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Autore: Mercurionos    18/05/2020    2 recensioni
ULTIMO CAPITOLO: Alba e Cenere:
E lì, nell’ombra silenziosa e fredda,
sotto lo scampanellio della pioggia,
Vegeta volse lo sguardo alle proprie spalle,
e la vide.
L'Impero Galattico di Freezer, tirannico dittatore di tutto ciò che esiste: un periodo oscuro e inenarrato. Il rinnovato nucleo dell'impero attende tre guerrieri saiyan, gli ultimi della propria specie, predestinati a mostrare il proprio valore all'Universo. A partire dagli ultimi giorni del Pianeta Vegeta, fino a quel fatidico 3 Novembre, e oltre, nel massimo rispetto del magnifico Manga di Akira Toriyama.
Parte di "Dragon Ball: Sottozero", la vita dell'eroe che non abbiamo visto crescere.
Genere: Avventura, Comico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Freezer, Nappa, Nuovo personaggio, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dragon Ball - Sottozero'
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Capitolo 14 – La Leggenda dei Sette Esami, Parte 3 – Anno 1, 6/30 Frimaio
 
L’esame di Tecnologie Militari era semplice, quasi troppo. Nonostante avesse già terminato di scrivere, Radish stette quasi mezz’ora a rileggere tutte le risposte che aveva dato alle domande. Poi il tempo scadde, la classe si svuotò e tutti andarono a mangiare. In silenzio tombale la squadra quattro pranzò e si diresse nel proprio dormitorio, dove i saiyan si accasciarono sulle scrivanie per studiare. Dopo qualche minuto però, l’assordante silenzio divenne troppo da sostenere, così Pump scattò in piedi sbattendo a terra la sedia: “Basta! Basta! Non ne posso più di studiare queste fesserie!”
 
Radish, chino sul banco, voltò la testa verso l’amica riservandole uno sguardo più morto che vivo: “Dai, non fare così… domani è venerdì e… possiamo riposarci un po’… adesso studia…”
“No che adesso studio! Tanto l’esame è domani, abbiamo studiato abbastanza negli ultimi mesi. E poi, la risposta a ogni domanda è la stessa, no? Ti sei tagliato? Medical Machine. Hai contratto una malattia incurabile? Medical Machine! Hai perso tutti gli arti??? MEDICAL MACHINE!”
“Sì… - Radish abbozzò un annoiato sbadiglio, ma si trattenne – ma devi sapere come e quando usarla…”
Sentendo un’idiozia tanto grande, Pump si piegò verso il compagno fino a quasi sfiorargli il naso. Purtroppo Radish era troppo stanco e deperito al momento per godersi una vista tanto ravvicinata dei lucenti occhi della ragazza, tanto che rispose soltanto inarcando un sopracciglio.
“Sapere come usarla? Oh cielo, stai male, ti metti nella cosa, premi un pulsante e tadà, sei guarito. Che incredibile ed impensabile procedimento! L’unica cosa che può andare storta è che la macchina non sia attaccata alla corrente!”
 
Radish tentò di raddrizzarsi, poi si mise a guardare il soffitto. Dopotutto Pump non aveva torto. Lanciò una fugace occhiata a Vegeta, ma quello ormai era un caso perso. Lo studio sembrava aver peggiorato la sua stempiatura, la schiena gli si era incurvata da giorni e il suo sguardo iniettato di sangue era troppo minaccioso per rischiare di incrociarlo. Radish sbuffò, poi però decise di alzarsi e di affrontare la seria voglia di non studiare dell’amica. Lì in mezzo alla stanza, continuava a guardarlo con occhi ricolmi di aspettative, a poco a poco più stretti dalle gonfie guance. Chi avrebbe potuto resistere a comprarle un pony, se lo avesse richiesto?
 
“Allora, per il gelato fa troppo freddo. Pasticcini?”
Pump si risvegliò dalla sua postura di aggressivo desiderio di cazzeggio. Fissò Radish con fare inquisitorio, senza nascondere un certo stupore: forse non si era aspettata di spezzare la sua diligenza allo studio con tanta facilità. Radish comprese lo smarrimento di lei, quindi approfondì il proprio suggerimento: “Io ho voglia di dolce, è un po’ che non ne mangio. Vegeta tanto è in coma, quindi offre lui, vero Vegeta? – nessuna risposta dal catatonico principe – Perfetto, grazie Veggy. A te va?”
 
Pump lo stava ancora fissando in quel modo bizzarro. Il ragazzo pensò per qualche istante: forse non era quello il chiarimento richiesto? Inclinò sempre di più il capo, cercando di comprendere l’atteggiamento della ragazza. Poi Radish comprese. Comprese, e cominciò a scaldarsi. Le sue gote diventarono metallo fuso, ardente segno della sua deficienza nel comprendere più chiaramente la situazione. Possibile che in quasi un anno quella precisa situazione non gli era mai capitata? Pensò ancora e ricordò tutti gli avvenimenti simili: no, quella era la prima volta che Vegeta si trovasse indisposto a seguirli (o come avrebbe detto il principe, a “condurli”). Radish alzò la testa di scatto e incontrò le tremanti pupille di Pump: rilucevano ancora più del solito nella fredda luce pomeridiana, perle nere che lo fissavano insistentemente. Allora era vero, aveva esagerato e non si era accorto del peso delle sue parole. Aveva chiesto a Pump di uscire con lui, nientedimeno che per mangiare dei dolci. Insieme. Da soli.
 
Radish cominciò a tremare in maniera incontrollabile. Tentò di nasconderlo, ma il metro di capelli che si portava dietro la schiena prese ad allargarsi senza sosta, una confusa esplosione di fili neri che minacciava di inglobare tutta la stanza. Il ragazzo saiyan doveva agire in fretta, prima di lasciare a Pump troppo tempo per pensare. O ancora peggio, di riservargli un no diretto, freddo e spietato, come il novanta percento delle parole pronunciate da Vegeta. Si fiondò oltre la sbigottita ragazza infilandosi nello stanzino all’angolo dell’appartamento, dove i ragazzi conservavano vestiti e altri materiali ai quali non si erano preoccupati di trovare un posto. Radish ravanò rumorosamente nel ripostiglio e ne uscì con i risparmi di Vegeta stretti in mano, quanto ne bastava per comprare una buona dozzina di porzioni di torta alla trota. Insistendo nel suo incessante vibrare, Radish aprì la porta e raccolse la forza necessaria per rivolgersi a Pump: “Allora io vado okay bene sì vuoi venire anche tu no giusto per non stare tutto il giorno al chiuso metti l’armatura che fa freddo avevo proprio voglia di qualche dolce vieni anche tu dai.”
“Sì!”
 
I due giovani saiyan si congelarono sul posto. L’uno non riusciva a credere di aver udito una risposta affermativa; l’altra non riusciva a credere di averla pronunciata. Tentarono di guardarsi negli occhi, ma i loro sguardi continuavano imperterriti ad evitarsi l’un l’altra, le occhiate protraevano un serrato sgusciare e schivare. Finalmente Pump decise di alternare meccanicamente un passo ad un altro, prendere il corpetto dell’armatura e a superare Radish, raggiungendo il corridoio. Le azioni quotidiane più banali al momento parevano un’odissea ciascuna. Dopo innumerevoli spasmi fugacemente eseguiti nella discesa dal grande palazzo, Pump e Radish erano infine giunti all’esterno dell’accademia.
 
Senza scambiarsi alcuno sguardo, senza proferir parola, i due saiyan attraversarono la via maestra della capitale fin quando non erano giunti nella zona del centro. Quando finalmente si decisero ad analizzare i propri dintorni e non soltanto i loro piedi, Radish e Pump si accorsero che alcuni negozi erano chiusi, nonostante quello fosse un giorno feriale come tanti altri. Allora alzarono lo sguardo e osservarono per qualche istante il cielo: bruciava di un rosso intenso. Realizzando di aver impiegato più di un’ora per raggiungere in un imbarazzante silenzio il centro cittadino, i due saiyan cominciarono a correre con tutte le loro forze verso la pasticceria.
 
Radish frenò di colpo, si spinse verso l’ingresso del locale e poi si bloccò a mezzaria guardando feroce il negoziante: “Quanti pan-paf-paf sono rimasti?”
L’uomo non rispose, terrorizzato dal teatrale ingresso del ragazzo.
“QUANTI?”
“D-d-dieci! Ne ho ancora dieci, credo…”
“Me li dia tutti!” e Radish lanciò del denaro in faccia al povero commesso, che in fretta e furia raccolse gli ultimi pani dolci dalla vetrina, lì gettò in un sacchetto per poi consegnarli al ragazzo: “E-ecco il suo resto, sign…”
“Grazie arrivederci!”
Radish si lanciò fuori dal negozio, dando finalmente all’uomo l’opportunità di chiudere il locale: dietro le spalle del saiyan, una pesante inferriata di acciaio si incastrò nel terreno, ma non importava più.
“Ce l’hai fatta?” Chiese Pump ansimando.
“Si… Uff, ne aveva dieci… Cinque a testa.”
“Peccato, non sono tanti.”
“Scusami, non mi sono accorto che fosse così tardi.”
 
La mente dei due giovani tornò a focalizzarsi sulla loro situazione. Per la prima volta avevano abbandonato l’accademia senza essere accompagnati da nessun altro. Avevano passato anni interi isolati dal resto dell’Universo, quindi perché lo consideravano un evento tanto peculiare?
Radish tentò inutilmente di nascondere il suo rossore quando si voltò nella direzione da cui erano venuti: “Beh, possiamo mangiarli mentre torniamo a in stanza, giusto?”
Pump però non tentò di celare la sua confusione, e Radish lo notò. I loro occhi si incrociarono, tranquilli, stanchi e ancora confusi, e cominciarono a camminare.
 
“Dai, andiamo.”
“Radish?”
“Eh, che c’è?”
“Secondo te Vegeta ha studiato in questo tempo?”
“No.”
“…Radish?”
“Che c’è?”
“…Avevi così tanta voglia di mangiare dei dolci?”
Radish si bloccò in mezzo alla strada e fissò Pump. La sua espressione sorpresa e pensierosa si tramutò subito in una languida smorfia: “Non ne posso più della minestra della scuola! Non so davvero come possa piacere a Vegeta.”
“Comunque sono buoni. Grazie.”
Radish rallentò nuovamente: “Non devi ringraziare me. Speriamo solo che Vegeta non si accorga che gli sono scomparsi dei soldi. Di nuovo.”
“Già… Senti, quando sono finiti gli esami che cosa facciamo?”
“Lo chiedi a me? Se non abbiamo più nulla da fare possiamo anche…”
 
Radish ripensò alle parole che qualche tempo prima gli aveva rivolto Vegeta. Si era detto che non avesse importanza, che si sarebbe dovuto esprimere liberamente. Tanto oramai non esisteva più una società saiyan che lo avrebbe potuto giudicare. Ma lui sì che si giudicava. Era una nausea che non riusciva a comprendere o frenare, tale da spezzargli le parole in gola. Certe volte pensava fosse paura, o anche vergogna, ma di cosa precisamente? Gli venne in mente suo padre. Ancora, dopo tutti questi anni, lo considerava strano, particolare, diverso. Forse non voleva sentirsi diverso. Forse invece non voleva sentirselo dire, non voleva dare a nessuno, neanche ai suoi amici, l’opportunità di pensare che fosse una persona fuori dagli schemi. Forse il suo atteggiamento era un problema, forse avrebbe creato dei problemi nel piccolo gruppo di persone di cui faceva felicemente parte, forse lui sarebbe stato identificato come un problema. Non trovava un fine a tutti i suoi dilemmi, né riusciva a comprenderne la causa. Forse questo, forse quello, forse, forse, forse…
 
“Possiamo anche… Cosa?”
“…Non lo so. Non avevo ancora pensato a cosa fare nell’inverno.”
“Se vuoi… Possiamo ancora venire qui, qualche volta.”
Radish guardò l’amica gustarsi un altro dei suoi dolcetti. La sua mente non era nella situazione adatta ad apprezzare la proposta: “Golosa.” No, perché aveva risposto così? Perché non aveva detto: “Sì” oppure “Volentieri”? Quanto si sentiva stupido in quel momento, avrebbe voluto far saltare in aria la città intera per poter pensare ad altro.
“Guarda che hai proposto tu di uscire!”
Si guardarono di nuovo. Radish si fermò e così fece anche Pump. Forse i loro pensieri erano simili e avrebbero potuto convergere alla stessa conclusione logica. Forse no. Radish optò per quest’ultima possibilità. Smise di guardare gli occhi di Pump, abbassò le spalle, si voltò in direzione dell’accademia, fece per camminare, ma…
 
Un brusio, grave e sommesso, attraversò l’aria. Un rumore inconfondibile e inevitabile. Il viso mogio di Radish si contrasse di colpo e la sua mente si svuotò completamente. Acquisì nuovamente un colorito più vivace, se non anche un poco imbarazzato. Il suo stomaco aveva parlato e, in modo degno di un saiyan purosangue, la fugace merenda non era bastata a saziare il suo titanico appetito: aveva fame. Era anche quasi ora di cena, dopotutto. Si voltò nuovamente verso l’amica e i suoi timori si rivelarono fondati.
Pump, rigida come una tavola di legno, stava imprigionando con le guance una gigantesca risata, una bomba pronta ad esplodere da un momento all’altro, e Radish fu tanto sciotto da fornirle la miccia perfetta: “Non ridere!”
 
Il volto imbarazzatamente disperato di Radish che pronunciava quelle parole si rivelò uno spettacolo senza pari per la vivace saiyan. La sua risata eruttò come un irrefrenabile boato, il mondo intero parve collassare proprio in quel punto, le fondamenta degli edifici cominciarono a tremare. Radish si rannicchiò nelle sue larghe spalle, ma non poté evitare di notare i passanti che osservavano stupiti la coppia. Pump continuava a ridere con tutte le sue forze, sempre più piegata sulle proprie ginocchia, e non pareva volersi fermare entro breve. Rinnegando tutti i pensieri che lo avevano turbato fino a quel momento, Radish saltò verso la ragazza e la afferrò per il polso, poi cominciò a correre in direzione del N.I.S.B.A. a folle velocità. Sollevata a mezz’aria dalla celerità dello scatto, Pump continuava imperterrita a ridere dell’impagabile scena a cui aveva assistito.
 
“Piantala di ridere, cretina!”
“Come si fa ad aver fame dopo tutta quella roba?”
“Guarda che anche la tua pancia ha fatto lo stesso rumore dopo due secondi!”
“Vuoi mettere a confronto il mio dolce e delicato rantolino contro il casino che hai fatto tu?”
“Delicato? Ma se ti ha sentito chiunque nel raggio di cinquanta metri!”
“Ah ha ha ha ha! È stato fantastico, Vegeta, dovevi sentirlo!”
“No che doveva sentirlo! Hai presente quante scene avrebbe fatto?”
Seduti al solito tavolo della mensa, Pump e Radish stavano ancora discutendo sulla conclusione delle loro avventure pomeridiane. Vegeta, ancora leggermente pallido, non sembrava nemmeno lontanamente interessato all’accaduto. Gladyolo invece pareva abbastanza felice: perlomeno quella sera non avrebbe dovuto assistere a qualche discussione infiammata dall’incrollabile megalomania del principe dei saiyan; inoltre, era raro assistere a scene tanto divertenti quanto la risata di Pump che, nonostante la minuta figura, ostentava le corde vocali di un cantante lirico.
 
“Ohi Vegeta, – fece ad un tratto Mirk – hai studiato per domani?”
 
Note dell’Autore:
Dal momento che #iorestoacasa, dovrei avere più tempo libero per scrivere, giusto? No, non quando tuo padre è medico. Se non combino altri disastri, questo capitolo dovrei pubblicarlo nella prima metà di maggio. Spero vivamente che a quel punto avrò potuto mangiare del sushi, devo anche cercarmi un lavoro e magari godermi la prima vacanza dopo quattro anni di studio senza sosta. Che palle. Non ho manco una Switch per giocare ad Animal Crossing, manco mi piace quel gioco ma lo giocherei lo stesso porca vacca.
 
Mi fa piacere notare una costante di venticinque lettori nella settimana in cui pubblico il capitolo, sono veramente felice di aver catturato l’attenzione di alcuni di voi. Certo vorrei leggere qualche recensione di tanto in tanto, giusto per potermi relazionare con il mio pubblico visto che siete in pochi.
 
Non so che altro dire, quindi… Seguitemi su Twitter @Mercurionos. Certe volte dico cose. Di solito mi lamento.
 
Ah già, queste sono le note conclusive di un capitoletto! Non so ancora quanto durerà questo capitolo, ma spero di riuscire a coprire tutti gli esami fino all’arrivo di Re Cold, come (MI ERO DIMENTICATO CHE) avevo detto nello scorso capitolo!
 
Radish riuscirà a comprendere i propri sentimenti? Pump da che parte sta? Freezer dove diamine è finito? Perché il manga di Super fa altamente schifo ultimamente, cosa sta facendo Toriyama??? Non perdetevi il seguito del capitolo 14, prossimamente su EFP!!!
 
   
 
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