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Autore: lapoetastra    10/05/2020    1 recensioni
Lo riportano alla sua infanzia, tutti quei puntini luminosi.
Ad ancora prima di conoscere Kidd, a quando si stendeva su un prato fiorito vicino casa e pregava per tutta la notte le stelle, supplicandole di aiutarlo, di esaudire il suo desiderio più segreto e intimo che lo corroborava internamente. Non che fosse mai cambiato qualcosa, però, e Killer aveva col tempo perso l’abitudine di affidarsi agli astri, relegandola ad un’inutile attività da donnicciola un po’ troppo credulona.
Ma in quel momento, in quel frangente di vita inaspettato e immobile, con lo sguardo perso nella vastità celeste, si trova nuovamente ed in modo spontaneo a riformulare la medesima richiesta, accorata e passionale, una sorta di preghiera tacita e profondamente sentita.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Eustass Kidd, Killer
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Non ha mai avuto il sonno particolarmente pesante, forse per un istinto di autodifesa, forse perché ha sempre considerato il dormire come un’attività sgradevole, qualcosa a cui dedicare il minor tempo possibile e dal quale non lasciarsi totalmente dominare, lui che si ciba di ogni giorno come fosse l’ultimo.
È grazie a questa sua caratteristica che li sente, dei passi pesanti che si aggirano sul ponte, lenti e furtivi, ma non troppo. La consapevolezza è improvvisa: c’è qualcuno a bordo della Victoria Punk, e le probabilità virano a favore di un estraneo, siccome tutti gli altri pirati, a partire dal capitano Kidd, confutano ostinatamente la sua teoria e sostengono la necessità e il piacere di un sonno profondo e ristoratore, da non interrompere se non per motivi particolarmente importanti.
E in quel momento, a tarda notte, di particolarmente importante da richiedere la presenza di uno di loro sul ponte non sembra esserci nulla.
Ergo, ecco che le probabilità che là fuori vi sia un estraneo aumentano ancora.
Dannazione, sembra Hawkins. Gli mancano solo le carte e poi sarebbe uguale in tutto e per tutto al Mago dalle sopracciglia a punta.
Scuotendo la testa per scacciare quei pensieri, si alza silenzioso ed agile; brandisce le sue armi, ed esce sul ponte, deciso a sbarazzarsi da solo dell’intruso, per permettere ai suoi compagni di riposare in pace.
Si ferma.
No, non potrebbe mai essere come Hawkins.
Hawkins ci azzecca, con le sue previsioni.
Lui no.
“Killer”, si sente chiamare dal reale passeggiatore notturno, che ora si è fermato dinnanzi al parapetto, voltandogli le spalle.
Gli fa sempre un po’ strano quando Kidd si rivolge a lui chiamandolo per nome; è più abituato ad un “ehi”, oppure a non essere chiamato affatto, perché è sempre lì, sempre pronto ad intervenire autonomamente laddove il suo Capitano – e migliore amico – ne avesse necessità.
“Che ci fai sveglio a quest’ora?”, chiede stupito alla schiena possente di Eustass, il quale l’ha riconosciuto soltanto sentendone i passi, senza nemmeno il bisogno di voltarsi.
“Osservo le stelle”, mormora il rosso con voce bassa, un po’ roca, inglobata dallo sciabordio delle onde del mare.
Killer si stupisce. Credeva di conoscere bene Kidd, e stando ai suoi ricordi quest’ultimo aveva sempre snobbato l’abitudine di molti pirati di perdersi a contemplare il cielo notturno, una cosa un po’ troppo romantica e smielata per i suoi gusti da vero uomo.
“Non ho mai visto uno spettacolo del genere. Sembra che lassù ci siano tanti diamanti adagiati su una coperta di velluto blu, e che ci sfidino ad allungare una mano per raccoglierli”, continua Kidd.
Poi, sentendo che l’altro non accenna a muoversi, gli fa segno di raggiungerlo.
È pur sempre un ordine, e Killer non disobbedirebbe mai al suo capitano.
Gli si avvicina, allora, e dopo avergli lanciato una fugace occhiata, alza gli occhi verso quella che è effettivamente una visione mozzafiato.
Lo riportano alla sua infanzia, tutti quei puntini luminosi.
Ad ancora prima di conoscere Kidd, a quando si stendeva su un prato fiorito vicino casa e pregava  per tutta la notte le stelle, supplicandole di aiutarlo, di  esaudire il suo desiderio più segreto e intimo che lo corroborava internamente. Non che fosse mai cambiato qualcosa, però, e Killer aveva col tempo perso l’abitudine di affidarsi agli astri, relegandola ad un’inutile attività da donnicciola un po’ troppo credulona.
Ma in quel momento, in quel frangente di vita inaspettato e immobile, con lo sguardo perso nella vastità celeste, si trova nuovamente ed in modo spontaneo a riformulare la medesima richiesta, accorata e passionale, una sorta di preghiera tacita e profondamente sentita.
Quando abbassa gli occhi, dopo qualche minuto o forse un’intera esistenza, scopre quelli rossi di Kidd puntati su di lui.
C’è qualcosa di diverso in essi, però; non v’è alcuna traccia della sottile ironia che caratterizza costantemente il suo sguardo, come se si facesse beffe di chiunque con la convinzione di essere senza ombra di dubbio il numero uno.
Adesso il suo è lo sguardo serio di un uomo adulto, che contempla un suo pari.
Killer si stupisce per la seconda volta quella sera, e tremando leggermente ricambia, e rimangono così, il capitano e il suo vice, a fissarsi in silenzio per un tempo che pare infinito.
Solo dopo un po’, d’improvviso, Killer si rende conto di non avere indosso la maschera.
Di stare mostrando per la prima volta il suo vero volto a Kidd.
Di aver anche sorriso, prima, perso nei suoi pensieri.
Istintivamente vorrebbe correre via, o almeno ripararsi il viso, per non essere visto,  per non essere guardato, e soprattutto per non essere deriso.
Ma Kidd non sta ridendo. Né lo sta compatendo. E neanche c’è ombra di disgusto o orrore sul suo viso.
Con gli occhi sempre puntati nei suoi, ma questa volta leggermente addolciti da un’emozione che Killer non riesce a comprendere nè definire, Kidd allunga una mano e gli accarezza il volto scoperto, un gesto di una dolcezza e delicatezza che il Massacratore mai avrebbe creduto potessero appartenere al duro, irascibile e crudele Eustass.
Dura poco, una manciata di secondi.
Poi Kidd ritrae la mano, lo guarda ancora una volta e se ne va, tornando verso la sua cabina.
Ha già perso troppe ore importanti di sonno, in fondo.
Invece Killer rimane lì, da solo, immobile.
Dopo un po’ si riprende, ed istintivamente alza nuovamente gli occhi al cielo, discreto spettatore della più incredibile ed inaspettate delle scene che mai Killer avrebbe pensato – sperato – accadesse.
E le stelle sono sempre lì, uguali, a migliaia, bellissime.
Con il loro fulgido splendore rassicurante sembrano quasi invitarlo ad esprimere un desiderio, promettendo laute e sicure ricompense.
Ma Killer non ha più bisogno di chiedere nulla, ormai.
Il suo più grande sogno si è già avverato.
 
   
 
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