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Autore: FDFlames    15/05/2020    0 recensioni
La Valle Verde era sempre stata un luogo pacifico, abitata da persone umili e semplici - contadini, pastori e mercanti. Ma è proprio la loro ingenuità che il malvagio Lord Vyde intende sfruttare.
Stabilitosi all'estremo ovest, è riuscito ad unire i clan belligeranti sotto l'unico simbolo e nome di Ideev. E ora gli Ideev, come edera su un albero, si arrampicano sulla Valle Verde, soffocando la vita e la libertà.
Aera non intende sottomettersi. Spinta dal suo coraggio, dall'amore per il suo clan, e dal desiderio di giustizia, decide di intraprendere un pericoloso viaggio, che la porterà dritta nella tana del suo nemico. Ed è disposta anche al sacrificio, pur di restituire al suo mondo la libertà.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con
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Capitolo Dodici

«Se il buongiorno si vede dal mattino, questa giornata farà davvero schifo!» fu il commento di Ridd, appena sveglio.
Sarebbe stata, infatti, una giornata molto faticosa: il gruppo avrebbe dovuto oltrepassare alcune colline per poi spostarsi a nord e prendere la strada che li avrebbe condotti a un villaggio, il giorno seguente.
In teoria, sarebbe stato possibile percorrere la distanza da un villaggio all’altro anche in un giorno solo, ma il gruppo era numeroso, doveva costantemente guardarsi le spalle, e per questi motivi era costretto a scegliere vie secondarie, scomode e tortuose, per liberarsi di possibili inseguitori.
Tuttavia, Aera non capiva il motivo per cui il gruppo potesse essere pedinato. Non le sembrava che stessero trasportando nulla di prezioso.
«Ragazzina, per gli Ideev non c’è nulla di più prezioso delle informazioni,» le spiegò Ridd,
«E si dà il caso che il signorino abbia avuto la bell’idea di urlare ai quattro venti che voi due siete delle spie, quando vi abbiamo trovato nel Bosco delle Frecce.» infierì Venam,
«Stavate per ucciderci!» si difese il ragazzo, «Ci stavate già puntando contro archi e frecce, e non avevo altro da rivelare per tentare di convincervi a risparmiarci.»
Reyns lanciò un’occhiata a Gatto, come a chiedere la sua approvazione. Forse apprezzava queste bugie più delle precedenti?
L’uomo annuì, e prese le sue parti. «Si sarebbe capito comunque.» disse, «Al villaggio li abbiamo lasciati nel punto più sicuro, abbiamo impedito loro di prendere parte al saccheggio, e poi siamo venuti a riprenderli e ad assicurarci che stessero bene. Qualunque Ideev ci avesse visti arrivare e ci avesse tenuti d’occhio avrebbe capito che lo scopo di noi quattro era quello di proteggerli.»
Daul convenne, come era solito fare quando a parlare era Gatto, «Già, probabilmente i nostri pedinatori vengono proprio da quel villaggio, sempre che abbiamo un seguito.»
«Certo che lo abbiamo!» intervenne il capo, «Forse non ci vedo, ma certo ci sento! In quella baracca dimenticata dagli Dei ci siamo tutti zittiti quando abbiamo sentito un asse scricchiolare, e pure i due ragazzini sono usciti per controllare se ci fosse qualcuno, giusto?» lanciò un’occhiata a Reyns e Aera, e la ragazza trasalì. Sembrava che anche la benda la stesse fissando dritta negli occhi, dritta nell’anima.
I due fecero di sì con la testa, e Reyns aggiunse che purtroppo non avevano visto nessuno, fuori.
«E allora perché ci avete messo tanto a rientrare?» domandò il capogruppo, «Pensavo che aveste trovato qualcosa e voleste dircelo. Forse avevate di meglio da fare?» insinuò, tornando a fissarli, concentrandosi su Reyns.
Il ragazzo si ritrovò appeso tra due, tre, quattro bugie, senza sapere che cosa fosse meglio dire. Aveva troppe idee in testa, e troppo poco tempo per controllare se tutti i pezzi combaciassero. Una parola sbagliata, una soluzione che avrebbe lasciato insoddisfatta anche solo una delle persone che lo circondavano avrebbe significato la fine della sua copertura. Ed era troppo presto per questo.
Fortunatamente, intervenne Aera. «In effetti, avevamo trovato qualcosa, ma non ci sembrava nulla di che.» disse, «Una foglia di Wass.»
E così dicendo, mostrò a tutti la foglia, ormai secca, che teneva nel fodero insieme al pugnale, e che si sarebbe sbriciolata se avesse fatto poco più che accarezzarne i margini che ricordavano la forma di una freccia.
Per un momento, Reyns non la riconobbe, poi si ricordò della foglia di Wass che aveva dato ad Aera per alleviare il dolore alla gamba; probabilmente l’aveva tenuta nel caso in cui il dolore si fosse intensificato, camminando, e quando poi era seccata, forse si era dimenticata di buttarla. Era una bella trovata, pensò il ragazzo, ora però Aera doveva continuare, sostenere la sua bugia, costruire una storia per supportarla. E fu fiero, ma anche amareggiato, nel vedere con quanta abilità la ragazza riuscì a destreggiarsi tra verità e bugie.
«Pensiamo che il nostro pedinatore si sia ferito in qualche modo e abbia avuto bisogno di medicazioni.» disse, «Questo significa che qualcuno ci starebbe seguendo fin dalle Foreste di Wass, e che potrebbe aver cominciato a seguirci proprio da lì, quindi è plausibile che stia cercando noi due tanto quanto che sia sulle tracce di voi quattro, visto che il Bosco delle Frecce è il luogo in cui ci siamo incontrati.»
I quattro Ideev si presero qualche momento per esaminare la foglia, per poi passare alle parole di Aera. Era totalmente plausibile, considerati i pochi elementi di cui disponevano per ricostruire la situazione.
«Quindi...» cominciò a dire Ridd, «Che cosa pensiamo di fare, ora?»
«Prima di tutto dobbiamo rimetterci in marcia prima che scoppi un temporale.» rispose Venam facendo cenno al cielo nuvoloso sopra di loro, «E, tutti quanti, guardatevi le spalle, guardatevi a destra e guardatevi a sinistra, gambe in spalla e seguitemi! Chiunque sia il maledetto che ha deciso di pedinarci dovrà faticare un bel po’ oggi, e così anche noi. In marcia, muovetevi!»
Spronò invano il gruppo ancora qualche volta, con una grinta e una vitalità che solo lui aveva.
Reyns affiancò Aera, che camminava sola, ultima, persa nei suoi pensieri, e stringeva ancora tra le mani la foglia di Wass che li aveva appena scagionati da ogni sospetto, ma ne aveva creati degli altri, forse infondati.
«Ti ringrazio,» le disse, sorridente, poggiandole una mano sulla spalla.
La ragazza sussultò e lasciò andare la foglia di Wass, che svolazzò via nel vento che preannunciava la tempesta, e si perse nell’erba alta e ondeggiante alle loro spalle, accompagnata dai sospiri del vento.
«Oh, perdonami, non volevo spaventarti...» si scusò il ragazzo,
«No, no, ero io che avevo la testa tra le nuvole.» disse lei, sistemandosi i capelli che, a causa del vento, le coprivano il viso, «Dicevi?»
Reyns distolse lo sguardo, e forse arrossì. Ci aveva già messo del coraggio a ringraziarla la prima volta, e ora doveva ripeterlo? Poco importava, si disse. Era quello che sentiva di doverle dire, e l’avrebbe ripetuto dieci, cento, mille volte se avesse dovuto. «Volevo ringraziarti per il tuo aiuto, prima.» disse, allora, «Non avrei saputo che cosa inventarmi, e sinceramente non ricordavo che avessi tenuto quella foglia, quindi...» cercò qualche parola, qualcosa di speciale, poi si disse che non aveva senso, e doveva semplicemente lasciare che fossero le sue labbra a parlare, il suo cuore a esprimersi.
No, quello avrebbe fatto bene a tenerlo a bada. «Spero di poter contare ancora su di te.»
Aera sentì un misto di orgoglio e qualcosa d’altro salirle al petto, una fiamma che non conosceva, ma che la fece sorridere. Sì, Aera sfoderò uno di quei suoi sorrisi, ormai sempre più rari, che erano svaniti, che Zalcen ricordava tanto bene, e lo donò a Reyns, insieme a una promessa, seguita dal suo consueto rito di portarsi il Ciondolo dell’Aquila alle labbra: «Certo che puoi, farò tutto ciò che posso per aiutarti.»
Reyns ricambiò il sorriso, per poi volgere lo sguardo a ovest. Il vento soffiava contro di loro, avvicinando le nuvole, e rendendo ancora più faticosa la salita sul versante della collina, che era solo la prima che il gruppo avrebbe dovuto superare quel giorno. E forse solo per ricambiare quella sua promessa, ma probabilmente anche per un altro motivo che presto non avrebbe più potuto nascondere, Reyns prese Aera per mano e la aiutò a salire, mentre il vento non mostrava pietà nemmeno per la sua amica d’infanzia, per sua sorella.
E mentre l’aria si rinfrescava, i lampi illuminavano l’orizzonte, i tuoni rimbombavano nella Valle Verde, il cielo era grigio e minacciava di piovere.
***
Fu quello che accadde verso mezzogiorno: il terreno era scivoloso, e la pioggia stava diventando sempre più simile a un temporale estivo.
Sul sentiero sull’ultima collina, Aera continuava a scivolare, mentre Reyns e Gatto la aiutavano a salire, e quando finalmente raggiunsero la cima si ritrovarono tutti bagnati e infangati.
In quelle condizioni era facile perdere l’orientamento, ma Venam riusciva a guidare il gruppo anche senza vedere praticamente nulla di ciò che lo circondava, tanto che neanche il fatto di vedere da un solo occhio e portare una benda sull’altro era un problema.
Quei quattro Ideev erano una squadra, come se fossero ancora il clan che avevano smesso di essere – erano uniti e pronti ad aiutarsi. Gli Ideev non erano affatto cattive persone, erano semplicemente uomini al servizio di una persona cattiva.
«Avanti, da questa parte!» li chiamò Venam, e il gruppo, con una strana allegria, continuò a passo svelto, felice dato che presto ci sarebbe stata una discesa.
***
Forse, ripensandoci, non c’era da stare allegri: con quell’acquazzone non si riusciva a scendere, si poteva solo tentare di frenare mentre si scivolava. A causa di queste condizioni, Aera cadde almeno quattro volte, ma non fu la sola; l’unico a rimanere in piedi fino alla fine fu Gatto, come era prevedibile.
Persino Reyns maledisse il suo stesso nome, quando per ultimo raggiunse il resto del gruppo, scivolando per quasi metà del versante della collina. Imprecò contro qualunque divinità di cui riuscisse a ricordare il nome, ma io lo perdonai, per questo.
«Sarà perché ho passato la salita a scivolare all’indietro e la discesa a scivolare in avanti, ma a me è sembrata più breve.» disse Aera, una volta tornata a camminare in pianura, mentre il fango rallentava il suo passo.
«Non saprei dirti se è soltanto una sensazione,» le rispose Gatto, «Potrebbe anche essere che ci siamo alzati di quota.»
«Potrebbe anche essere?» intervenne Venam, «Ma è ovvio! Stiamo andando al Lago Rosso, l’hai dimenticato? E ti sembra al livello del mare, il Lago Rosso?»
Il suo battibecco con Gatto continuò per qualche minuto; partito da un argomento tanto banale, sembrava che stesse per scatenarsi una vera e propria guerra, e che il gruppo stesse per dividersi in due: Daul e Gatto da una parte, e gli altri quattro al seguito di Venam dall’altra. E fu proprio allora che i due vennero zittiti, non da un altro dei membri del piccolo gruppo, ma dall’arcobaleno che si proiettò davanti a loro, quando smise di piovere.
Aera arrossì, dato che nessuno poté evitare di fare commenti positivi sul suo nome, ma nemmeno lei si tirò indietro, ed ebbe il coraggio di fare un piccolo complimento, esprimere un semplice dato di fatto, che però significava molto, per lei: «Non avremmo mai visto quell’arcobaleno, se non avesse piovuto.»
Reyns sorrise, e questo le bastò.
Tornando però a riflettere sulle parole di Venam e mettendo insieme i pezzi di informazioni che aveva ricevuto da lui, da Reyns, dagli altri Ideev e dai membri del suo clan, il buonumore di Aera lasciò il posto alla preoccupazione: il Lago Rosso si trovava davvero in alto, rispetto al mare, tanto che durante l’inverno le sponde ghiacciavano, e oltre il lago, a ovest, c’era soltanto uno strapiombo.
Era impensabile, fuggire da quel punto; la strategia di Vyde era davvero infallibile. Posizionato in un punto come il Lago Rosso, se anche qualcuno avesse avuto in mente di ucciderlo, non sarebbe potuto scappare – a ovest no di certo, e a est ci sarebbero stati solo Ideev ad attenderlo.
Vyde puntava tutto sul fatto che gli abitanti della Valle Verde fossero uomini; gli uomini non vogliono rischiare la vita senza avere risultati immediati, che si possono toccare. Mettersi contro Vyde significava sacrificare la propria vita per garantirla al resto degli abitanti, ma a quel punto, perché morire per dei codardi come gli altri?
Per la prima volta, Aera provò il desiderio di tornare a est, scappare oltre le Montagne, ma poi si ricordò perché aveva fatto tutta quella strada, e ciò che le aveva detto Reyns: sarebbe stato pronto a sporcarsi le mani, a fare qualsiasi cosa per la libertà della Valle Verde.
Anche a morire?

 
   
 
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