Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Aliasor    16/05/2020    0 recensioni
Dal capitolo 7: "Ogni tanto non è male farsi alzare l’autostima da un amico. Tempo però, all'improvviso, smise di sorridere allegro per mostrare qualcosa di simile a un’aria di nostalgia ed amarezza.
Come a ricordare qualcosa che non voleva rivangare, come a riaprire una porta che voleva tenere chiusa con centinaia di lucchetti e catene.
- L’amore se dovessi trovarlo… scappa lontano. Ti pugnala al cuore e le cicatrici continuano a sanguinare… no, lascia perdere. Se trovi l’amore seguilo.-"
Breve comprensione della vita, della morte e dell'amore di alcuni individui che non possono essere definiti "esseri umani normali". Angeli, Divinità, Coboldi, Homo Sapiens, "l'Uomo Nero e la sua allegra famiglia non tanto allegra" e qualunque cosa presentino i Mondi. Il lieto fine non è sempre contemplato. Per noi è storia, per loro realtà.
Originariamente pubblicati sul mio blog.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

  Lucifero riempì la sua tazza di caffè, era uscito dalla sua dipendenza nel periodo in cui era stato crocefisso, ma era bastato un lunedì mattina per ricominciare cadendo nel vizio.

Si era abituato alla scena che aveva davanti ogni mattina, Sétanta che ignorava avessero una palestra e si allenava per terra, proprio davanti al ripiano che conteneva i suoi cereali preferiti, Semeyaza seduto a leggere un quotidiano come un padre di famiglia, Argento che non si faceva vedere fuori dalla chiesetta, un comportamento che gli ricordava un vampiro con la sua cripta, e Gilgamesh senza cappuccio che si scambiava sguardi di sfuggita con Delphi.

Aspetta, senza cappuccio?

Gilgamesh aveva sciolto i suoi lunghi capelli color orchidea, gli occhi violetto brillavano, il suo viso dolce lo rendeva alquanto strano. Non era ai livelli di Capelli d’Argento o Morte, ma faceva la sua ambigua figura. Ad eccezione dei capelli era identico a suo cugino Victor, erano seriamente come il dottor Henry Jekyll e Mr. Edward Hyde.

Delphi invece aveva le sue ragioni, era la prima volta che stava lontana dal tempio in cui era stata per tutta la sua vita. All’inizio aveva paura di lasciare la sua “casa”, ma quando Gilgamesh aveva dichiarato di trovare le due corna sulla sua testa “estremamente affascinanti” aveva preso coraggio.

Ad ognuno i suoi gusti.

« Ehi, Semy, a quanto vedo la Pizia e Gilly sono una coppietta di verginelli perfetta, eh? Non lo pensi anche tu?» 

« Lucifero...» Posò il giornale sul tavolo e si tolse gli occhiali da lettura. «  …conosci i loro nomi. Delphi e Cedric. Cedric ha deciso che fuori dalle missioni non userà quel ridicolo nome in codice.» 

« Dannazione.»  Si grattò la chioma bionda. « Gilly e Pizia suonano meglio, Semy. Non è facile trovarvi nomignoli affettuosi, non me li rovinare.» 

« Potresti benissimo evitarlo. Non te lo ha chiesto nessuno, Lucy.»  Concluse rispondendogli quasi di ripicca.

Si cambiarono una risatina divertita a vicenda, ormai erano coinquilini in quel colossale castello ed erano diventati buoni amici. Non era raro che uscissero a bere qualcosa insieme parlando degli anni di lavoro tra le divinità, già che c’erano Semeyaza lo aiutava come spalla.

Il biondo si avvicinò al compagno che stava ancora cercando di compiere un imbarazzante misto di sfuggire agli sguardi di lei e di guardarla a sua volta.

Si vedeva che a ventinove anni era ancora un verginello. Lucifero era bravo a cogliere l’essenza delle persone.

Gli mise il braccio attorno al collo.

« Allora, Gilly, ho sentito che ti avevano tagliato la mano con una spada. Come ti senti?» 

« Bene, grazie.>> Rispose mostrando al mano destra riattaccata. « Col mio Craft, King of Care, non è rimasto nemmeno il segno.» 

King of Care. Per un angelo come Lucifero era un potere da nulla, la sua razza riattaccava senza problemi gli arti perduti e senza limiti di decomposizione, ma per un essere umano doveva essere qualcosa di straordinario. Probabilmente sino a quando la testa non sarebbe stata tagliata o giunta la morte cerebrale sarebbe riuscito a riattaccarsi tutto.

Un potere rigenerativo di classe B, raro, ma non strano.

Ma a Lucifero non importava del suo potere, era solo un tentativo di far fare all’amico bella figura. Erano palesemente infatuati l’una dell’altro, lei era più giovane solo di sei anni rispetto a lui, il ceto sociale non aveva molta importanza al giorno d’oggi e al buon Cedric piaceva quella che lei definiva una deformità.

Senza contare quello che probabilmente non aveva detto nel rapporto. O forse era lui che era troppo malizioso.

« Ehi, ragazzi.>> Sétanta si alzò da terra senza un goccio di sudore. << Qualcuno ha visto Capelli d’Argento? Di solito è il primo ad alzarsi.» 

« Sarà in chiesa, come sempre.» 

« No, la mia camera è lì vicino. Ci sono passato davanti e c’era solo quel tizio muscoloso in croce, segue una religione davvero strana.» 

Argento entrò nel villaggio, era una delle poche situazioni che reputava realmente difficoltosa a livello personale. Non cambiava mai, sempre le solite casette di legno che si potevano contare sulle dita di una mano, il cimitero che accoglieva più morti che vivi in visita, l’orticello che in origine aveva aiutato lui stesso a preparare, la locanda un tempo gestita da quel “demone” taccagno. Pur di difendere i suoi averi, al fianco di Pierre, rischiò di morire bruciato.

Non era ancora passato al Castello del Re Demone, da lui avrebbe portato dei fiori a lavoro finito. Aveva anche altri compiti a fare lì.

E poi… la sua vecchia casa di quando custodiva il cimitero. 

Villaggio Cuorenero. Un punto fisso nella sua vita.

« Isaac Lequedem, ogni tanto ti fai vedere.»  Una vecchietta lo chiamò, il suo viso era pieno di rughe, dava l’idea di andare in pezzi al primo tocco. Quel bastone la riusciva a tenere in piedi con difficoltà. << Abbassati, abbassati.» 

L’uomo si chinò alla sua altezza, lei non arrivava nemmeno al suo fianco. 

Gli strinse le guance con un sorriso di chi rivedeva un nipote che viveva all’estero.

« Isaac, non invecchi di un giorno. Quando sei venuto a trovarci l’ultima volta?» 

« Dodici anni fa, Angelica.» 

« Dodici anni, Isaac. Sai, mia figlia si è sposata e ha avuto un figlio. Lo ha chiamato come te, da piccola ti adorava.» 

Argento sorrise, sincero questa volta, non veniva chiamato spesso Isaac. Li ricordava un periodo del suo passato. Un nome falso, come tanti.

Avrebbe voluto restare a parlare con lei, ma la donna colse c’era qualcosa che lo angustiava.

« La tua casa è sempre uguale, prendi quello che ti serve e fa ciò che devi. Nessuno di noi ti giudicherà, sei il nostro eroe.» 

Sgranò gli occhi, Angelica sin da bambina era stata una che coglieva le cose al volo, ma non immaginava che avesse compreso il motivo per cui si trovava lì.

Non credeva nemmeno che ne sapesse l’esistenza, sua nonna doveva avergli raccontato tutta la storia. La nipotina di Rea, fu lui ad aiutare sua madre a partorire.

Quel luogo era l’ultimo barlume di bontà terrestre che gli era rimasto.

Villaggio Cuorenero, fondato dal Re Demone Aspides Cuorenero. Il luogo dove tutte le razze possono convivere in pace.

Dove lui viveva.

Le diede un bacio sulla fronte rugosa e finì per andare realmente nella sua vecchia dimora sul limitare del cimitero. Piena di polverosi libri che sembravano sul punto di polverizzarsi, il letto ormai colpito dall’usura, l’acqua si era infiltrata, ma qualcuno aveva tentato di riparare il buco come possibile.

Aprì il posto dove nascondeva gli attrezzi del mestiere. Lui non si sporcava mai, non aveva bisogno di un armadio o di un cambio d’abiti, perciò li nascondeva sotto il lavandino. Non che avesse anche il bisogno di mangiare, era per le rare occasioni in cui aveva ospiti. Solitamente si trattava di qualche collega dell’organizzazione in cui, all’epoca, lavorava.

Tirò fuori una vecchia pala, era fatta di un materiale resistente al passare degli anni. Una lega rara e mista, aveva fatto in modo di distruggere quasi tutte le altre. Gli era stato chiesto come ultimo desiderio di una sua… amica? Forse poteva chiamarla così? La considerava tale? 

Era ancora leggera come un tempo, forse perché ora il peso della sua anima era l’unica cosa che non riusciva sollevare.

Il suo compito all’epoca era fare il Becchino, si occupava dei morti e dei mostri che potevano dare problemi al villaggio.

Seppelliva i corpi, ma non li piangeva. Non conosceva davvero nessuno di loro.

Ad eccezione di qualcuno. Amici, poteva definirli? Erano stati insieme poco tempo, pochi giorni, ma avevano combattuto sotto lo stesso ideale.

Era forse il primo “Gran Galà degli Eroi”.

Qualcosa di umido scivolò su una sua guancia. Di cosa si trattava? Una lacrima?

Ahahahah. 

Proprio lui che piangeva? Lui che non aveva diritto a nessuna emozione?

Estrasse un coltello dal pesante abito di pelle nera che indossava sempre e si tagliò di netto la gola; senza esitazione.

Il suo sangue colò per terra sporcando il pavimento di legno e i suoi stivali di pelle nera. 

Avvicinò la mano alla grave ferita.

« No, nulla. Nessun dolore.»  Respirò e rigenerò la ferita.

Normalmente ogni creatura, ad eccezione delle divinità e di chi possedeva un Craft di cura rapida, moriva dissanguata tra atroci sofferenze se la gola veniva recisa in quel modo. Persino gli angeli avevano poco tempo per essere curati.

Risolta la questione aprì nuovamente la porta di legno marcio e si spostò nel cimitero. Lo avevano costruito sul mare, beh, lo era diventato. In origine era un campo molto più lontano dall’acqua, poi ci fu la grande catastrofe, un terribile tsunami, che uccise decine di persone. Era finito sott’acqua anche parte del cimitero, le tombe attuali erano solo di chi era morto dopo la sciagura.

Lesse ogni lapide che aveva davanti. “Gregory”, “Hyve”, “Jaquil”, “Sophie”, ecc. c’erano tanti di quei morti che ci mise un po’ a trovare quelle giuste con i rispettivi epitaffi.

                                                                               Zarata Hamar

                                                             Nato nel 1007 – Morto nel 1039

                                           “Ricercavi la verità sul nostro mondo più di tutti.

                                                    Che nostro Signore dei Morti ti accolga

                                                      e ti mostri al sua infinita misericordia.”

Morte era un buon dio, lo avrebbe curato bene. Aveva venerato la creatura giusta.

Era un necromante atipico, il suo culto rifiutava di usare cadaveri veri di innocenti, li creava con il Craft, e amava l’aria di gas in decomposizione. Per renderlo felice bastava parlare di zoologia con lui.

                                                                                      Babylon 

                                                           Nato nel 1009  – Morto nel 1039

                                 “Uno scienziato che vedeva il bene e il male come un bambino.

                                        Vivesti per la scienza, ignorando la sofferenza umana.

                                            Moristi per la scienza, salvando la gioia umana.

                                                     Che i tuoi peccati ti siano perdonati.”

Babylon, un vero bastardo. Usava umani innocenti come cavie per i suoi esperimenti e lavorò per l’Uomo Nero solo per imparare. Almeno alla fine ha mostrato di non essere tanto male.

Senza contare che le sue ricerche gli furono molto utili.

                                                                            Zeo Greatwall

                                                           Nato nel 887 – Morto nel 1039

                                          “Il muro difensivo che ha sempre protetto tutti noi.

                                                              Il nostro demone custode.

                                        Che la tua amata Líadan ti aspetti a braccia aperte

                                              per compiere il vostro amore mai realizzato.”

… Zeo, lui gli aveva affidato la Spada del Re Demone, suo sovrano. Aveva avuto subito fiducia in lui, forse aveva avuto torto. La data di nascita era falsa, nessuna la conosceva, era la data in cui il re Aspides lo condusse al castello.

Aveva fatto di tutto per proteggere il castello e il villaggio. Diamine, lui eroe lo era davvero.

Strinse la pala e iniziò a scavare la fredda terra, spostandone un pezzo alla volta, con calma e rispetto. Stava facendo attenzione chirurgica a non sporcare le pietre tombali.

Alla fine riuscì ad aprire tutte le tombe, tutti i popolani si erano chiusi nelle loro case. Non volevano disturbarlo… dopo tutti quegli anni anche i discendenti di coloro che lo avevano incontrato lo rispettavano.

Non si chiedevano perché non invecchiasse, perché non mangiasse o bevesse, perché non dormisse, perché l’acqua non lo bagnasse o il fuoco non lo bruciasse, perché i mostri più saggi e intelligenti dicevano il suo nome con timore reverenziale o perché le sue conoscenze mettessero in imbarazzo anche i più anziani.

Gli bastava che lui continuasse a proteggerli come loro nume tutelare, era quasi un gradino sopra le divinità dal loro punto di vista.

Quando il raccolto subiva la siccità, lui portava grano e verdure. Quando non avevano abbastanza soldi per le tasse, lui portava monete. 

E non voleva mai nulla in cambio, niente di niente. 

Con un rapido sforzo fisico tirò fuori tutte e tre le bare per poi scoperchiarle.

I corpi dei suoi tre “amici” erano ridotti a scheletri mangiati da vermi, non era rimasto nemmeno un pezzo di carne intatto, solo dei vestiti stracciati li coprivano.

Infilò le mani tra i cadaveri, aveva nascosto quegli oggetti nel posto più fidato. Aveva ricoperto le salme con diversi incantesimi di protezione e di attacco, se un comune tombarolo avesse provato a profanare le loro tombe sarebbe finito per diventare loro coinquilino.

C’è una piccola differenza tra Craft e incantesimo, ma la spiegherò un’altra volta.

Frugò sino a quando non la sentì la tatto, era simile alla cartapecora, ma molto più resistente. Era stata creata per superare i secoli.

Il suo creatore sapeva il fatto suo.

Le pulì con un gesto della mano, erano comunque ricoperte di polvere. Polvere, un nemico imbattibile per tutti.

Le parole scritte elegantemente a mano gli strapparono un sorrisino malizioso, il suo volto affascinante lascerebbe intendere qualcosa di più privato rispetto a ciò che stava realmente pensando.

 

“Ad opera di Salomone, terzo sovrano d’Israele, figlio di Davide.

Legemeton Clavicula Salomonis

altresì denominato come Piccola Chiave di Salomone.

 Grigorio di demonologia sull’evocazione e il controllo di settantadue demoni dell’Inferno,

 evocazione e l’apprendimento delle abilità degli Angeli,

protezione dai mali e preghiere a nostro Signore.” 

 






Note dal libro sui personaggi lì apparsi:
Lucifero Bloodstone: Angelo "Caduto", ha passato secoli crocifisso per crimini non commessi. Gli piacciono l'alcool, le donne, il sesso, le sigarette e rompere le scatole al Metatron. Ha due fratelli: Samael, angelo di Morte, e Metatron, angelo di Esistenza. La sua abilità è la manipolazione del fuoco.
Cedric Providence: Conosciuto anche come "Gilgamesh" o "Eroe". Nel suo Mondo è un imprenditore, è divenuto famoso per aver ucciso il Dio Minore Delirio. Ama la letteratura e la scienza. Purtroppo è tanto intelligente quando imbranato con le donne. Ha un fetish per le corna(o così lo definisce Lucifero)
Semeyaza: Angelo Ceduto(sotto permesso) e Grigori. Boss mafioso, gli piacciono il suo telefono, i bambini e le piante. Il suo potere fa crescere fiori e pianti.
Argento: nessuno ha capito cosa diamine sia, sanno solo che è dannatamente forte e perfetto ai limiti del Gary Sue. Lo vedono come la zia antipatica con cui nessuno vuole parlare.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Aliasor