Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: Juliet8198    17/05/2020    1 recensioni
Vivevano in un sogno meraviglioso. In quel mondo fittizio, i due ragazzi potevano fare quello che volevano ed essere quello che volevano. Potevano toccare le stelle e vivere in fondo al mare. L'unico limite era la loro immaginazione.
Ma i sogni nascondono ciò che temiamo di più. Essi liberano le ombre che cerchiamo di reprimere nella parte più nascosta della nostra psiche.
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-Tutto questo...non è reale.-
-Lo so, ma tu lo sei. Noi lo siamo. Questo mi basta. Questa può essere la nostra realtà.-
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Park Jimin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non appena si ritrovò all'interno di quella che doveva essere una capanna, Jein alzò gli occhi e incontrò se stessa. Il suo riflesso la osservava con palese confusione nello sguardo e si voltò all'indietro nello stesso momento in cui lo fece la ragazza. Alle sue spalle, incontrò un'altra immagine di sé. Questa, però, era bizzarramente compressa verso il basso, facendole assumere le sembianze di un cerchio. Jein alzò un sopracciglio e fece una giravolta. 

 

La stanza era tappezzata del suo riflesso. Una decina di immagini di lei si guardava intorno con circospezione, si allungava e si abbassava, si piegava in onde impossibili e camminava sul soffitto.

 

-Che posto è questo?- 

 

Quando Jimin si fu alzato ed ebbe raggiunto il suo fianco, le immagini raddoppiarono. 

 

-Penso che sia un labirinto di specchi.- rispose infine Jein, con tono sommesso. 

 

Il ragazzo, osservando l'ambiente con le labbra dischiuse, si avvicinò ad uno specchio alla sua destra. La giovane si voltò a guardarlo e lo vide scuotere la testa davanti alla sua immagine. Emettendo una risatina acuta, Jimin prese a piegare e stendere le gambe, studiando attentamente come il suo riflesso lo imitava schiacciandosi verso il basso fino a diventare un disco ed estendendosi verso l'alto, allungando il collo. 

 

Jein, trattenendo una risata, gli si avvicinò lentamente e spuntò alle sue spalle. 

 

-Hai la faccia di un bradipo e le gambe di uno struzzo.- disse in un sussurro all'orecchio del ragazzo. 

 

-Ehi!- replicò lui, voltandosi verso di lei con gli occhi spalancati. 

 

La ragazza, dandogli le spalle per nascondere la smorfia divertita che si era incatenata alle sue labbra, prese a marciare verso un'apertura fra due specchi. 

 

-Forza, usciamo di qua.- 

 

 

Jein aveva parlato troppo presto. Guardava impaziente ogni angolo che voltava nella speranza di vedere un paesaggio differente dall'infinta replica di se stessa, ma puntualmente veniva delusa. Più andava avanti e più aveva l'impressione  di addentrarsi nelle viscere di quel labirinto di vetro e riflessi. 

 

-Jein, aspettami!- 

 

La voce di Jimin la fece voltare, distogliendola dal suo obbiettivo. Tre immagini del ragazzo correvano in tre direzioni diverse e la giovane si ritrovò a domandarsi quale delle tre fosse l'originale. La risposta sbucò inaspettatamente da dietro un angolo fra due specchi concavi e si schiantò contro la superficie di fronte a sé. 

 

Jimin emise un verso di dolore portandosi la mano al naso e guardandosi intorno disperatamente. Jein decise di avvicinarglisi, ridendo sommessamente. 

 

-Hai preso una bella botta.- disse, osservando il punto di impatto. 

 

Il ragazzo la guardò contrariato, corrugando le sopracciglia in una smorfia indecisa fra la sofferenza e il fastidio. 

 

-Avevo visto il tuo riflesso perciò ti ho seguito. Non avevo capito che era uno specchio.- mormorò, con tono stizzito. 

 

La giovane allora, con un accenno di divertimento ancora esitante sulle labbra, prese per mano Jimin e iniziò a ripercorrere il labirinto in cerca del suo obbiettivo. 

 

-Ma guarda un po'... da quanto tempo.- 

 

 

Una voce familiare eppure spaventosamente estranea le provocò un brivido lungo la colonna vertebrale. La sua marcia era stata bruscamente interrotta dal ragazzo dietro di sé, che si era bloccato sul posto tirando la sua mano. Anche senza vederlo, Jein sentiva la rigidità del suo corpo dai tendini tesi e la stretta nervosa. Trattenendo quella mano leggermente tremante, la ragazza si voltò. 

 

Quello che incontrò fu Jimin che guardava il suo riflesso. Quest'ultimo, però, non era come gli altri. Era Jimin, ma era un Jimin più giovane, con le guance più scavate e gli occhi intrisi di sadica ironia. Stretto nei suoi abiti di broccato che ne assottigliavano la figura già assai magra, fissava il suo possessore con sufficienza e una vago senso di superiorità. Infine, emise un sospiro fintamente affranto. 

 

-È un po' di anni che non ci vediamo, non è vero?- chiese l'immagine, assottigliando gli occhi. 

 

-Vedo che hai preso peso.- aggiunse, pugnalando con lo sguardo ogni centimetro del corpo di fronte a sé. 

 

-Come vanno le cose da quando ti sei liberato di me?- chiese abbassando la voce e piegandosi in avanti. 

 

-Sei diventato più bravo? Più bello?- proseguí, chinando il capo di lato. 

 

Jein si chiese se Jimin stesse respirando. Lo vide fissare quel mostro davanti a sé con le pupille tremanti e incapaci di sostenere lo sguardo dell'avversario, mente il terrore gli serrava le labbra e trasformava il suo corpo in cemento. 

 

Pesante, immobile cemento. 

 

Il riflesso, davanti a quel mutismo tormentato, emise un verso di scherno prima di protendersi in avanti. Dalla superficie vetrosa, sotto allo sguardo carico di orrore della ragazza, emerse una pallida mano inanellata. Essa percorse un lento viaggio che terminò sul collo del ragazzo. Lo accarezzò con una dolcezza nauseante e gli avvolse attorno le dita, provocando una scarica di adrenalina nelle vene di Jein. 

 

-Sei sicuro di non aver bisogno di me?- disse quella voce infidamente setosa. 

 

Prima che potesse capire quello che stava facendo, il corpo della ragazza aveva già agito. La sua mano aveva afferrato quella fredda che avvolgeva il collo di Jimin, allontanandola dal ragazzo. 

 

-Chiedo scusa ma... dobbiamo andare.- 

 

Quella frase, emessa in un fiato, si spense velocemente mentre la ragazza prendeva a correre, trascinando il pesante corpo del ragazzo. Voltandosi per guardarlo, vide i suoi arti ancora rigidi che avevano difficoltà a stare dietro alla sua corsa. I suoi occhi però erano la cosa che fece preoccupare di più Jein. Erano terrorizzati. Sembravano quelli di un bambino perso e solo, lontano dai suoi genitori e con lo sconforto di chi non ha idea di come trovare la strada di casa. 

 

"Facci uscire da qui! Ti prego!" 

 

Jein non sapeva a chi fosse rivolta la sua supplica. A se stessa forse. O al sogno. Nonostante ciò, pregò , implorò dentro di sè che quell'incubo cessasse. Con uno schianto che le trapassò i timpani, la sua preghiera fu soddisfatta. Disperdendo i loro riflessi in piccoli frammenti, gli specchi si sbriciolarono su stessi aprendo la strada ad un cielo in bilico fra il pomeriggio e la sera. 

 

La ragazza smise di correre e si guardò intorno, sospirando sollevata. Nel momento in cui i suoi occhi incontrarono una grande ruota panoramica che si accendeva di rosso e giallo come un fuoco d'artificio, l'odore stuzzicante di popcorn e zucchero filato le riscaldò il cuore. Dopo aver passato lo sguardo sul treno carico di persone in estasi, sui piccoli razzi che immergevano in acqua bambini eccitati e su una gigantesca tavola imbandita con tazze volteggianti, si fermò su una giostra che riecheggiava di memorie della sua infanzia. Senza dire una parola, prese a marciare trascinando il ragazzo, che si guardava intorno intontito da luci e colori. Quando giunse al suo obbiettivo, si voltò finalmente verso di lui, rivolgendogli un sorriso misterioso. 

 

-Sei mai salito su questa?- 

 

Jimin alzò gli occhi sulla grande torre a cui era appesa una fila di seggiolini, sospesi da catene dall'aspetto non troppo resistente. Scuotendo il capo, corrucciò le sopracciglia in una smorfia preoccupata quando Jein lo fece sedere su uno dei sostegni e lo chiuse dietro ad una piccola sbarra. Masticando qualche protesta, la seguì con lo sguardo mentre si sistemava nel seggiolino dietro al suo. Dopo averla vista abbassare la sbarra sul suo grembo, guardò con curiosità i suoi piedi che a piccoli passettini si avvicinavano a lui. Infine, la ragazza lo raggiunse afferrando lo schienale metallico a cui era appoggiato. 

 

-Ti faccio vedere come funziona.- disse Jein con una smorfia convinta. 

 

Non appena terminò di parlare, una campana riecheggiò sgraziatamente e la torre prese a girare facendo sollevare i seggiolini in aria. Jimin osservò i suoi piedi staccarsi da terra e rimanere sospesi nel vuoto, mentre l'aria incontrava il suo viso sempre più velocemente. Quando la giostra si stabilizzò, Jein vide il ragazzo sorridere debolmente, facendo molleggiare le gambe e socchiudendo gli occhi. 

 

-Adesso inizia il vero divertimento.- gli sussurrò allora lei, facendogli spalancare gli occhi. 

 

-In che s...- 

 

Jimin non ebbe modo di finire la frase, perché la ragazza aveva già stretto sotto le dita lo schienale del suo seggiolino e lo aveva lanciato verso l'esterno, facendolo sollevare più in alto di tutti. Scoppiò fragorosamente a ridere quando sentì la voce del ragazzo convertirsi rapidamente in un urlo, che aumentava di intensità man mano che ritornava verso di lei. 

 

-Jeiiiiiii...- 

 

La giovane era arrivata a lacrimare dalle risate quando il grido del ragazzo si allontanò nuovamente insieme al seggiolino, che aveva preso a ciondolare a destra e a sinistra come un pendolo. 

 

-Fammi scende...- 

 

Jein, ancora in preda alle risate, fece fermare lentamente la giostra, mentre il ragazzo davanti a sé tornava in posizione perpendicolare. Quando i loro piedi toccarono di nuovo il terreno, Jimin si alzò rapidamente dal supporto, contorcendosi come un'anguilla per liberarsi della sbarra che lo tratteneva. Si voltò per guardare la ragazza, che dovette soffocare un'altra risata davanti alla sua espressione carica di furia omicida e terrore di morire. Nei suoi occhi, però, uno strato di quel terrorizzato smarrimento era scomparso, lasciandogli lo sguardo più limpido. 

 

-Tu...- iniziò il giovane, puntandole un dito contro. 

 

Lei alzò le sopracciglia incrociando le braccia al petto, incoraggiandolo silenziosamente a terminare la frase. Jimin, invece, prese la sua mano e iniziò a camminare dandole le spalle. 

 

-Adesso scelgo io.- disse semplicemente. 

 

 

Jein non sapeva per quale motivo si ritrovava seduta su un cavallo di plastica che trottava lentamente in tondo, circondato da altri piccoli animali dalle tinte pastello, incastrati come lui in quella giostra rotante. Nonostante ciò, si ritrovò a fissare il ragazzo seduto accanto a lei che sorrideva con tanta innocenza sul suo nobile destriero azzurro, mentre lo incitava con un energico: "Vai Chicorita!" 

 

Quella vista fu talmente assurda e divertente da permetterle di ignorare perfino quel fastidioso organo che risuonava ripetutamente nell'ambiente. 

 

-Sembri un bambino, lo sai, vero?- disse infine Jein, scuotendo il capo con divertimento. 

 

Jimin si voltò a guardarla con un'espressione platealmente offesa sul viso. La sua piccata replica però non ebbe modo di nascere. Improvvisamente, infatti, i due ragazzi si ritrovarono sbalzati in avanti mentre le loro cavalcature prendevano velocità. La giovane abbassò gli occhi e vide che sotto di sé non c'era più un'inerme creatura di plastica. Afferrando la criniera scura e folta fra le dita, osservò ammirata i muscoli dell'animale che la stava trasportando e strinse le gambe per non cadere. 

 

Affianco a lei, sentì una sequela di lamentele che le provocarono una risata selvaggia e, voltandosi, vide Jimin guardare terrorizzato il cavallo che galoppava elegantemente, facendolo sobbalzare sulla sella. 

 

-Jein! Che facciamo? Come si fermano?- chiese il ragazzo, con panico trasudante nella voce. 

 

La giovane allora lo guardò alzando le spalle e scuotendo i capelli per aria, imitando la creatura sotto di lei. Riportando lo sguardo al suo pelo sottile e lucente, gli accarezzò dolcemente il collo, percependo ogni fibra muscolare che si tendeva e si rilassava ritmicamente. Infine, strinse maggiormente la folta criniera sotto le dita e liberò un grido nell'aria, lasciando che il suo corpo si trasformasse in vento. 

 

-Vai!- 

 

L'animale, accogliendo la sua richiesta, prese a sfiorare il terreno con le zampe possenti ancora più velocemente. 

 

-Ehi! Jein!- 

 

Le proteste dietro di lei si persero nelle sue orecchie e presto la ragazza si ritrovò in un mondo di aria e selvaggia libertà. 

 

Poi, voltandosi all'indietro, regalò un sorriso al giovane. 

 

-Lasciati andare!-

 

 

~~~~~~~

 

 

-Jein? Sei pronta? Ho firmato i fogli per la dimissione, possiamo andare.- 

 

Yong-Ho bussò sommessamente sulla porta, in attesa di risposta. Dall'altra parte, però, giunse solo il rumore gracchiante della televisione. Mordendosi nervosamente il labbro, esitò leggermente sulla superficie metallica, con la nocca sospesa per aria in indecisa attesa. 

 

-Jein?- 

 

Non ricevendo nuovamente alcuna risposta, l'uomo decise di abbassare la maniglia ed entrare. Nella stanza, davanti ad un letto che puzzava di disinfettante e intrappolata in mezzo a pareti tinte di un azzurro non del tutto rasserenante, sua figlia stava in piedi con lo sguardo assorto. Fissava la televisione con le sopracciglia corrugate e gli occhi persi. 

 

Yong-Ho aveva visto spesso quell'espressione nel viso della ragazza negli ultimi giorni. E seppur il suo intero essere urlava di ansia e dolore, voglioso di sapere dove fosse rimasta la sua anima, dove fosse finita sua figlia, rimaneva puntualmente in silenzio, osservandola con ansiosa aspettazione. 

 

-Jein, sei pronta? È ora di andare.- 

 

La ragazza non rispose. I suoi occhi non lasciavano le immagini della televisione, che mostravano le vecchie riprese di una giostra di cavalli, mentre un commentatore narrava la storia dei Luna Park di Coney Island. 

 

"Che cosa hai perso, Jein?" 

 

"Sembra che tu stia cercando qualcosa da quando ti sei svegliata."

 

Il padre ingoiò quelle domande insieme alla sua ansia e ai suoi sensi di colpa. Quei sensi di colpa che gli offuscava la vista ogni volta che guardava gli occhi freddi e privi di anima di sua figlia. 

 

Dopo qualche istante, quando le immagini cambiarono, la ragazza finalmente appoggiò lo sguardo sull'uomo e, con un cenno di assenso, afferrò la piccola borsa appoggiata sul letto. Non disse una parola mentre seguiva docilmente il padre lungo i corridoi stretti e fastidiosamente somiglianti dell'ospedale. 

 

Yong-Ho sentiva gli occhi della ragazza che non lasciavano la sua schiena ed ingoiò quel groppo in gola che gli assottigliava il fiato e gli accorciava il respiro. Una volta giunti nell'ultima sala d'attesa del reparto di neurochirurgia, l'uomo si diresse verso l'ascensore. Quando si voltò, però, Jein non era più alle sue spalle. Era ferma come un orgoglioso fiore in mezzo ad un prato di poltroncine scure e basse, con lo sguardo fisso e pieno di emozioni che il padre non riusciva a comprendere. 

 

-Jein?- 

 

Seguendo la linea dei suoi occhi, Yong-Ho incontrò una coppia di ragazzi con la pelle pallida e le spalle stanche, fermi davanti ad una macchinetta. 

 

-Dobbiamo fare qualcosa.- 

 

Il più basso dei due si strofinò le palpebre, cercando di scacciare le occhiaie e prese un sorso di caffè. L'altro scosse il capo, massaggiandosi il collo. 

 

-Lo so, hyung*, ma... sinceramente, non so più che fare fra lui che non vuole lasciare la stanza e Taehyung che si rifiuta di mangiare.- rispose il giovane, con la voce arrochita. 

 

Il più basso annuì stancamente e diede una pacca sulla schiena al suo compagno. 

 

-Scusami... non è facile neanche per te.- 

 

Jein sembrava incantata davanti a quella scena. Nuovamente, il padre fremeva per scoprire cosa avesse rapito la sua mente ma, soffocando quell'istinto, prese semplicemente la ragazza per mano, tirandola dolcemente. 

 

-Andiamo Jein.- 

 

La figlia sbatté le palpebre e riportò lo sguardo su di lui, perdendo nel processo quella misteriosa commistione di emozioni che avevano dominato i suoi occhi. Poi, annuendo, lo seguì ed entrò nell'ascensore.

 

~~~~~

 

EHILÀ!

In sto capitolo succedono un sacco di cose XD. Forse cercavo di compensare il capitolo precedente. È stato troppo veloce? Ho corso troppo in alcuni passaggi? Fatemi sapere se c'è qualcosa da migliorare, accolgo volentieri qualsiasi consiglio. 

Allora. Abbiamo chiuso con uno stacco insolito. Immagino l'abbiate capito ma nel dubbio lo dico: quando vedete questo simbolo ~~~~~~ vuol dire che la scena che segue avviene fuori dal sogno. Non dirò altro, più avanti avrete maggiori dettagli. 

 

*hyung: onorifico informale usato dai maschi più giovani nei confronti dei più grandi, letteralmente tradotto "fratello"

 

 

 

   
 
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