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Autore: Minako_    17/05/2020    7 recensioni
Sonoko, fra il frastornato e il dubbioso, la guardò mentre lanciava occhiate nervose alla porta, per poi veder far capolino sul suo viso un rossore incontrollabile. La biondina si girò e vide Shinichi sulla porta, entrare a testa bassa e dirigersi senza guardarla al suo posto. Esausta, alzò gli occhi al cielo, prendendo posto anch’essa.

Io non li capirò mai.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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WITHOUT WORDS.
abitudini.
 

Ran lo trasse a sé timidamente, e iniziò a baciargli piano gli angoli della bocca. Prese di proposito un po’ di tempo per lasciargli quei piccoli baci, rendendosi conto che ad ognuno di essi Shinichi pareva immobilizzarsi sempre di più. Solo dopo almeno un minuto, probabilmente non riuscendo più a trattenersi, lui intercettò la sua direzione e le posò le labbra contro le sue. Ran lo avvertì più lento e tenero rispetto a poco prima, e si rilassò totalmente fra le sue braccia, mentre il suo profumo gli arrivava prepotente nelle narici. Dopo un po’, quando si staccò per prendere fiato, decise di posare il viso nell’incavo del suo collo, appoggiando completamente la fronte contro esso. Totalmente in balia di quel profumo così familiare, gli cinse la vita con le braccia e lo abbracciò forte, premendo il suo corpo contro il suo. Lo sentì ricambiare quell’abbraccio quasi subito, mentre la stringeva forte contro il suo petto.
« Mi sei mancato », disse dopo un po’.
« Sono stati solo quattro giorni », contestò, non riuscendo però a nascondere il piacere che provò nel sentire quelle parole.
« Non intendevo questa settimana ».
Shinichi rimase un attimo zitto, per poi sciogliere leggermente il loro abbraccio giusto quel poco per guardarla negli occhi.
« Anche tu », ammise. Lei alzò un sopracciglio, e sbuffò.
« Ma se eri sempre con me e lo sapevi, a differenza mia ».
Shinichi fece una smorfia pronunciata, inclinando la testa da una parte.
« Esatto, io lo sapevo e tu no », disse infine, guardandola con una nota malinconica nello sguardo.
« Eravamo sempre insieme, ma io ero il tuo “fratellino” », borbottò.
Ran si accigliò. Aveva così spesso pensato, appena saputa la verità, a quanto fosse in collera per quelle bugie, da tralasciare quanto quello avesse potuto essere pesante per lui. Dopotutto, se era vero ciò che le aveva detto, lui nutriva già quei sentimenti per lei. Si morse un labbro, cercando di immaginare cosa avesse dovuto reprimere per tutto quel tempo. Dopo il primo momento di rabbia, e coi mesi che passavano e lui che si faceva piano piano perdonare per tutto, aveva ormai seppellito quella collera nei suoi confronti. Si era riguadagnato totalmente la sua fiducia, giorno dopo giorno, sorriso dopo sorriso. Aveva ricucito tutte le ferite standole semplicemente vicina, e lentamente aveva capito quanto fosse sincero. Lo conosceva abbastanza da sapere quanto si fosse probabilmente logorato, vedendola sempre piangere per causa sua, sentendo le sue proteste e le sue preoccupazioni.
E non poter fare o dire qualcosa.
Proiettata in quel nuovo, tremendo punto di vista, alzò la mano verso il suo viso, accarezzandoglielo.
« Ora ci sei », disse solamente.
Shinichi le regalò un timido sorriso, e nei suoi occhi poté notare tutta la felicità che quelle tre semplici parole avevano suscitato in lui. Presto la sua gioia la contagiò, e senza rendersene conto si stavano guardando sorridendosi a vicenda senza dire una parola. Finché, almeno, qualcosa non li distrasse.
Appena Ran sentì il telefonino di Shinichi suonare nella stanza a fianco, vide quasi subito una smorfia far capolino sul suo viso. D’istinto fece per sciogliere il loro abbraccio, ma quando allentò la presa su di lui notò come Shinichi non stesse facendo lo stesso.
« Non rispondi? », domandò corrugando la fronte.
« No… », borbottò, e fece per riavvicinare il suo viso a quello di Ran.
« Guarda che non scappo », rise lei piano.
« Non è per quello », quando lo vide arrossire, a Ran fu quindi chiaro che non volesse davvero separarsi da lei e rovinare probabilmente quel momento. Interiormente soddisfatta, ricambiò il suo bacio quando quest’ultimo finalmente riuscì a riavvicinarsi a lei. Tuttavia la suoneria continuò incessantemente a suonare e quando smise la prima chiamata, partì subito dopo la seconda. Un po’ esasperato, Shinichi sbuffò contro le sue labbra.
« Forse è meglio se rispondi », disse incerta Ran, staccandosi da lui.
Lo vide alzare gli occhi al cielo, mentre ormai quella musichetta iniziava a irritarlo.
« Chi vuoi che sia alle nove di sera?! », sbottò irritato.
Ran ci pensò su un attimo, e quando infine si rese realmente conto dell’ora e di chi solitamente non si facesse scrupoli per disturbarlo, si morse un labbro. Alla vista della sua espressione grave, Shinichi capì che c’era arrivata anche lei.
« … ok », disse infine Ran. « … e perché non vuoi? ».
Perché vorrei stare un po’ con te.
« Non è che non voglio », disse, tralasciando in un angolino del suo cervello la vera frase che avrebbe voluto dirle.
« Allora rispondi, questa suoneria mi sta facendo impazzire », Ran scosse la testa, e con un balzo scese giù dalla sua scrivania.
Shinichi sospirò e appurò spiacevolmente che ormai quel loro momento fosse perso. A quel pensiero l’irritazione aumentò, così che quando la superò e andò in salotto, rispose al telefono con voce abbastanza alta e scocciata.
« Ispettore Megure », disse solamente, lasciandosi sedere mollemente sul poggiolo del divano. Ran sbucò dopo poco dalla sua camera da letto, appoggiandosi allo stipite della porta. Incrociò le braccia al petto, cercando di nascondere al ragazzo a poca distanza da lei quanto in realtà quella chiamata stesse dando fastidio anche a lei.
Ovvio che le dava fastidio. Eccome.
Ma dopotutto, era il suo lavoro, e lui lo amava. Si era imposta di accettarlo, ne avevano parlato, e ora non poteva davvero tirarsi indietro. Pensierosa, lo fissò di sottecchi, mentre lo vedeva alzarsi in piedi pigramente e annotare qualcosa distrattamente su un post-it posto sul tavolino lì a fianco.
In quel momento, pensò a cosa sarebbe potuto succedere se Megure non li avesse interrotti. Probabilmente sarebbe ricapitato ciò che era successo il sabato prima, e a quel pensiero il suo stomaco si aggrovigliò all’improvviso. Un moto di delusione la travolse, lasciandola basita. Aveva aspettato di stare con lui per tutta la settimana, e il pensiero che ora lui andasse chissà dove per un caso stava davvero mettendo a dura prova la sua calma. Eppure doveva, voleva cercare di non fargli notare il suo disappunto. Non era sua intenzione diventare una fidanzata noiosa, men che meno litigare ogni qualvolta venisse assorbito dal suo lavoro… no, doveva davvero supportarlo.
Stava ancora cercando di imporsi un autocontrollo che, tuttavia, faticava a trovare, quando lo sentì chiudere la chiamata. A quel punto, sorrise leggermente e sentì i muscoli facciali fin troppo tesi: stava davvero sfoggiando un sorriso finto.
« Chi è morto, stavolta? », sdrammatizzò avanzando lentamente verso di lui. Shinichi alzò gli occhi al telefono, guardandola con espressione mogia.
« Un noto imprenditore di Tokyo », disse annoiato. « Colpo di arma da fuoco », concluse sospirando.
Shinichi buttò infine il telefonino in tasca, e la guardò un po’ più intensamente. Ran cercò di sorridere ulteriormente come a volerlo rincuorare, ma sapeva bene che lui avrebbe avvertito il suo dispiacere anche ad occhi chiusi. Quando, infine, parlò però, Ran strabuzzò gli occhi.
« Vieni con me? ».
Lo aveva chiesto con gli occhi un po’ speranzosi, e un sorriso dubbioso sul viso. La sua voce era stata così flebile che quasi si domandò se avesse sentito bene, ma presto si rese conto che fosse così.
Ran sbatté le ciglia un paio di volte, totalmente colta di sorpresa. Rimase così senza parole che dopo un po’, e ancora nessuna risposta, lui interpretò quel silenzio in altro modo, e inevitabilmente arrossì.
« Beh, so che non è proprio un’uscita romantica », provò a giustificarsi, iniziando a grattarsi nervosamente la base del collo.
« Ma stavo pensando c- ».
« Va bene ».
Shinichi si interruppe, mentre riprendeva a fissarla incredulo. La vide sorridere tranquillamente, mentre tornava in camera e poco dopo usciva con una giacca addosso. Rimase immobile anche quando Ran iniziò ad armeggiare con la propria borsetta, e infine si rivolse a lui con sguardo divertito.
« Beh, andiamo? », domandò affiancandolo, e represse a stento una risata quando constatò la sua sorpresa dipinta sul volto.
« S-sì », balbettò infine Shinichi, riprendendosi un poco. Ancora un po’ arrossato, cercò velocemente la sua giacca ma presto si paralizzò nuovamente.
« Ad una condizione ».
Le stava dando la schiena, perciò non riuscì a capire se fosse davvero seria come la sua voce gli era arrivata all’orecchio in quel momento. Perciò lentamente si voltò verso di lei, che lo stava fissando con un sorriso incerto sul viso. Notò farsi strada anche sulle sue guance un lieve colorito roseo, mentre le mani ancoravano prepotentemente la sua borsa.
« Dimmi », mormorò Shinichi, ad un tratto nervoso.
Lei si dondolò sui piedi, prendendo tempo.
« E’ che, insomma… », iniziò infine un po’ agitata, distogliendo lo sguardo. « Ecco, mio padre non c’è, e io… », stava andando nel pallone. Vedendola così, Shinichi alzò un sopracciglio, capendo immediatamente a cosa si stesse riferendo.
« Sì, ho capito », disse infine, sorprendendola. « Sei una fifona ».
A quelle parole, Ran aprì la bocca indignata.
« Non sono una fifona! ».
« Perciò non mi stavi dicendo che hai paura di dormire da sola, vero? », la canzonò lui con un sorriso così sfacciato che le fece tremare le gambe. Ran si morse un labbro, colpita nel suo punto debole. Effettivamente l’idea di dormire completamente sola l’aveva messa in agitazione non appena suo padre gli aveva annunciato quel suo viaggio, e subito aveva pensato di chiedere a Sonoko di stare da lei per quelle tre sere. Tuttavia quando glielo aveva domandato, quest’ultima le aveva ribattuto categoricamente di no, e che avendo un fidanzato che per di più viveva da solo avrebbe dovuto chiedere a lui. Il tutto, ovviamente, accompagnato da una gestualità che lasciava ben poco spazio all’immaginazione. Al pensiero arrossì vistosamente, mentre iniziava a fissarsi le scarpe.
« Dai, prenditi qualche cambio e andiamo ».
« Cosa? », esclamò alzando di scatto la testa.
Vide Shinichi dirigersi mollemente verso la porta, ma non si voltò a guardarla. La verità era che ormai aveva perfino le orecchie bordeaux, ma non aveva alcuna intenzione di farglielo notare.
« Scema », la rimbeccò mettendosi le mani in tasca. « L’ultima volta che ho dormito qui ho avuto mal di schiena per tre giorni, se non vuoi stare sola andiamo a casa mia! ».
Aveva cercato di mantenere un tono di voce indifferente e deciso, sebbene ormai ogni parte del suo corpo fosse bollente. Sperò che Ran non si accorgesse del suo imbarazzo, ma ciò che non sapeva era che ormai la ragazza fosse tendente a un rosso così forte che per nasconderglielo era corsa trafilata in camera sua. In silenzio, e con mani tremanti, fece come gli aveva detto lui, e acchiappò una borsa un po’ grande infilandoci un cambio e il suo amato pigiama con i panda. Sentendosi ancora accaldata, iniziò a sventolarsi con le mani il viso, sperando di refrigerarsi un poco.
Se non vuoi stare sola andiamo a casa mia.
L’avrebbe fatta dormire in una camera degli ospiti? O con lui?
L’ultima volta che ho dormito qui ho avuto mal di schiena per tre giorni.
Effettivamente lui aveva un letto ad una piazza e mezza, a differenza del suo singolo. A quell’improvviso pensiero tornò ad avere caldo.
Stai seriamente andando a dormire a casa di Shinichi con quel pigiama?
Una voce terribilmente somigliante a quella di Sonoko le rimbombò in testa, e si odiò per lasciarla libera di insinuare il tarlo del dubbio della sua mente. Mordendosi un labbro iniziò a fissare quei panda che aveva sempre adorato, ma che in quel momento le parevano terribilmente imbarazzanti. Si perse così tanto a fissarlo che dopo un po’ sentì la voce scocciata di Shinichi chiamarla.
« Ti lascio qui, eh! », lo sentì urlare.
« Arrivo! », sbuffò lei, e lasciò perdere quel dubbio che la stava assillando. Spense la luce e gli corse incontro senza riuscire a guardarlo in faccia, il pigiama con i panda accuratamente piegato nella sua borsa.

Quando dopo mezz’ora arrivarono all’indirizzo che l’ispettore Megure gli aveva dato, Ran notò subito come la casa fosse assediata dai giornalisti. Guardò spaesata Shinichi, che aveva già alzato gli occhi al cielo borbottando fra sé e sé. Cercarono di passare inosservati, ma ci volle relativamente poco perché qualcuno cominciasse a mormorare sommessamente nella loro direzione. Ran udì chiaramente qualcuno pronunciare il nome di Shinichi, e altri pezzi di frasi che la fecero arrossire.
« Ma quello non è Shinichi Kudo? ».
« Sì, è con quella ragazzina! ».
« Quale? ».
« Massì, quella per cui si è preso quella pallottola! ».
Ran sentì la guance avvampare quando infine le voci presero a diffondersi sempre più distintamente, e da lì a poco si ritrovarono circondati e spintonati da tutta quella folla curiosa.
« Kudo-san! Per favore, due domande! ».
« Collabora ancora con l’FBI? ».
« E’ vero che era loro infiltrato? ».
« Kudo-san, che tipo di esperimenti facevano in quei laboratori? ».
Quando un flash particolarmente potente la investì, Ran rimase perfino per un attimo stordita. Vide a pallini per un po’, e lui dovette accorgersi del suo spaesamento, perché prontamente la prese per mano a la trascinò con sé. Guardandolo di sottecchi, Ran notò come sembrasse scocciato, mentre senza tanti preamboli spingeva chiunque gli capitasse davanti per poter arrivare al cancello principale.
« Kudo-san, è la sua fidanzata? », a quelle parole Ran avvampò ulteriormente, e se avesse potuto sarebbe volentieri sprofondata.
« E’ vero che state insieme? ».
« Dannazione », borbottò Shinichi.
Sicuramente l’omicidio di quel noto imprenditore aveva attirato non poca curiosità, mentre la voce si era diffusa velocemente nelle testate principali. Quelle stesse domande che si era sentito ripetere all’infinito i primi mesi subito dopo essere tornato a lavoro lo spazientirono a tal punto che per ripicca non rispose a nessuno, facendo finta di niente. Ran lo guardò un po’ sorpresa, pensando a quanto fosse cambiato.
Una volta, in mezzo a tutta quell’attenzione mediatica, ci avrebbe sguazzato. Ma in quel momento i suoi occhi lanciavano scintille, come se avesse voluto fulminarli tutti all’istante.
« Vi sposerete, Kudo-san? », chiese un giornalista particolarmente audace.
A quella domanda le venne da ridere, ma quando si voltò verso Shinichi pensando di incontrare anche la sua ilarità, lo trovo soltanto ulteriormente contrariato. Il sorriso sulle sue labbra scemò, e cercò di non farci troppo caso. Cercò di non lasciar trapelare la sua improvvisa delusione, e quasi ringraziò il cielo quando infine riuscirono ad arrivare all’ingresso, e un agente li fece scivolare dentro.
Tirarono tutti un sospiro di sollievo, e sentì presto la presa sulla sua mano venir meno. Ancora un po’ crucciata dalla sua reazione di poco prima, seguì Shinichi e l’agente nella grande villa davanti a loro.
Non essere sciocca.
Scosse la testa, e in silenzio si tolse le scarpe all’ingresso, lasciando anche la sua borsa con il cambio. Lentamente seguì i due, sentendo i loro discorsi su quel caso un po’ distanti.
« Forse è meglio se lei aspetta qui », sentì infine l’agente nervoso rivolgersi a lei, che strabuzzò gli occhi. Solo in quel momento, essendo stata completamente assorta nei suoi pensieri, si rese conto che erano arrivati di fronte ad una camera con una porta accostata, e tutti intorno a loro i poliziotti erano moltiplicati.
« Non è una scena molto piacevole », spiegò l’agente guardandola apprensivo.
« Va bene, vi aspetto qui », disse Ran abbozzando un sorriso. Shinichi le sorrise a sua volta, e si sporse leggermente verso di lei.
« Faccio più in fretta che posso », le disse in un orecchio, e a quella vicinanza sentì un brivido lungo la schiena.
« Va bene », replicò, tranquillizzandosi un poco. Si scambiarono uno sguardo così profondo che per poco non si perse in quei suoi occhi, ma quasi subito lui sparì all’interno di quella stanza.
Sentì la voce dell’ispettore Megure mentre salutava Shinichi e, annoiata, si guardò intorno. Una schiera di poliziotti la ignorò, mentre facevano avanti e indietro in quella stanza accuratamente nascosta al pubblico. Pensò che doveva celare una scena davvero raccapricciante considerato quanto minuziosamente accostavano la porta ad ogni loro passaggio. Un po’ disgustata fece qualche passo lì intorno, finché non notò un cortile interno con un tipico giardino zen giapponese. Si guardò intorno e assodato che lì non avrebbe dato fastidio a nessuno, si sedette e prese a guardare fuori. Si portò le ginocchia al petto, e vi appoggiò il viso.
Ormai avrebbe dovuto essere abituata ai giornalisti, eppure ogni volta le lasciavano un senso di fastidio alla base dello stomaco.
Non appena la notizia della caduta dell’organizzazione si era divulgata, non solo l’ospedale dove Shinichi era ancora in coma era stato assediato, ma perfino casa sua e l’agenzia investigativa di suo padre. Con una smorfia si ricordò di come facesse realmente fatica ogni qualvolta uscisse a scavalcarli tutti, mentre continuavano a chiederle che tipo di legame avesse con Shinichi.
Alla fine, continuamente di fronte al suo silenzio, avevano indagato perfino a scuola e avevano così messo insieme i pezzi del loro rapporto. Erano così usciti articoli infiniti su loro due, su come Shinichi si fosse preso una pallottola nella schiena per lei, la sua amica di infanzia. Tutti ovviamente non si erano limitati a ciò, ma avevano sottolineato come dovesse esserci altro fra di loro. Per fortuna a scuola nessuno si era osato raccontare che stavano insieme ufficialmente, anche perché gli unici che lo sapevano erano loro amici e tutti si erano schierati dalla loro parte, non facendosi mai intervistare. Tuttavia i giornalisti la sfiancarono così tanto per quel gossip, che spesso le avevano fatto perdere la pazienza, specialmente perché in quei giorni era davvero un fascio di nervi.
Con un sorriso triste, prese a fissare la pioggia che sempre più insistente cominciava a venire giù, lasciandosi quasi ipnotizzare...

 

***



« Davvero non ho parole, Conan-kun », sentenziò contrariata Ran.
Conan la guardò con sguardo colpevole, mentre la ferita alla gamba che quest’ultima gli stava disinfettando gli lanciava fitte tremende.
« Ma come hai fatto! », esclamò ulteriormente lei, guardando quel taglio assolutamente incredula. Era così grande che gli prendeva mezzo polpaccio, e sebbene lo stesse pulendo già da dieci minuti continuava a trovarci intorno terra.
« Genta non lo ha fatto apposta », sospirò Conan, mentre si mordeva in fretta un labbro per evitare di lanciare un urletto davvero poco maschile non appena lei ci versò sopra dell’altra medicina.
« Non mi ha visto, mi è praticamente volato addosso… c’era un sasso e… ».
« E tu comunque non fai mai attenzione, quando giochi a calcio! », sbuffò Ran interrompendolo.
Sentendosi ulteriormente in colpa per averla fatta preoccupare, si zittì e la lasciò fare senza proferire ulteriormente parola. Scese così un silenzio teso fra loro due, e dopo un po’ Ran se ne accorse. Alzò infine il viso verso il bambino davanti a lei, e notò che la stava fissandolo con espressione grave.
« Ti sto facendo male? », mormorò preoccupata.
« No », replicò piano lui, abbassando gli occhi.
« Conan-kun », sospirò Ran, lasciando stare per un attimo la ferita e rivolgendogli uno sguardo penetrante.
« Cosa succede? », chiese.
« Niente », rispose fin troppo velocemente Conan, arrossendo lievemente.
« Non devi mentirmi ».
A quelle parole, Conan si sentì perfino peggio. Abbassò lo sguardo sulla sua gamba sporca di terra, tenuta su da una mano calda di Ran. Era seduto sul divano dell’agenzia investigativa, e con rammarico notò in quel momento come le stava perfino sporcando tutto con la sua divisa sporca. Ma Ran inginocchiata davanti a lui pareva non darci troppa importanza, preferendo continuare a guardarlo apprensivamente.
« Non voglio mentirti », le parole gli uscirono di bocca senza volere.
« Cosa c’è allora? », riprovò lei con tono dolce.
« … mi dispiace farti sempre preoccupare », disse infine, e sperò di trovare un po’ di sollievo quando le disse quelle parole che, nel suo cuore, si riferivano a ben altro.
A quella frase uscitogli dal cuore con così tanta sincerità e reale dispiacere, Ran alzò un sopracciglio. Guardò attentamente il bambino davanti a lei, e mai come in quel momento nei suoi occhi blu rivide lui.
Shinichi.
Il fatto che non portasse gli occhiali, che nella caduta si erano rotti, non aiutava di certo. Gli assomigliava talmente tanto e, sebbene fosse un bambino colui che aveva davanti, se si focalizzava solo ed esclusivamente sui suoi occhi le pareva di essere lì con lui. Ci aveva pensato così tante volte, se ne era convinta in così tanti momenti…
Conan è Shinichi.
Riprese a pulirgli la ferita, cercando di non pensarci. La verità era che non voleva pensarci.
Tante volte in passato aveva creduto cecamente che fossero la stessa persona, aveva indagato, immaginato e supposto così tante volte quella atroce realtà che ogni qualvolta lui le rifilasse una scusa seppur banale aveva voluto credergli senza troppi problemi.
La verità era che lei voleva che non fossero la stessa persona.
Per quello non era sua intenzione ritornare ad essere paranoica, notare somiglianze dove fosse palese che ci fossero, per il semplice fatto che non aveva intenzione di accettare quella evenienza.
Il solo pensiero che potesse aver ragione le faceva venire da vomitare, specialmente a quel punto della loro relazione. Ora stavano insieme, e se davvero fosse stato reale tutto ciò, aveva seriamente paura che non sarebbe stata in grado di perdonarlo. A quel punto, dopo quel bacio sulla guancia, dopo la sua dichiarazione e la sua risposta… no. Conan non doveva essere Shinichi. Se lo fosse stato, avrebbe rovinato tutto, e distrutto tutto ciò che di buono condividevano.
Con un peso sullo stomaco, prese una benda e iniziò a passargliela intorno al polpaccio.
« Fa più attenzione, la prossima volta », gli disse con tono duro. Alzò finalmente il viso verso di lui, e lì sobbalzò quando vide lo sguardo che Conan le stava rivolgendo mentre era distratta.
Vi lesse dentro frustrazione, mortificazione, e dandosi mentalmente della stupida, vide un scintillio di tormento. Lo stesso che aveva notato in Shinichi quando l’aveva presa per le spalle e per poco non l’aveva baciata in gita.
Come può un bambino trasmettere certi sentimenti?
Sgranò gli occhi, e per un attimo non vide che quei suoi due occhi. Non capì nemmeno come, ne fu così attratta che sentì il suo viso muoversi leggermente da solo nella sua direzione. Con meraviglia e anche un po’ di paura, vide che anche Conan si stava sporgendo verso di lei.
Quando si rese conto che erano davvero a poca distanza, qualcosa la colpì forte nello stomaco. Si rese conto allora che colui che aveva di fronte era un bambino, il suo fratellino. Sentendosi sporca e disgustata, si allontanò di scatto, lasciandogli cadere malamente a terra la gamba fasciata.
« Va a lavarti », disse a bocca asciutta, alzandosi di scatto in piedi.
Si allontanò velocemente da lui, sentendosi ripugnante. Uscì velocemente dallo studio e lì, su quegli scalini, si lasciò cadere a terra con il viso fra le mani.
Lui non è Shinichi. Non lo è, dannazione!
Eppure, da quando era tornata dalla gita, aveva notato qualcosa di diverso in quel bambino. I suoi sguardi, i suoi gesti… parevano essere davvero troppo teneri, e si maledisse al pensiero, intimi.
Erano dettagli, ma lei li aveva notati.
Era sempre stato un bambino maturo per la propria età, ma ultimamente non si sforzava nemmeno per sembrarlo meno. Aveva perfino iniziato a non chiamarla più con l’onorifico nee-chan, ma semplicemente Ran.
Come faceva lui.
E poi…
Ran scosse energicamente il capo, e si rimise in piedi traballando. Si appoggiò alla parete, e prese a salire le scale per arrivare in casa.
Non era stato davvero solo frutto della sua immaginazione quando tre pomeriggi prima, di ritorno da fare la spesa, lo aveva preso per mano e lui aveva iniziato ad accarezzarle le dita distrattamente. O che puntualmente le lanciasse quegli sguardi intensi, quando la vedeva gironzolare per casa con l’accappatoio appena finita la doccia. No, non era la sua immaginazione. E cominciava davvero ad averne paura. Perché tutte quelle attenzioni, quel suo modo di rivolgersi a lei, era davvero troppo simile a come faceva Shinichi.
Ciò che Ran non sapeva, era come quella gita avesse realmente reso frustrato Conan. Quei giorni insieme a lei a comportarsi come un ragazzo normale gli avevano lasciato addosso una delusione così prepotente, che non aveva nemmeno più le forze di mentire e recitare la storia del bambino di sette anni. Ne voleva ancora, voleva ancora stare con lei come era stato in quei giorni. Così ultimamente aveva lasciato cadere le proprie difese, e la voglia che aveva di lei aveva preso il sopravvento.
A volte ringraziava di essere intrappolato nel corpo di un bambino, perché davvero non sopportava più di vederla gironzolare con quell’asciugamano così striminzito, o tenerle la mano senza cominciare a intrecciarla con la sua. Se fosse stato nel suo corpo adulto, probabilmente, non sarebbe stato capace di reprimere certi stimoli.
Tuttavia, sapeva bene che facendo così stava solo peggiorando la situazione, ma non riusciva davvero più a trattenersi. Era passato davvero troppo tempo, e ne aveva abbastanza. Era stufo marcio di quelle menzogne, e spesso quasi sperò che lei capisse la verità da sola. Se solo lei glielo avesse richiesto, a quel punto lui non avrebbe più negato. Non ce la faceva più. Ma lei faceva sempre finta di niente, e mai una volta tornò sull’argomento per incastrarlo o interrogarlo con cipiglio dubbioso.
Mai.
Arrivò alla conclusione che forse lei non avesse realmente fatto caso a quel suo modo di rivolgersi senza più patine, o ai suoi sguardi allusivi.
Ciò che però Shinichi non sapeva, era che in fondo al suo cuore lei lo sapeva.
Il suo cuore, ogni fibra del suo corpo lo urlava.
Tu sei Shinichi.
Tuttavia, semplicemente, non voleva che fosse così.
E’ un bambino, solo un bambino. Ed è disgustoso come ci stiamo guardando o sfiorando ultimamente.
Sentenziò duramente nella propria testa, mentre si buttava sul letto e immergeva disperatamente il viso nel cuscino.

 

***


« Signorina? ».
Ran si riscosse dai propri pensieri, e sobbalzò quando avvertì qualcuno alla spalle. Sorpresa, notò come una governante di mezza età della casa si fosse rivolta a lei con sguardo dolce, e ora le stava tenendo una mano rugosa sulla spalla.
« Quel ragazzo con cui è arrivata ha risolto il caso », annunciò. « Fra poco potrete tornare a casa ».
Ran sorrise di rimando, ringraziandola. Solo in quel momento notò sul suo telefono come fosse già passata un’ora abbondante, e pensò che doveva essersi un po’ appisolata in quell’angolo isolato di casa. Si alzò lentamente in piedi e si stiracchiò.
Interiormente soddisfatta di poter davvero andare  via da lì, ripercorse al contrario il corridoio e notò come quel raduno di poliziotti si fosse diradato. Vide allora la porta aperta, e pensando di non trovarvi dentro ormai più alcunché di eccessivamente violento, fece un passo avanti ed entrò timidamente.
Adocchiò velocemente Shinichi in un angolo della sala, con le mani in tasca e un sorriso soddisfatto in volto. Stava chiacchierando tranquillamente con l’ispettore Megure e altri due poliziotti, e li vide così distesi che appurò davvero che il caso fosse chiuso. Sorrise, e fece un altro passo all’interno un po’ rasserenata. Ma quando infine rivolse l’attenzione al resto della camera, notò un telo bianco a coprire qualcosa alla sua sinistra. Con orrore, vide come il sangue stesse macchiando quello stesso telo, e quest’ultimo fuoriuscisse perfino un po’ sul pavimento tutto intorno. Si raggelò sul posto, mentre un poliziotto della scientifica alzava quel telo per rivelare ciò che c’era sotto.
Una nausea prepotente la investì, quando alla fine vide il corpo posto lì a fianco a poca distanza da lei.
Era di un uomo abbastanza alto e magro, vestito con un paio di pantaloni eleganti e una camicia bianca che ormai era vermiglia esattamente dove, sulla schiena, la pallottola lo aveva colpito. Con disgusto crescente, lo vide a terra disteso sulla pancia, lo sguardo vuoto e la bocca aperta con alcuni rivoli di sangue che gli scendevano lungo il mento.
In quel momento, non seppe come, il viso di quell’uomo lasciò il posto a quello di Shinichi, riverso su di lei con quella stessa ferita da cui sgorgava sangue caldo e rosso. Sbatté le palpebre, serrando le labbra mentre le veniva da vomitare.
Davanti agli occhi le tornarono prepotenti le immagini di quando aveva rigirato quel corpo sottosopra, solo per vederlo colto da spasmi di dolore mentre tossiva copiosamente sangue.
Perdonami.
Colui che vedeva ai suoi piedi non era quell’estraneo, ma Shinichi. A terra, immobile, coperto di quello stesso sangue che le arrivava alle narici facendole arricciare il naso. Avrebbe voluto davvero distogliere lo sguardo, ma non ci riuscì e nemmeno poté impedire al proprio naso di rilevare quella puzza crescente di sangue. Si portò di scatto una mano alla bocca e iniziò a tossire, e sperò con tutto il cuore di non vomitare lì davanti a tutti.
Ma prima che potesse davvero riuscire a capire se sarebbe stata in grado di trattenersi, qualcuno le oscurò quella visuale parandosi davanti a lei. Sentì quindi due braccia avvolgerle le spalle, e notò come la stessero trascinando via da lì. Tossì nuovamente, ma riuscì sforzandosi di ricacciare indietro la propria nausea. Si sentiva così stordita che pensò di svenire, e per poco forse non accadde. Ma quelle stesse braccia la tenevano saldamente su, mentre veniva trascinata da qualche parte.
« Ran! », sentì la voce ovattata di Shinichi, e cercò di mettere a fuoco senza realmente riuscirci. Si sentì così debole e alla fine, totalmente sfiancata, non riuscì più davvero a combattere.
Tutto divenne nero.

Quando la sentì pesante contro le sue braccia, Shinichi capì. La tenne su appena in tempo, appena prima che potesse scivolare a terra svenuta. La acchiappò per la vita, e la tenne su almeno per pochi passi prima di lasciarla sdraiare su un divano che adocchiò a poca distanza. Sentì in lontananza la governante indicargli la camera degli ospiti, ma davvero non gliene importava molto.
« Non penso gli darà fastidio », le borbottò di rimando, quando questa sottolinò come quello fosse lo studio del proprietario della casa, ormai cadavere a poche camere di distanza.
« Al momento, è un po’ impossibilitato », marcò sarcastico, fissandola male. Quest’ultima si zittì, mentre lui sistemava Ran un po’ meglio su quel divano scuro.
Era ancora concentrato sul metterla comoda, che non si accorse di Takagi e Megure che si sporsero dalla porta per vedere la scena. Presto, però, pensarono che fosse meglio lasciarli soli, e accostarono la porta. Avevano visto tutti la faccia che aveva fatto Ran non appena aveva visto quel corpo, e probabilmente tutti avevano avvertito lo stesso brivido alla vista della sua espressione totalmente disperata. Le si era contratto così tanto il viso che pareva deformata in un’unica smorfia di dolore, e quando Shinichi se ne era accorto, era sbiancato. Ci era voluto davvero poco perché tutti si rendessero conto di cosa quel corpo avesse scaturito in lei, poiché la ferita di quell’uomo era davvero simile alle stessa che aveva riportato mesi prima Shinichi. Avvertendo che qualcosa non andava, Shinichi le si era affiancato velocemente, e l’aveva trascinata lontana da lì.
Sospirò, guardandola desolato. Vide alcune goccioline di sudore sulla sua fronte, e velocemente si alzò per andare alla ricerca di un po’ di acqua fresca. Intercettò appena in tempo la stessa governante di poco prima, e le chiese un panno umido. Per fortuna quest’ultima ci aveva già pensato, così gliene porse uno non appena glielo domandò. Lo afferrò rapidamente e tornò da lei, inginocchiandosi nuovamente di fronte a quel divano su quale era distesa. Le spostò un po’ la frangia per non bagnargliela, e le posò il panno sulla fronte delicatamente. Con sollievo notò che la sua smorfia dipinta sul viso si stava leggermente affievolendo, sebbene continuasse a sudare e alcune goccioline le stavano scivolando lungo il collo. Constatò allora che stava indossando la giacca della tutta così, cercando di fare il più delicatamente possibile, la alzò contro il suo petto quel tanto per sfilargliela. La lasciò in maniche corte, e la vide rilassarsi ancora un poco. Aspettò pazientemente qualche minuto, prima di iniziare a chiamarla.
« Ran », le disse all’orecchio. Continuò a passarle il panno lungo il collo e sul viso, cercando di scacciare alcuni flash che gli apparvero in mente di quello stesso corpo inerte sotto di lui. Il solo pensiero di averla avuta sotto le sue mani, e che quest’ultime l’avevano accarezzata senza impedimenti, lo fecero un po’ avvampare. Ben presto però, finalmente, la sentì muoversi lentamente. Quando infine aprì gli occhi, sorrise rincuorato.
« Hey », le disse.
Ma quando i loro occhi si incontrarono, lei balzò a sedere così velocemente che le girò la testa. Tuttavia non ci fece caso e, anzi, si allontanò da lui con sguardo terrorizzato.
« I-io, tu… », balbettò in stato confusionale, guardandosi velocemente intorno come se in preda ad un attacco di panico.
« Ran! », esclamò Shinichi, che si affrettò ad afferrarle i polsi deciso. La obbligò a sedersi, mentre lei chiudeva gli occhi con ferocia, come se non volesse vederlo ancora in quella pozza di sangue che aveva stampata nitida in testa.
« Ran, guardami! », disse perentorio lui, scrollandola un po’. Lei allora, un po’ intimidita da quel tono duro, aprì leggermente un occhio e sbirciò nella sua direzione.
« Sono io, sono qui… sto bene », le spiegò pazientemente, sentendosi male nel vederla così.
« Eri t-tutto coperto di s-sangue, i-io … t-tu… », iniziò anche a gesticolare. Shinichi la fissavò allarmato mentre straparlava, con le lacrime agli occhi e le labbra tremanti. Era bianchissima, e si chiese se non stesse di nuovo per svenire li davanti a lui.
« Io sono qui con te », ripeté nuovamente, sperando di convincerla.
Per fortuna la vide mentre riprendeva lentamente il controllo di sé, e infine apriva entrambi gli occhi seppur abbastanza incerta. Le lasciò tutto il tempo per mettere a fuoco la situazione, e quando realizzò ciò che fosse successo, vide l’ombra dell’imbarazzo attraversarle gli occhi.
« Oh… », disse solamente, arrossendo. « Oh », ripeté guardandolo dispiaciuta.
« Scusami », concluse rammaricata. Si sentì davvero malissimo al pensiero di aver fatto quella scenata davanti a tutti ma, specialmente, davanti a lui.
Gli aveva fatto vedere quanto fosse debole, quanto quella storia ancora la tormentasse. Glielo aveva rivelato, certo, ma addirittura sentirsi male
« Sono svenuta? », domandò in imbarazzo subito dopo, non permettendogli ancora di prendere parola.
« Un po’ », ammise lui incerto dopo un pò.
« Come si fa a svenire un po’? », corrugò la fronte.
« No, effettivamente completamente », ribattè lui abbozzando un sorriso.
« Sono una stupida », ripeté lei non notando quel sorriso incoraggiante, mentre si portava le mani al viso e nascondendolo all’interno.
« Smettila », disse categorico lui. « Non era una bella scena », si limitò ad aggiungere. Non ci voleva davvero un genio per capire perché fosse rimasta così shockata, solo un idiota non ci sarebbe arrivato. Lei aveva rivisto lui, lì per terra, in quella pozza di sangue. Forse aveva fatto bene quell’agente a non volerla fare entrare, ma ovviamente la testona non aveva voluto dargli retta.
Si impose di non rinfacciarglielo solo per non farla sentire ulteriormente in colpa, mentre cercava di toglierle le mani ancorate al viso.
« Dai », la incitò sorridendo debolmente. « Non è successo niente », concluse con un sospiro.
« Scusami », disse debolmente, lasciando infine ricadere le mani in grembo.
« Vale per tutte le volte che mi hai medicato tu », sdrammatizzò lui. Riuscì a strapparle un sorriso dubbioso, prima di afferrarla per le braccia e aiutarla e rimettersi in piedi.
« E comunque sono io che ti ho chiesto di venire », sospirò infine.
« Ma io voglio accompagnarti », dichiarò Ran alzando un poco la voce con sguardo scoraggiato.
Shinichi sorrise tristemente, per poi acchiappare la giacca della tuta appoggiata lì a fianco e porgendogliela.
« Dai, andiamo a casa », disse.
Shinichi forse non seppe mai cosa quella semplice frase scatenò in Ran. Ma il pensiero che con quel “casa” intendesse il luogo dove si stavano recando insieme, un po’ la fece sentire meglio e la rincuorò, mentre si ancorava al suo braccio e usciva da lì con gambe incerte e traballanti.
Casa.
Avevano così tanti ricordi, fra quelle mura, che al solo pensiero si sentì al sicuro. Lì, con lui, lontani da tutto e tutti.
Era sempre davvero stata più casa loro, che casa solo sua.


Dopo aver incontrato i volti preoccupati dell’ispettore Megure e di Takagi e averli tranquillizzati circa il suo stato di salute, ringraziò la governante che gli indicò l’uscita secondaria della casa. Non avrebbe davvero retto di imbattersi in tutti quei giornalisti, specialmente perché si sentiva davvero distrutta. Quella giornata era stata infinita, e aveva solo voglia di coricarsi e dormire. Ci impiegarono relativamente poco per arrivare davanti a casa di Shinichi, e per tutto il tempo rimasero in silenzio mentre passeggiavano per i quartieri luminosi di Beika. Ancora ancorata saldamente al suo braccio, lo guardò mentre cercava distrattamente le chiavi nella sua giacca e infine apriva il cancello e poi la porta. Quando entrò in casa e sentì quel calore così familiare, prese un sospiro profondo e si sentì subito meglio. Vedendola un po’ più serena, Shinichi sorrise.
« E’ stata una giornata lunga », ammise anche lui, mentre riponeva via le scarpe. Lei annuì, e lo sorpassò fino ad arrivare in salotto ad accendere la luce.
« E’ già mezzanotte », disse sorpresa, guardando l’orologio appeso lì a fianco. Il tepore della casa iniziava a metterle un po’ di sonnolenza, ma aveva davvero voglia di farsi una doccia. Sentiva ancora il sudore appiccicarle i vestiti al corpo, e addosso quell’odore tremendo di sangue. Tuttavia si sentiva un po’ in imbarazzo a chiedergli di poter usare il bagno, perciò rimase un attimo al centro del salotto a dondolarsi sui piedi con fare incerto. Vide Shinichi raggiungerla facendo un grosso sbadiglio, e con noncuranza andare verso il frigo ed estrarne una bottiglia d’acqua.
« Non vai a farti una doccia? », domandò con tono indifferente, guardandola immobile a poca distanza.
« Hai sudato tantissimo mentre eri svenuta ».
A volte pensava davvero che i loro cervelli fossero in un qualche modo collegati, perché lui le lesse esattamente nel pensiero. Sorrise sollevata, e annuì.
« Puoi usare quello a fianco di camera mia, gli asciugamani sono puliti », le spiegò, mentre si sedeva al bancone della cucina e posava lì le scartoffie di quel caso.
« Non vorrai fare la relazione del caso ora », alzò un sopracciglio lei contrariata.
« No, figurati », rise senza allegria lui. « Sono davvero troppo stanco. Gli do solo un’occhiata e salgo su ».
Salgo su.
Con lei?

Avvampò e improvvisamente il ricordo di loro due a dormire in quella casa le rimbalzò prepotentemente in testa. Zittendosi definitivamente, si diresse velocemente al piano di sopra, tenendo al petto il sacchetto con le sue cose. Andò trafilata nel bagno indicato da Shinichi, e ci si chiuse dentro agitata. Quando girò la chiave nella serratura per chiudersi dentro e accese la luce, tirò infine un sospiro di sollievo. Posò a terra il sacchetto e si guardò allo specchio.
Erano davvero in quella casa, da soli. Dopo ciò che era accaduto una settimana prima.
Con tutto quel macello di quella sera, fra Sonoko e il caso, quasi gli era passato di mente. Eppure ora lì, totalmente isolati da tutto e tutti, si sentì nervosa e insicura. Con mani tremanti si mise a cercare il proprio beauty e come per sfogarsi si mise a lavarsi i denti così duramente che quasi si fece male. Picchiettando le dita contro il lavandino continuò ancora a sfregare lo spazzolino, e quando ormai le gengive iniziarono a bruciare, decise di smettere. Cercando di mantenere la calma, si svestì e velocemente si infilò nella doccia.
Quando il getto d’acqua calda la investì, si sentì improvvisamente meglio. Si sciacquò la faccia, e rimase con quel fiotto addosso per qualche minuti, mentre avvertiva i propri muscoli rilassarsi piano piano. Totalmente distesa, appoggiò dopo un po’ la schiena alle piastrelle della doccia, chiudendo gli occhi.
Puoi dirmi perché non vuoi?
Ma certo che voglio!
Sgranò gli occhi, scuotendo energicamente la testa. Avvampando le tornarono in mente alcuni flash con Shinichi, e si sentì davvero troppo accaldata. Di scatto girò la manopola sull’acqua fredda, e con un brivido resistette sotto quel getto improvvisamente gelido.
Iniziò a insaponarsi con foga, provando a tenere a bada la sua testa, che aveva iniziato a riempirla di domande imbarazzanti. Gliene vorticavano almeno quattro o cinque, ma la principale era solo una:
riaccadrà dopo?
Al solo pensiero le salì un’ansia incontrollabile, mentre con la coda dell’occhio si vedeva nuda riflessa sul vetro della doccia. Come una scioccia si coprì un po’, come se lui potesse vederla.
Si diede mentalmente dell’idiota, e riprese a sciacquarsi con nervosismo.
Durante quella settimana lontana da Shinichi aveva spesso ripensato a quel sabato, ed era arrivata a chiedersi più volte se e quando sarebbe ricapitato. Aveva stupidamente immaginato che non sarebbe stato nuovamente così imbarazzante come quella prima volta, ma era abbastanza evidentemente in quel preciso momento quanto si fosse sbagliata. Al solo pensiero si sentiva intimidita, e prendere tempo forse stava solo peggiorando la situazione.
Magari lui se lo aspetta…
Con un sono sbuffo stizzito chiuse l’acqua, e uscì come una furia dalla doccia. Non che lei non volesse, anzi. Era stata probabilmente la notte più bella della sua vita, quella vissuta con lui appena sei giorni prima. Tuttavia era davvero imbarazzante da rivivere, e in quel momento si chiese se non fosse forse il caso di affrontarlo e parlarne.
E cosa gli dici?
La sua vocina sarcastica le diede fastidio, mentre si scioglieva la coda di cavallo che si era fatta per evitare di bagnarsi i capelli. Sempre più seccata si asciugò in fretta, e senza farci troppo caso si mise il suo pigiama con i panda. Un po’ arrossata aprì infine la porta, e mise la testa fuori.
Con un nodo alla gola, notò come dalla camera di Shinichi uscisse una luce fioca, segno che dovesse trovarsi lì.
Prendendo un bel respiro e facendosi coraggio uscì e piano si avvicinò alla porta. Quando ormai completamente bordeaux sbucò oltre lo stipite, fece per parlare ma presto si morse un labbro.
Shinichi era disteso sopra le coperte a pancia all’insù, tutto intorno circondato da fogli e cartelline che riconobbe come quelle del caso appena risolto. Aveva un viso totalmente addormentato, e il respiro tranquillo. Era ancora vestito con la stessa tuta di quella sera, e alla sua vista un sorriso dolce le apparve sul viso. Doveva essere davvero crollato mentre si stava lavando, mentre cercava di riordinare quel fascicolo. Facendo il più piano possibile si avvicinò al letto, e prese a raggruppare i fogli sparsi intorno a lui. Ci mise relativamente poco, e quando li mise sulla scrivania fece per spegnere la luce. Tuttavia quando allungò la mano alla lampada sul suo comodino, lo sentì borbottare il suo nome mentre si girava su un fianco.
Trattenne le risate, bloccandosi accanto a lui.
« Dormi, io vado di là », gli spiegò e infine spense la lampada. Tuttavia, prima che potesse ritrarsi, la sua mano le afferrò debolmente il polso.
« Rimani », la sua voce era impastata e roca, mentre sospirava a poca distanza da lei. A quelle parole Ran ringraziò che fosse buio e lui stesse praticamente dormendo, perché pensò che perfino le sue orecchie fossero di un acceso rosso. Deglutì, non sapendo bene cosa fare.
« M-ma io… », balbettò in difficoltà.
« Dove vuoi andare », mugugnò lui in dormiveglia, e la afferrò più deciso per il polso. La tirò verso di lui, e Ran quasi non gli cadde addosso. La voglia di dormire con lui era in effetti molto allettante, e pensare che tanto lui fosse già ben addormentato forse poteva non far diventare tutto estremamente imbarazzante. Alla fine, e cedendo a ciò che desiderava veramente, sospirò.
« Dai, fammi spazio », mormorò piano, e lo sentì spostarsi di poco per farle posto. Si sdraiò velocemente al suo fianco, immergendosi nelle sue coperte. Con un po’ di fatica riuscì a coprire anche lui, che sembrava ormai addormentato del tutto e non era certo di aiuto. Quando infine si rilassò e posò il viso sul cuscino, lo sentì cingerle la vita con un braccio, mentre si avvicinava al suo viso. Ran si immerse allora nel suo petto, prendendo due sospiri profondi. Una sensazione piacevole la rilassò totalmente contro il suo corpo, mentre prendeva ad accarezzargli un braccio. Sorrise fra sé, sentendosi immediatamente sciocca per tutte le paranoie che si era fatta appena poco prima sotto la doccia. Soddisfatta si sistemò ulteriormente e chiuse gli occhi, mentre una leggera sonnolenza si fece largo in lei. Solo dopo qualche minuto, e un silenzio tranquillo rotto solo dal respiro regolare di Shinichi, la avvertì che si fosse ormai completamente addormentato. Ormai un po’ assonnata anch’essa, sbadigliò leggermente e sentì le forze abbandonarla.

Quando Shinichi iniziò a svegliarsi quella mattina, si sentì stranamente rilassato. Constatò mentalmente, ancora ad occhi chiusi, quanto avesse dormito veramente bene quella notte. Deglutì, inumidendosi un po’ le labbra. Si girò ancora in dormiveglia alla sua destra, posando la testa meglio su quel cuscino morbido. Fece per allungare una gamba alla ricerca di un po’ di calore, e in quel momento toccò qualcosa accanto a lui. Un po’ confuso, aprì un occhio, rimanendo un attimo spaesato. Ci volle realmente poco perché si ricordasse di essere in camera sua, ma che accanto a lui giaceva ancora Ran, completamente addormentata e coperta malamente con un lenzuolo che le arrivava a malapena alle spalle. Trasalì, aprendo finalmente anche l’altro occhio, e guardandosi intorno. Doveva essersi addormentato, perché l’ultima cosa che si ricordava era che si era messo a letto col fascicolo del caso che, notò in quel momento, era sistemato ordinatamente sulla sua scrivania. Ran doveva avergli tolto tutto di dosso, nel momento in cui lo aveva trovato così. E…
Si è messa nel letto con me?
Con imbarazzo crescente, provò a sistemare come meglio poté le coperte, e dopo un po’ di lavoro riuscì finalmente ad assestarle, mentre Ran continuava incurante a dormire serenamente al suo fianco, la bocca semi aperta e il respiro regolare. Tuttavia con un ultimo strattone alla coperta la mosse leggermente, e impreparato la sentì iniziare a muoversi lentamente al suo fianco.
Ran sbadigliò, sentendosi davvero riposata. Doveva aver dormito per parecchio, pensò, perché sentiva ogni fibra del suo corpo totalmente rilassata. Piuttosto soddisfatta, sbadigliò sonoramente per poi rigirarsi nelle coperte e sistemarsi meglio su un fianco. Solo in quel momento si accorse di qualcosa che le premeva da quel lato e, un po’ confusa, aprì gli occhi.
Shinichi aspettò imbarazzato che mettesse anche lei a fuoco la situazione, che non tardò ad arrivare. Vide le sue guance tingersi leggermente di rosa, mentre apriva la bocca totalmente intimidita di fronte a lui.
« Ciao », mormorò Shinichi, facendo sprofondare il viso nel cuscino e guardandola attentamente.
« Ciao », rispose lei titubante, sistemandosi nel medesimo modo con il viso paonazzo rivolto a lui contro quello stesso cuscino. Erano così vicini che poteva quasi sfiorarle il naso, ma preferì rimanere a distanza per lasciarle il tempo di riprendersi da quel momento di timidezza.
« Ci siamo addormentati », le disse semplicemente, continuando a guardarla.
Lei annuì leggermente, tornando a guardarlo. Aveva talmente un’espressione buffa e imbarazzata, che a Shinichi venne da ridere, ma qualcosa lo interruppe. Improvvisamente, sentì un rumore provenire dalla porta e, quando entrambi si voltarono, videro appena fuori dalla camera il sacchetto di Ran abbandonato lì dalla sera prima. Titubante Ran scivolò fuori dal letto e si diresse in fretta verso quest’ultimo, e ci trovò dentro il suo telefono illuminato da una chiamata in entrata. Lanciò un’ulteriore occhiata per capire di chi fosse quella telefonata, e si paralizzò. Deglutendo, lanciò un’occhiata persa al ragazzo ancora nel letto, mordendosi un labbro.
« E’ mio padre », mormorò completamente nel panico.
« Beh, rispondi… », le disse lui a bassa voce, come se avesse paura che lui potesse sentirli.
« Ma sei scemo?! », esclamò lei iniziando ad arrossire.
« Scemo io?! », obbiettò Shinichi. « Se non gli rispondi è peggio! ».
« E se capisce qualcosa? », si dondolò nervosamente sui piedi.
« … e cosa dovrebbe capire? », la sua voce sarcastica la agitò, se era possibile, ancora di più.
Completamente immersi nel loro battibecco, quando infine il telefono smise di suonare si bloccarono. Ulteriormente preoccupata, Ran acchiappò il telefonino con mano tremante.
« E ora? ».
« Richiamalo! », sbuffò Shinichi, mettendosi seduto sul letto.
« Ma… ma… », balbettò dubbiosa, fissando prima il telefono e poi Shinichi.
« Se non rispondi è davvero troppo strano! », il suo viso era ormai bordeaux, ma la sua voce era totalmente decisa.
« C-cosa gli dico? », mormorò lei mordendosi un labbro. Lui inarcò un sopracciglio, fissandola senza parole.
« Secondo te?! », disse esasperato infine.
Lei corrugò la fronte, ancora incerta. Purtroppo ebbe davvero poco tempo per ragionare sul da farsi, perché il suo telefonino riprese a suonare in quell’istante.
« P-pronto? ».
Al suono di quelle parole, Shinichi trattenne il respiro.
« Sì, scusa, non ho risposto prima perché… perché… », le parole le morirono in bocca. Guardò disperata Shinichi, che le mimò qualcosa.
« Bagno! Sì, ero in bagno », rise istericamente, passandosi una mano fra i capelli per stemperare la tensione. Iniziò a torturarseli, aggrovigliandoli in un dito della mano libera.
« Bene », disse dopo un po’, prendendo un po’ fiato. « Sono contenta », disse infine.
« Ok, fa attenzione. Ci sentiamo più tardi. Ciao, papà ».
Chiuse la telefonata, ed entrambi si lasciarono andare ad un lungo sospiro. Rimasero così per qualche minuto, finchè Ran non si voltò lentamente a guardarlo. Non sapendo bene né cosa dire, né cosa fare, e sentendo il suo sguardo addosso, trasse un sospiro.
« A Yokohama tutto bene », mormorò scuotendo il telefono mollemente.
« Mmm », annuì Shinichi, guardando per terra.
Ran provò a riprendere parola, ma non ci riuscì per l’ennesima volta. Rimasero fermi al loro posto per almeno un minuto infinito, finchè Shinichi non ne potè più.
« Facciamo colazione? Ho fame! », annunciò sfoderando il sorriso più sereno che riuscisse a fare, e notò con sollievo che Ran glielo ricambiò timidamente. La vide mentre annuiva e rapidamente, senza guardarlo in faccia, si allontanava dalla sua camera.
Ran scivolò così velocemente al piano di sotto in cucina, senza prestare minimamente attenzione a colui che lasciava in camera. Tremendamente nervosa, si appoggiò con le mani al tavolo, e chiuse gli occhi. Provò piano piano a riprendere fiato, facendo dei lunghi respiri e imponendosi una calma che, tuttavia, non riuscì a trovare. Non riuscendo a stare ferma, cominciò a camminare su e giù per la cucina, lanciando di tanto in tanto occhiate in direzione delle scale per accertarsi che Shinichi non fosse ancora nei paraggi. Quando, infine, sentì al piano di sopra la porta del bagno chiudersi, si tranquillizzò un attimo. Aveva qualche minuto in più per mettere a fuoco la situazione, e capire cosa fare. Non seppe davvero dirsi perché si sentisse così imbarazzata, specialmente perché non era davvero successo nulla. Tuttavia non era proprio normale dormire insieme, schiacciati nel suo letto in una casa completamente vuota. Ormai si stavano prendendo una confidenza tale da lasciarla sempre un po’ tramortita.
Ancora con la testa fra le nuvole, si impose di preparare la colazione. Man mano che si distraeva facendo il pane tostato ed il caffè, il nervosismo cominciò a calare. Razionalmente pensò che non c’era davvero niente di male, perciò prese un sospiro e si impose di tranquillizzarsi. Si ritrovò così a sorridere un po’ meravigliata, e quasi non si accorse che Shinichi era sceso al piano inferiore e ora stava timidamente entrando in cucina. Solo quando avvertì la sua presenza alla spalle, si voltò e guardarlo leggermente.
Shinichi sorrise piano e si avvicinò al bancone per aiutarla a finire di preparare la colazione.
E’ un giorno come un altro. State preparando la colazione esattamente come fate sempre.
Provò a ripeterselo almeno due o tre volte ininterrottamente, mentre prendeva a spalmare la marmellata con fare pensieroso al suo fianco.
Solo dopo un po’ di silenzio si decise infine di guardare Ran, ma non appena si voltò per provare a rompere quella tensione, sentì qualcosa di unto sul naso. Strabuzzò gli occhi, mentre sentiva la sua risata cristallina. Gli aveva appena sporcato il naso con un cucchiaino di marmellata, e ora lo guardava con espressione soddisfatta.
« Mangiamo? », domandò lei allegra, scuotendo lo stesso cucchiaino con il quale lo aveva sporcato. Lui alzò gli occhi al cielo, facendo finta che quel gesto lo avesse un po’ disteso.
Dopo essersi ripulito il naso con un dito e averlo portato alla bocca, appurò che si trattasse di albicocca.
E’ un giorno come un altro, con lei.

   
 
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