista: aveva bisogno di tempo per sé, qualcosa che lei non gli poteva dare. Ma come dirle una cosa del genere senza farla soffrire? Per quanto Natsu si giustificasse per la scelta fatta, non riusciva a togliersi dalla testa lo sguardo risentito e le lacrime di Lucy che aveva visto mille volte nei propri incubi e l’avevano accompagnato in quell’anno di allenamenti. La cosa che più lo spaventava di quei brutti sogni era che potessero benissimo essere veri, che da qualche parte a Fiore Lucy stesse piangendo a causa sua. Quando l’aveva lasciata aveva sottovalutato il valore della propria presenza nella vita della ragazza, aveva preso alla leggera troppe cose; però, quel viaggio era ciò che voleva fare. Come poteva spiegarle tutto ciò senza ferirla ancora?
 
Lucy uscì dal bagno frizionandosi i cappelli con l’asciugamano. Aveva indossato il pigiama e scalza, in punta di piedi per non sentire freddo, raggiunse le pantofole che aveva lasciato all’ingresso. Natsu seguì muto la sua figura e si chiese con quale forza fosse riuscito a lasciarla a Magnolia.
–Che è successo qui?!– esclamò indicando i due letti uniti a formare un matrimoniale.
–Nulla, che c’è di strano?– finse Natsu sollevando le spalle per avvalorare la sua bugia innocente. Si era scordato di rimettere tutto in ordine.
–Sono abbastanza sicura che i letti fossero due…– Lucy si avvicinò e fece per separare i due materassi, ma l’amico la bloccò sdraiandosi orizzontalmente, tanto valeva provarci: –No, ferma! Ti prego… solo per stasera– le chiese. La maga degli spiriti stellari si disse che quel ragazzo doveva avere qualcosa in mente e, combattendo il proprio buonsenso, assecondò quella folle idea: dormire nello stesso letto. Certo lui si era infilato spesso sotto le sue coperte quando ancora esisteva Fairy Tail, ma così sarebbe stato diverso. Si ripromise di non lasciarsi sfiorare, di non concedergli più nulla, nemmeno uno sguardo troppo indulgente. Voleva restituire il nulla alla persona che per prima aveva portato via tutto dalla sua vita. La tristezza e la malinconia non erano le uniche emozioni che l’assenza di Natsu aveva scatenato. Quando lo rivide, oltre ad una fugace felicità, provò un’enorme collera nei confronti dell’amico e si era imposta di stargli il più lontano possibile.
–E va bene, ma non ti azzardare ad oltrepassare la metà del letto, perché altrimenti ti faccio dormire sul pavimento– fu perentoria prima di cercare il phon ed iniziare ad asciugarsi i lunghissimi capelli.
Natsu approfittò del fatto che si fosse calmata per andare a farsi un bel bagno caldo insieme ad Happy che, per tutto il tempo, l’aveva osservato con una sola frase negli occhi: te l’avevo detto. Mentre l’exceed galleggiava pacifico, Natsu ripassava il suo discorso nella mente: prima le avrebbe chiesto di seguirlo sul balcone, magari la vista l’avrebbe addolcita; poi avrebbe iniziato a spiegarle perché avesse deciso di partire, fino a giungere al cuore della questione, perché non l’aveva portata con sé.
–Natsu, io non voglio che Lucy picchi anche me, perciò credo che non appena avremo finito qui, io me la squaglierò– sorrise il gattino.
–Come te ne andrai?! Lascerai che mi uccida senza fare nulla?– il ragazzo sembrava davvero allarmato.
–È innamorata di te, non ti farà nulla!– il gattino scacciò la questione come qualcosa da poco, ma il Dragon Slayer rimase pietrificato.
–Non dirmi che non te ne sei mai accorto– l’espressione di Happy era un misto di incredulità e rabbia perché quel ragazzo non poteva essere davvero così ottuso.
–Natsu, come devo fare con te? Me ne sono reso conto io che sono un gatto e neppure tanto sveglio, tu devi proprio essere scemo!
–Come mi hai chiamato?! Prova a ripeterlo!– il mago scattò verso l’amico cercando di afferrarlo, ma questo era già sgusciato fuori dalla vasca e dal bagno per fiondarsi tra le braccia di Lucy.
–Lucy! Natsu mi vuole picchiare– si lamentava facendosi coccolare dall’amica. Il Dragon Slayer arrivò di volata in camera per acciuffarlo. La ragazza si lasciò sfuggire un sorriso a quel teatrino. Errore imperdonabile perché Natsu lo notò e, come benzina sul fuoco, esso si riversò sulle parole che poco prima Happy gli aveva rivolto: è innamorata di te. Non se n’era mai accorto, o meglio, non aveva mai messo la giusta etichetta a quei comportamenti che la ragazza riservava solo a lui. Allora quell’anno era stato difficile per lei quanto lo era stato per lui. Doveva parlarle, stringerla, scusarsi, b​aciarla. Natsu rimase interdetto da ciò che era andato a pensare. Per la prima volta ammetteva a se stesso che lei gli faceva anche quell’effetto.
Lucy dovette notare quello smarrimento, ma non poteva certo immaginare di esserne la causa e lo ridestò, ammonendolo per il fatto che stesse bagnando tutto il pavimento. Lo rispedì in bagno ad asciugarsi e poco dopo ci mandò anche Happy che le aveva infradiciato il pigiama.
–Sei contento? Per colpa tua ha sgridato entrambi– il lato eternamente bambino di Natsu emerse ancora.
–Io ho solo detto la verità– replicò Happy sbuffando.
I due amici uscirono dal bagno senza rivolgersi la parola. Natsu si sedette pesantemente dalla sua parte del letto e Happy si acciambellò sul cuscino di Lucy. La ragazza sembrò intuire che tra i due qualcosa non andasse e, discretamente, stuzzicò la coda dell’exceed per attirarne l’attenzione. Lo invitò a parlare con l’amico con un semplice cenno della testa ed il sorriso che solo lei sapeva rivolgergli. Natsu aveva preso malissimo quella loro separazione, ma non era stato facile nemmeno per il gattino. Per quanto il Dragon Slayer desse per scontato che non fosse così, la maga era molto importante anche per lui, era parte della sua famiglia. Happy si alzò e si avvicinò all’amico. Con la zampina lo chiamò e ad occhi bassi iniziò: –Natsu, scusami se ti ho chiamato scemo perché non hai mai capito che L– l’amico gli tappò abilmente la bocca prima che potesse combinare un guaio.
–Ti perdono! Lasciamo perdere, è acqua passata– Natsu lo strinse a sé cercando di dissimulare, ma lei li stava osservando estremamente scettica. Chi li capiva quei due? Tornò presto ad asciugarsi i capelli lasciandoli alle loro discussioni. Il ragazzo permise finalmente al gattino di tornare a respirare e lo minacciò eloquentemente con lo sguardo. Nella stanza regnò nuovamente il silenzio delle parole ed il rumore bianco del phon. Rimasero in quell’aria estremamente densa di tensione e malinconia senza dire niente fino a che Lucy non finì.
Gli dava ancora la schiena e, seduta dalla propria parte del letto, si spazzolava i capelli posati sulla spalla destra. Li lasciò scivolare lungo la schiena non sapendo di essere osservata. Proprio mentre li stava spostando sulla spalla opposta si sentì dire: – Che bei capelli lunghi hai!– Happy si avvicinò per accarezzarli, ma prima che potesse rispondere al gattino, Natsu attirò la sua attenzione.
–Cos’è quella?– chiese indicando vagamente la spalla destra.
–Cosa intendi?– gli chiese osservandolo da sopra la spalla, mentre ancora gli voltava la schiena. Natsu si avvicinò gattonando sul letto per poi fermarsi appena dietro di lei in ginocchio. Le scostò una ciocca che copriva ciò che stava osservando. Quando i polpastrelli incontrarono la sua pelle, Lucy rabbrividì. Era quella la sensazione che provava ogni volta che Natsu la sfiorava? Come poteva averla dimenticata? No, non l’aveva scordata, l’aveva desiderata così tanto in quell’anno da far male. L’aveva sognata fino ad idealizzarla e ad averne un’immagine distorta. Ora le sembrava così nuova, come se fosse la prima volta che quelle dita di braci la toccassero. Il cuore perse un battito e i brividi la scossero.
–Questa– disse passando il dito su di una piccola cicatrice tra la spalla destra e il collo. Lucy si sentì così esposta quando Natsu ritrasse la mano. Voleva che quel contatto durasse ancora e ancora, che tornasse ad essere naturale per loro guardarsi, parlarsi, toccarsi. Questo lo diceva il cuore, ma la testa e l’orgoglio rifuggivano ogni sforzo di approccio da parte del ragazzo. Chissà poi come l’aveva notata quella cicatrice, era minuscola ed insignificante.
–Oh, quella? Non è nulla, diciamo che è stata la ricompensa di un lavoro non del tutto riuscito– accennò la ragazza mentre con i polpastrelli sfiorava un piccolo segno sulla pelle. Era lungo circa un centimetro e si era stupita che il ragazzo l’avesse notato.
–Racconta– la esortò Natsu tornando a sedersi. Si era sistemato a gambe incrociate poco distante da lei e Lucy l’aveva notato perché tutto di lei le imponeva di scoppiare a piangere ancora e di stringerlo, come avrebbe voluto fare la stessa mattina in cui aveva trovato la lettera e le era crollato il mondo. Tutto di lei la spingeva a farlo, meno che la ragione.
Sospirò per ricomporsi e prepararsi a raccontare la storia insignificante di un lavoro svolto da sola appena fuori Magnolia.
–Non si trattava di un impiego troppo complesso, ma pagavano bene, perciò avevo accettato. Erano svariate notti che in quella zona una volpe attaccava i pollai. Gli abitanti si erano rivolti ai maghi perché catturarla sembrava impossibile– Happy le si mise in braccio ed ascoltava interessato.
–Mi sono accampata appena fuori dal bosco, ma per le prime due notti non vidi nulla, tuttavia, le galline continuavano a sparire. La terza notte decisi perciò di rimanere sveglia. Virgo mi teneva compagnia e sembrava tutto tranquillo fino a che non sentimmo del trambusto provenire da un pollaio lì vicino. Accorremmo, ma nulla: la volpe era svanita insieme ad una gallina bella grassottella. Restammo in attesa sperando che quello strano animale non ci avesse notate– Lucy iniziò ad accarezzare il pelo morbido di Happy.
–Evidentemente quel pollaio sarebbe stato il suo bersaglio per quella notte, decidemmo perciò di rimanere appostate appena dietro gli alberi per avere una buona visuale. La volpe tornò, ma fu lì che ci accorgemmo che non si trattava di un animale, ma di un mago. Una figura alta e snella di avvicinò alla recinzione e, sfruttando le ombre come passaggio, entrò ed afferrò un’altra gallina. In quel momento capii che si trattava di un grande malinteso: nessuna volpe, solo un ladro estremamente abile– la ragazza fece una pausa e sembrò ricordare quella storia con un sorriso ed ecco che Natsu ed Happy divennero ancora più curiosi.
–E poi che hai fatto?– chiese il gattino.
–Allora ho evocato Loke che con la sua luce gli tagliò la fuga eliminando le ombre. Feci per attaccarlo, ma anziché difendersi, quell’uomo cadde in ginocchio e piangendo mi implorò di non fargli del male. Mi sembrava una reazione estremamente esagerata per il furto di qualche gallina, perciò, prima di chiamare i proprietari del pollaio, lo feci uscire e lo convinsi a raccontare. Quell’uomo non era un mago professionista e nemmeno un ladro, ma una brutta malattia gli aveva portato via la moglie e si era ritrovato a dover crescere da solo il figlioletto di neanche un anno. Aveva dovuto lasciare il proprio lavoro nella gilda di mercanti per poter badare al piccolo ed era presto rimasto al verde. Tutto ciò che riusciva a fare era vendere le verdure e la carne degli animali che rubava durante la notte– Lucy sorrise ancora.
–Sì, con il senno di poi è stato estremamente sciocco da parte mia credergli, ma lo seguii fino a casa sua. Ciò che mi aveva detto era tutto vero, il bambino dormiva e, nel cortile appena fuori casa, ritrovai le galline sparite quella sera. Quell’uomo mi intenerì a tal punto che ci accordammo: lui non avrebbe più sottratto galline da nessun pollaio, io avrei intascato il pagamento del lavoro e l’avremmo diviso a metà. Fu proprio lui ad insistere su quest’ultimo punto, ma con una piccola bugia riuscii a dargli la cifra intera, così che riuscisse a riorganizzarsi per una vita onesta– un sorriso caldo le si dipinse sul volto.
–E la cicatrice?– chiese Natsu al quale interessava più che altro quella. Lucy rise.
–Questa me l’ha fatta una delle galline mentre le riportavamo nel pollaio– Happy rise insieme a lei e la prese in giro.
–Ogni tanto ripenso a quell’uomo– la ragazza sospirò e con sguardo perso continuò: –Non deve essere facile con un bimbo così piccolo.
–Ma lui è anche la sua forza, non è solo– Natsu lo disse innocentemente, ma quelle parole ebbero l’effetto opposto sul cuore di Lucy.
Punta sul vivo non riuscì a trattenersi: –Certo che non è solo, ma da un giorno all’altro si è trovato senza la sua compagna di vita e inevitabilmente è crollato tutto– si morse la lingua fino a farsi male. Si era lasciata trasportare e, ormai, il discorso non poteva più essere lasciato da parte. La stanza intera raggelò, l’unica cosa che ancora si muoveva erano le tende.
–Bene, io ho proprio una gran voglia di pesce e ho visto un laghetto niente male poco fuori dal villaggio– Happy non perse tempo, spiccò il volo e si fiondò fuori dalla finestra tagliando la corda. Lucy e Natsu rimasero immobili a guardarsi per qualche secondo. Fu lei la prima a distogliere lo sguardo per alleviare di nuovo il pizzicore agl’occhi dato dalle lacrime.
–Scusa, lascia perdere, sono solo stanca e ho bisogno di dormire– gli disse prima di superarlo velocemente ed uscire sul balcone della stanza per darsi sollievo e allontanarsi. La ragazza rivolse lo sguardo al cielo in cui iniziavano a spuntare le prime stelle del cielo estivo. Si era messa in una situazione piuttosto scomoda, Natsu non gliel’avrebbe lasciata passare così ed infatti lo sentì raggiungerla sul balcone. Con la coda dell’occhio lo vide appoggiarsi con la schiena al parapetto e, come lei, rivolgere lo sguardo alla volta celeste.
–Lucy, ascolta…
–Natsu, per favore, non pensare a ciò che ho detto prima, ho sbagliato– cercò con gli occhi un qualsiasi luogo in quella piccola stanza d’hotel che potesse nasconderla a lui, ma non si poteva certo chiudere in bagno fino al giorno dopo e nemmeno andarsene lasciandolo lì.
–Avevo comunque intenzione di parlare con te di questa faccenda, perché mi sembra di essere tornato e di aver trovato una persona diversa, non la mia migliore amica– disse estremamente franco, senza timore di poterla ferire. E fu esattamente quello l’effetto che le sue parole ebbero. Il cuore di Lucy si spezzò e le sembrò persino che producesse un male fisico. Una stretta nel centro del petto che toglie il respiro e trascina con sé tutto: la lucidità, la forza di reggersi in piedi e la capacità di reagire. La ragazza rimase in silenzio cercando di riprendere a respirare con regolarità prima di rivolgersi a lui, finché sprezzante non gli sibilò: –Beh, forse hai ragione.
Con sguardo vuoto e passo tutt’altro che deciso si mosse per rientrare. Quella reazione di lei gli fece capire di non essere stato esattamente delicato, ma non si voleva sentire male se per una volta aveva voluto pensare a sé… e in realtà nemmeno era così! L’aveva fatto per i suoi amici, la sua gilda, la sua famiglia! Perché lei non lo comprendeva? Perché rendeva tutto così difficile? Perché?! Le prese il polso ed era sul punto di sfogarsi abbandonandosi alla collera, ma le parole di Happy di nuovo gli risuonarono nella testa: è innamorata di te. Mitigarono le sue emozioni e chiarirono che con le grida non avrebbe ottenuto nulla se non altra rabbia.
–E continuerai a biasimarmi per questo?– le chiese tirandole leggermente il braccio per invitarla a voltarsi, ma Lucy non gli volle dare corda.
–Lasciami…– lo pregò con un filo di voce.
–Ti prego–  le chiese facendo scivolare la propria mano in quella di lei guidato dal proprio istinto. La ragazza la ritrasse come scottata, ma non rientrò. Sembrò meditare e poco dopo parlò: –Non capisco cosa tu mi stia chiedendo, hai detto di volerne parlare e affrontare l’argomento, ma non va bene come reagisco. Io sono disposta anche semplicemente a tacere e continuare a vederti uscire da casa mia, dopo aver lasciato la lettera, come faccio da un anno– finalmente rivolse lo sguardo a lui, ma il carico di tristezza aveva spazzato via quella scintilla che lui notava ogni volta che la ragazza lo guardava.
–Natsu, io non riesco a chiudere gli occhi e vedere qualcosa che non sia tu. Sei sempre lì e, anche se ormai in maniera sorda, continua a fare male. Hai fatto ciò che hai fatto perché quella era la tua scelta e mi va bene così, ma ti prego di non insistere perché mi stai facendo male.
Il Dragon Slayer rimase interdetto dalle sue parole. Mi stai facendo male gli aveva detto. Sapeva di aver sottovalutato la propria presenza nella vita dell’amica, ma sentire dalla bocca di lei l’avverarsi della sua paura più grande, fu paragonabile solo alla sensazione di smarrimento che provò quando un’altro dei suoi timori era diventato realtà. L’evento a cui rifletteva ogni momento, a cui ripensava ogni volta che uno dei suoi pugni non gli sembrava sufficientemente forte: il dardo del Rogue del futuro che non trafisse la maga di fronte ai suoi occhi, solo perché la Lucy del futuro si mise in mezzo. Un dardo che lui non era riuscito a fermare.
–Lucy…– la voce gli tremava mentre riviveva ancora una volta la scena avvenuta nel castello di Crocus. Prese il coraggio a due mani e cercò di rimuovere il terrore e la rabbia che lo attanagliavano, mentre quel dardo gli sfuggiva dalle mani. Maledizione. Se solo se ne fosse reso conto prima, se solo fosse stato più veloce, più attento… più forte. Il respiro accelerò involontariamente, serrò i denti e scintille scaturirono dai pugni chiusi.
–Natsu, cosa…– esclamò lei tradendo finalmente un’emozione, anche se era solo preoccupazione vedendolo in quello stato. Il Dragon Slayer aprì gli occhi e Lucy poté giurare che erano lucidi.
–Lucy, ti prego di lasciarmi spiegare. Solo stavolta, lascia che ti parli come non ho mai fatto prima e poi potrai tornare a trattarmi come un estraneo, ma fammi spiegare–. Come sapendo che per poterci riuscire aveva bisogno di uscire da quello stato, Lucy gli prese la mano, combattendo con ogni minima parte della propria volontà contro la ragione che le intimava di piantarlo lì, andare a cercare Happy per dirne quattro anche a quel gattaccio.
Al tocco di lei tutto si quietò. Quel corpo senza vita che abitava la sua mente e i suoi incubi venne sostituito da quello vivo, florido ed in attesa di ogni sua parola che stava di fronte a lui.
Come se ritornasse a respirare solo in quel momento, Natsu raccolse i pensieri ed iniziò: –Io ne avevo bisogno, Lucy. Dovevo diventare più forte per te, per Igneel, per gli altri e un allenamento così mi era indispensabile– sorvolando su quel per te che in realtà l’aveva toccata, Lucy si incupì e gli fece segno di proseguire.
–In realtà non c’è molto altro da aggiungere, ne avevo bisogno e l’ho fatto per i motivi che ti ho detto nella lettera: dovevo diventare più forte e a Magnolia non ci sarei riuscito. Non mi aspettavo certo che il master sciogliesse la gilda, credevo che saresti stata bene con gli altri– in quel momento Lucy non riuscì a trattenersi e si scostò malamente da lui.
–Posso farti una domanda?– gli chiese lei trattenendo a stento il nervosismo. Ad un cenno di lui lo fissò e gli chiese: –Perché non mi hai portata con te?–
Natsu se l’aspettava, aveva immaginato che fosse quella la principale motivazione per la sua freddezza, ma quando si trovò poi a doverle rispondere, rimase spiazzato. Non c’era una risposta giusta perché sapeva di aver sbagliato.
–Perché avevo bisogno di rimanere solo– le buttò lì, ma questo la scatenò.
–Ah, sì?! Happy però andava bene!– non voleva darlo a vedere, ma aveva pensato spesso al fatto che Natsu avesse pensato di portasi solo il gattino e non poté fare a meno di chiedersi se fosse perché lei era arrivata dopo nella sua vita, perché non la considerasse abbastanza forte o… abbastanza importante le suggeriva spesso la sua coscienza.
–È diverso! Era un viaggio rischioso e non potevo lasciare Happy, è il mio migliore amico, non ha nessuno all’infuori di me. Tu, invece sei…– e si fermò, stava andando male, malissimo. Lucy era scioccata. Dipinta sul suo volto c’era un’espressione sbigottita e ferita come mai gliene aveva viste.
–Io cosa?– lo minacciò con sdegno nella voce.
–Beh, tu saresti stata bene con gli altri! Avreste lavorato e ti saresti guadagnata i jewels per l’affitto, insomma, eri in buone mani–
–Questo l’hai già detto. Continua quello che stavi dicendo. Voglio sapere cosa sono, prima di uscire da quella porta e tornarmene a Crocus per non vederti mai più– non sapeva nemmeno lei con quale forza gli stesse dicendo quelle parole, perché non poterlo più avere accanto era ciò che aveva temuto per un anno intero, ma dopo tutto quello, era l’unica cosa che desiderava. Tuttavia, non immaginava nemmeno lontanamente quanto quelle parole pesassero sul cuore di Natsu che agì per difendersi: –Da quando scappi?– le sibilò sperando di sortire un qualsiasi effetto, ma la ragazza era irremovibile.
–Natsu, io sono cosa?– tremava visibilmente.
–Sei la mia migliore amica, te l’ho detto anche prima! Non capisco cosa tu voglia sentirti dire! Vuoi una scusa per potermi biasimare ancora mentre te ne vai?!– alzò la voce perché sperava di zittire le nuove immagini che gli si stagliavano nella mente: una vita senza Lucy.
–E allora perché non mi hai chiesto di venire?!– esclamò lei più forte e sorvolando su quelle ultime parole avvelenate, perché sapeva fin troppo bene che Natsu stava solo cercando di istigarla.
–Tu non hai idea di cosa io abbia dovuto affrontare in quell’anno! Come pensavi di poter sopravvivere?! Credimi, non ce l’avresti fatta– concluse scuotendo il capo. Quelle parole, a differenza delle precedenti, non riuscì ad ignorarle perché spesso le aveva rivolte a se stessa. Sapeva di non essere forte quanto Natsu, ma lui era l’unico che l’avesse mai fatta sentire una vera maga, sentirgli dire ciò la distrusse. In cuor suo sperava in una motivazione nobile che gli avrebbe fatto amare quel ragazzo ancora di più. Non replicò, anzi, annuì piano. Si voltò ed entrò in camera.
–Lucy…– iniziò lui seguendola.
Lei prese i vestiti dei giorni precedenti e li infilò nella borsa che non aveva disfatto.
–Lucy, ehi!– la rincorse senza, però, azzardarsi a toccarla o fermarla.
Lei si mise la sacca in spalla e, così com’era, con il pigiama e le pantofole si avviò alla porta.
–Lucy, aspetta!– le prese il polso proprio quando fu sulla porta.
–L’hotel l’ho già pagato, tu e Happy non dovrete preoccuparvi– gli disse atona mentre le lacrime le scendevano sul viso apatico e pallido. Abbassò lo sguardo sulle loro mani che si toccavano.
–Auguri per tutto, Natsu. Salutami Happy– gli disse sciogliendosi dal contatto e voltandosi verso la porta chiusa. La guardò mentre gli voltava le spalle e la luce lunare ne illuminava la figura e la notò per l’ennesima volta: la cicatrice poco sopra la spalla, ma non seppe dirsi perché lo rendesse così irrequieto. I suoi pensieri si agitavano, doveva fermarla, ma come? A costo di esporsi le doveva la verità. Quando la mano di lei fu sulla maniglia, il ragazzo spinse la porta perché si richiudesse.
–Lucy, io non potevo portarti con me. Non era possibile– non sapeva se lei lo stesse ascoltando oppure no, ma non dava segno di voler lottare per aprire la porta. Che stesse ancora sperando in lui?
–Non lo dico perché io non ti stimi come maga e credo di avertelo ampiamente dimostrato, ma il motivo per cui non ti ho voluta con me è davvero quello che ti ho detto. Non volevo che ti trovassi ad affrontare cose ben peggiori di ciò che abbiamo passato– nemmeno provò ad avvicinarsi.
–E non hai pensato che avrei potuto scegliere da sola? Che non mi sarebbe importato nulla di mostri e qualsiasi altra cosa tu abbia visto, se eravamo insieme?!– si era voltata e, finalmente, aveva ceduto alla rabbia, al dolore, al risentimento che Natsu preferiva all’indifferenza che aveva mostrato prima.
–No, perché io non volevo che li affrontassi!– le rispose esasperato. Perché doveva essere così difficile?
–Ah, non volevi– sottolineò sdegnata –E da quando la tua volontà conta più della mia su decisioni che dovrei prendere io?!– era fuori di sé. Il ragionamento del ragazzo era insensato, sembrava la stesse prendendo in giro, tanto per non dirle direttamente che lei gli sarebbe stata tra i piedi.
–Da quando ti ho vista morire e non ho potuto fare nulla!– gridò esasperato mentre il dolore di quel giorno tornava a colpirlo con la medesima forza.
–Non sai e non potrai mai sapere cosa si prova. Io quel dardo non l’ho preso e se non ci fosse stata la Lucy del futuro…– la voce si incrinò. Aveva vissuto quello scenario migliaia di volte nella sua testa: il corpo esanime della controparte futura di lei era sostituito con quello della ragazza che ora gli stava di fronte e gli diceva addio. Non ci sarebbero più stati lavori insieme, risate, viaggi, team Natsu.
–Se non ci fosse stata lei, ora non saresti qui con me– tremava di rabbia, paura e dolore che nulla avrebbe mai potuto annullarli.
–Non ti lascerò mai più rischiare così. Non morirà più nessuno perché non sono riuscito a proteggerlo.– concluse perentorio aspettando che lei dicesse qualcosa.
–Oh, e invece sì che so come ci si sente. Sai perché? Perché ho provato quella sensazione ogni giorno da quando mi hai piantata a Magnolia solo con questa!– estrasse dalla piccola tasca della gonna che stringeva tra le mani la lettera in pessima grafia che lui le aveva lasciato un anno prima. Natsu non poté che stupirsi. La portava sempre con sé.
–Non ti avrò visto morire davanti ai miei occhi, ma un anno intero senza uno straccio di notizie, non sapevo se fossi morto, se stessi bene. Quante volte ho pensato che la sera dopo la vittoria su Tartaros fosse stata l’ultima volta che ti avrei visto– tremava anche lei, ma poter finalmente dire tutto ciò ad alta voce le dava un alito di sollievo.
–Potevi dirmelo, non ti avrei fermato. Potevi almeno venirmi a salutare– abbassò gli occhi e trattenne a stento i singhiozzi che ormai le sconquassavano il petto.
–Come avrei fatto poi ad andarmene lasciandoti lì?– chiese spossato da tutte quelle emozioni.
–Non saresti andato!– gridò scagliandosi contro di lui e abbandonandosi ad un tumultuoso pianto nascondendo il viso sul suo petto. Debole, ogni poco, batteva una sorta di pugno contro la casacca di lui e ripeteva “non dovevi andare”. Ormai era un vero e proprio dolore fisico. Quando era diventata così dipendente dal Dragon Slayer? Da quando lui rappresentava la sua felicità?
–Lucy, scusami, ma non posso pentirmene. Ora sono la persona che puntavo ad essere– lei singhiozzava ancora, ma finalmente la strinse. Percepì il pianto farsi più intenso, la sentì mormorare “non dovevi lasciarmi” ed una punta di senso di colpa farsi spazio nel suo cuore. Le accarezzava i capelli gioendo di poter di nuovo stringere quanto di più caro gli era rimasto, quando notò ancora la piccola cicatrice e in un secondo capì perché gli interessasse così tanto. Era causa sua. La cicatrice c’era perché lui l’aveva lasciata sola. Era stato uno stupido, per proteggerla si era allontanato da lei, causandole il male più atroce che avesse mai provato e lasciandola in balia degli eventi. Senza troppo riflettere accarezzò la piccola cicatrice e Lucy sollevò il capo. Aveva gli occhi rossi e gonfi, le guance inumidite.
–Ancora con quella stupida cicatrice? È tutta sera che la fissi– disse cercando di darsi un contegno, ma lui la strinse di più a sé.
–Natsu, va tutto bene?– chiese vedendo lo sguardo di lui perso nel vuoto.
–È colpa mia– gli sentì sussurrare a fior di labbra.
–Volevo proteggerti, nulla ti avrebbe più ferita ed invece ti ho lasciata sola e guarda che è successo…– sembrava incantato a guardare il nulla.
–Ma è stata una sciocchissima gallina, abbiamo affrontato cose peggiori. Mi sono fatta lividi peggiori!– sembrava volerlo tirar su, anche perché si trattava effettivamente di un semplice graffio.
–Però non ti hanno mai lasciato nemmeno un segno– continuò lui.
–Smettila di dire scemenze, tutto questo per un graffietto– le parole nasali di lei gli giungevano ovattate perché lo scontro nella sua mente si faceva più sanguinoso: da un lato il bisogno di allontanarsi da lei per diventare più forte e, dall’altro, la consapevolezza che quella cicatrice se l’era fatta perché lui non era lì. Non era grave, certo, ma sarebbe potuto essere tanto peggio. Stava realizzando tutto.
–Lucy, scusa– le disse abbracciandola stretta.
–Stai davvero facendo tutto ciò per una stupida cicatrice insignificante?– la pace che sembrava essersi instaurata era di nuovo minacciata, ma Natsu ormai era in balìa degli eventi. Non poteva smettere di pensare a cosa sarebbe potuto succedere a Lucy mentre lui non c’era. La guardava, ma non la vedeva veramente. Osservandolo, Lucy si rese finalmente conto che, tra i due, lei non era l’unica a soffrire. Il ragazzo era sempre stato una frana ad esprimersi e decise di salvarlo lei da se stesso.
–Natsu, io sono qui e sto benone– gli disse semplicemente poggiandogli le mani sulle guance costringendolo a realizzare che ciò che stava vedendo era solo frutto della sua immaginazione.
Non appena la mise bene a fuoco e il sorriso di lei gli scaldò l’anima, la strinse e guidato dal cuore la baciò.
Per entrambi quell’anno di pene sparì, esisteva solo l’altro e gli splendidi momenti che avevano vissuto insieme. Rivissero ogni abbraccio, ogni sguardo un po’ troppo indugiante ed ogni sorriso.
La Lucy del futuro che si sacrificava per la ragazza tra le sue braccia sparì definitivamente. Che senso aveva restare legati al passato? Da esso aveva imparato e non avrebbe più commesso quegli errori.
Si separò di mala voglia dalla ragazza per riprendere fiato. Lei lo guardava sbigottita con le labbra gonfie per la veemenza del contatto e gli occhi lucidi non di lacrime, ma di gioia.
–E-e questo cosa sarebbe?– chiese con il cuore in gola che batteva all’impazzata.
–Con le parole sei stata più brava tu, definiscilo come più ti piace– le disse prima di avvicinare il proprio naso a quello di lei.
–Lucy, io sono partito perché ti amavo, non ti volevo con me perché ti amavo e temevo per te, non ti ho detto nulla perché ti amavo e mi avresti fermato, sono tornato perché ti amo. Tutto ciò che ho sempre fatto, l’ho fatto per questo. Da ciò dipendono la mia felicità, le mie paure– indugiò di nuovo sulla microscopica cicatrice.
Lei lo ascoltava rapita da quegli occhi che la esploravano, ma che non erano mai riusciti a leggerle dentro, perché usava parole troppo complicate: quelle della ragione che non si lascia infatuare dall’istinto. Se ne fossero stati in grado, probabilmente, sarebbero arrivati a quella conclusione tanto tempo prima. Nemmeno i suoi di occhi riuscivano a leggere dentro di lui. Vi si trovava un linguaggio primordiale: quello dell’istinto che domina la ragione. Due lingue opposte scaturite dalla stessa madre: un sentimento che vuol dire passione e protezione, felicità e dolore, ricerca e meta. Il sentimento che move il sole e l’altre stelle.
Lucy interruppe Natsu che ancora parlava, ma che ormai non ascoltava più, con un altro bacio carico della propria ragione che cercava l’istinto di lui, perché siamo fatti di cervello e cuore e uno non può sopravvivere senza l’altro proprio come loro in quel lungo anno.
Si addormentarono così vicini che, quando Happy tornò, faticò ad incastrarsi tra loro due. Lui era sempre stato testimone degli sguardi, della complicità e della crescente importanza di uno per l’altra. Era il custode di quei segni di un tempo trascorso insieme, destinato ad essere immortale.

 

Piccolo angolo autrice

Lasciatemi dire solo un paio di parole: pigna, pizzicotto, manicotto, tigre. No, okay, torno seria (perdonatemi, ma ho appena finito di rilegge questa meravigliosa saga per l’ennesima volta). Volevo ringraziarvi per essere giunti fino a qui e spero vi sia piaciuta la storia. Mi rendo conto che non sia esattamente un tema originale, ma avevo bisogno di scrivere di nuovo una NaLu. Come sempre, se volete, fatemi sapere che ne pensate, qui o anche su instagram (mi trovate come dalise96). Grazie!

 

Un abbraccio,

WiseGirl

 
   
 
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